Con la neve di ieri la tentazione di “uscire” era forte, anche nonostante il tempo stesse ripiegando verso la pioggia: “Domani è bello, ma sarà troppo tardi!”. Così stamattina alle otto e mezza mi sono messo in strada e mi sono avviato, rigorosamente a piedi, verso Gajum ed i Corni.
Superato il Primalpe il bosco era immacolato e le uniche orme nella neve oltre alle mie erano di un capriolo che aveva tagliato attraverso un sentiero.
Il mio piano era salire alla cima del Corno Occidentale sfruttando la ferrata del Venticinquennale invasa dalle neve. Da subito, però, si è capito che le condizioni non erano ottimali: era bagnata, pensante e si spostava in blocchi insidiosi ammassandosi nelle cenge: una mezza rogna!
Superata la placca inziale mi sono fermato a tirare fiato e, da oltre il pianone del crocefisso, è spuntato un socio inaspettato: era Luca, un socio ed amico della mia sezione CAI. Anche lui, salito da Oneda, voleva attaccare la ferrata. Nel cuore della notte aveva provato ad avvisarmi mandandomi un SMS, io me l’ero completamente perso ma la fortuna ci aveva comunque riunito.
Luca è un ottimo alpinista e così l’ho ben volentieri aspettato proseguendo poi insieme: chiacchieravamo allegri “ravanando” in quella neve infida. Scendeva la nebbia mentre noi, sempre più fradici, proseguivamo passaggio dopo passaggio. Io, lo confesso, ho fatto la salita totalmente in artificiale sfruttando la lounge di sosta per proteggere ogni passaggio: oggi ero davvero scarso!! 🙂
Alla fine della ferrata la salita è entrata nel vivo: tra i sassi della cresta battevamo la nostra strada tra la neve e le difficoltà. Il punto critico della cresta è il passaggio sopra la grotta che passa fuori per fuori la montagna e che è spesso è visibile anche dalla valle. E’ un punto molto esposto ed era coperto di neve instabile davvero poco rassicurante. Per evitare guai ci siamo inventati una variante scendendo fino alla grotta e risalendo sulla spalla opposta.
Superato l’ultimo ostacolo impegnativo ci attendeva solo la croce ed un’immacolata e “vergine” cima. Eravamo avvolti dalla nebbia ma nonostante questo i Corni di Canzo avevano saputo dare grande soddisfazione ed emozione. Nelle condizioni giuste la “nostra” montagna sà essere tutt’altro che banale o scontata, pretendendo inveceimpegno e capacità. In giornate come queste si capisce perché la storia dell’alpinismo delle nostre valli è passato anche attraverso questi tre “cucuzzoli rocciosi”.
Se salire richiede impegno discendere per il caminetto invaso di neve è un’altra piccola ed intensa sfida. Noi siamo scesi senza attrezzare niente ma è un passaggio impegnativo, chi non lo conosce e volesse farlo con la neve farebbe bene ad avere una buona corda con sé: ci sono buoni ancoraggi per una calata se ce ne fosse bisogno ( Io avevo cmq i miei fidi 30 metri nello ziano!!)
Giunti a Pianezzo ci siamo concessi una birra al rifugio della SEV: è stata un gradita fortuna trovarmi lassù con Luca. Grazi per la salita insieme!
Ci tengo a dire che il nostro pensiero era spesso rivolto a Stefano, buon amico e buon alpinista della nostra sezione che, sfortunatamente, si è lussato una spalla qualche giorno fa durante gli allenamenti: “Hey pirletta! Abbiamo provato a scrivere il tuo nome sulla neve con la pipì ma non ci siamo riusciti! Prenditi il tempo che ti serve per guarire: il tuo socio ed io aspetteremo con pazienza, affetto e stima! Un Abbraccio: nel 2013 faremo grandi cose!!”
Davide Valsecchi
NB: la neve oggi faceva schifo, domai è previsto sole e sarà ancora peggio. Occhio che si muove! Le foto sono venute tutte “bagnate” perché sia io che la macchina eravamo fradici!!
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