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Esterle: acque agitate lungo l’alzaia

Esterle: acque agitate lungo l’alzaia

Centrale Idroelettrica Esterle
Centrale Idroelettrica Esterle

Durante il nostro viaggio in canoa verso Venezia abbiamo fatto amicizia con molte persone che vivono e sostengono i fiumi del loro territorio.

Uno di questi è Fiorenzo Mandelli, giornalista web per Merateonline.it e curatore dell’Ecomuseo dedicato alle chiuse di Leonardo da Vinci a Paderno d’Adda.

Qualche giorno fa ho ricevuto una sua email dove mi raccontava di un evento inconsueto avvenuto alla centrale Idroelettica Esterle di Cornate d’Adda. La centrale Esterle, attiva dal 1914, e la centrale Bertini, attiva dal 1898, sono due magnifici esempi di archeologia industriale che, ancora perfettamente attivi, hanno conservato lo stile liberty e neoclassico con cui furono realizzati gli edifici.

Fiorenzo mi ha inviato un filmato da lui realizzato in cui ha ripreso un’apertura straordinaria delle chiuse per effettuare le operazioni di manutenzione alle condotte forzate che alimentano la centrale. La grande mole d’aqua era quindi visibile sotto forma di enorme cascata.

Il territorio di Cornate d’Adda, oltre ad ospitare l’ecomuseo Leonardesco, fa parte del  “percorso dell’energia elettrica” che da Cornate si estene fino a comprendere i Comuni di Paderno d’Adda e di Trezzo: a nord le prese dei canali sull’Adda che alimentano le centrali Bertini ed Esterle in prossimità del magnifico ponte in ferro, costruito verso la fine dell’ottocento, che unisce la sponda milanese a quella bergamasca. E a sud la centrale Taccani che forma, con la sua imponenza,  un complesso inscindibile con il Castello e con il villaggio di Crespi d’Adda: un sito che  è stato recentemente dichiarato patrimonio mondiale dall’UNESCO e che risulta come uno degli insediamenti operai di inizio novecento meglio conservati d’Europa.

Fiorenzo è una persona estremamente disponibile ed insieme a molti volontari organizza visite alla centrale elettrica per scolaresche ed appassionati. Se siete interessati a saperne di più potete visitare il sito web: Cornatedadda.eu

Noi tutto questo tratto di fiume l’abbiamo fatta in parte in acqua ed in parte con la canoa in spalla per i boschi di Cornate [vedi articolo]. Nonostante le difficoltà date dal nostro mezzo non propriamente “anfibio” posso dirvi che è una zona bellissima che vale la pena visitare per ammirare come un tempo, nonostante l’inevitabile impatto, vi fosse più cultura nell’intergrare industria e natura.

Davide “Birillo” Valsecchi

A voi il filmato:

I Flaghéé a Cremona con Annibale Volpi

I Flaghéé a Cremona con Annibale Volpi

Sotto il ponte di Cremona
Sotto il ponte di Cremona

Qualche giorno fa mi ha scritto Annibale Volpi inviandomi una delle foto che ci scattò durante il nostro passaggio a Cremona. Annibale era venuto da Armando, presidente del Club Voga Veneta di Cremona, per conoscere i due che erano venuti giù dal Lago attraverso l’Adda. Era entusiasto del nostro viaggio!!

Annibale Volpi
Annibale Volpi

Annibale è una persona incredibile e per descriverlo voglio usare alcuni stralci di giornali, tra cui il Corriere della Sera, che lo descrivono mentre racconta della marea nera che dal Lambro minacciava il Po: «A raccontare il fiume c’è ancora Annibale Volpi, che lavorava alla conca prima di Gallini. È uno a cui il Po scorre nelle vene e a volte fa l’effetto del vino. Un bambino fluviale di quasi settant’anni che nel 1979 ha catturato una trota, sì proprio una trota, di 1,9 kg sotto lo sbarramento di Isola Serafini: “perché qui l’acqua cade e c’è la corrente, l’ossigeno che serve alle trote. E non era una mormorata scesa dall’Adda, era proprio una trota del Po…»

Il Corriere della Sera raccontando la notte del disastro chiosa così: “Annibale Volpi, 72 anni, si è messo lì, da subito, da pensionato, da osservatore, da soldato, vicino alla grande diga della centrale Enel di Isola Serafini. Ci ha lavorato quasi mezzo secolo, in centrale, sa bene che la diga è l’ unica vera muraglia tra la sorgente e il mare”

Il mondo è incredibile alle volte, senza nemmeno saperlo eravamo uniti dalle invisibili strade del destino: attraverso l’Adda avevamo unito il Lario al Po ma il nostro legame, essendo di Asso, ci accumunava anche per il Lambro e per i suoi problemi: noi a monte, lui a valle del disastro del Febbraio 2010.

Già perchè il Lambro, il fiume che attraversa tutto il nostro piccolo paese e che nasce alla Menaresta, più a valle perde la sua bellezza e trascina verso il mare la sua terribile nomea di fiume più inquinato d’Italia. Oggi volevo ringraziare Annibale e scusarmi al contempo con lui perchè il nostro fiume, a noi tanto caro, purtroppo non è un buon ambasciatore della nostra gente.

L’anno scorso, ad Agosto, avevo realizzato un piccolo filmato risalendo il Lambro che scorre nel territorio Assese.  E’ stata quella giornata ad ispirarci l’iniziativa dei Flaghéé ed oggi, per ringraziare dell’ospitalità che ci è stata data a Cremona, vorrei riproporlo mostrando come il Lambro possa essere un “buon” fiume.

Ho sempre pensato che quelli nella bassa, quelli che lo imbrattano ed inquinano, in fondo meritassero un fiume morto e ammorbante come diviene il Lambro: loro è la colpa, loro le conseguenze. Solo ora mi rendo conto che è la gente del Po a pagare, ingiustamente, il prezzo più alto. Il fiume ci mostra come tutto sia legato e come le nostre azioni rieccheggino sempre più lontano come cerchi sull’acqua.

Mi dispiace Annibale: a monte e a valle del Lambro cercheremo di aiutare il nostro fiume e tutte le “acque” a cui è legato.

Davide “Birillo” Valsecchi

Discesa d’Adda: diga di Corbellina

Discesa d’Adda: diga di Corbellina

Diga di Corbellina
Diga di Corbellina

Questa diga si trova sulla sponda orientale a Corbellina, frazione di Fara Gera d’Adda, mentre su quella occidentale a Groppello d’Adda. E’ una struttura abbastanza complessa a ridosso di una fitta boscaglia. Posso dirvi che è fitta perchè ho dovuto infilarmici per andare a piedi a studiare la diga ed il modo in cui superarla. Siate sempre prudenti, scendete a terra e fate cento o duecenti metri a piedi di sopraluogo se siete dubbiosi su come affrontare un ostacolo.

La sponda da tenere avvicinadosi è quella orientale (sinistra per chi scende lungo il fiume) che costeggia il bosco. Dove l’Adda fa una piccola curva si immette un piccolo fiume che corre tra le piante. Sia se procedete a piedi che in barca lungo la riva fate attenzione perchè il fiumiciattolo è piccolo ma spinge e, se lo attraversate a piedi, può darvi qualche difficoltà. Noi l’abbiamo incontrato dopo un grosso temporale che può averlo ingrossato ma, visto che ho fatto il bagno attraversandolo (l’acqua ruzzava ed era alta quasi alla vita), volevo avvisarvi.

Come vi dicevo la struttura della diga è complessa: vi è uno sbarramento sul fiume, sul lato occidentale, e l’inizio di un piccolo canale sul lato orientale.  Avvicinandosi tutto appare poco chiaro e l’approdo sembra non arrivare mai: in realtà si trova a poco più di una decina di metri dalla chiusa ed è poco visibile dal fiume perchè risale parallelo ed opposto al corso del fiume. Senza i consigli di Daniele al Sant’Anna non lo avremmo mai trovato e mai mi sarei avvicinato tanto alla chiusa. Per questo motivo sempre prudenza, fate comunque un salto a piedi a controllare che la corrente non sia troppo forte prima di avvicinarvi. [Coords: 45.529259 9.534894]

Una volta a terra dovete affrontare un piccolo viaggio a piedi risalendo lungo la strada sterrata che aggira una casa ed il suo giardino affiancando anche un allevamento ittico. Si deve poi superare il piccolo ponticello che scavalca il canale orientale. E’ difficile sbagliarsi perchè sul lato a sud del ponte vi è una  grossa statua a grandezza naturale di Cristo che troneggia sulla diga. Quando l’avete superata ormai siete fuori dai guai: procedente lungo la strada cercando il rientro sul fiume che vi è più comodo. In tutto sono circa 400 metri su una strada sterrata dove si può utilizzare anche il carrellino.

Gli ostacoli successivi sono sul territorio di Cassano d’Adda e non vanno affatto presi sotto gamba. Sono stramazzi, tracimatoi e deviazioni in cui si deve fare molta attenzione.

Davide “Birillo” Valsecchi

Discesa d’Adda: prima diga di Groppello d’Adda

Discesa d’Adda: prima diga di Groppello d’Adda

Diga di Groppello d'Adda
Diga di Groppello d’Adda

Dopo la diga del Sant’Anna, a Fera Gera d’Adda, si devono affrontare ancora due dighe prima di raggiungere Cassano d’Adda.

La prima di queste, nel territorio di Groppello d’Adda,  ha l’approdo sulla sponda orientale (sinistra per chi scende lungo il fiume) una ventina di metri prima della chiusa [Coords: 45.541988, 9.528595]

L’acqua è tranquilla in quella porzione di fiume e l’approdo sembra fosse attrezzato anche per metttere in acqua piccole barche anche a monte della diga. Poco distante vi è infatti una strada sterrata, che però non abbiamo percorso, con cui è possibile raggiungere l’argine.

Si deve tirare fuori dall’acqua la canoa ed aggirare una costruzione recintata che fa parte della diga: il sentiero, che costeggia la cinta, è abbastanza piccolo e porta direttamente al di là della diga dove l’argine diventa prato. Non è ancora possibile rimettere in acqua la canoa perchè poco più avanti vi è uno stramazzo che conviene superare ancora a piedi.

In tutto sono circa 350 metri da affrontare a terra. Il sentiero è in terriccio ed è quindi possibile anche trascinare canoa di grosse dimensioni senza troppo rovinarne il fondo, difficilmente si riuscirebbe ad usare il carrellino.

Sul lato occidentale parte un canale che alimenta una struttura industriale e da cui è buona cosa tenersi alla larga!!

La diga successiva dista poco più di un chilometro e va sempre affrontata sulla sponda orientale (sinistra per chi scende il fiume), conviene quindi tenersi su quel lato del fiume da subito.

Davide “Birillo” Valsecchi

Discesa dell’Adda: diga di Sant’Anna

Discesa dell’Adda: diga di Sant’Anna

La diga di Sant'Anna
La diga di Sant'Anna

La diga di Sant’Anna serve a regolare il regime delle acque e a mantenere attiva una piccola centrale elettrica nel comune di Fara Gera d’Adda. Non è una diga pericolosa ma ha noi ha creato molti problemi mettendoci veramente nei guai.

Questo perchè, non sapendo da che parte affontarla, abbiamo scelto il lago sbagliato su cui avvicinarsi. La diga va infatti affrontata sul lato destro, seguendo il corso del fiume, evitando assolutamente il lato sinistro dove si trova un ponte e la casa del custode.

Sul lato destro si può approdare nel boschetto raggiungendo la strada dietrostante. Da lì si può superare la chiusa rientrando comodamente nel fiume quando meglio si trova spazio. Un percorso di 300/500 metri al massimo.

Noi cercando di capire da che lato passare ci siamo avvicinati alla riva di sinistra, che sembrava più sicura, per osservare meglio quella di destra, in gran parte nascosta dal bosco. A sinistra c’è un grosso cancello dietro al quale, attraverso un piccolo ponticello in legno, si accede alla casa del custode.

Il ponte sembra inoffensivo: è lungo un paio di metri e l’acqua sembra scorrere ferma una ventina di centimetri sotto di lui. Noi ci siamo avvicinati totalmente ignari di ciò che fosse realmente. Già perchè sotto il ponte scorre il canale che alimenta la centrale elettrica ad un centinaio di metri di distanza dalla diga: due metri e mezzo di ampiezza per quasi sei metri di profondità. Non abbiamo percepito la corrente fino a quando la punta della canoa è passata oltre uno dei due piloni. Abbiamo cominciato a remare a tutta forza quasi superando il canale che inerabilmente ci ha però risucchiato trascinandoci sotto il basso ponte e ribaltando la nostra canoa.

Una volta in acqua ci siamo ritrovati con la canoa ribaltata nel bacino, qui la corrente in parte rallenta prima di immettersi nella condotta che alimenta la turbina o nello stramazzo di diversi metri che serve da tracimatoio. Spingendo a rana abbiamo spostato la punta della canoa contro la recinzione “tirandoci” al sicuro. Se non ci fossimo riusciti saremmo stati “tritati” o volati oltre la chiusa: ci è andata bene. Il custode, quasi più spaventato di noi, ci ha aiutato a tirarci all’asciutto e ci ha persino offerto il pranzo!!

L’esperienza è tuttavia  molto semplice: evitate il lato sinistro e passate da destra facendo molta attenzione al ponticcello traditore.

Davide “Birillo” Valsecchi

Discesa dell’Adda: diga Taccani e ponte dell’autostrada di Trezzo

Discesa dell’Adda: diga Taccani e ponte dell’autostrada di Trezzo

Diga Taccani e ponte dell'Autostrada
Diga Taccani e ponte dell'Autostrada di Trezzo

Un ostacolo abbastanza complesso è rappresentato dalla diga che serve la storica Centrale Elettrica Taccani e dalle succesive chiuse e prese d’acqua che si susseguono sotto il ponte dell’Autostrada di Trezzo.

Anche in questo caso è necessario compiere un lungo giro a terra per aggirare gli impedimenti artificiali costruiti lungo il fiume. Ci sono alcuni passaggi da non sottovalutrare ed il miglior consiglio è  “prendetela larga“.

Quando siamo passati noi, con la nostra grossa canoa canadese, abbiamo percorso una curiosa “via di mezzo” che, in buona parte, mi sento di sconsigliarvi.

Andiamo però per ordine: il bacino a monte della diga è molto ampio e per nulla pericoloso. In quell’acqua ferma infatti si allenano gli atleti della Canottieri Trezzo che ha la propria sede  proprio sulla riva destra (sempre seguendo il corso del fiume). Fermatevi a chiere informazioni fresche se passate da quelle parti, le canottieri sono sempre molto disponibili.

La Centrale Taccani è costruita sullo stesso sperone di roccia al di sopra del quale sorgono i ruderi del Castello di Trezzo. L’acuqa, di fatto, è costretta in buona parte a canalizzarsi attraverso la collina, a far girare le numerose turbine della centrale e ad essere restituita al fiume sul lato opposto. La diga ha lo scopo di mantere costante il livello del bacino e di far defluire l’acqua in eccesso. Per questo motivo fate attenzione a non avvicianrvi troppo sia alla chiusa che alla centrale. Non vi è tuttavia gran pericolo: si intuisce facilmente da cosa stare alla larga.

A valle dello sbarramento, dopo che il fiume effettua il salto in un ampia ansa, abbiamo un nuovo stretto bacino lungo un chilometro e mezzo. In questo bacino si riversano però sia il flusso della diga che quello della centrale e lo stesso termina in una nuova chiusa con diversi nuovi canali e condotte. Noi l’abbiamo trovata in un momento di calma senza troppa acqua ma ho idea che possa diventare un tratto abbastanza agitato e che conviene saltare a piedi pari.

Noi abbiamo attraccato al piccolo baretto ma è possibile farlo anche al pontile della canottieri allungando il percorso solo di un centinaio di metri [Coords: 45.612175, 9.518366]. Si percorre la ciclabile che costeggia il bacino fino alla vecchia conca di navigazione ormai in disuso, qui la strda comincia a scendere ricongiungendosi con i tornanti che scendono dalle case sopra la collina. In quel punto la stradina sterrata diventa un sentiero che prosegue lungo il fiume. Noi abbiamo aprofittato di una vecchia scala in sasso per rimettere la canoa in acqua.

La scelta non si è rivelata tra le più felici perchè una volta in acqua diventa molto dificcile uscirne. Sotto il ponte dell’autostrada infatti vi è una nuova chiusa a cui si deve fare molta attenzione. In primo luogo, esattamente sotto il ponte sul lato destro, vi una presa molto ampia che cattura l’acqua e la canalizza per otto chilometri sotto terra. Non è molto visibile ma la corrente, anche a distanza, si fa sentire: attenzione!!

Sempre sul lato destro, superato il ponte, vi è l’imbocco del Naviglio della Martesana. Noi l’abbiamo trovato chiuso ed il muro in quel punto supera i due metri dal livello d’acqua. Io mi ci sono arrampicato ma tirare in secca la nostra canoa da quella posizione era quasi impossibile. Era una situazione un po’ di stallo ma esplorando a piedi ho notato il canale sulla sinistra.

Sul lato sinistro del fiume vi è infatti un altro canale che probabilemente serviva un tempo come conca di navigazione o qualcosa di simile. Dal lato destro si vedeva chiaramente che il canale e la grande muraglia inclinata di quasi otto metri che corre parallela e rialzata rispetto al livello del fiume sottostante. Con molta acqua probabilmente il canale ricopre anche il ruolo di tracimatoio ma, in quel momento, l’acqua non superava il muro.

Abbiamo quindi attraversato con prudenza il bacino della diga e ci siamo infilati nel canale. Dopo un centinaio di metri il canale è interrotto da una grossa chiusa, se avete una canoa leggera potete superare l’ostacolo ed utilizzare delle scale poste alle spalle. Noi abbiamo dovuto invece organizzare una “calata” ad un palo utilizzando le corde per far scivolare la nostra canoa lungo le pareti esterne del canale. C’è voluto un po’ dell’esperienza alpinistica per evitare che la cona si sfasciase o che, peggio, ci tirasse giù dal muro. Se fate una “calata” cercate sempre un ancoraggio solido da utilizzare o vi farette tirare a basso dal peso.

In questo modo siamo tornati sul fiume ma abbiamo impiegato molto e rischiato un po’. Informandoci meglio abbiamo scoperto che la soluzione migliore è decisamente il sentierino che costeggia il fiume sul lato destro percorrendolo abbastanza da raggiungere il ponte sulla Martesana e quindi rientrando comodamente nel fiume. Con un chilometro via terra si evitano un sacco di problemi.

Alla fine in totale il percorso da fare con la canoa in spalla o sul carrello sono poco più di due chilometri,  inoltre il bacino tra la Taccani ed il ponte dell’autostrada è poco soleggiato e frequentato, per questo motivo troverete poca gente per aiutarvi o “soccorrervi” se qualcosa andasse storto in acqua. Facendo due conti conviene armarsi di pazienza e percorrerea piedi il tratto senza troppo pensarci sopra: è la soluzione migliore.

Davide “Birillo” Valsecchi

Discesa dell’Adda: diga e rapide di Paderno

Discesa dell’Adda: diga e rapide di Paderno

Diga e rapide Paderno
Diga e rapide Paderno

Una volta raggiunta la zona di Paderno d’Adda ci imbattiamo in uno degli ostacoli più impegnativi lungo l’Adda. Qui infatti si concentrano due grosse chiuse e le rapide oltre al grande ponte in metallo di Paderno.

La presenza di ostocoli sia artificiali, le chiuse, che naturali, le impegnative rapide, rende questo passaggio complesso richiedendo una buona dose di impegno oltra a rimboccarsi le maniche per percorrere quasi quattro chilometri e mezzo via terra con la canoa.

Le dige sono molto pericolose per via dei loro salti strapiombanti e per questo motivo in grandi porzioni del fiume sia la navigazione che e la balneazione è completamente interdetta.

Le rapide, a seconda del livello dell’acqua, raggiungono un grado che oscilla tra il 4°, il 5° e l’impraticabile. Non sono il posto dove “cazzeggiare” se non sapete cosa stiate facendo. In molti ci hanno lasciato la pelle sottovaluntadone la pericolosità.

La soluzione migliore, più sicura e tutto sommato più veloce è tirarsi in secca e proseguire a piedi. Se avete una grossa canoa è necessario un carellino. Suggeriamo, per esperienza, grandi ruote pneumatiche, come quelle delle bicicletta, e non piene e rigide visto che il tracciato oscilla tra lo sterrato e l’asfalto.

Per prima cosa dove approdare [Coords:45.690697, 9.452416]: scendeno lungo il fiume “sentirete” chiaramente il rumore della cascata della Chiusa di Robbiate. Mantenetevi sul lato occidentale (alla destra se scendete lungo il fiume) e dovreste vedere con grande anticipo lo sbarramento.  Sempre sul quel lato del fiume troverete una piccola piattaforma galleggiante a cui approdare comodamente. Non proseguite oltre la piattaforma perchè poco più avanti viene interdettta la naviagazione e si può essere catturati dalla corrente.

Qui comincia “la lunga marcia dei pinguini”. La strada supera la Chiusa di Robbiate e prosegue costeggiando il Canale Edison. E’ per lo più da cosiderarsi sterrata per la quantità di ghiaia frammista all’asfalto. A ciqnuecento metri incontrerete una costruzione sulla sinstra e la strada si biforcherà. Non prendete la strada in salita ma bensì restate vicino al fiume passando accanto alla costruzione dove la strada comincia a scendere fino al livello del fiume sottostante.

Se avete una canoa leggere potete provare ad entrare nuovamente nel fiume ma dovrete poi faticare, meno di ottocento metri più avanti, per trovare il modo di ritirarla in secca prima della chiusa successiva. Proseguendo passerete al di sotto del Ponte di Paderno raggiungendo la Chiusa di Paderno. Anche in questo caso, se siete rientrati in acqua, fata attenzione e tenetevi al lato destro del fiume.

Dopo questa chiusa il fiume diviene torrente e da vita alle reapide. In meno di due chilometri il fiume si abbasserà di ventisette metri alternando momenti di calma a difficili salti tra le roccie. Se non avete l’equipaggiamente, l’esperienza e la squadra giusta conviene avviarsi lungo la pista ciclabile che corre al fianco di quelle che un tempo erano le conche di navigazione costruite nel 1777 e che rendevano possibile anche alle grosse barche superare le rapide in sicurezza. Manco a dirlo questi canali sono in disuso, spesso tristemente in secca mentre le grandi porte delle conche sono ormai marce e distrutte.

Come vi ho detto tutto il percorso è lungo quasi quattro chilometri, in questo punto avete percorso meno di un chilometro e mezzo: mettevi l’animo in pace e tirate avanti, rientrare nel fiume prima potrebbe essere pericoloso. Lungo la ciclabile troverete l’EcoMuseo dedicato a Leonardo da Vinci che, per intenderci, fu uno dei primi ideatori delle chiuse che avrebbero potuto evitarvi la faticata.

Quando siamo passati noi era ancora in manutenzione la strada per via di una frana che l’aveva resa pericolosa al pubblico. L’alternativa era un “giro del mondo” per Paderno-Centro salendo e scendendo per ripide scalinate in ciotoli. A delimitare la parte pericolsa ci sono due grossi cancelli di un paio di metri. Noi, come quasi tutti, li abbiamo scavalcati con tutta la canoa. Solo dopo abbiamo scoperto che se il museo è aperto potetechiedere di farveli aprire: i cancelli sono soprattutto una precauzione.

Quando finalmente, a Cornate d’Adda, riuscirete a tornare in sicurezza sul fiume potrete godervi otto chilometri di navigazione prima di raggiungere, a Trezzo d’Adda, la Diga Taccani.

Nota: Salvo il museo, aperto per lo più nei week-end, non ci sono altre strutture oltre alle centrali e alla chiuse. Non ci sono punti dove trovare ristoro o alcun tipo di Bar. Da Imbersago a Trezzo dovete provvedere da soli alle vostre scorte d’acqua e viveri.

Davide “Birillo” Valsecchi

Flaghéé: Panoramio on Adda River

Flaghéé: Panoramio on Adda River

Non sono mai stato sull’Adda in canoa ma, in effetti, non ero mai stato neppure in Ladakh o in Africa. Così, come faccio sempre prima di un viaggio, ho cominciato a documentarmi partendo proprio dall’elemento più semplice: la cartografia.

La cartografia moderna tuttavia è divenuta uno degli strumenti più incredibili che sia stato messo a disposizione del pubblico. Infatti utilizzando GoogleMaps è possibile inquadrare ogni angolo del pianeta, esplorare  immagini aeree o addirittura proiezioni tridimensionali del terreno.

Solo cinque anni fa tutto questo non era possibile, l’unica risorsa disponibile all’epoca era il sistema Cartografico Digitale Italiano accessibile solo da utenti registrati.

Oggi, grazie alle mie competenze informatiche e a Coords.net, ho realizzato strumenti molto potenti per effettuare tali ricerche. Le interfacce standard accessibili al pubblico sono di per sé incredibilmente potenti e vi invito a prendervi confidenza prima di un viaggio o un’escursione.

E’ così che ho trovato le rapide, le chiuse e gli sbarramenti che incontreremo lungo l’Adda. Sicuramente non è come vederli dal vivo ma aiuta a farsi un idea di quello che ci aspetta.

Inoltre mi sono divertito ad utilizzare anche Panoramio, un servizio sempre di Google, che permette di geo-referenziare fotografie associandole ad una terna di coordinate geo-spaziali: latitudine, longitudine, altezza.

In questo modo è stato possibile, anche grazie al contributo musicale dei Clarence Clear Water Revival, realizzare un video di quello che sarà il percorso che compieremo sull’Adda. Certo, è incompleto e mischia un po’ tutte le stagioni ma è un buon inizio per esplorare il primo dei due grandi fiumi che andremo ad attraversare.

Manca poco alla partenza, continuate a seguirci su www.flaghee.it!!

Davide “Birillo” Valsecchi

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