Back to Armageddon

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“Ognuno è solo sul cuore della terra. Trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera.” Non ho idea se Quasimodo si sia mai ritrovato sulla brandina del campo base di Armageddon, sdraiato nel più profondo buio di una grotta, lontano centinaia di metri dalla superficie. Il silenzio è infranto solo dal suono dell’acqua che scorre tra le rocce. Quaggiù non si avverte più il peso del cielo, il cellulare e tutti gli altri problemi sono rimasti all’ingresso della grotta. Fuori. Qui sotto, infangati e strizzati nell’equipaggiamento, si può portare solo ciò che serve: il resto va lasciato fuori. Ma questa sera, sdraiato nel fango, non sono solo: nel buio immobile chiacchiero con il mio “socio”, di roccia, di valli, di animali ed acquedotti. Immobili, sepolti vivi sotto terra: una sensazione davvero strana, pericolosamente piacevole. “Coraggio, tiriamoci in piedi o non ce andremo più!”. Scendiamo nel grande salone di Armageddon, uno dei tanti “grandi spazi” che si celano tra le nostre montagne. Mattia scende nel centro del salone, io resto su una balconata, a circa una sessantina di metri sopra di lui. Lo osservo mentre illumina le pareti: piccolo puntino colorato in uno sconfinato buio. Poi, pozzo dopo pozzo, strettoia dopo strettoia, torniamo al mondo: ancora una volta partoriti dal cuore della terra.

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