Tag: carnia

CIMA-ASSO.it >
Fine della Corsa

Fine della Corsa

Ahimè, il cattivo tempo è finalmente calato anche qui: è arrivato l’autunno! Senza il sole inizia a fare freddo ma soprattutto una densa coltre di nubi ricopre le montagne. Mi guardo intorno con un certo disappunto: c’erano ancora molte salite che avrei voluto affrontare ma, in queste condizioni, sarebbe uno sforzo vano.

Tuttavia non posso che dirmi fortunato visto che su sette giorni ho incontrato solo una giornata di brutto tempo. Non mi è andata affatto male, anche se la mia “corsa contro il tempo” si interrompe posso dire di aver accumulato un eccellente “bottino”.

Ho avuto la fortuna di compiere salite stupende e di vedere panorami fantastici. Mi piacerebbe restare di più ma le previsioni parlano di una grossa perturbazione che imperverserà per tutta la settimana. Per quanto me la goda anche stando avvolpacchiato sul divano davanti al fuoco è tempo di preparare lo zaino e di fare rotta, un po’ a malincuore, verso casa ed il Lario.

Monte Chiadin (2287m), Monte Cimon (2422m), Monte Ombladet (2255m), Monte Avanza (2489m), Monte Coglians (2780m), Monte Fleons (2507m): montagne splendide che mi hanno dato grande gioia e soddisfazione.

Certo, avrei voluto aggiungere a questa lista anche il Monte Peralba (2694m), il Monte Volaia (2470m), la Creta Forata (2462m), la Creta Verde (2520m), il Monte Navagiust (2129m) e magari anche il Monte Sierra (2443m). Chissà, forse avrò occasione di raccontarvi anche queste montagne bellissime semplicemente la “prossima volta”.

Queste mie “solitarie” tra le Alpi Carniche sono state impegnative ma anche corroboranti: era parecchio che volevo “esplorare” in piena libertà come ho avuto occasione di fare. Confesso però che la prossima volta non dispiacerebbe tornare qui con una “squadra”, con un gruppo di amici ed alpinisti ben affiatati. Qualcuno in mente già ce l’ho: vedremo cosa mi riuscirà di organizzare 😉

Tra qualche giorno riparto e fino ad allora “pascolerò” allegramente per il paese ed il fondo valle salutando i vecchi amici di Forni. Questa mia “incursione” tra le loro montagne è stata breve ma terribilmente intensa ed appagante: sono davvero contento di essere tornato!

Davide Valsecchi

Ps: pare che il mio giovane omonimo abbia vinto il Campionato Mondiale di GP2. Grande Valse!!

Monte Fleons (2507m)

Monte Fleons (2507m)

Qualche giorno fa ammiravo questa montagna dalla cima del Monte Avanza rimanendone colpito dal verde intenso che sembrava sprigionare. Probabilmente è stato proprio il fascino che il Monte Floens aveva esercitato su di me quel giorno l’unica molla che è riuscita a mettermi in moto questa mattina. Ad inizio giornata le gambe andava solo a mezza forza, complice i chilometri fatti nei giorni scorsi ma anche il clima freddo ed umido di una mattinata coperta di nuvole.

Il mio viaggio è iniziato dalla cava di marmo risalendo il Rio Fleons ed addentrandomi nell’omonima valle dove, a quota 1360 metri, vi è il famoso orrido “Stretta di Fleons” e la presa dell’acqua minerale “Goccia di Carnia”. La Goccia è una delle poche realtà produttive della zona e prese vita dopo la grande alluvione del ’66 grazie all’intervento di un industriale Comasco, Franco Tettamanti.

Superata la presa dell’acqua ci si imbatte nella grande vallata superando via via le due casere fino al Giogo Varanis o Passo del Buon Pastore. Qui si giunge finalmente al confine con l’Austria ed alla base del Monte Fleons. Sul confine vi è  una statua in bronzo che segna il passo e, quando oggi l’ho raggiunta oggi, il tempo sembrava incerto mentre una fitta coltre di nebbia si agitava nella valle. Ero indeciso, non volevo salire senza visibilità ma il continuo cambiar del vento mi dava fiducia.

La salita corre dapprima attraverso ripidi prati e poi prosegue lungo una lunga ed esposta serie di creste che conducono fino alla cima. E’ un sentiero in molti punti attrezzato ed esposto, adeguato solo ad Escursionisti Esperti (EE) con il passo fermo e senza paura del vuoto. Se possedete questi requisiti potrete godere di una salita impegnativa ma davvero appagante!

Oggi sotto i 2200 metri tutto era avvolto dalla nebbia mentre sopra, superata quella quota, brillava un sole caldo ed un cielo azzurro.

Giunto sulla cima ho appoggiato la schiena alla croce di legno e mi sono goduto il panorama. Ho affettato un po’ di salame e mi sono completamente abbandonato al momento. Vedevo le cime in lontananza spuntare oltre le nuvole e tutto attorno una coltre bianca. Lo sguardo si perdeva all’orizzonte in ogni direzione infondendomi un benessere incredibile: una sensazione intensa e quieta al tempo stesso.

Forse vi sembrerà strano e potrete prendermi anche in giro, io per primo ve lo concedo, ma in quel momento nella mia mente si è formato un pensiero terribilmente curioso: “Sono nel palmo della mano di Dio (e non si sta affatto male!)”. Io credo che tutti quelli che raccontano o combinano sciocchezze tirando in ballo Dio non abbiano mai visto uno spettacolo simile, diversamente non avrebbero tutta quella voglia di agitarsi ma se ne starebbero buoni a godersi tanta meraviglia.

Dall’inspiegabile deriva mistica che sta prendendo questo mio scritto potete capire quanto io sia “stanco” ora mentre provo a scrivervi. Il Monte Fleons si è guadagnato un posticino nel mio cuore e questa giornata è stata davvero ben spesa.

Vi lascio con qualche foto e piano piano mi ritiro in branda. Domani mi concedo un po’ di riposo, è tempo di fare bucato e sistemare il mio “accampamento”. Se il tempo regge nel pomeriggio proverò a fare qualche foto ai caprioli che escono al pascolo prima del tramonto.

A domani!

Davide Valsecchi

[map id=”itinerario” w=”700″ h=”600″ maptype=”SATELLITE” kml=”https://www.cima-asso.it/kml/Monte_Fleons.kml”]

Monte Coglians (2780m)

Monte Coglians (2780m)

Oggi giornata strepitosa con una meta d’eccellenza: il Monte Coglians. Con i suoi 2780 metri di altezza è la regina delle Alpi Carniche, la più alta montagna più alta del Friuli Venezia Giulia. A rendere ancora più spettacolare la mia salita una condizione meteorologica straordinaria: dopo le pioggia di ieri il cielo era sereno ovunque ed inattesa sulla montagna era caduta la prima neve.

Stamattina, dopo la consueta colazione da Bruna al Sottocorona, sono salito con la mia “pandina vecchio stile” su per le frazioni fino a Collina ed al Rifugio Tolazzi. Sul piazzale, sempre gremito di escursionisti, neppure una macchina: avevo la montagna tutta per me!

Dal Tolazzi ho imboccato il sentiero che risale fino al lago Volaia ed al Rifugio Lambertenghi. Prima di scollinare nel passo ho svoltato verso est sul fianco della montagna imboccando il famoso sentiero “Spinotti”, un ripido e panoramico tracciato che sale sul crinale di roccia.

“Spinotti” è un sentiero attrezzato con cavi, un paio di scale ed alcuni passaggi su roccette. Fa parte del famoso “Sentiero Italia” e durante la “Corsa dei Tre Rifugi” gli atleti lo superano correndo: le difficoltà che si incontrano non sono quindi elevatissime ma non è neppure per neofiti della montagna.

Da Spinotti parte poi la biforcazione che conduce alla via normale per il monte Coglians ed è lì che è iniziata la parte più interessante della mia salita.

Un sottile strato di neve ricopriva ogni cosa e qua e là si sentiva il ghiaccio iniziare a sciogliersi sotto i primi raggi del sole. Il contrasto tra il bianco della neve ed il verde intenso delle valli sottostanti era stupefacente e sebbene tutto intorno fosse ancora tarda estate mi addentravo in un assaggio di inverno.

Sulla neve solo le mie tracce. Una piccola soddisfazione in più per questa mia salita in solitaria su una montagna affascinante e simbolo di un intero territorio alpino.

La normale non presenta difficoltà troppo impegnative. Nonostante la neve, fortunatamente non ghiacciata, si deve affrontare un lungo ghiaione ed alcuni passaggi su roccia e sfasciume nella parte finale. La traccia è sempre ben riconoscibile e credo sia stupendo affrontare questa salita con gli sci durante l’inverno. Nei passaggi più complessi sono stati approntati chiodi e spit per assicurarsi qualora ce ne fosse bisogno.

Già alcuni metri sotto la cima si riesce a vedere la particolare croce con la campana che è posta sulla vetta. Posso garantirvi che quello è probabilmente il momento che dà maggiore soddisfazione: ormai ci sei, ormai è fatta!

Dalla cima oggi la vista era incomparabile e correva lontano per chilometri in ogni direzione: a nord le montagne Austriache, a Ovest le Dolomiti e a Sud-Est il mare! Uno spettacolo!

Lungo la discesa mi sono fermato al rifugio Marinelli a salutare Caterina, gestrice del rifugio nonché una vera autorità alpinistica di queste parti. Credo che fossero ormai quasi 10 anni che non ci incontravamo più e mi ha fatto talmente piacere incontrarla che oggi al Marinelli ci sono salito ben due volte!

Già, perché prima di incamminarmi verso Valle Caterina mi ha offerto una delle sue famose grappe ed io, da copione, sono andato in gondola incamminandomi lungo la strada sterrata che porta nuovamente al Tolazzi. Giunto alla Casera Morareto, che sta circa 600 metri di dislivello più sotto, mi sono accordo di aver dimenticato il mio bastone  appoggiato alla porta del rifugio. Visto che è un caro ricordo non avevo altra scelta:  via di nuovo a piedi fino ai 2111 del Marinelli!

“Non ci vediamo mai oppure son sempre qui!” Mi hanno preso in giro tutti e dopo una bella birra ed un’oretta di allegre chiacchiere di montagna ho finalmente preso la strada giusta verso casa.

Mentre vi scrivo sono un po’ cotto dalla fatica ma è stata una giornata davvero bella, una di quelle da conservare.  Vi auguro quindi la buona notte: se domani il tempo e le gambe reggono si punta al Monte Fleons (2507m) attraversando tutta l’omonima vallata!

A presto!

Davide Valsecchi

[map id=”itinerario” w=”700″ h=”600″ maptype=”SATELLITE” kml=”https://www.cima-asso.it/kml/monte_coglians.kml” ]

Monte Avanza (2489m)

Monte Avanza (2489m)

Oggi è stata una giornata intensa, carica di emozione. Ieri mi hanno prestato una vecchia Panda 4X4: l’hanno “ripescata” dalla stalla in cui era parcheggiata e me l’hanno affidata per il tempo che rimarrò qui. Il motore è ancora in perfetto stato ma in compenso i freni non voglio sapere di funzionare e sono pigri come i bambini che non vogliono alzarsi per andare a scuola.

Con il mio “mezzo” mi sono messo in strada presto e sono salito fino a Sappada, il primo paese oltre il confine con il Veneto. L’obbiettivo di oggi era infatti il Monte Avanza, una cattedrale di roccia bianca posta sul confine tra Friuli e Veneto e poco distante dal confine di stato con l’Austria. Da Sappada è possibile risalire in auto fino alle sorgenti del Piave a 1830metri di quota evitando di risalire la lunga (ma affascinante) valle del Rio Avanza a nord di Forni Avoltri.

Dalle sorgenti del fiume Piave mi sono incamminato risalendo fino al Rifugio Calvi (2164m). Quando ero più piccolo quella lunga salita mi sembrava terribilmente ardua mentre oggi mi è parsa poco più che una gradevole passeggiata.

Dal Rifugio ci si alza ancora fino al Passo Sesis (2367m) che si apre sulla verdissima e magnifica vallata del Fleons: uno spettacolo che da solo varrebbe la salita!

Qui il sentiero prosegue costeggiando il versante Nord del monte Chiadenis fino a raggiungere Passo Cacciatori (2232m) dove si incrocia il sentiero che risale da Casera Vecchia e quello che poi effettivamente punta alla cima del Monte Avanza. Passando dal Calvi, anziché dalla Casera, ho allungato un po’ la strada ma il panorama valeva certamente la piccola divagazione.

Il sentiero per la vetta attraversa una spaccatura nel cuore del Monte Avanza che prende il nome di Camp delle Genziane. E’ un sentiero di tipo EE (Escursionisti Esperti) la cui difficoltà è paragonabile al Sentiero Cecilia sulla nostra Grignetta. La principale differenza sta nel ghiaino fine che ruba mezzo passo ogni volta che si fa forza sui piedi per salire.

Poco prima di giungere alla cima si attraversano le fortificazioni diroccate della prima guerra mondiale ed in alcuni canali si possono vedere ghirlande di filo spinato un tempo poste ad estrema difesa di disperati passaggi attraverso le gole. Povera gente, che inferno deve essere stata la guerra tra quelle montagne. Allontanandosi (con cautela!) dalla traccia è possibile trovare qualsiasi tipo di residuato bellico risalente al 15-18: dalle vecchie scuole di scarpe alle schegge di bombe e di munizioni di cannone.

Una volta in cima ci si ritrova su una terrazza a sbalzo su pareti verticali di quasi quattrocento metri. Verso Nord lo strapiombo sulla val Fleons è davvero impressionante e la parete del Crassigne dal Cramar mostra tutta la natura selvaggia. Nuvole all’orizzonte nascondevano le montagne a Sud ed il gruppo del Coglians mentre il Monte Fleons era di una bellezza pericolosamente “accattivante”.

Ecco un breve filmato con cui ho cercato di catturare quel panorama che stava per essere ingoiato dalla nebbia.

Il tempo stava cambiando e così mi sono affrettato a raccogliere le mie poche cose cercando di portarmi a valle prima che la nebbia catturasse tutta l’Avanza. Per scendere ho imboccato un percorso che NON dovete assolutamente imitare, specie da soli. Prima di spiegarvi il perché vi racconterò una storia che risale a quasi 20 anni fa.

Mia madre era appassionata nel cercare funghi e per questo insieme a tutta la famiglia si andava spesso alle pendici del monte Avanza per raccoglierne. Conoscevamo molto bene i boschi sottostanti ma non ci eravamo mai spinti sulla roccia dell’Avanza e così, un giorno, decidemmo di fare il giro del passo Cacciatori fino al Calvi. Doveva essere una passeggiata molto semplice ma non lo fu affatto.

Io e mio padre cercavamo residuati della prima guerra mondiale e forse fu questo che ci spinse fuori strada portandoci a sbagliare la via di salita. Inconsapevolmente non stavamo salendo verso il passo cacciatori ma attraverso un ripido e pericoloso ghiaione che sale diretto alla cima dell’Avanza.

La salita era dura, io avevo più o meno quattordici anni e mia sorella dodici, eravamo abituati a camminare tra le rocce ma l’impresa, che avrebbe dovuto essere semplice, si stava inevitabilmente dimostrando sempre più ardua. Tutti confidavamo fosse la strada giusta e quindi continuammo a salire.

Poi successe l’imprevisto: mio padre trovò tra le rocce un proiettile inesploso da mortaio, un’enorme bomba ferma lì in attesa da ben oltre 50 anni. Fortunatamente non esplose al quando mio padre la toccò ma era lì davanti a noi: inegra, pericolosa ed enigmatica. La situazione fu subito grave: eravamo in un vallone ghiaioso circondato da muraglie di roccia altre oltre duecento metri, se non ci avesse ucciso l’esplosione di quell’ordigno lo avrebbe fatto l’inevitabile frana che avrebbe provocato.

La preoccupazione di mio Padre e mia Madre era chiara sui loro volti: ne avevamo passate tante insieme ma ora eravamo davvero nei guai! Decisero che salire fino al passo, lasciandoci il pericolo alle spalle, sarebbe stata la soluzione migliore. Così continuammo a salire per quella valle infernale di rocce infrante. Purtroppo però non stavamo salendo verso il Passo Cacciatori ma verso un imbuto di roccia alla testa della valle: un ostacolo di oltre trenta metri chiudeva la nostra strada.

Mio padre né salì il primo pezzo ma capì subito che non sarebbe stato possibile far salire anche noi, nemmeno attrezzando il passaggio con la corda. Ormai era chiaro, avevamo sbagliato strada ma alle nostre spalle avevamo la bomba e davanti una parete di roccia dietro cui si nascondevano solo incognite. Ironia della sorte oltre quella muraglia c’era niente meno che la cima del Monte Avanza: avevamo quasi scalato la montagna!

Ci sedemmo tutti insieme cercando di inghiottire con il cioccolato un po’ della paura e del freddo che stava salendo per quella valle scura. Poi affrontammo l’unica scelta che ci era rimasta: tornammo sui nostri passi, superammo la bomba pieni di ansi e riparammo il più lontano possibile tra i boschi.

La sera stessa, quando all’imbrunire rientrammo a Forni, andammo tutti insieme dai carabinieri a denunciare il ritrovamento dell’ordigno. Quello che accadde dopo alla bomba non lo scoprimmo mai: qualcuno può averla fatta brillare o può essere ancora lassù.

Io oggi ero lì, in piedi su un pilastro di roccia a strapiombo sull’imbuto di quella valle. Il mio primo pensiero è stato: “ho rischiato laggiù la pelle venti anni fa, non ci tengo a fare la fine del topo oggi!”.

Ero convinto, ero deciso: per niente al mondo avrei provato a scendere di lì. Ero solo, non c’era nessuno altro sulla montagna, nessuno sapeva dove fossi, il cellulare non avrebbe preso in quella valle buia e pericolosa di cui conoscevo solo lo spaventoso ricordo. Era follia, era stupidità, troppi pericoli e troppe incertezze.

Poi in un attimo è successo qualcosa. Era uno di quei punti di non ritorno in cui decidi della tua vita. Ho guardato le montagne intorno a me in cerca di una risposta e poi, inconsapevolmente, ho semplicemente mormorato queste parole: ”Madre proteggimi nei sentieri oscuri”. Quello è stato il mio primo passo scendendo nell’abisso del tempo.

Abbassandomi con cautela verso il salto verticale sono partiti un paio di sassi che, dopo aver pigramente rotolato sul pietrame, si sono gettati nel vuoto. Trenta metri più sotto si sono schiantati sul ghiaione trascinandosi dietro un fiume di altre pietre. “Se succede una cosa simile mentre sei la sotto sei fregato!” Una scarica di sassi in quell’imbuto non avrebbe potuto che colpirmi. “Bhe, faremo in modo che non accada”. Quando inizio a parlare da solo è sempre un guaio: significa che sto pensando in “doppia affidabilità” e che percepisco prossimo il mio limite. Significa che sto soffocando la paura.

Ho iniziato ad arrampicare in discesa sulla prima parte della parete. Nella parete c’erano un paio di chiodi ed un cavo metallico sbrindellato pendeva molle da uno dei due: qualcuno aveva provato a proteggere quella “direttissma” per la cima ma per via delle continue frane  quel passaggio era indifendibile. Dopo i primi cinque metri ho trovato un vecchio cordino abbandonato e passando tra le rocce mi sono calato in spaccata tra due grandi sassi. Un rivolo d’acqua rendeva viscido il centro del piccolo caminetto su cui lavoravo in opposizione.

In passato ho affrontato difficoltà anche maggiori ma lì sentivo il peso di ciò che era avvenuto 20 anni prima. Il sole non filtrava ed era buio tra quelle fredde pareti di roccia. Io immaginavo me stesso nell’atto di cadere, vedevo il mio zaino sbattere ed il mio corpo rotolare tra i sassi. Ancora cinque metri e sarei arrivato alle base. Mancavano solo i cinque metri che percorse in salita mio padre quel giorno.

Un ultimo passaggio ed ero oltre, alla base dello sbarramento di roccia. Davanti a me solo il ghiaione, la culla della bomba ed il pericolo dei sassi. Pompavo ossigeno per rimanere concentrato: dovevo mettere le ali al culo e togliermi di lì ma iniziavo a sentire un pericoloso senso di euforia, di rivincita, di riscatto.

C’erano due enormi macigni e la bomba, 20 anni prima, era da quelle parti: credetemi o no ma mi sono messo a cercarla con commovente nostalgia: “Dove sei ora che sono solo? Dove sei ora che ti rivedrei con affetto?”Per me è difficile spiegare, farvi capire: la mia famiglia aveva un conto aperto in quella valle, quella valle dove tanti anni prima avremo potuto essere spazzati via tutti, dove c’eravamo stretti tutti insieme facendo fronte al pericolo che ci spingeva alla fuga: c’era qualcosa che semplicemente andava fatto ed era certo compito mio farlo. Un anello andava chiuso nella catena del destino.

Più a valle, ritrovando il sentiero, ho individuando il punto dove sbagliammo quel giorno ed ho ringraziato quella valle terribile: forse anche lei comprendeva che avevo arrampicato più con il cuore che con la testa e, forse anche per questo, era stata clemente con me ancora una volta. In tasca avevo il cordino trovato a brandelli ed una scheggia arrugginita di bomba: due cimeli da portare in dono a mia mamma, due nuovi tesori per la sua tomba. Io e lei abbiamo avuto la nostra rivincita sulle tenebre di quella valle.

Non leggete vanteria nelle mie parole: questa è la confessione di un alpinista colpevole e nostalgico. Con il senno di poi non avrei dovuto prendere quei rischi. Con il senno di poi non avevo altra scelta.

Davide Valsecchi

Se il cielo sarà buono (e le gambe reggeranno) domani si punta al Monte Coglians (2760m)

[map id=”itinerario” w=”700″ h=”600″ maptype=”SATELLITE” kml=”https://www.cima-asso.it/kml/Avanza.kml” ]

Monte Cimon (2422m)

Monte Cimon (2422m)

Questa mattina, verso le sette, il cielo sembrava plumbeo e la giornata coperta di nuvole. Quando ha suonato la mia sveglia ho messo il naso fuori dalle lenzuola e dopo aver guardato al di là della finestra mi sono semplicemente girato nel letto.

Più tardi, verso le otto, il sole ha perforato le nuvole ed il cielo ha iniziato a schiarirsi illuminandosi di azzurro. Ancora una volta ho messo il naso fuori dalle coperte ed ho iniziato a correre! Già, perché ingannato dal cielo avevo perso un ora di marcia e, cosa ancora più grave, anche le brioches che mi aveva promesso zia Bruna.

Vestito di corsa ho inforcato lo zaino ed attraversato tutto il paese fino all’albergo “Sottocorona” dove avevo appuntamento con Bruna per il Caffè. Purtroppo tre signori di Rigolato si erano già mangiati le mie brioches ma la zia aveva ancora una magnifica fetta di torta. “Dove vai oggi?” “Vado in Tuglia, poi su fino al passo di Entralais e poi in cima al Cimon” Rispondevo alla zia infilando banane e formaggio nello zaino.

Questa è stato l’inizio di un viaggio impegnativo ma davvero gradevole. Dal campo sportivo sono salito fino alla Casera di Colle di Mezzo Dì seguendo la strada sterrata. Avrei potuto seguire il sentiero, che sale più veloce, ma volevo lasciare alle gambe il tempo di scaldarsi dopo la salita di ieri e così mi sono goduto la “passeggiata” di due ore che mi ha portato prima a Colle di Mezzo Dì Basso, poi ai resti della Casera di Colle di Mezzo Dì Alto e finalmente nella grande piana della Casera Tuglia.

Durante la salita, camminando in silenzio, ho sorpreso una femmina di capriolo a meno di cinque metri nel bosco oltre il ciglio della strada. Appena mi ha visto si è slanciata sulle gambe dietro ed è corsa via saltando. “Lei” è stata solo la prima di una lunga serie di caprioli che mi capiterà di incontrare attraversando i boschi!

Alla Casera Tuglia ho incontrato un capannello di cacciatori che discutevano in dialetto. Erano per monti dall’alba e descrivevano tra loro le bestie che avevano visto durante la posta.Nonostante il tempo passato li riconoscevo quasi tutti e così mi sono avvicinato per salutarli. L’incontro è stato buffo: sulle prime infatti il gruppetto non capiva perché un foresto vestito di un abbagliante rosso passasse a salutare un gruppo di cacciatori in rigoroso grigio verde (anche solo lo squilibrio cromatico rendeva quella scena spassosa!). Poi mi è bastato dire: “Sono il Figlio di Paolo da Como, quello più vecchio dei due”. Prima ancora di proseguire oltre avevo un bicchiere di vino rosso in una mano ed un panino al salame e formaggio nell’altra!

Dopo un paio di bicchieri ed i saluti di rito ha avuto inizio la parte più alpinistica della mia salita. Il sentiero 229 inizia la lunga risalita su per il ghiaione che porta dai 1500m della Piana di Tuglia ai 2190m del Passo Entralais che separa il Cimon dalla Creta della Fuina. La salita è stata lenta ma il sentiero, sebbene qui è là stravolto dalle scariche di sassi, era abbastanza agevole e ben segnato.

Questo sentiero è spesso usato per una traversata che unisce Forni Avoltri a Pesaris, un altro paese sull’altro lato del massiccio nella zona di Prato Carnico. Al passo tuttavia io ho invece svoltato  verso Ovest iniziando la mia salita alla vetta del Cimon. Sono circa duecento metri di dislivello ma si deve affrontare un misto di prato e placche calcaree in cui bisogna dare prova di passo fermo e doti basilari di arrampicata.

Il versante di Forni Avoltri era sereno e ben illuminato mentre da Pesaris saliva una fitta nebbia, questa raggiungeva il limite della cresta per poi essere spazzata indietro dalle correnti d’aria.  Per questo motivo mi sono per lo più arrampicato sulla cresta seguendo i bollini rossi che indicavano la via. Credo che vi sia anche una via di salita più semplice spostata più a sud sul versante ma con la nebbia non ho visto nulla e non saprei darvene conferma.

In Cresta spesso si arrampica affrontando passaggi di I° massimo II° grado, come il caminetto dei Corni se siete delle mia parti. Il problema è che in molti punti i passaggi sono esposti sul vuoto del ghiaione e non tutti i passaggi risultano intuitivi (ci sono ometti e bollini ma serve un po’ di logica per capire dove passare). Quindi è richiesta come sempre prudenza e consapevolezza del tipo di salita che si va ad affrontare: se sapete arrampicare un minimo e non avete paura del vuoto troverete la salita molto impegnativa ma divertente, diversamente è meglio non provare affato a salire.

Tra le rocce ho trovato un tappeto di stelle alpine che lentamente si lasciavano sfiorire nell’estate che finisce.

Una volta in cima ho scattato una foto con il gagliardetto del Cai Asso ed il cippo di vetta posto dal Cai Forni Avoltri. (Un saluto ai miei soci e a quelli di Forni!)

Ed infine, visto che il cippo era un solido e levigato blocco di marmo che sembrava fatto apposta per fungere da cavalletto, mi sono concesso anche un autoscatto (non si capisce mai quando scatta!).

La discesa è stata rapida e non troppo faticosa. Dalla Casera Tuglia ho inforcato il sentiero 227 che scende verso il Biatholon ed in un paio d’ore sono stato nuovamente al campo base. Il 227 è un sentiero un po’ ostico, nonostante gli evidenti sforzi per mantenerlo in efficienza è spesso ripido e scivoloso. A complicare le cose anche una tromba d’aria che ha messo letteralmente sotto sopra tutto il bosco che si attraversa.

Sebbene non possa che sconsigliarlo a chi non è troppo fermo sui piedi posso dirvi che è un ottimo posto per incontrare caprioli: io ne ho trovati due, uno dei quali era un bel maschio con oltre venti centimetri di corna che saltava come un baleno tra gli alberi abbattuti.

La giornata è stata decisamente buona e la salita è stata densa di soddisfazioni e panorami nonostante le nuvole che imperversavano sulle altre vette.

Davide Valsecchi

Nota: Domani se il tempo è buono (e le mie gambe reggono!) si punta alla Cima Ombladet (2255m)

[map id=”itinerario” w=”700″ h=”600″ maptype=”SATELLITE” kml=”https://www.cima-asso.it/kml/monte_cimon.kml ” ]

Monte Chiadin (2287m)

Monte Chiadin (2287m)

Il Chiadin è la prima montagna con cui ci si imbatte entrando a Forni Avoltri dalla statale per Tolmezzo. La sua mole sovrasta il paese con tanta ripidità che dal basso si fatica a scorgerne la cima. Dal centro di Forni la montagna appare quasi completamente nascosta dal Cret di Navos, uno sperone di roccia scura che scende verticale fin sopra i prati di Avoltri. Sulla cima del Cret si riesce a scorgere anche dal basso la cappelletta bianca che custodisce una piccola madonnina.

E’ una montagna che sul lato sud è attraversata da grandi prati e boschi mentre sul lato nord frana pericolosa e selvaggia in uno scosceso e vertiginoso “gravar”, il ghiaione di Avoltruzzo.

Due sono le principali vie di salita alla vetta, il sentiero 168 da Forni o il 174 a cui ci si può accedere dai Piani di Cristo a Sappada o dai Piani di Luzza. Io ho cercato di creare un anello partendo praticamente da dietro casa ed iniziando la mia salita da Forni imboccando il sentiero poco prima della galleria di Avoltri.

Voglio mettervi da subito in guardia: è ripida, tremendamente ripida e non stacca mai! Il sentiero infatti sale spesso quasi dritto senza troppi tornanti anche quando uno o due avrebbero fatto ben comodo. Questo probabilmente perché il sentiero segue le vecchie tracce usate per portare a valle il fieno dagli sfalci in quota.

In un oretta si raggiunge la madonnina da cui si gode già di un’ottima vista sulla valle. Proseguendo si arriva alle piccole baite di “Caronado” dove si trova la “Baita Catia” che fu costruita da Angelo ed in cui spesso da piccolo ho trascorso la notte con i miei. (Mentre vi scrivo ho una foto di Angelo appesa proprio davanti a me sulla “parete dei ricordi”)

Dalle baite il sentiero prosegue e si fa sempre più errabondo tra i prati ed i pini mugo, rimarcato da paline bianche e rosse piantate qua e la nel terreno. Passata punta Salinas ed il Giogo del Chiadin si avanza sui prati senza più alcun sentiero se non i riferimenti colorati e le paline. Un tratto davvero faticoso e scosceso dove si procede sull’erba costeggiando lo spaventoso orrido del Gravar di Avoltruzzo.

Il sentiero 168 ha una particolarità strana: non porta infatti alla cima ma solo fino ad una delle due anticime a sbalzo sul vuoto del ghiaione. La cima “vera” ha una decina di metri di quota in più ma per raggiungerla è necessario avventurarsi in un lungo traverso sulla cresta di sfasciumi. Per questo il sentiero semplicemente termina così come è riportato anche sulla cartina.

Dubbioso su come proseguire oltre ho mangiato qualcosa godendomi il sole sul piccolo cucuzzolo. Ho scattato da lì la gran parte delle foto che vedrete e mi sono sbizzarrito nell’osservare le montagne circostanti studiando la cartina. Il Chiadin ha infatti una posizione strategica da cui è possibile vedere tutta la corona di monti che circonda il territorio di Forni Avoltri.

Per questo motivo mi sono persino lanciato in una ripresa video del panorama a 360 gradi. (Perdonatemi se qui o la traballa!)

Confesso che mi scocciava fermarmi su un’anticima e così mi sono ingegnato su come ricongiungermi con il sentiero che risaliva fino alla vetta dal versante Ovest. Ho evitato di affrontare alla cieca la cresta optando per i prati che, ad onor del vero, sono davvero pericolosamente ripidi. Abbassandomi leggermente di quota ho percorso un lungo traverso sull’erba superando i piccoli ghiaioni che frammentano il pendio  e da lì ho raggiunto la vetta.

Tutto sommato non cambia molto se non qualche metro di quota in più ed una piccola croce in ferro. Qualora decideste di affrontare il traverso fate davvero attenzione a non scivolare e a non lasciar cadere sassi (che da quel punto rotolerebbero per quasi mille metri di quota precipitando come missili nel bosco sottostante!).

Il sentiero 174 in discesa è davvero più morbido ed appoggiato di quanto non lo sia il 168 in salita. Forse solo godersi la discesa su comodi tornanti è l’unico motivo per cui varrebbe la pena arrischiarsi nel traverso tra i due sentieri.

La discesa verso i Piani di Luzza è stata divertente e non troppo faticosa sebbene oggi si siano superati i 15km ed i 1300 metri di dislivello: un buon inizio tra montagne stupende!

Davide Valsecchi

(Domani, se il tempo resta stabile, proverò la salita al Monte Cimon (2422m) dal passo di Entralais)

[map id=”itinerario” w=”700″ h=”500″ maptype=”SATELLITE” kml=”https://www.cima-asso.it/kml/Monte%20Chiadin.kml” ]

Forni Avoltri: nelle terre selvagge

Forni Avoltri: nelle terre selvagge

«Certamente chi legge per la prima volta su di una carta geografica, stradale, su di un depliant turistico il nome Forni Avoltri facilmente corre oltre, per trovare altri nomi che suscitano forse maggiore speranze di trovare il meglio, il più conosciuto, il più reclamizzato, quello che poi nel racconto agli amici farà più notare il nostro saper scegliere, il nostro saper cercare i punti di nuovo ritrovo della società-bene, le zone dove la moglie ha potuto sfoggiare toilettes sontuose, ed il cui nome basta per far crescere di un palmo le ambizioni dei suoi gitanti.

Forni Avoltri no, non ha queste prerogative e non può appagare quella categoria di persone. Forni Avoltri è il paese di chi ama la natura idealmente pura, incorrotta da contatti umani atti solo a sofisticarla, libera da retoriche reclamizzazioni e semplicemente nuda con la grazia di una giovinezza ininterrotta nel corso del suo tempo.»

Queste le parole con cui Tomaso Pelliciari descriveva la piccola Forni Avoltri nel 1973: io le ho sentite vere nei miei ricordi e nello spirito con cui intendo tornare a visitare quei luoghi.

Domani accompagnerò un piccolo gruppo di amici in cima alla Grignetta: sperando nel bel tempo non affronteremo vie di salita difficoltose ma procederemo lungo la “normale”, il sentiero della Cresta Cermenati. Per i miei amici sarà la prima volta in “Grigna” e per me l’occasione di salutare le nostre montagne prima di mettermi in viaggio per la Carnia.

Il viaggio sarà di per sé una piccola avventura: dalla stazione Centrale di Milano in treno fino ad Udine passando per Mestre, da Udine poi in “corriera” prima a Tolmezzo e poi finalmente a Forni Avoltri.

Oggi è una di quelle giornate che passo con il naso tra i libri in cerca di notizie e quindi vi lascio con una citazione davvero degna di nota: «Correte alle Alpi, alle montagne, o giovani ansiosi, che vi troverete forza, bellezza, sapere e virtù. Nelle montagne troverete il coraggio di sfidare i pericoli, là imparerete pure la prudenza e la previdenza onde superarli con incolumità. Vi ha nelle Alpi tanta profusione di stupendi e grandiosi spettacoli, che anche i meno sensibili ne sono profondamente impressionati.» (Quintino Sella, da “La montagna, scuola di vita”)

A  presto!

Davide Valsecchi

Montagne della Carnia

Montagne della Carnia

Se il tempo sarà clemente con me ci sono un sacco di “luoghi” che vorrei vedere durante il mio viaggio attraverso la Carnia. Proprio oggi ho ricevuto per posta la carta topografica dei sentieri che ho ordinato giorni fa ad una libreria di Belluno via Internet. Ora, con l’aiuto del web, di GoogleEarth e della mia nuova cartina, è tempo di stilare una “to do list”: è tempo di scoprire quale montagne possiamo esplorare!

Il mio “campo base” sarà Forni Avoltri ed inevitabilemente la prima scelta non può che essere il Monte Chiadin (2252m) che, nascosto dietro il “Cret di Navos” sovrasta il paese alle spalle della frazione di Avoltri.

Ricordo da bambino di aver trascorso una notte di San Lorenzo, tra l’altro patrono del paese, nella baita di tronchi costruita da Angelo a “Caronado” e di aver visto il cielo sciogliersi letteralmente in una pioggia di stelle cadenti! Solo una volta, insieme ad un cacciatore Veronese di nome Ritiano, sono salito fino alla cresta: ricordo di aver visto le fortificazioni della prima guerra mondiale ed un grande cervo che scappò correndo tra i prati.

Come ridere apriremo la nostra esplorazione con una salita di 1300 metri di dislivello. Forni avoltri è a circa 900 metri di quota e tutte le montagne circostanti oscillano tra i 2200 ed i 2700 metri: 1000 metri di dislivello al giorno qui saranno la regola!

Una delle mete successive sarà probabilmente la Cima Ombladet (2255m). Quando ero più piccolo sono stato spesso alla casera di Monte Buoi (1723m) ed ho dormito lassù molte volte aspettando l’alba. Solo una volta mi sono spinto oltre il passo Piztforchia (1779m) per cercare di vedere i galli cedroni ma non sono mai salito fino alla cima e credo che da lassù la vista sarà fantastica.

Quando avevo sui quindici anni ero salito fino alla cima del Monte Tuglia (1931m). Ora vorrei spingermi un po’ più in là.

Superare la casera Tuglia salendo oltre il passo di Geu Basso (1870m) e puntare verso la vetta di Creta Forata (2462m) risalendone il versante roccioso fino al famoso “buco” che tanto mi ricorda la Porta di Prada qui sul nostro Grignone.

Oltre ad essere una salitia molto lunga attraverso estese e suggestive vallate verdi  sarà anche la prima in cui affronteremo con più intensità la roccia carnica.

All’appello mi piacerebbe aggiungere il Monte Navagiust (2129) e rivedere lo spettacolare lago di Bordaglia. Solo una volta sono salito lassù: il Cavalier Samassa, all’epoca capo del Soccorso Alpino e persona straordinaria, sconsigliava quelle zone in estate perchè con il caldo cocente era facile incontrare quelli che lui chiamava, con eloquente gesto delle mani, i “pizziconi” (serpenti velenosi!). E’ tempo di fare lassù una visitina con il fresco di Settembre!

A queste montagne, dall’impagabile fascino selvaggio, andrebbero aggiunte altre due mete dalla natura più squisitamente alpinistica la cui fama spesso supera i confini nazionali e attraendo qui anche alpinisti del lontano Giappone: il Monte Avanza (2474m) e il Monte Coglians (2780m).

Queste due montagne sono caratterizzate da vertiginose scogliere calcaree rese celebri da nuove ed ardite vie d’arrampicata. Io spero che il tempo sia buono per provare il Monte Avanza attraverso la ferrata del monte Chiadenis e la Creta Cacciatori ed il Monte Coglians per la Ferrata della Parete Nord.

Se il tempo mi sarà sfavorevole proverò a cimentarmi con la vie normali che, per quanto meno tecniche, sanno essere comunque molto impegnative e suggestive attraversando un’ambiente davvero straordinario.

Questa è la mia “preghiera” alle grandi montagne della Carnia: ho scritto i vostri nomi, vi prego di accogliermi con affetto e di concedermi tempo buono affinchè con rispetto e passione possa riscoprire e raccontare  la vostra bellezza!

Si parte!

Davide Valsecchi

Theme: Overlay by Kaira