Maggembre ai Corni

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«Che tempo infame!! Ma come fa Maggio ad essere tanto brutto?! A quest’ora si dovrebbe iniziare a fare il bagno al lago ed invece non si trova neppure una giornata di sole per poter arrampicare!!» Come un anziano brontolone rimuginavo sul tempo,  offeso ed infuriato da come i pochi caldi raggi di sole non riuscissero ad asciugare nessuna delle pareti che avrei voluto affrontare. Fabrizio, il mio fido compagno di mille avventure, camminava al mio fianco condividendo il mio disappunto ma con una punta di ironia in più: «Siamo a Maggembre, che ti lamenti? Il mese un po’ Maggio ed un po’ Novembre. E’ un’invenzione della modernità: vedi, essendo il tredicesimo mese porta sfiga e piove sempre!»

In una finestra di tempo asciutto io e lui salivamo da Valbrona verso i Corni cercando di sfruttare quel disgraziato sabato quantomeno per sistemare la “Grotta del Sindaco(dei Corni)” ed allenarci un po’. Il sole andava e veniva mentre una pioggerellina persistente e sottilissima ci accompagnava in modo fantozziano.

Sulla via incontriamo però Giovanni: Giò, che più o meno è mio coscritto, è il figlio di Pietro, una delle storiche guide alpine della nostra valle; è un valente alpinista che in curriculum vanta diverse salite al Bianco e all’Aconcagua nelle Ande argentine. «Oilà Giovanni! Tutto bene? Infame sto tempo, accidenti!!»

Anche per lui i Corni sono terreno d’allenamento e capita spesso per questo di incrociarsi su per i monti. «Arrampichiamo un po’ insieme quest’anno? Io e Fabrizio siamo spesso a far pratica dalle parti del Pilastrello. Se ti capita di passare sei il ben venuto!» Io e lui ci conosciamo da qualche anno ma sono state poche le volte in cui abbiamo avuto occasione di fare attività insieme. Speriamo finalmente che questo sia l’anno buono!

Dopo una sincera stretta di mano ognuno ha proseguito per la sua strada. Ahimè, giunti alla grotta ci siamo trovati davanti una sconsolante distesa di fango. Quando abbiamo scoperto la caverna era in una giornata di sole e, completamente asciutta, ci aveva totalmente rapito. Purtroppo in seguito ha sempre piovuto e la grotta, che comunque raccoglie pochissima acqua, si è via via sempre più inzuppata costringendoci a lavorare, soprattutto nella parte iniziale, in mezzo al fango. «Maggembre infame!!»

Distesi in avanti con una paletta da giardino abbiamo trascorso le ore successive spostando terra ed ascoltando musica. Oltre il margine della grotta la pioggia andava e veniva in modo sconsolante. «Dannato Maggembre!»

Verso le quattro, quando ormai eravamo adeguatamente scassati ed anchilosati,  abbiamo raddrizzato la schiena uscendo finalmente dalla grotta. «Birra?» e birra sia. Dismesse le tute speleo abbiamo fatto fagotto e ci siamo infilati alla Sev. Il rifugio è in manutenzione ma è comunque aperto e ad accoglierci abbiamo trovato un gruppetto di giovani che, ripulendo diligentemente le cucine, avevano già cominciato a far festa.

«Ciao, un paio di birre per favore!». Il ragazzo ci poggia sul tavolo due Printz da 66 e, ahimè, io ed il socio avevamo nello stomaco solo mezzo panino a testa: «Ho idea che siamo nei premi oggi. Queste due ci mandano a nanna!» Così, con stoica perseveranza, abbiamo ucciso le due bottiglie discutendo e fantasticando su quello che sarebbe possibile fare alla fine di questo disgraziato “Maggembre”.

Un ultimo sorso e ci siamo tirati in piedi e, dopo aver salutato la compagnia, ci siamo messi in cammino verso valle. «Davvero curiosa la birra: più scendi e più sale!» Il mio socio stava scoprendo a proprie spese ciò che il mio amico Iceman scoprì al ghiacciaio del Ventina dopo aver fatto lo spiritoso con una bottiglia di Génépì: mai mischiare alcool, quota e pressione atmosferica in modo avventato!!

Ormai vittime dell’ebrezza al malto scendevamo pacifici per la strada verso Oneda inseguendo i passi ed i pensieri. Sul lato della carreggiata un grosso masso giace avvolto dalla vegetazione, su di un lato l’evidente segno di come l’acqua abbia scavato una profonda scanalatura quasi rotonda.

«Vedi questo masso, Fab? Per migliaia di anni questo sasso è stato “altrove”, probabilmente parte di qualche montagna lontana. L’acqua correva e scorreva sopra di esso e, nel corso di un tempo infinito, ne ha scavato la roccia formando questo scivolo. Poi, all’improvviso, questo sasso è stato vittima di forze più possenti della roccia stessa ed è finito qui, ai bordi di un prato, in un altro “altrove” imprevisto ed imprevedibile.»

Le parole, stentate e rotolanti, sembravano uscire da sole mentre mi trovavo incantato davanti ad una semplice roccia sul lato del sentiero. «L’universo è cambiamento». Il tempo e lo spazio erano evidenti in quel pezzo di roccia: la forza della natura, una forza che cambia restando sempre se stessa. Un tutto che racchiude un infinito niente dove anche l’impossibile è solo un semplice e cangiante punto di vista.

Credo di essermi incartato per bene davanti a quel masso e, probabilmente, per un istante anche io sono stato in qualche “altrove”. Fabrizio, con lo sguardo un po’ perplesso, mi ha dato una mezza manata sulla spalla: «hey, Universo! Guarda che ricomincia piovere!». Come due bambini abbiamo iniziato a correre ridendo mentre il cielo apriva violento i suoi rubinetti.

Maggembre non esiste, non esiste questo tempo e nemmeno questo spazio. Neppure noi  esistiamo sebbene in noi vi siano tutte le cose: mantieni  l’atteggiamento intrepido di un eroe e il cuore tenero di un bambino perché quando un sasso rotola dalla collina non conosce mai la sua traiettoria.

Davide “Birillo” Valsecchi

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