Ieri sera ero un po’ frastornato. Gli occhi mi facevano male per le ore passate a revisionare codice in Perl dietro uno schermo. Avevo le batterie scariche, i capelli arruffati e la schiena a pezzi. La mia enorme scrivania sembrava una discarica: la tastiera piena di briciole e macchie di caffè sugli appunti scarabocchiati ovunque.
Scivolavo tra chiamate e funzioni, tra cicli e variabili. Davo la caccia al bandolo della matassa interpretando simboli come uno scriba egiziano. Plasmavo la materia impalpabile delle idee, la ragnatela degli eventi: combattevo la mia personalissima guerra in un labirinto di fluttuanti luci ed ombre.
Ero esausto, sentivo il mio corpo immobile consumare voracemente le mie energie, le mani diventare fredde, le gambe rigide. Dalla cima della mia Torre di Babele sentivo sgretolarsi le mie fondamenta: «E’ questo che sono io? »
Ma una vocina impertinente, una vocina che per lo più è un sorriso beffardo, ha semplicemente risposto «No». Poi ha aggiunto «Ricorda, Go Epic or Go Home! » ed ha sussurrato sui mei ricordi il suono di una musica travolgente!