Gavatoio: settore NoSpitZone

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Ad un certo punto, guardando di sotto, non ero più tanto sicuro di aver avuto una buona idea. Mi ero infilato attraverso le grate della seconda galleria chiusa del Moregallo per uscirne dal finestrone del “DryTool”. Ero già stato con Mattia su quella cengia verde a strapiombo sull’azzurro del lago, ma quella volta pioveva a dirotto, la terra si era fatta fradicia e ci eravamo bloccati su uno stretto passaggio esposto tra la roccia ed il vuoto. Così, con più calma, avevo deciso di tornarci da solo in una bella mattinata di sole.

Avevo quindi superato il “diedro bianco” ed il fatidico passaggio stretto. Con la terra asciutta e meno scivolosa mi era parso davvero meno impressionante. Certo, ripercorrerlo in discesa non ispirava molta fiducia e per tanto ero deciso ad uscire raggiungendo la sommità della scogliera. Tuttavia quello che sembrava uno stretto ed instabile sentiero esposto stava assumendo la fisionomia di uno scolo dell’acqua sempre più verticale. L’idea che quella potesse essere una falsa traccia verso un’imbarazzante vicolo cieco inizziava a darmi fastidio “Birillo, se non si esce sono guai. Farla tutta all’indietro su questa terra con il vuoto davanti è da cagarsi sotto: se scivoli sono quaranta metri prima di toccare l’acqua!”

A volte le buone notizie arrivano nella forma più strana: nel mio caso come merda di muflone. Già, sotto una sporgenza della roccia trovo i segni di dove gli animali hanno dormito e loro “fatte” tutto intorno. “Dubito che siano arrivati dalla galleria… quindi ci deve essere un passaggio dall’alto”. A quel punto non restava che scoprire quanto azzardato fosse il “passo”. (Ma i mufloni scenderanno a bere al lago? Una domanda abbastanza curiosa…)

Un po’ più rassicurato ho ripreso a fare foto alle pareti, alle strepitose concrezioni che caratterizzano la parte alta della scogliera. Ci sono inoltre molte piccole grotte. In una di esse vi ho trovato le ossa di qualche piccolo animaletto, probabilmente anche qualche volpe trova rifugio in quella striscia di terra tra la roccia ed il lago.

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Avevo raccontato ad Ivan Guerini di come gli AsenPark avessero attrezzato una falesia di arrampicata sulla parete della galleria. Il suo sguardo si era illuminato d’entusiasmo salvo poi spegnersi quando ha voluto sapere se avevano usato i fix. “Peccato… noi all’epoca arrampicavamo in quella zona. Il lungo traverso a filo d’acqua ma anche vie lungo la parete. E’ un posto severo ma molto bello”. Dal suo armadio aveva preso una cartella piena di disegni, fatti a pastelli, che rappresentavano le pareti del lago e le linee di salita che avevano seguito. Ivan è molto bravo ed ha uno stile molto personale nel disegnare le pareti. Purtroppo quei colorati disegni sono tutto ciò che resta di una memoria quasi perduta.

Appeso alle concrezioni ricordo di aver avuto un pensiero davvero curioso: “Ci sono blasonati giornalisti di montagna che sbarcano il lunario scrivendo per importanti e storiche riviste articoli che sono poco più che trasposizioni di interviste fatte comodamente al cellulare. Birillo, spiegami  perchè tu invece, che non ci guadagni niente, devi essere così stupido da fare ricerche sul campo?! Da solo per di più! Sei un bel testone che si caccia solo nei guai!”. Poi, mentre mi insultavo da solo, ho trovato quello che cercavo: un chiodo!

Bingo! Abbiamo i vecchi disegni del Guero ed un chiodo: quindi la parte alta del Gavatoio è un settore NoSpitZone”. Sorry Cenda, Birillo libera per tutti: niente trapano dal diedro bianco in su! =)

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Rimonto oltre, supero un’altra grotta e finalmente raggiungo la sommità della scogliera. “Bene Birillo, ora siamo a metà strada”. Sul lato Sud l’ingresso della galleria è costeggiato dalla scogliera e da un ripido canale. Non c’è modo che riesca scendere da quel lato. Tuttavia se provo a scendere verso l’ingresso nord c’è un altro problema: le sbarre, da quel lato, sono troppo strette e non ci passo. Quindi se non volevo tornare alla macchina facendo due chilometri a piedi attraverso la galleria nuova dovevo puntare verso l’alto cercando di alzarmi fino a raggiungere il sentiero del 30° OSA nel punto che scollina sotto il “Bastione di Sparta” ed il “Palazzo degli Ateniesi”. Quindi avevo davvero ancora molta strada da esplorare.

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Trovo un vecchissimo palo del telefono abbattuto ma non c’è molto altro ad indicare traccia umana. Curiosamente sul ciglio della scogliera c’è un grosso “MelloBlocco” in granito quasi a sbalzo nel vuoto: “Hey, cucciolo di montagna, hai fatto tanta strada e ti sei fermato qui ad ammirare il lago?”. Prima di quel momento non avevo mai pensato a quanto granito deve essersi adagiato sul fondo del lario… Gironzolo evitando piccoli affioramenti rocciosi e finalmente trovo una traccia segnata in giallo. Il sentierino mi porta ad un “MelloBlocco” decisamente più grande adagiato nel “giardino” di una vecchia casa di sasso. Poco distante una casotta più piccola a protezione di una sorgente: “Acqua e bouldering… i vecchi la sapevano lunga su dove costruire!!”

La traccia si perde, probabilmente quella è la sua meta finale. Sarebbe stato curioso scoprire dove, sul lato nord della galleria, attacca questo sentiero. Un po’ a caso mi infilo nel bosco e poi finalmente su ripidi prati. Inciampo nel 30°Osa quasi all’improvviso, quando il caldo iniziava a farsi pesante e la collina troppo alta. Volto il crinale e mi si para davanti la Parete Nord del Moregallo in tutta la sua imponenza. Mi fermo un’istante ad osservarla e poi giù: l’esplorazione mette appetito!

Davide “Birillo” Valsecchi

Ps. Cenda e gli Asen sono buoni amici: saranno i primi a cui piacerà quest’idea. Gli amanti del trapano invece tengano a mente che fare il tuffo di sotto è un attimo: su questa sponda del lago la musica suona diversa…

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