Il Traverso Rosso

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DSCN7467-001Oggi con Boris sono salito al Moregallo. Il piano originale era percorrere il sentiero del 50° Osa che risale dalle spiagge del RapaNui per poi ridiscendere a Valmadrera per il sentiero “Paolo ed Eliana” ed il dosso della Forcellina.

Tuttavia ho il vizio di lasciarmi distrarre ed i prati del Moregallo sanno essere una straordinaria tentazione per me. Aveva da poco smesso di piovigginare e, giunti sotto la grande Parete Nord, ho intravisto sulla sinistra un bollo rosso su di un sasso in mezzo all’erba. Incuriositi abbiamo deviato cogliendo l’occasione di osservare la roccia a balzi su cui credo corra la via “Gioventù77”.

In qualche modo quella parte di montagna ricorda la parete Fasana al Pizzo della Pieve. qui c’è molta più vegetazione ma è comprensibile vista l’esposizione e la quota differenti.

Insieme al mio amico iniziamo a seguire i bolli rossi lungo un canale ghiaioso. Non ho idea di dove conducesse quella strana collana di segni rossi. Per qualche strano motivo ho avuto  la malsana idea che potesse esistere un sentiero, magari non ufficiale, che riuscisse a risalire e rimontare quello straordinario versante roccioso. L’alternativa più logica è che portasse alll’attacco dei una via d’arrampicata e che il nostro viaggio fosse destinato ad un vicolo cieco.

L’erba era alta e bagnata ma piano piano risaliamo. Un paio di teschi di muflone cercano di metterci in guardia ma lo scenario che ci circonda è affascinante. Guardando quei canali rocciosi e quelle nicchie erbose fantastico sulle linee possibili consapevole che salire là in mezzo sarebbe il tipo di arrampicata meno apprezzabile e forse più pericolosa in assoluto.

Inseguiamo i bolli ma il sole diviene opaco, l’ambiente circostante e l’incertezza della nostra destinazione cominciano a pesare diventando opprimenti: il Moregallo è un luogo selvaggio, fiero e terribilmente severo. Raggiungiamo la sommità del canale e proseguiamo attraverso ripidi prati raggiungendo un crinale roccioso che segna il cambio di valle.

Lo scenario che si para davanti è possente ed inquietante allo stesso tempo, la nostra determinazione vacilla. I bolli paiono indicare uno stretto sentiero che risale il crinale roccioso. Incerto sul da farsi lascio il mio socio sul prato e vado a dare un occhiata. Se superiamo quel punto c’è il rischio non poter più battere in ritirata.

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Il sentiero è percorso dai mufloni e le “fatte” a terra lo dimostrano inequivocabilmente (forse anche loro se la fanno sotto passando di lì!!). L’inzio non sembra preoccupante ma il proseguo appare ragguardevole. La roccia mi resta in mano e le zolle erbose vibrano sul vuoto quando le carico. I venti metri iniziali sono diventati trenta ed ora sono a sbalzo sull’immenso vuoto della valle. Se qualcosa cede sotto il mio peso non c’è nulla di solito a cui aggrapparsi per non precipitare. Non è un buon momento.Il sentiero, o quello che pare tale, prosegue in un inquietante traverso follemente esposto. Per un istante la paura si trasforma in vertigine ed inizio a sudare restando immobile. Lentamente ridiscendo a ritroso cercando con cautela qualcosa di solito a cui affidarmi.

Tiro fiato sui prati e mi siedo a discutere con Boris. Poi, cercando più sagge alternative, comprendo che quello non è un sentiero ma una traccia dei mufloni. Più sotto, tra le piante, una freccia rossa indica di scendere per affrontare il traverso in un punto meno esposto. Due grossi bolli confermano il passaggio.

Ancora sotto adrenalina valuto il passaggio che, nonostante tutto, non è affatto banale e decisamente esposto sulla valle. Posso passare, ma per andare dove? Guardo in alto e vedo una grande parete gialla segnata da un’evidente colata nera. Forse il sentiero risale fino ai piedi della parete e risale ai suoi piedi verso destra rimontando quello zoccolo erboso. Sono rapito da una brama illogica.

Cosa stavo facendo? Non avevo idea se fosse possibile passare in alto, se fosse possibile risalire e raggiungere i prati sovrastanti. Forse avevo già preso troppi rischi alla cieca. Dove volevo andare senza un pezzo di corda in quell’universo di roccia e prati strampiombanti?

Così mi sono fermato e dopo aver tirato il fiato siamo scesi nuovamente lungo il canale per cui eravamo saliti. Poi, tornati sul sentiero del 50°, il sole ha ricominciato a splendere caldo trasformando l’ambiente e le nostre emozioni. Tutto appariva meno opprimente,verde e brillante nel contrasto azzurro del Lario. Con uno spirito nuovo siamo scesi nuovamente al lago per fare il bagno, studiando dal basso la linea della nostra imprevista avventura.

“Appena torno a casa devo chiedere a Gianni Mandelli di quei bolli rossi e di quella parete”. Questo era il mio pensiero. Tuttavia prima di scrivergli ho cominciato a spulciare l’Isola senza Nome ed ho trovato, e finalmente compreso, quella sua storia scritta alla “Royal Robbins”. Senza rendermene conto mi ero addentrato in uno degli angoli del Moregallo più carichi di storia e di emozioni: la Parete del Tempo Perduto.

Davide “Birillo” Valsecchi

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