«Lei si aspetta che io parli?» «No, Mister Bond, io mi aspetto che lei muoia!» Questa battuta, tratta dal film “Missione Goldfinger”, è una delle preferite con cui Ivan si diverte a sfottermi bonariamente quando mi trovo “messo in croce” nel bel mezzo di un tiro. Fortunatamente ZeroZeroBirillo, così come il leggendario James Bond, trova sempre qualche ardito escamotage per schivare il temibile raggio laser!
Oggi, io e IvyBoy, avremmo dovuto arrampicare insieme, ma purtroppo da un paio di giorni il giovane Birillo pasteggia a tachipirina ed il suo già scarso stato di forma gli ha quindi impedito di impegnarsi in qualche nuova esplorazione. Tuttavia una giornata di sole come questa era un sacrilegio sprecarla e così, ben intabarrato ed imbacuccato, ho puntato alla conquista del Monte Melma.
Il Melma si dimostrato un luogo magnifico e forse una delle montagne più ingiustamente trascurate: se desiderate affrontare una salita non troppo impegnativa ma assolutamente panoramica il Monte Melma, nonostante il curioso nome, è una delle gite più consigliabili. Dal Sasso Quadro, un’altare roccioso posto sull’anticima, è possibile ammirare quasi tutte le montagne (e le pareti) del nostro territorio, con tanto di scorcio sul lago e sulle Grigne.
Il mio piano era sfruttare la luce del mattino ed il teleobiettivo per fotografare le pareti e le strutture su cui abbiamo esplorato: Ivan sta lavorando ad una nuova pubblicazione sulla storia esplorativa di quella zona ed ero sicuro di fargli un buon regalo con qualche foto nuova in alta definizione.
Partendo da “Via della Ratta” (da pronunciare esclusivamente con l’accento di Pablo Escobar) si raggiunge rapidamente la cima e si può formare un circuito ad anello ricollegandosi alla piccola strada asfaltata, “Strada della mandria”, che taglia i tornanti della vecchia strada per Ballabio. Non ho trovato cartine del Melma ma queste poche informazioni, e le ottime indicazioni sui sentieri, bastano per avventurarsi ed orientarsi.
Prima o poi su queste foto verranno tracciate le linee delle salite compiute, soprattutto le numerosissime effettuate da Ivan nel corso di quasi un decennio. Per il momento però vi mostro solo la bellezza, terribile e selvaggia, di questi luoghi a ridosso della città: io per primo, osservandole da questo punto d’osservazione, sono rimasto stupito (ed agghiacciato) dalla recenti salite che abbiamo compiuto. La storia “arrampicatoria” di questi luoghi è estremamente limitata proprio perchè la natura di quelle strutture rocciose ha sempre reso preferibile “dimenticare” che “approfondire”.
Io, curiosamente, in questi due anni tra quelle rocce vi ho accumulato una buona metà della mia esperienza, ma questo solo grazie alle grandi capacità di Ivan: non è un luogo che assolutamente si può consigliare, anzi, è probabilmente uno dei luoghi più pericolosi e rischiosi in cui si può avere la dissennata idea di arrampicare. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo imparato l’amara lezione con l’incidente al piede di Bruna sul Pizzo Molteni (e che avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi).
A debita distanza credo possa essere affascinante osservare un territorio selvaggio tanto ampio e tanto vicino alla città, ma allo stesso tempo quasi completamente privo di sentieri o vie d’arrampicata conosciute. La cosa appare inoltre ancora più inconsueta se teniamo conto dell’affollamento storico e “topologico” del vicino Medale ed Antimedale, che tuttavia, lo ripeto, hanno caratteristiche e morfologie profondamente diverse!! Quindi, con la raccomandazione di non mettervi nei guai con pensate strane, ecco alcune delle foto scattate per Sguero.
Davide “Birillo” Valsecchi