Sulla Torre Desio al Corno Centrale, tra lo Spigolo Palfieri ed il Camino Fasana, una curiosa fila di placchette metalliche risale dritta per la strapiombante parete verticale. Alla base, infissa nella roccia, una placchetta recita “Novembre 1983 – Via Irma – G. Benassé e G. Farina”.
Questa infatti è una delle vie tracciate da Giorgio “Giorgino” Farina: veterano “over” dei Corni, membro del Soccorso Alpino, istruttore di Roccia, diverse importanti salite extraeuropee alle spalla ed uno degli alpinisti più spassosi con cui si possa avere il piacere di andare per monti.
Tra le vie che ha tracciato negli anni questa è una tra le più curiose. “Irma” è infatti un’arrembante linea da affrontare completamente in artificiale dotandosi di staffe e pazienza: le placchette, ricavate artigianalmente da dei ferri a “Elle” forati, sono fissate lassù da oltre 30 anni ed esigono grande cautela.
La settimana scorsa Giorgio ci aveva chiesto di dare un’occhiata alla sua “creatura” e così, dopo aver affrontato la vicina Corvara, abbiamo dato l’attacco anche ad Irma.
Credo che a Giorgino siano fischiate le orecchie tutto il pomeriggio perché la sua via, così come lui, ha un carattere davvero stravagante: innanzitutto l’attacco. La via è infatti tutta in artificiale ma per raggiungere la prima piastrina si devono fare numeri da circo: originariamente pare che l’attacco avvenisse con un eroica “piramide umana”. Tuttavia caricarmi Mattia sulle spalle significava rischiare di ruzzolare malamente giù per il boschetto e così abbiamo piantato un precarissimo chiodo con cui ci siamo alzati abbastanza fino alla prima piastrina.
Essendo solo di due tiri volevamo affrontare la via soprattutto per esercitarci con la progressione a staffe, tuttavia l’esercitazione si è dimostrata davvero più impegnativa del previsto.
Il primo tiro, una volta presa confidenza con le piastrine, ha nel mezzo un passaggio obbligato dove si deve sfruttare una spaccatura nella roccia per guadagnare la piastrina successiva. E’ un passaggio breve ma rende necessario un curioso uso di staffe ed appoggi che, su protezioni ultra trentennali, sa essere decisamente coinvolgente.
La sosta del primo tiro è sulla verticale, una catena attorno ad una robusta clessidra. Non vedendola da sotto Mattia ha prima ripiegato verso la sosta del camino Fasana per poi nuovamente traversare verso sinistra.
Una volta in sosta, visto che ne avevamo solo un paio, Mattia mi ha lanciato a terra le staffe. “Ma sei proprio sicuro? A me non è che mi convinca molto…” Ho tentato io. “Ma va, vieni su! Vuoi lasciare una via mozza?” Così con pazienza e metodo ho attaccato le staffe e, recuperato il primo chiodo, ho guadagnato la prima sosta.
Il secondo tiro, se fatto in libera, sarebbe qualcosa di veramente disumano ed anche in artificiale ha riservato più di una sorpresa. Dopo che Mattia infatti si alza di quattro placchette ci viene un dubbio: “Hey Mattia, ma come stiamo messi a rinvii?” Lui si alza sulle staffe ed comincia a contare “5, 6, 7… 9, 10… 13,14, 15. Poi oltre non vedo. Accidenti, mi sa che non ci bastano!” In totale noi avevamo 15 rinvii e ce ne rimanevano all’imbrago meno di dieci. “Serve fare economia!”
Mattia si alza di altre due piastrine “Mi sembrano buone queste due, calami che recupero quelli sotto”. Calo il mio socio che recupera i rinvii e lo metto in trazione mentre risale. Ogni volta che trovavamo delle piastrine davvero buone ripetevamo l’operazione rimpinguando la nostra scorta operativa di rinvii.
“Hey, qui la piastrina gira a mano, provo a caricarla lo stesso” Mattia si alza, si allunga leggero sulle staffe e raggiunge anche la successiva “Hey, sai che c’è? Anche quella dopo gira a mano!” Mi punto e respiro mentre probabilmente Giorgino si guarda in giro chiedendosi cosa sia questo strano fischio che sente nelle orecchie. “Il successivo è un chiodo, lo provo con il martello e mi sposto!” Il chiodo suona piacevolmente saldo ed il mio socio ci scarica sopra tutto il suo peso.
Mattia avanza ancora fino all’ultima piastrina “Sono all’uscita: mi mancano quattro metri ma qui è tutto una merda! La roccia è cotta e balla tutto… è un vero macello. Dubito fosse in queste condizioni quando l’hanno fatta!” Il socio prende tempo un istante e poi prova a piazzare un chiodo ma più picchia e più la roccia balla. “…trema tutto qui. Non basta questo chiodo, provo ad allungarmi e a pizzarne un secondo”. Mattia piazza il secondo chiodo, ad una spanna dal primo, e si solleva oltre lo spigolo. Altri due leggeri passi ed è in sosta.
“Davide, sosta!” “Mattia, okay! Libera” Il socio recupera le corde, poi libera la rossa e sul capo lega un moschettone ed una delle due staffe. “Occhio che lancio!” La corda spunta oltre l’orizzonte verticale ma precipita troppo a destra. “Acqua, tira più verso la mia sinistra!” Mattia recupera la corda ed effettua un nuovo lancio “Presa! Ce l’ho! Aspetta! Okay, lancia l’altra!”
Con il successivo tiro sono nuovamente dotato di una coppia di staffe. La salita è una specie di esercizio di sincronizzazione “Punto la staffa… mi alzo… cambio staffa… mi alzo” Il socio recupera rendendo la corda un punto d’appoggio permanente che mi permette di velocizzare la salita: in fondo eravamo su quella verticale di roccia proprio per migliorare la nostra tecnica.
Quando arrivo al primo dei due chiodi rido forte: “Ma hai visto come si flette?!” domando al mio socio pochi metri sopra di me in sosta. “E secondo te perché ne avrei messi due?” Dall’imbrago prendo il martello (che mi ha regalato il mitico Renzo!) ed inizio a battere per recuperare i chiodi. ”Okkio Mattia che balla tutto!” Lui ride mentre ad ogni martellata la roccia vibra tremando fin sotto i miei piedi. Recupero i chiodi e guadagno la sosta.
La Cima della Torre Desio è uno dei luoghi più panoramici di tutto il gruppo dei Corni. Seduti su una placca di roccia orizzontale grande come un tavolo da cucina, ammiriamo il sole che tramonta alle spalle del Corno Occidentale ed attrezziamo la doppia da 60 fino a terra: letteralmente un tuffo nel vuoto.
Il buon Giorgino vorrà sapere cosa ne penso della sua via: “Irma” vista da sotto sembra una ferrovia, una ferrata a cui mancano le catene. In realtà, percorrendola, dimostra carattere ed alcuni passaggi obbligati sono da non sottovalutare. Il suo grande limite è senza dubbio l’età delle protezioni ma soprattutto la condizione della roccia sull’uscita. Le piastrine sono artigianali, vecchie e con pericolosi spigoli vivi, il foro è anche troppo piccolo per infilare staffe e rinvio contemporaneamente, un paio giravano a vuoto ed andrebbero verificate meglio. Tuttavia lo stato generale è apparso in buone condizioni e credo sarebbe sciocco sostituire le vecchie piastrine: si rischia di dover fare nuovi buchi e di macchiare di ruggine la roccia. Controllerei quelle che si muovevano ma fondamentalmente lascerei tutto com’è. Il suo fascino è anche nella sua storia e nella sua originalità: ai Corni niente va sottovalutato o preso alla leggera. Dove servirebbe qualcosa è l’uscita. Irma è davvero una bella “esperienza artificiale” ma se per uscire si devono piantare due chiodi nel fragile comincia ad essere fin troppo impegnativa per una semplice “esperienza”. Forse tenendosi a sinistra si può, sempre in artificiale, trovare una soluzione d’uscita più solida. Vedremo cosa si piò fare =)
Nonostante qualche dubbio iniziale sono stato contento di averla ripetuta! Bravo Giorgio, mi è piaciuta più di quanto mi aspettassi! (Come sempre grande Mattia!)
Davide “Birillo” Valsecchi
Via Irma – Torre Desio Corno CentraleRipetizione 16 Aprile 2014
Mattia Ricci (Capocordata), Davide “Birillo” Valsecchi