Fasana: viaggio ad occidente

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Quando sono arrivato a Gemonio non avevo idea di cosa aspettarmi. Avevo percorso due interminabili ore in automobile ed ero davanti al portone in legno del museo civico Boldini. Oltre la soglia stava per iniziare l’inaugurazione della prima mostra dedicata ad Eugenio Fasana: il primo ad aver tracciato una via ai Corni di Canzo ed uno dei più prestigiosi alpinisti di inizio ‘900.

Quando varco la soglia gli eredi di Fasana, uno dopo l’altro, iniziano a riconoscermi, a stringermi la mano dandomi amichevoli pacche sulle spalle. Il papà di Luca, uno dei bisnipoti di Fasana ed organizzatore della mostra, mi assesta un paio di allegri buffeti sulle guance e mi abbraccia «Grande Valsecchi! Mi piace quello che hai scritto di mio nonno! Luca è rimasto davvero colpito!». Io, lo confesso, un po’ preso alla sprovvista non sapevo come reagire a tanta inaspettata e gradita familiarità. Ero davvero sorpreso ma il bello doveva ancora venire!

Mentre la maggior parte dei visitatori si concentrava sulle due sale espositive io ero seduto su un muretto con un’adorabile signora ormai ottantenne: Colombina, una delle figlie di Fasana. «Come mai ad un giovane come te interessa mio padre, un uomo del ‘900?» Io le rispondo che sono di Asso, che arrampico ai Corni di Canzo e che per questo non posso che ammirare suo padre. Lei sorride divertita e mi stringe una mano: «Io sono stata sfollata a Canzo, a Gajum». Insieme apriamo il libro dei ricordi. Mi racconta che suo padre aveva 45 anni quando è nata. «A mio papà piaceva portarmi a camminare ma aveva paura a farmi arrampicare con lui, per questo arrampicavo sempre con lo zio Vitale» Io ho dovuto trattenere una risata perchè lo “zio Vitale” altri non è che Vitale Bramani, compagno di avventure di Fasana, grandissimo alpinista ed inventore delle suole Vibram! «Sai a mio papà piaceva camminare ma era un po’ particolare: quando scendavamo dalle montagne anche se c’erano le strade ed i pullman lui preferiva andare a piedi. Una volta però eravamo in Dolomiti e mentre camminavamo un pullman si è fermato per farci salire. A bordo del pullman c’era Tita Piaz: aveva riconosciuto mio padre ed aveva costretto l’autista a fermarsi per farci salire. I giorni successivi sono andata ad arrampicare con Tita e non mi ricordo nemmeno più quante vie mi fece fare sulle sue Dolomiti.»

Io esterrefatto osservavo quell’adorabile nonnina che aveva arrampicato con Fasana ( suo padre), con Bramani (suo zio) e con Piaz (amico di famiglia). «Scusami Colombina, ma devo stringerti di nuovo la mano: sono abbastanza certo che tra noi due l’alpinista più forte sia tu!» Lei ride allegra «Mai io andavo sempre da seconda». Fasana, Bramani e Piaz: mancava solo avesse tirato da prima a certi nomi!!

Poi la piccola folla si è raccolta al centro del museo, le autorità e gli organizzatori si sono alternati nei propri discorsi introduttivi alla mostra. Poi è toccato a Luca, uno dei due bisnipoti. Io e lui ci siamo conosciuti attraverso Internet perchè, incuriosito dai miei articoli, aveva voluto scrivermi. In un angolo della sala lo osservavo mentre armato di uno spesso tacquino prendeva la parola per raccontare del suo bisnonno.

Era come vedere una diga che tracima, un fiume in piena che esonda dopo essersi trattenuto troppo a lungo. La foga e l’entusiasmo lo travolgono lasciando che il suo discorso “voli” attraverso la storia, i racconti e le frasi del bisnonno. A tratti improvvisa, a tratti ruba appunti dal tacquino. Mima, gesticola, recita ed interpreta una passione che attraverso il tempo e gli archivi polverosi è riemersa, una passione sconosciuta che sembra trascinarlo in un mondo ignoto da cui è rapito. Di montagna e di arrampicata conosce poco e nulla, tutto ciò che conosce è ciò che ha colto dalle gesta di Fasana, dai suoi racconti, dai suoi appunti e dai suoi disegni. Per quasi un quarto d’ora parla e racconta lasciandosi completamente andare: un universo intero, compresso nei lunghi mesi di preparazione della mostra, riemerge in una travolgente esplosione.

Lo guardavo sorridendo. Non sono sicuro gli altri potessero davvero capirlo ma io, che spesso mi sono sentito “travolto” così come ora appariva lui, sapevo quanto emozionante ed intenso potesse essere quel suo momento. Alle sue spalle Colombina a tratti rideva divertita, a tratti si asciugava gli occhi commossa. Se Luca si fosse voltato a guardarla avrebbe visto la più bella e gratificante “recensione” alla mostra ed al lungo lavoro svolto per prepararla. Bravo Luca, per quello che vale il giudizio di un montagnino dei Corni ho trovato davvero “bello” quanto hai fatto e te ne sono grato.

Dopo i discorsi ed il rinfresco mi sono appoggiato ad un muretto e nella penombra del giardino ho osservato Luca e suo fratello, entrambi poco più che ventenni. «Accidenti, i bisnipoti di Fasana, i bisnipoti del nostro capostipite. Quando parlano del loro antenato hanno una luce che brilla negli occhi ma ancora non hanno visto nulla del suo mondo, delle sue pareti, della roccia e della bellezza su cui ha riversato il suo genio.» Io, come molti altri più forti di me, ho un grosso debito con Eugenio Fasana: chissà, forse mostrando qualcosa a questi due “suoi” ragazzi potremo ripargarlo per ciò che ha tracciato per noi.

Davide “Birillo” Valsecchi


EUGENIO FASANA
MITOGRAFIA DI UN ALPINISTA
21 settembre – 21 dicembre 2014
Museo Civico Floriano Bodini di Gemonio (VA)
http://www.mostrafasana.it/

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