Un legame antico

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Tra Forni Avoltri, un piccolo ed orgoglioso paese tra le maestose Alpi Carniche, ed i Comaschi vi è un legame antico che da quasi mezzo secolo li accomuna: un legame nato dalle difficoltà ma da cui, nel tempo, sono sbocciate grandi amicizie.

Forse tutto ebbe inizio proprio il 4 Novembre del 1966, la notte in cui l’Italia venne colpita della famosa e spaventosa alluvione che travolse le grandi città d’arte così come i piccoli comuni. In un diario di quei giorni, scritto da Tomaso Pelliciari  e pubblicato nel 1973, si può leggere il racconto di quei giorni terribili a Forni Avoltri:

1966, 4 Novembre – Sono giorni che piove senza interruzione (il 2 ed il 3 aveva nevicato in montagna): pare la fine del mondo, l’acqua scende da tutte le parti, la terra non assorbe più e la montagna pare un unico torrente d’acqua, la montagna urla, il Degano pare diventato largo quanto tutto il paese e l’Acqualena non pare da meno. Manca la luce ed il telefono non funziona. Cominciano i primi danni al Ristorante «Al Fogolar», alla segheria di Candido, alla stalla di Samassa Alessandro, alla stalla Sociale. Il sindaco Romanin Riccardo è instancabilmente nell’organizzazione di aiuti, tentativi di riparo, nell’indicare necessità di evacuazione e sgombero. Popolazione, Alpini, Carabinieri, Finanzieri, Vigili del Fuoco e squadra di Pronto Soccorso sono al lavoro da ore e ore.

1996, 5 Novembre  –  In paese mancano all’appello delle persone. Viene constata una voragine apertasi nella prima arcata del ponte grande, a nord di Forni, e si spiega la tragedia: Romanin Riccardo (anni 66, Sindaco di Forni Avoltri), Romanin “Mili” Emilio (anni 48, impiegato comunale), Brunasso Augusto (anni 40) e Brunasso Ezio (anni 27) a bordo di una Fiat 1100 scendendo da Avoltri per andare alla Stalla Sociale scompaiono dentro la voragine apertasi improvvisamente nel ponte dove solo una pellicola di asfalto copriva il pericolo; poco dopo (siamo nelle ore di buio della sera dopo le 4) una Fiat 500 con a bordo Peppino del Fabbro (anni 19), Gildo Romanin (anni 19) e Raffaele Vidale (anni 19) segue la sorte dell’altra macchina. Forni Avoltri in quest’alluvione, che ha colpito gran parte d’Italia, segna un triste primato: 7 morti in un comune di neppure 1500 abitanti.

Il quotidiano Messaggero Veneto lanciò un appello in favore del piccolo paese colpito dalla grande alluvione e tale appello fu raccolto dal quotidiano La Provincia di Como, all’epoca guidata dal Direttore Gianni De Simoni, che diede vita ad una petizione per raccogliere fondi tra le genti lariane. L’iniziativa colpì i comaschi e fu possibile in breve tempo raccogliere 30 milioni di lire per la costruzione di una nuova scuola. De Simoni ancora oggi è ricordato dagli alievi della scuola media come l’Angelo del Fango di Forni Avoltri.

Sempre nel diario di Pelliciari possiamo leggere:

1967, 10 Settembre – Grazie alla generosità della città di Como e Provincia viene inaugurata oggi la scuola media statale intitolata alla memoria degli scomparsi dell’alluvione del 1966. Il sindaco di Como avv. Lino Gelpi, a nome di tutti i Sindaci della sua Provincia, consegna le chiavi della scuola al Sindaco di Forni Avoltri cav. Mario Del Fabbro. Il progetto delle costruzioni è dell’architetto Giampaolo  Allevi ed dell’ingegner Peroni di Como. Una cerimonia solenne ha aperto con una messa in suffragio ed una consegna di medaglie alla memoria ai congiunti degli scomparsi per mezzo del ministero Taviani.

Forse furono davvero questi tristi fatti a spingere alcuni temerari comaschi (all’epoca il viaggio era davvero lungo ed impervio) alla scoperta di quelle valli alpine. I primi furono un gruppo di amici ed appassionati cacciatori di Inverigo di cui io riesco a ricordare purtroppo solo “Sandrino” e la sua mitica 500 con cui affrontava le quasi 13 ore di viaggio. Poi altri tra cui mio padre (con una 127) e dopo di lui amici di Scarenna, Civenna e Valbrona.

Tra quei monti “I Comaschi” hanno fama di grandi casinisti, di bevitori ed avventurieri ma sono anche noti per il loro altruismo e la loro lealtà: essere Comaschi tra quei monti è un grande onore ma anche una grande responsabilità per i meriti di chi ci ha preceduto.

Davide Valsecchi

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