Alla montagna di fuoco

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Lei attraversa la stanza e si tuffa sul divano atterrandomi addosso:«Cosa ti turba?» mi chiede ridendo. In effetti non saprei cosa risponderle: é quello che mi capita ogni volta in cui affrontare qualcosa di sconosciuto, qualcosa di cui riesco a tracciare i contorni senza però coglierne l’essenza. «É la montagna di fuoco, ormai ci siamo…». Lei ride, si agita un secondo tra le mie braccia e poi si diverte a prendermi in giro «Bhe, conoscendoti c’é da essere preoccupati: in un colpo solo mare, montagna, lava e fiamme. Ci sono tutti gli ingredienti perché tu riesca a metterti nei guai! Manca solo la neve ed il ghiaccio!» Sprofondato nei cuscini la strizzo un po’ e sorrido: «Sbagli: so esattamente  dove trovare la neve anche sulla montagna di fuoco!»

Può sembrare sciocco: Pakistan, Karakorum, Himalaya, Congo e Tanganika perchè dovrei essere preoccupato di un viaggio a Catania? Eppure, nella mia mente, qualcosa si agita: io e Fabrizio abbiamo di fronte due settimane sulle pendici dell’Etna, il più grande ed irrequieto vulcano d’Europa.

Ogni anno un sacco di gente, e forse anche di gentaglia, si affolla sulla strada che corre sul versante sud del Vulcano. Chi sale in macchina, chi in moto o chi in Jeep: un crinale della montagna è letteralmente incrostato di turisti curiosi che come formiche vanno su e giù. «L’Etna?! Ci sono salito in mezza giornata. Carino ma mi aspettavo qualcosa di più…». La natura “viva” di quella montagna sembra essere trascurata dai più che ormai sembrano vivere il vulcano come un parco giochi.

Su quella montagna sono però saliti anche alpinisti, amici che godono del mio rispetto e della mia stima: «Birillo, quello è un posto incredibile! Appena abbandoni le piste più battute dai turisti entri in un mondo extraterreste, in una terra di confine tra la realtà e l’incredibile!!»

Ancora una volta ci risiamo e, conoscendomi, una meta che agli sciocchi può sembrare banale ha tutte le potenzialità di dare vita a qualcosa di inaspettato. L’esperienza insegna e la mia memoria è colma di “missioni” apparantemente facili che hanno saputo darmi filo da torcere.

In questi casi mi torna alla mente l’Adda quando, anni fa, in canoa ero partito da Como raggiungendo Venezia. In quel viaggio il Po non mi preoccupava molto mentre l’Adda era per me la grande incognita: avevo studiato quel  fiume, quasi marginale e trascurato, osservando le foto e consultando libri e mappe. «Cosa vuoi che sia…» diceva la gente sottuvalutando quello che era il reale nocciolo del problema.

Allora come oggi ero preparato, pronto all’ imprevisto, ma nonostante questo, nonostatne tutti i mei preparativi e le mie precauzioni, ci siamo imbattuti nell’ inaspettato, nell’ignoto e nella scoperta. La discesa dell’Adda fu una battaglia memorabile ed intensa nonostante ai più possa sembrare un vittoria di poco valore, una parentesi in un viaggio molto più lungo.

«Già, ma quello era un fiume, questo è un vulcano attivo: sei sicuro di poter reggere il confronto?» domanda la mia coscienza. La mia mente già vaga virtualmente sulla montagna di fuoco: lei se ne accorge, si divincola dal mio abbraccio e si mette allegra ai fornelli. Io osservo la sua televisione ma immagino le distese di cenere, le pendici brulle ma anche i verdi boschi. Immagino come cercare l’acqua, il cibo o i ritmi di marcia. Immagino ogni sorta di problema escogitando e soppesando le mille soluzioni possibili.

Nonostante questo, nonostante tutte le mie fantasie e nozioni, é davvero poco quello che conosco di ciò che ci attende. Ma forse é proprio per questo motivo che questo viaggio, a due passi da Catania, mi appare tanto affascinante ed imprevedibile.

Davide “Birillo” Valsecchi

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