Nonostante ci provassi era difficile trovare un buon motivo perchè fossimo lì, a Pianezzo, sotto una pioggia battente completamente equipaggiati. Nello zaino avevo 60 metri di corda, imbrago, casco, martello, chiodi e tutto il resto sebbene fosse assolutamente ovvio che non avremmo potuto arrampicare. Il mio socio, Mattia, aveva uno zaino carico esattamente come il mio ma entrambi sembravamo ignorare la quantità d’acqua che il cielo ci rovesciava sulla testa.
Io e mattia, curiosamente, abbiamo lo stesso modello di cellulare e, forse meno curiosamente, le nostre morose ci avevano inviato messaggi SMS davvero simili. Bruna: «Hey scemo! Hai visto quanto piove!!» Serena:«Solo due malati possono uscire con questo tempo!» Mattia. ridendo sotto la pioggia, digita la sua risposta «Oggi non so, ma domani forse la bronchite l’abbiamo davvero…».
La nebbia avvolgeva ogni cosa e piccoli rigagnoli correvano lungo i sentieri. Qualche tuono ruggiva cercando di mascherare l’acquazzone in temporale ma neppure questo poteva farci desistere dal nostro “non-piano”. Chissà, forse volevamo solo andare ai Corni o forse volevamo semplicemente gustarceli nella loro forma più selvatica.
Armati di fotografie, fotocopie e “manoscritti a penna” eravamo impeganti nell’ennesima esplorazione, nell’ennesima ricerca. Poco importava che alzando lo sguardo verso le pareti l’acqua ci inondasse la faccia, o che il buio e la nebbia oscurassero i passaggi: ridevamo come due sciocchi fantasticando sul prossimo guaio in cui infilarci.
«Tranquillo che non piove, dicevano. Vedrai che arrampicare è divertente, dicevano». Sassi, fango e rovi mentre il freddo si fa strada risalendo i pantaloni fradici. «Veni a i Corni, dicevano. E’ un posto un fantastico, dicevano». Ormai completamente fradici siamo assorbiti e rapiti dalla nostra ricerca. Ogni cucuzzolo è buono per alzarsi oltre la vegetazione e dare un occhiata. «Hey, ma hai visto che figata!» «No, accidenti nel ‘38 non possono essere passati di lì. Forse quelli dopo ma non loro.» «Però quella fessura là in alto non è male!» «Quella è la via di Giulio?» «Ma ‘sto chiodo di chi sarà? Sembra nuovo, non avrà più di vent’anni…»
Camminando sotto le pareti trovo un chiodo arrugginito ma ancora buono. «Hey! E’ un segno!» Esclamo eccitato, poi ci ripenso e scoppio a ridere: «Sì, un segno. Ma mica tanto buono! Un chiodo dovrebbe stare in parete non sul sentiero! In quale marciume l’avranno piantato?!?»
In un diedro, sotto un grante tetto, troviamo il tronco di una pianta d’edera gigantesca e meravigliosa: «Avrà più di cento anni. Non ne ho mai vista una tanto grande!» I Corni sono una continua ed inesauribile avventura.
Davide “Birillo” Valsecchi