Innanzitutto un enorme ringraziamento a «San Simone da Cranno» per aver recuperato la squadra che, costretta dalla nebbia ad un clamoroso «atterraggio fuori sede», si è ritrovata ad Ornica, nella bergamasca.
Partiti alle cinque e mezza abbiamo attaccato dal secondo ponte di Introbio alla volta del Rifugio Grassi. Da qui, mentre l’eclisse di sole iniziava a mostrarsi al di sopra delle nubi, abbiamo cominciato la nostra “cavalcata” lungo la cresta che conduce alla vetta del Pizzo dei Tre Signori.
La neve, intonsa e vergine, era abbastanza compatta per sostenere il peso dei nostri passi. Solo dove il vento aveva creato grandi accumuli di neve si affondava fino oltre il ginocchio. La lunga salita attraverso le creste ed i canali prevede un “menù” a base di traversi violenti ed intensi passaggi su roccia. Ovunque ti volti trovi Immensi ed infiniti cananoli che, invasi dalla nebbia, sembrano pronti ad inghiottirti. Dio abbia davvero pietà di chi sbaglia!
Viaggiamo slegati sulle creste alternando neve, roccia e paglione: non ci sono passaggi banali ma solo passaggi esposti sulle nebbie insondabili. «Le Medie Montagne in questa stagione assumono proporzioni spazio-temporali assai più vaste e impegnative» Ciò che ci circonda nel suo intimo possiede tutta l’intensità indomita delle montagne più alte, e più giovani, che troneggiano nei rotocalchi sponsorizzati: a due passi da casa non mi aspettavo una salita tanto strepitosa!
Arrampichiamo in libera tra roccia e neve, sulle asperità dei conglomerati poligenetici, il cosiddetto “verrucano lombardo”. Per i figli del calcare marmorizzato dei Corni è quasi un’emozione. Immerso nella neve, sospeso sopra gli abissi, lascio che la serenità mi pervada mentre con calma “esprimo” ogni movimento con attenzione: «Forza Birillo, tutto quello che devi fare è continuare a salire, senza sbagliare». Forse davvero non esiste libertà più grande.
Il famoso caminetto è quasi irriconoscibile dalla quantità di neve che lo invade. Alla base il vento ha creato un’alta cornice che si deve superare per entrare nel camino, espostto direttamente sul canale sottostante. La neve ammassata è enorme tanto che la sola roccia affiorante è quella che forma la parte esterna e sommitale del camino stesso. Affondando fino ai fianchi risaliamo sfruttando la spalla rocciosa. Poi ancora creste e finalmente la croce!
Giunti in vetta sembrava che le difficoltà maggiori dovessero essere concluse. Tuttavia il tempo sembrava non essere d’accordo e la nebbia, che fino a quel momento aveva sembre offerto piccole schiarite, si rinforza nascondendo ogni cosa. Il “WhiteOut” è arrivato quasi all’improvviso, sembrava di galleggiare in un indefinito universo bianco: c’eravamo solo noi e tutto intorno il nulla più assoluto.
La nebbia era tale che il cervello, osservando l’orizzionte in cerca disperata di punti di riferimento, scivolava in piccole vertigini mentre la nausea faceva capolino allo stomaco. Una sensazione, per chi non l’abbia mai sperimentata, piuttosto inquietante. Non vi era modo di orientarsi e lanciarsi alla cieca era davvero la scelta peggiore. La nostra unica risorsa valida era una traccia ben evidente che scendeva dal lato opposto della croce. «Non abbiamo altra soluzione che seguire questa traccia ed abbassarci. Nel caso peggiore finiamo alla Falc e dobbiamo smazzarci la traversata della Val Varrone. Qualsiasi altra scelta significa rischiare la pelle!» Così, pazientemente, abbiamo cominciato a seguire la traccia sperando in una schiarita che non è mai comparsa. Val Biandino, Val Varrone, Val Gerola: eravamo pronti a tutto. Purtroppo l’opzione peggiore non era la Falc ed il lago Inferno: no, l’opzione peggiore era la val Inferno e la bergmasca!
Dopo un paio d’ore nella nebbia abbiamo finalmente capito di essere “dispersi” in una zona a noi assolutamente sconosciuta. Quando la nebbia si è finalmente alzata ci siamo ritrovati ad avanzare in una valle ignota in cerca di un contatto con la civiltà. Sarei un bugiardo se vi dicessi che quella situazione era priva di un intenso fascino! «Lo so, qualcuno dovrà venire a recuperarci e noi dovremo mostrare un’adeguata afflizione per l’accaduto. Però, ammettiamolo, è davvero una figata vagare nell’ignoto!»
Dopo un’ulteriore ora nella neve ormai marcia siamo giunti al piccolo paesino di Ornica. Qui il segnale GSM ci ha permesso di chiamare in nostro soccorso il buon Simone, marito di mia sorella e compagno di spedizione. Finito l’orario di lavoro è potuto partire per il “recupero”. Nell’attesa un signore di Ornica, davvero molto gentile, ci ha dato un passaggio fino a Piazza Brembana aiutandoci ad accorciare i “tempi tecnici” che ci separavano dalla nostra macchina ad Introbio. Finalmente, alle 23:30, ho potuto infilarmi nella vasca da bagno!
Bagai che giro! La salita ha richiesto sei ore, 1700 metri di dislivello ed quasi 12km di sviluppo. La discesa, tutta alla cieca, è stata di 1500 metri e 7km di sviluppo. Sebbene imprevista abbiamo realizzato una traversata invernale da antologia: che ravanata!
Davide “Birillo” Valsecchi
Pizzo dei Tre Signori – via del Camino – Traversata Introbio-Ornica (invernale)
Venerì 20-Marzo-2015
BadegerTeam: Matteo “Sem” Galli – Davide “Birillo” Valsecchi
Simone “Scintilla” Rossetti per il recupero