La conquista del Cervino

dscf8868Il Cervino è una piramide strana, unica nelle Alpi. La sua cima di gneiss alta 4478 metri è sostenuta da quattro creste regolari separate da quattro pareti che dominano ghiacciai tra i più importanti delle Alpi. Visto da Zermatt, il Cervino è una splendida cima, una montagna ideale, una delle più belle apparizioni che un turista, alpinista o no, possa desiderare di vedere. A destra, la cresta di Zmutt urta in una sporgenza a forma di naso a strapiombo; a sinistra, la cresta del Furggen termina con scarpate incredibili, e queste due creste sembrano da sole riassumere tutto ciò che la natura possa offrire di grandioso ed equilibrato al tempo stesso. Bisogna poi aggiungere la cresta dell’Hörnli che sviluppa la sua architettura di precipizi su 1500 metri di altezza. Vista da Valtournanche, in Italia, la quarta cresta e la sua sporgenza, detta “della Becca”, danno alla montagna l’aspetto strano di un leone accovacciato.

Tra tutte le montagne, poche incarnano meglio l’idea di una cima inaccessibile ed ostile la cui vista soltanto basta a scoraggiare i più audaci. Per molto tempo guide di Zermatt, guide del Breuil, viaggiatori, alpinisti attraversavano il colle del Théodule, a piedi dalla cresta del Furggen senza immaginare che sarebbe venuto il giorno in cui un uomo avrebbe potuto vincere quella terribile cima.

Quest’uomo fu Edoardo Whymper. Nel 1860 questo giovane inglese era una disegnatore sconosciuto. Cinque anni dopo, era divenuto il più famoso, ma il più disgraziato degli alpinisti del suo tempo. Il suo primo contatto con il Cervino decise della vita dell’artista e della sorte della montagna.

Whymper apparteneva a quella specie di uomini che in una battaglia vedono solo il successo; la montagna però non mancava di buone difese ed era così forte da poter sostenere un lungo assedio. Whymper dedica il 1860 all’esplorazione dei dintorni; la cresta italiana del Leone, la cui pendenza generale è minore, gli sembra la via più propizia per un tentativo. Fin dall’inizio del 1861, parte in compagnia di un abitante della Valtournanche, il solo che abbia potuto convincere ad un’impresa di tal genere.

Alla Cheminéé, primo serio passaggio che supera solo a prezzo di grandi difficoltà, il compagno dell’inglese si rifiuta di proseguire. La delusion è l’epilogo della prima di una lunga serie di avventure. L’anno seguente Whymper guida quattro tentativi con alterna fortuna; essi falliscono sia per il cattivo tempo o per le difficoltà, sia a causa di ciò che il tenace inglese chiama un tradimento: lo scoraggiamento dei compagni. Ma whymper progredisce sempre; egli diviene un alpinista più esperto ed impara a conoscere gli uomini che come lui hanno gli occhi rivolti alla montagna, quelli che saranno i suoi alleati o i suoi nemici.

Tra essi si trova Jean-Antoine Carrel, guida della Valtournanche, montanaro perfetto, scalatore audace, nobile cavaliere delle Alpi, e che considera Whymper uno straniero senza alcun diritto sul cervino, su quella montagna, cioè, elevata da Dio in fondo alla Valtournanche per essere conquistata da un italiano. Carrel diffida l’usurpatore, mentre l’inglese non è meno irritato dalle inesattezze e dalle fantasie del montanaro.

La loro rivalità, tuttavia, non esclude l’amicizia e la stima, e i due hanno in comune la stessa tenacia e la stessa certezza nella vittoria finale. In Valtournanche, Whymper aveva un altro amico nella guida Luc Meynet, il quale, nonostante la sua disgrazia – era gobbo -, lo aiutò e lo seguì con coraggio e bravura, non alla ricerca della gloria, ma solo della soddisfazione di avere dato un valido contributo.

Con lui Whymper effettuò parecchi tentativi che non ebbero maggior successo dei precedenti e che furono anche superati da quello di Tyndall, nel 1862. Nel 1863 e 1864, l’inglese diede la misura della sua coraggiosa ostinazione accingendosi a nuovi tentativi. Nel frattempo, Whymper aveva trionfato in numerose ascensioni e dopo aver scalato gli Ecrins e l’Aiguille d’Argentières, attraversato il colle del Dolent e il Moming Pass, egli si unisce alla più celebre guida del momento, Michel Croz, nativo di Argentières, l’uomo dal cuore di leone, famoso per la sua forza ed il suo ardore. Nel mese di luglio del 1865, mentre le nevi si sciolgono ancora sulla montagna, tutto è pronto per l’ultimo atto. Whymper ha appena compiuto un tentativo in compagnia di Croz, di Biener, e di Almer ed è convinto di una cosa: per la sua forma, la sua struttura, la cresta dell’Hörnli è la via migliore. Ma se Michel Croz ha un impegno a Chamonix, ove Whymper lo segue. Separato dalla sua guida favorita, Whymper effettua la prima ascensione dell’Aiguille Verte, che aumenta la sua fama.

Appena ottenuto questo successo, decide di ripartire per Zermatt e il Cervino, dove lo attende una delusione: Biener e Almer rifiutano di partecipare ad un tentativo. Whymper riesce ancora una volta a convincere Carrel, ma il suo vecchio rivale non è affatto entusiasta nella scelta di una strada che non è situata in territorio italiano. All’ultimo momento, Carrel adduce impegni precedenti e Whymper si trova solo, senza una guida del Breuil da poter ingaggiare.

Una luce di speranza subentra alla sua collera quando espone i suoi progetti a Lord Francis Douglas, che è appena arrivato con Taugwalder figlio. Decidono di recarsi a Zermatt, dove si assicurano i servizi di Taugwalder padre, partigiano dichiarato della cresta est. La speranza cede il posto all’impazienza allorchè Hodson, Hadow e Michel Croz, al ritorno da Chamonix accettano di unirsi alla compagnia. L’indomani, sette uomini decisi partono per il Cervino. Bisogna fare presto, perchè, dall’altra parte della montagna, Carrel e i suoi compagni sono già in cammino. Michel Croz e il vecchio Taugwalder sono montanari di eccezione, il reverendo Hudson ha già scalato il Monte Bianco ed il Monte Rosa in un tempo notevole, Douglas e Hadow sono robusti giovanotti di diciannove anni e Whymper ha già trascorso più di dieci notti su quella terribile montagna. La sera stessa, essi hanno già piantato un campo verso i 3350 metri ai piedi della cresta e passano la sera cantando. L’indomani, approfittando del bel tempo per accelerare l’andatura.

Sotto la guida di Michel Croz, le difficoltà non li arrestano. D’altra parte, come era previsto, nessun serio ostacolo si presenta lungo questa scala gigantesca, e, prima di dieci ore, la comitiva arriva verso i 4250 metri. Più avanti, bisogna guadagnare la Spalla con una scalata più ripida e una lunga traversata sulle rocce ghiacciate delle parete nord. E’ cosa da poco per l’abilità di Michel Croz e, alcune ore più tardi, essi calcano da vincitori l’ultima cresta e la neve della cima. Whymper e Croz vi arrivano insieme; la cima è conquistata molto più facilmente di quanto avessero immaginato. Ma sono i primi?

Divorato dall’impazienza, Whymper corre sulla cresta, soddisfatto di non notarvi alcuna traccia. Si china sull’abisso e lungo il pendio del versante italiano scorge gli uomini di Carrel. Grida, gesti, il fracasso di blocchi di roccia che vengono precipitati nel vuoto, lasciano capire a coloro che stanno salendo di aver perso la partita. La vittoria di Whymper e dei suoi compagni è ancora più completa di quanto si potesse sperare. Ognuno dà libero sfogo alla propria gioia. Con la camicia Michel Croz fa una bandiera che fissa ad un picchetto da tenda. A Zermat e al Breuil, la popolazione in delirio si prepara a festeggiare i vincitori. Per un’ora, essi si abbandonano al trionfo, assaporando l’ora più bella della loro esistenza. Infine, iniziano la discesa e, poco prima dei passaggi difficile della parte nord, si legano in cordata.

Ma il destino detesta gli eccessi di gloria: pochi istanti dopo si verificherà uno dei drammi più terribile dell’alpinismo.

Hadow fa un passo falso, Croz è rovesciato. Hudson e Douglas, tirati dalla corda, scivolano nell’abisso. Terrorizzati gli altri tre scalatori si aggrappano alla montagna e stringono la corda, che per una brusca scossa si rompe mentre i quattro infortunati precipitano nel ghiacciaio del Cervino, 1500 metri più in basso.

Il turista che percorre la valle del Viège non manchi di visitare il cimitero di Zermatt, dove la storia della conquista del Cervino è scritta in tutta la sua gloria ed in tutto il suoi dolore.

Tormentato, in preda al rimorso, Whymper devo affrontare il terribile problema morale che gli impone la morte dei compagni. Egli si dedicherà in seguito alle ascensioni extraeuropee e tornerà soltanto molti anni dopo sui luoghi dell’avventura che segnò così tragicamente le ore della sua giovinezza.

Tre giorni dopo Whymper, Carrel raggiungeva la cima. Ma nell’ombra del dramma la sua vittoria gli sembrò amara. Da allora sono state scalate tutte le altre creste e tutte le altre pareti, ma il Cervino resta sempre l’emblema del mistero e, per chi vede le nubi lungo i suoi fianchi, i suoi crepacci e le sue brecce, è assolutamente impossibile dimenticare il dramma della prima conquista.

Silvio Saglio

Enciclopedia “La Montagna” 1962