Una volta raggiunta la zona di Paderno d’Adda ci imbattiamo in uno degli ostacoli più impegnativi lungo l’Adda. Qui infatti si concentrano due grosse chiuse e le rapide oltre al grande ponte in metallo di Paderno.
La presenza di ostocoli sia artificiali, le chiuse, che naturali, le impegnative rapide, rende questo passaggio complesso richiedendo una buona dose di impegno oltra a rimboccarsi le maniche per percorrere quasi quattro chilometri e mezzo via terra con la canoa.
Le dige sono molto pericolose per via dei loro salti strapiombanti e per questo motivo in grandi porzioni del fiume sia la navigazione che e la balneazione è completamente interdetta.
Le rapide, a seconda del livello dell’acqua, raggiungono un grado che oscilla tra il 4°, il 5° e l’impraticabile. Non sono il posto dove “cazzeggiare” se non sapete cosa stiate facendo. In molti ci hanno lasciato la pelle sottovaluntadone la pericolosità.
La soluzione migliore, più sicura e tutto sommato più veloce è tirarsi in secca e proseguire a piedi. Se avete una grossa canoa è necessario un carellino. Suggeriamo, per esperienza, grandi ruote pneumatiche, come quelle delle bicicletta, e non piene e rigide visto che il tracciato oscilla tra lo sterrato e l’asfalto.
Per prima cosa dove approdare [Coords:45.690697, 9.452416]: scendeno lungo il fiume “sentirete” chiaramente il rumore della cascata della Chiusa di Robbiate. Mantenetevi sul lato occidentale (alla destra se scendete lungo il fiume) e dovreste vedere con grande anticipo lo sbarramento. Sempre sul quel lato del fiume troverete una piccola piattaforma galleggiante a cui approdare comodamente. Non proseguite oltre la piattaforma perchè poco più avanti viene interdettta la naviagazione e si può essere catturati dalla corrente.
Qui comincia “la lunga marcia dei pinguini”. La strada supera la Chiusa di Robbiate e prosegue costeggiando il Canale Edison. E’ per lo più da cosiderarsi sterrata per la quantità di ghiaia frammista all’asfalto. A ciqnuecento metri incontrerete una costruzione sulla sinstra e la strada si biforcherà. Non prendete la strada in salita ma bensì restate vicino al fiume passando accanto alla costruzione dove la strada comincia a scendere fino al livello del fiume sottostante.
Se avete una canoa leggere potete provare ad entrare nuovamente nel fiume ma dovrete poi faticare, meno di ottocento metri più avanti, per trovare il modo di ritirarla in secca prima della chiusa successiva. Proseguendo passerete al di sotto del Ponte di Paderno raggiungendo la Chiusa di Paderno. Anche in questo caso, se siete rientrati in acqua, fata attenzione e tenetevi al lato destro del fiume.
Dopo questa chiusa il fiume diviene torrente e da vita alle reapide. In meno di due chilometri il fiume si abbasserà di ventisette metri alternando momenti di calma a difficili salti tra le roccie. Se non avete l’equipaggiamente, l’esperienza e la squadra giusta conviene avviarsi lungo la pista ciclabile che corre al fianco di quelle che un tempo erano le conche di navigazione costruite nel 1777 e che rendevano possibile anche alle grosse barche superare le rapide in sicurezza. Manco a dirlo questi canali sono in disuso, spesso tristemente in secca mentre le grandi porte delle conche sono ormai marce e distrutte.
Come vi ho detto tutto il percorso è lungo quasi quattro chilometri, in questo punto avete percorso meno di un chilometro e mezzo: mettevi l’animo in pace e tirate avanti, rientrare nel fiume prima potrebbe essere pericoloso. Lungo la ciclabile troverete l’EcoMuseo dedicato a Leonardo da Vinci che, per intenderci, fu uno dei primi ideatori delle chiuse che avrebbero potuto evitarvi la faticata.
Quando siamo passati noi era ancora in manutenzione la strada per via di una frana che l’aveva resa pericolosa al pubblico. L’alternativa era un “giro del mondo” per Paderno-Centro salendo e scendendo per ripide scalinate in ciotoli. A delimitare la parte pericolsa ci sono due grossi cancelli di un paio di metri. Noi, come quasi tutti, li abbiamo scavalcati con tutta la canoa. Solo dopo abbiamo scoperto che se il museo è aperto potetechiedere di farveli aprire: i cancelli sono soprattutto una precauzione.
Quando finalmente, a Cornate d’Adda, riuscirete a tornare in sicurezza sul fiume potrete godervi otto chilometri di navigazione prima di raggiungere, a Trezzo d’Adda, la Diga Taccani.
Nota: Salvo il museo, aperto per lo più nei week-end, non ci sono altre strutture oltre alle centrali e alla chiuse. Non ci sono punti dove trovare ristoro o alcun tipo di Bar. Da Imbersago a Trezzo dovete provvedere da soli alle vostre scorte d’acqua e viveri.
Davide “Birillo” Valsecchi