Con il libro di Mirella Tenderini, “Gary Hemming”, ritorna l’identità emblematica di un alpinista d’oltre oceano che, sulle Alpi, ha impersonato tutta un’epoca di rivoluzione intellettuale e sociale. Da uno stralcio della sua biografia, nei momenti della salita alla parete Sud del Fou, traspare la figura dell’anti eroe, del vagabondo precursore di un linguaggio di dissacrazione. Nella foto, storica e celebre, compaiono da sinistra John Harlin II, Tom Frost, Gary Hemming e Stewart Fulton. Il testo che segue è tratto dal libro di Mirella Tenderini ed era stato pubblicato sulla rivista “ALP” nel Novembre del 1992. Una copia di questa rivista è conservata nella Biblioteca Canova di Cima-Asso.
Il 1963 è un anno importante per Gary. Ha 29 anni, adesso ha la responsabilità di un figlio ed è ora di trovarsi un lavoro stabile. In Scozia ha conosciuto uno svedese che ha un’attività commerciale a Stoccolma e gli ha proposto di lavorare per lui come “export manager”. Si tratta di vendere automobili nle Nord Africa. Il Nord Africa! Vuol dire viaggio, avventura, anche se il lavoro in sé è banale – ma sarà un impegno fisso che gli permetterà di mandare con regolarità a Claude l’assegno per il mantenimento del figlio. Un’occasione splendida per conciliare la necessità di maggiore stabilità con l’insofferenza della routine. Gary scrive a Mr. Goutemberg per comunicargli la sua decisione: il lavoro gli interessa molto, prenderà servizio quanto prima. Invece bisogna aspettare qualche mese.
Non è una cattiva idea, prima di impegolarsi con un lavoro fisso, fare ancora qualcosa di bello in montagna. E’ d’accordo con John per andare insieme in estate ad arrampicare al Monte Bianco. In programma, tra le altre cose, c’è una nuova via, esteticamente molto bella, sul Fou, nelle Aiguilles de Chamonix. Intanto con gli amici francesi si allena sulle montagne vicino a Grenoble. A Grenoble Gary fa la conoscenza di un alpinista scozzese. Si chiama Stewart Fulton, parla male il francese, che non si preoccupa peraltro di imparare, e non ha amici. Gary lo ospita, lo porta con se ad arrampicare.
Compiono diverse ascensioni nel Vercors e nelle Chartreuse, anche un paio di nuove salite, al Pic de Bure e al Rocher du Midi. Stewart non è il compagno ideale per Gary che si irrita per la sua pigrizia, gli rimprovera di non partecipare alla preparazione delle ascensioni e di non mettere abbastanza impegno nell’apprendere le tecniche per l’uso dei chiodi e delle corde, ma è un forte arrampicatore e Gary lo coinvolge nel progetto del Fou. In giugno vanno a Chamonix e salgono al rifugio Envers des Aiguilles. John è già la con Konrad Kirch, il giovane disperso sul Picco Gugliermina un paio d’anni prima, che ha continuato a frequentare John ed è divenuto il suo compagno di cordata abituale. Hanno salito insieme anche la Nord dell’Eiger! L’ossessione di John, finalmente il suo sogno realizzato… Sono in grandissima forma.
John e Konrad sono saliti il giorno prima lungo il couloir che porta all’attacco: hanno avuto difficoltà per via delle neve alta ed hanno rinunciato perchè c’era pericolo di valanghe. Dicono che la parete presenta più problemi di quanto si pensasse. Apparentemente c’è uno strapiombo immenso che non sarà facile superare. E il tempo è pessimo: la stagione è ancora in ritardo di un mese. E poi non c’è abbastanza materiale, mancano chiodi orizzontali, Rurp e Bong e non hanno nemmeno abbastanza chiodi normali da lasciare sullo strapiombo in caso di pendolo o ritirata in corda doppia. Inoltre sopraggiunge una bufera di neve e a tutti quanti non resta che tornarsene a casa.
Gary va alle Calanques. Li c’è sempre il sole, e Gary si rilassa nell’arrampicata sulle scogliere candide a picco sul mare azzurro. Torna a Chamonix in luglio con Clude e Fulton.John lo aspetta con Mara, sua moglie. Konrad Kirch non è potuto tornare ma al suo posto c’è un vecchio amico! Tom Frost è appena tornato dal Nepal dove è stato con Hillary per costruire le scuole per gli sherpa – e con l’occasione ha fatto qualche salita. E’ venuto a Chamonix per passare l’estate sulle Alpi e si unisce a loro con entusiasmo. Tom Frost è stato compagno di ascensione di Robbins in alcune delle “prime” più difficili in Yosemite. E’ bravo nell’arrampicata libera ed impareggiabile nell’arrampicata artificiale. Grande tecnico di materiale, ha portato un assortimento di chiodi cromo-molibdeno fabbricati da Chouinard, introvabili in Europa, che saranno indispensabili per la salita che si prevede molto impegnativa. Sono chiodi resistentissimi che una volta tolti dalla fessura in cui vengono piantati, riprendono la loro forma originale, e possono essere usati tranquillamente per molte altre volte.
Con Tom c’è la sua fidanzata, Dorene, che fa subito amicizia con Claude e Mara. La salita della parete Sud del Fou è davvero più difficile di quanto se l’aspettassero. I quattro alpinisti compiono un primo tentativo e arrivano a superare il primo strapiombo e a traversare lungo una fessurina diagonale. Bivaccano su una cengia strettissima. L’ama di John e Stewart si rompe ed i due sono costretti a passare la notte mal sistemati su scalette di corde. Il mattino dopo piove. Scendono tutti e quattro. Il secondo tentativo non va meglio, nonostante la salita sia più veloce lungo le corde che hanno lasciato in parete nei punti strapiombanti: piove anche questa volta ed in più Stewart si è fatto male ad una mano. Niente di grave ma è meglio rientrare un’altra volta.
La sera del 24 Tom e Stewart tornano all’attacco della via con Dorenne, e bivaccano sotto la parete. Il giorno dopo di primo mattino, Gary e John, con Claude e Mara, salgono la cresta Sud Est del Blaitière; la discesa li porta al bivacco del Fou. Lì lascino Dorene e Claude; Mara rientrerà insieme a due amici alpinisti che hanno aiutato a portare il materiale all’attacco.
I quattro uomini attaccano di nuovo la parete. Salgono rapidamente fino al punto più alto raggiunto in precedenza. Di lì Tom supera un altro strapiombo impegnativo con quello che John chiama “un capolavoro di ingegneria”, usano sia chiodini minuscoli in fessure quasi invisibili che un Bong da dieci centimetri. Sopra lo strapiombo c’è una cengia larga, perfetta per un bivacco. Non fanno in tempo a sistemarsi che comincia a grandinare. La tempesta non si acquieta per tutta la notte. I quattro alpinisti sono abbastanza protetti nei loro sacchi da bivacco ancorati alla cengia, ma sono preoccupati dai fulmini che si susseguono da vicino con bagliori sinistri. La grande luminaria tiene svegli tutta la notte anche le due donne alla base della parete. Prima di sistemarsi per la notte hanno scalato uno sperone roccioso di fronte alla parete ed hanno seguito la salita dei loro uomini. Li hanno visti arrivare alla cengia e sarebbero tranquille se non fosse per i lampi che non cessano. Il temporale si placa verso mattina e con la prima luce del giorno John e Gary si alternano alla guida delle cordate per completare la salita.
Hanno realizzato una delle vie più belle e più difficili delle Alpi, ma ancora una volta Gary e John si sono rivelati incompatibili. Non hanno fatto che discutere e criticarsi a vicenda, e in discesa sono arrivati molti vicini ad uno scontro fisico, quando John ha accusato gary di aver mosso dei sassi che per poco l’hanno mancato. Gary si è infuriato (perchè lui sta sempre molto attento a non far cadere i sassi) si è precipitato minacciosamente verso di lui. John gli si è mosso contro con il pugno destro levato e se Stewart Fulton non si fosse messo fisicamente in mezzo tra i due le cose si sarebbero messe male.
In aggiunta, John ha dato pubblicità alla salita prima della partenza ed al rientro ci sono giornalisti ad intervistarli, fotografi, ammiratori. John è nel suo elemento e fa la parte del leone. Gary è contrario a pubblicizzare la salita sin dall’inizio e non sopporta di fare parte dello spettacolo. Forse è geloso del successo di John che col suo aspetto di divo di Hollywood e la sua abilità nelle relazioni pubbliche si è accaparrato il ruolo di primo piano; o forse comincia ad accorgersi che l’alpinismo non è così importante per lui. Comunque rientra a Grenoble prima del tempo. John e Tom verranno invitati come rappresentanti americani ad un convegno alpinistico internazionale a Chamonix, si tratterranno tutta l’estate, compieranno nuove ascensioni e apriranno una nuova via impegnativa sul Pilier Derobé di Freney.
A Grenoble Gary ha molte cose da sistemare prima della sua partenza per la Svezia. Vole terminare il primo capitolo del libro che ha promesso al direttore della rivista “La Montagne” e che è a buon punto. Ha conosciuto un canadese che gli ha detto che in Canada ci sono opportunità di lavoro per insegnanti di francese. Gary, che commette sempre l’errore di attribuire agli altri i suoi stessi gusti e aspirazioni vuole convincere Claude ad andare in Canada. Deve sbrigarsi perchè il bambino nascerà a gennaio. Lui la raggiungerà di quando in quando, e di quando in quando troverà anche un lavoro vicino a lei. Altrimenti – la fantasia di Gary galoppa – potrebbe andare in Australia. Gli piacerebbe che suo figlio nascesse in Canada on in Australia, paesi dai grandi spazi, liberi dall’influenza nefasta dell’America e lontani dalla presenza minacciosa dell’Unione Sovietica. Preferirebbe che non nascesse in un Europa spezzata in due e appoggiata su una polveriera pronta ad esplodere. Da un po’ di tempo Gary è ossessionato dall’idea della guerra nucleare ed ora si preoccupa per suo figlio, lo vorrebbe al sicuro. Claude non ha nessuna intenzione di andare in Canada o in Australia. Ama la sua città, il suo lavoro, i suoi amici; è attaccata all’Europa ed alla sua cultura. Sono discussioni interminabili ma costruttive. Questo è anche un periodo di riflessione per Gary.
E’ in europa da tre anni ormai e si è quasi dimenticato i traguardi che si era prefissato quando era partito: allargare le sue esperienze e diventare uno scrittore. Fare dell’alpinismo, sì, ma non era solo quello che voleva. Scrive “… tutte queste mete sono come tante cime minori che impediscono all’arrampicatore la vista della vera vetta, che è molto alta e molto lontana. Quando finalmente ha salito queste cime minori l’alpinista può vedere o non vedere la vetta principale – ma che la veda o non la veda, è sempre lontano, se non addirittura più lontano di prima, perchè ora prima di salire quella vetta deve scendere dall’ultima cima minore che ha salito e cercare la sua strada tra le valli e le creste giù in basso”.
Testo originale di Mirella Tenderini, tratto dal suo libro “Gary Hemming: il ribelle delle Cime”, e pubblicato sulla rivista “ALP” nel Novembre del 1998. Foto di Tom Frost.
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