La giornata non era stata né buona né cattiva. Non era successo nulla di grave ma era stata costellata da ritardi, da occasioni mancate e da qualche rammarico. Forse era soprattutto per quello che io e mio fratello avevamo cominciato a fare scintille stringendoci sui ferri corti. Francesco ha vent’anni e ben sedici anni di differenza ci separano: praticamente siamo di due generazioni diverse.
Quando arriviamo allo scontro il più delle volte è perché qualcosa bolle in pentola e non riesce a venire a galla. Il mondo di oggi infastidisce anche un cinico come me, credo sia davvero dura per i giovani trovare una via nella giungla di ignoranza e cupidigia che li circonda: stravolti dagli ormoni devono difendersi dall’esercito di opportunisti che li considerano solo come facili prede a cui spacciare falsi modelli e false priorità.
Il mio fratellino, “Keko”, se l’è sempre cavata bene anche se spesso è stato costretto a navigare a vista tra alti e bassi. Certo, ha un caratteraccio insopportabile ed impertinente ma credo che alla sua età il mio fosse anche peggiore!
Così ieri sera, dopo esserci presi a male parole, ci siamo infilati in macchina partendo insieme per un’avventura notturna. Superato il Segrino siamo saliti fino a Campora, sui prati ad ovest del Cornizzolo e da lì abbiamo puntato sulla cresta verso la cima.
Il buio calava in fretta ed il bosco si animava dei rumori e dei versi della notte mentre la piana si accendeva come un albero di natale. Siamo a Maggio ma il tempo è completamente imprevedibile ed attraverso il buio cercavo di tenere d’occhio le nuvole che minacciose coprivano le Grigne. Il vento, forte e freddo, sembrava tenerle a distanza soffiando alla mie spalle ma, raggiunta la manica del vento a Pessora, ha cambiato direzione ed in una manciata di minuti siamo stati investiti dalla nebbia.
Giunti alla croce il buio era completo e la luce del flash rimbalzava sull’umidità della bruma. Speravo di offrire a mio fratello uno scorcio oltre il lago ma il tempo era precipitato. Non avendo con me un berretto (avevo infilato nello zaino quello che mi era capitato a tiro sul divano di casa) gli avevo messo in testa una specie di turbante realizzato con una maglietta per riparargli la testa dal vento e dal freddo (…io sono il fratello maggiore, quello “tosto” che il freddo lo porta a casa tutto 😉 )
Scesi quasi di corsa sull’altro versante abbiamo raggiunto il rifugio SEC e, nel buio completo, abbiamo incominciato a scendere lungo la strada. In tasca avevo la frontale ma viaggiavamo a luci spente seguendo il serpentone d’asfalto e sfruttando il riverbero della città.
Chiacchieravamo quasi in silenzio marciando veloci in discesa. Keko non viene spesso in montagna ma il passo è rimasto quello buono: ha perso un po’ di peso ed è fuori forma ma non aveva problemi a tenermi testa.
Poi un ombra e un rumore. Apro la mano fermando Keko senza proferire parola. Lui capisce e si sposta in silenzio alle mie spalle. Davanti a noi c’erano due tassi, uno più grosso ed uno probabilmente più giovane. Ad occhio nudo si vedevano solo le sagome, gli occhi e l’ombra delle caratteristiche macchie bianche sul muso.
Il più grosso scappa di corsa mentre il più piccolo, e probabilmente inesperto, si attarda nascondendosi dietro una radice. In silenzio mi sono avvicinato ed ho acceso la luce frontale che avevo in tasca. Sorpreso dal bagliore il tasso si è arrestato immobile. Piano piano ha iniziato ad abituarsi alla luce ed anche alla mia presenza iniziando ad annusare e scavare attorno alla radice. Sembrava davvero cercasse di far finta di non avermi visto! Era davvero buffo.
Visto che era quieto mi sono avvicinato a lui arrivandogli ad un metro e mezzo di distanza. Per scattargli qualche foto dovevo però prendere la “mira” nell’oscurità più completa e sperare che la macchina riuscisse a mettere a fuoco nel breve attimo in cui il flash illuminava a giorno quell’angolo di sottobosco.
Alla fine qualche scatto buono ne è uscito sebbene fatti totalmente alla cieca:
Non volevo spaventarlo oltre con il flash e così dopo averlo osservato ancora per un po’, lo abbiamo lasciato in pace sentendo il suo amico che, ben nascosto, ancora girava da presso nel bosco.
Partiti alle nove eravamo nuovamente a casa alle undici e mezza. Una bella sgroppata per sciogliere le tensioni ed un magnifico premio sotto forma di tasso. Io e mio fratello avevamo bisticciato aprendo la bocca più del dovuto: fortunatamente la giornata si era chiusa nel migliore dei modi.
Grazie per il giretto Keko!
Davide “Birillo” Valsecchi
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