Uno di Asso: Fabrizio Crippa

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La foto che gli scattò Andrea la sera della Festa
La foto che gli scattò Andrea la sera della Festa

Chi oggi blatera di sicurezza all’epoca fu quasi indifferente a tutta questa storia che, per molti motivi, è per me impossibile dimenticare.

Erano giorni di neve e freddo ed un elicottero, quel lunedì mattina, sorvolava la valle. “Cos’è successo?” “Non si trova più Gigio” “E chi è?” “Quel ragazzo piccolo, che guida il trattore. Quello che hai tirato fuori dal frigor all’ultima festa che hai organizzato!” Si qualche giorno prima avevamo fatto festa, la “superbicchierata” l’avevamo chiamata.

Fabrizio, “Gigio” come lo chiamavano in molti dei suoi amici, aveva bevuto un bicchiere di troppo e qualche fesso, per scherzare, l’aveva fatto cadere dentro il frigor dei gelati.

Mi ero preoccupato prendesse freddo e così, pur di tirarlo fuori, mi ero infilato anche io nel nel frigor tenendomelo poi ben stretto perché si scaldasse.  Eravamo quasi coetanei ma quella era quasi la prima volta che ci incontravamo.

Il lunedì passò ed il tempo si fece ancora più inclemente. Martedì mattina non c’erano più elicotteri a cercare Gigio:”Sarà scappato, era un poco di buono” dicevano pur di non uscire più al freddo a cercarlo.

Io ero seduto “dalle Zie” con Enzo. Non ci conoscevamo ancora, si scambiava per lo più qualche chiacchiera a pranzo:”Max mi ha chiesto se gli diamo una mano, se andiamo con lui ed i cugini di Fabrizio a cercarlo lungo il fiume”. Ho un quadretto che dice “cittadino benemerito per attività alpinistiche”, sarei stato un codardo ed un ipocrita se non avessi infilato gli scarponi per cercarlo nella valle.

Uscimmo nel bosco a cercarlo quasi tutti i giorni. Io ed Enzo andavamo insieme e per la prima volta, tra la neve ed il freddo, lo vidi non più come il cinico artista chiacchierone così come l’avevo conosciuto ma bensì come la persona di gran cuore che spesso Enzo si rifiuta di mostrare. E’ in quei giorni, in Valle Bassa, che Enzo si conquistò la mia fiducia, la stessa fiducia che ci ha portato a compiere tanti viaggi insieme.

Ma dove era finito Gigio? “Cima” si mise a lanciare appelli ma mentre si moltiplicavano le maldicenze erano sempre meno quelli che lo cercavano. Dissero che era a Milano, che era andato via in treno, che aveva debiti, che era impazzito.

Mentre un giovedì rientravo a piedi dalla valle dei mulini si fermò Fausto, il  futuro marito della mia amica Francesca: mi disse di averlo visto seduto sul muretto davanti alla pizzeria di Pagnano la domenica pomeriggio in cui era scomparso. Fabrizio abitava poco più avanti, forse si era solo fermato a riposare mentre tornava a casa a piedi.

Dissi ad Enzo di aspettarmi sulla strada e a Max di fare il giro e controllare il fiume. Io, sperando di non finire a mia volta in acqua, avrei controllato la scarpata sottostante. Era un giovedì, aveva ripreso a nevicare mentre mi arrampicavo sulla scogliera coperta di neve attaccandomi alle piante e facendo attenzione ai cocci di bottiglia disseminati tra le sterpaglie.

E’ incredibile quanto “vicini” fossimo a Fabrizio. La neve copriva ogni cosa ma sono sempre più convinto che fu il destino a non lasciarmelo trovare quel giorno: ancora molto doveva accadere.

Al consiglio di Natale consegnai il premio alla Bontà al Maresciallo Melchiorre e quella sera stessa, insieme a Giordano Pina, si decise di organizzare una grande ricerca insieme alla Croce Rossa, alla Protezione Civile, ai Cacciatori, al Soccorso Alpino e ai Volontari di Asso.

Era un sabato mattina di una giornata di sole invernale. Il piazzale della caserma dei Carabinieri, dopo due settimane, era finalmente pieno di gente e fremevano i preparativi per la ricerca. Io, Enzo e la mia piccola squadra di volontari non appartenevamo a nessuna associazione e non avevamo una radio. Eravamo tutti giovani con esperienza di montagna ma per evitare guai decidemmo, in accordo con “Ciano” e Fumagalli del Soccorso Alpino, di ripercorrere la valle dei mulini affrontando la parte meno pericolosa del fiume.

Chiesi a Simone, marito di mia sorella ed istruttore di roccia, di tenere d’occhio la nostra piccola squadra mentre ancora una volta provavo a controllare la scarpata. Non avevamo corde o attrezzatura e così Enzo si mise sulla strada e Luca sul fondo del fiume in modo che se fossi caduto mi avrebbero quantomeno soccorso.

Cosa accadde? Non posseggo arte sufficiente per raccontarvi quello che successe davvero sulla quella scarpata. Fabrizio e la verità sulla sua storia erano lì, entrambi aspettavano che arrivassi per svelarli a tutti: Fabrizio tornava a casa sua quando fu investito da un auto che lo scagliò nel fitto della boscaglia che cresce sulla scarpata, ferito ed intrappolato tra i rami rimase lì finché il freddo non lo portò via.

L’avevo tirato fuori da un frigor per gelati e lo ritrovavo ora ucciso dal freddo e da tutti coloro che lo avevano abbandonato tra quei rami. Il maresciallo Melchiorre, grazie ad un pezzo di specchietto che giaceva vicino a Fabrizio, trovò chi l’aveva investito: “Non me ne ero accorto” disse l’uomo quando fu preso dai Carabinieri…

Non c’è niente di speciale, niente di eroico in quello che vi ho raccontato, niente che cinquant’anni fa non avrebbe fatto ogni buon paesano nell’ignoranza dotta della sua terza media la sera stessa che una madre si fosse disperata per un figlio che non è più rientrato a casa. Oggi, ancora oggi, mi chiedo: “Se fossi stato io al suo posto avrei dovuto attendere due settimane perché mi trovassero, perché il mio paese riscoprisse l’orgoglio di prendersi cura della sua gente?”

Davide “Birillo” Valsecchi

Mi spiace per il dolore che rivivere questa storia può provocare ma vi è una lezione, pagata a caro prezzo, che non va dimenticata. [La storia di Fabrizio]

« Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli. »   (Matteo 18,12-14)

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