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Similitudine e pi greco

Similitudine e pi greco

Il volo della Fenice
Il volo della Fenice

“Ma tu progetti anche roba grossa, Elliott? Dico, aerei che portano persone? “
“No no, Sizemore e Pratt costruiscono solo aeromodelli”

“Penso signor Towns che lei dovrebbe considerare due aspetti di grande importanza. Innanzi tutto, si applicano gli stessi principi dell’aerodinamica sia agli aerei in scala che a quelli di dimensioni reali. I profili aerodinamici, i coefficienti di portanza e resistenza, tutte le teorie sui velivoli più pesanti dell’aria sono esattamente gli stessi”

Queste frasi sono pronunciate dai protagonisti del filmIl volo della fenice” (The Flight of the Phoenix – 2004), remake dell’omonimo film del 1964 tratto dal romanzo di Elleston Trevor.

I protagonisti sopravvissuti a un disastro aereo nel bel mezzo di un deserto ed insieme  decidono di costruire un piccolo aereo coi rottami di quello precipitato sotto la guida di un misterioso ingegnere aeronautico. Il climax si raggiunge quando, terminato il nuovo aeroplano, si scopre che l’ingegnere ha progettato e costruito solo aerei radiocomandati e non “veri” aerei.  Alle accuse dei compagni, la sua difesa consiste proprio nel dichiarare che le regole per cui un aereo vola sono applicabili ai modellini e viceversa:”similitudini e pi greco”

Questa “difesa” è molto più veritiera di quanto non ci si possa aspettare ad una prima analisi: non si tratta infatti solo di dire che entrambi gli oggetti (aerei “veri” e modellini) sottostanno alle stesse leggi fisiche, ma che il comportamento di un oggetto può essere ricavato dall’analisi del comportamento di una sua copia scalata. Questo principio è alla base delle prove sperimentali che si effettuano nelle gallerie del vento. (Per la cronaca, lo strumento matematico che si usa in queste misurazioni prende il nome di teorema pi di Buckingham o teorema di Rayleigh).

Galleria del vento del Politecnico di Milano - Dipartimento di Ing. Aerospaziale
La prima galleria del vento del Politecnico di Milano - Dipartimento di Ing. Aerospaziale

Ma come funziona una galleria del vento e come si effettua un esperimento?

Una galleria del vento non è altro che un condotto in cui viene fatto scorrere un fluido (generalmente aria ma anche acqua), spinto da grossi “ventilatori”. Le dimensioni di una galleria (e dei relativi ventilatori) dipendono dagli esperimenti che si devono effettuare, così che possiamo avere una galleria del vento che può essere tenuta sulla scrivania piuttosto che gallerie di decine di metri di lunghezza e larghezza.

Durante la visita al museo della Moto Guzzi, abbiamo potuto osservare il modellino della galleria del vento in cui sono state testate le moto. Le dimensioni delle nonché le velocità per le quali queste moto sono state progettate sono tali da poterle testare direttamente: nella gallerie della Guzzi, vengono portate delle vere moto e la velocità del vento è di qualche centinaio di chilometri orari.

Ma cosa dobbiamo fare se dovessimo, per esempio, esaminare un Boeing 747 o anche solamente un idrovolante come quelli di base a Como ?

L’ovvia soluzione è quella di costruire una galleria di dimensioni adeguate, ma questo non sempre è possibile, considerando solamente l’investimento economico che questa soluzione comporta.

Fortunatamente, possiamo sfruttare la similitudine dinamica, così da testare un modellino dell’aereo ad un’opportuna velocità ed applicare poi i risultati al modello vero.

Si parte con un modellino in scala dell’aereoplano: in base alla scala del modello, si “scalano” allora le altre quantità fisiche (es. velocità dell’aria, temperatura, eventualmente densità del fluido) in modo che l’effetto sulla struttura del modellino sia equivalente a quello “reale”.

Chi ha detto che si devono testare solo aeroplani?
Chi ha detto che si devono testare solo aeroplani?

L’idea di fondo è che gli effetti non siano tanto determinati da un valore numerico preciso, quanto più a dei rapporti di forze: saranno paragonabili quindi due eventi che hanno un uguale rapporto fra le forze aerodinamiche e le forze dovute alla massa.

Un esempio dei risultati che si sono ottenuti in galleria è la determinazione dei coefficienti di portanza e resistenza dei profili aeronautici: si sono testate in galleria “ali” di dimensioni contenute, ma i coefficienti ottenuti sono gli stessi di un’ala avente lo stesso profilo ma di dimensioni maggiori (o minori….)

Si potrebbe continuare a lungo a discutere delle prove che si possono fare in galleria, a partire dalla visualizzazione di vortici (con effetti che potrebbero stuzzicare la vena artistica del nostro “mastro” Santambrogio), oppure su come si possa arrivare a distruggere un’ala dopo averla fatta vibrare in maniera più o meno incontrollata…

Ma, come si dice in questi casi, queste sono altre storie.

Giulio Malinverno
Ingegnere Aerospaziale e consulente tecnologico per Cima-Asso.it

L’Aquila della Guzzi

L’Aquila della Guzzi

Giovanni Ravelli
Giovanni Ravelli

Giovanni Ravelli, il “Diavolo Italiano” così come lo chiamavano in Spagna per la sua spericolatezza. Ravelli: ciclista, motociclista e poi aviatore ma sempre un avventuriero italiano di motori e velocità.

Con lo scoppio della prima guerra mondiale si arruolò come ufficiale nella Regia Marina e fu inizialmente impiegato come pilota di idrovolanti, per poi passare alla 87ª Squadriglia Aeroplani da caccia detta “La Serenissima“. Partecipò a svariate missioni di guerra per le quali gli vennero conferite tre medaglie d’argento al valor militare.

Durante la guerra, combatté al fianco di Giorgio Parodi, un altro pilota pluridecorato, ed insieme al meccanico esperto di motori aeronautici Carlo Guzzi si accordarono per creare al termine del conflitto una casa motociclistica. Quella nuova avventura era destinata a diventare la Moto Guzzi.

L’11 agosto del 1919, durante un volo di collaudo, Ravelli precipitò per un guasto al motore. Le gravi ferite causate dall’impatto furono fatali. I compagni dell’avventura motociclistica decisero di ricordarlo nel simbolo della azienda. Nel 1921, infatti, Parodi e Guzzi fondarono a Genova la “Società Anonima Moto Guzzi”, scegliendo come emblema un’aquila da aviatore a ricordo dell’amico scomparso: l’Aquila della Guzzi.

Questa è la prima delle storie che gli appassionati raccontano entrando nel museo di Mandello, nel museo della moto del lago. Io, Giulio, la Zia Giusy, Alberto ed il resto della squadra in missione nel tempio della moto lariana, meta dei cultori delle ruote da tutto il mondo.

La mia avventura motociclistica si ferma solo ad un piccolo cinquantino della Fantic Motor, altra casa storica del lago, ma anche un profano come me può capire la storia ed il fascino racchiuso nel padiglione della fabbrica dedicato al museo dell’azienda, alle sue moto, ai suoi campioni.

Per informazioni sul museo: Museo Moto Guzzi

Davide “Birillo” Valsecchi

THIS IS MOTO GUZZI ROCK AND ROLL!!

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