Scrivere, scrivere, scrivere: c’è sempre bisogno di scrivere ma mai tempo per farlo. Così rinunciò all’ultimo giorno di sole prima della grande pioggia per riordinare le idee, le foto ed i ricordi in questa odissea di cose in cui sono immerso. Sabato mattina lavoravo a “L’albero dei Chiodi”, un mio progetto all’interno delle iniziative che ruotano attorno all’imminente “ValmaStreetBlock” del 1° Aprile, un “segreto” a cui sto lavorando ormai da qualche mese.
Poi, per pranzo, è arrivato Joseph. Insieme ci siamo fiondati in trattoria a confabulare: sembrava di essere tornati ai tempi delle “Zie” ed all’epoca dei grandi viaggi: magnifico! Qualche giorno prima, sempre in trattoria, avevamo fissato “nero su bianco”, rigorosamente su una tovaglia di carta macchiata di sugo e vino rosso, le nostre “fantasie” per l’arrivo della nuova primavera. Già, Le fantasie sono “materia” strana in questo universo, spesso una stretta di mano è semplicemente il primo passo per renderle reali! (Enzo, stramaledetto fabbro sciamano, se leggi dall’Africa sappi che c’è un ruolo anche per te in questa avventura!)
Poi suona il telefono: “Biru! Tra due ore dalla vecchia!”. Guero e Paolo hanno ripreso ad arrampicare insieme. Guero aveva promesso a Paolo una salita piacevole e non pericolosa ma ovviamente, come era prevedibile, aveva tirato fuori quattro tiri infernali da “guerra e pace”: “Lasciate ogne speranza, voi ch’ intrate.” Guero è il Virgilio dell’arrampicata, devi essere pronto a trasfigurare tutto te stesso per riuscire a seguirlo nel suo viaggio, per elevarti dagli ignavi alla conoscenza. Così, per seguire l’onda, dalla trattoria mi sposto in birreria.
“Monica mi ha mostrato le tue foto della Nord del San Vittore”– attacca Guero – “ma lo sai che quel canalone è pericolosissimo? Che è originato da crolli e che c’è un distacco imminente con una frattura a fulmine assolutamente spaventoso? Se sei lì dentro quando viene giù tutta quella massa di materiale non ti troveranno mai più!” Quella del Guero non è un’ansiosa predica, è più una semplice ed intensa “nota informativa”. Anche Paolo mi conferma la cosa “Noi l’abbiamo visto da sopra, ma è un posto davvero repulsivo e la spaccatura è davvero impressionante”. Già, io standoci dentro ero afflitto da una “pensante inquietudine”. Purtroppo nessuno dei due ha saputo confermare se il Canale degli Inganni “esca” senza salti di roccia finali. Un mistero sempre più fitto. Il canale adiacente però, quello della Val Farina che esce sotto il torrione Diaz, pare invece sia percorribile e che ci siano persino dei tratti attrezzati. Tutto da verificare però.
L’idea di infilarmi di nuovo nel canalone alla cieca mi alletta un po’ meno e così ho deciso che è necessario un sopralluogo strutturato: Pizzetti + Val del Verde a salire e Sentiero del GER a scendere, cannocchiale e macchina fotografica con teleobiettivo. Mentre preparo lo zaino mi telefona mio fratello: “Facciamo qualcosa insieme domani che sono libero?”. Keko, una specie di fotocopia più giovane di 16 anni, è sempre impegnato con le lezioni di musica Jaz, chiuso in “laboratorio” con la sua chitarra ed i suoi strumenti. Quando decide di venirmi dietro devo cogliere l’occasione al balzo: “Bruna è a Bergamo tre giorni con la scuola. Dormi da me questa sera che usciamo presto domani?” Mio fratello accetta ben volentieri, consapevole che faremo bisboccia tutta notte e che il giorno dopo ci sveglieremo comunque inevitabilmente tardi!
Il mattino successivo, quando il giorno è nato già da parecchio tempo e le brioche al bar sono ormai finite da ore, ci mettiamo in strada alla volta del San Martino. ValVerde + GER sarebbero un impropria ed immeritata “mazzata” per mio fratello e quindi opto per un giro ridotto ma comunque esplorativo.
Ci infiliamo su per la variante dei Pizzetti, quella che punta al canalone tra i due speroni, passando a fare visita alla grotta Rosa. Keko ha ricevuto l’addestramento Speleo di Base ed infilarsi in una grotta, sebbene di modestissime dimensioni, è un bel modo per iniziare il nostro giro. Lasciata la variante torniamo sul sentiero dei Pizzetti che, essendo domenica, è affollato di umanità varia. In questi mesi ho percorso spesso quel sentiero, quasi sempre nella più completa solitudine. Trovarvi così tanta gente è stata una novità, non sempre piacevole: “Deve essere il Sant di Ciuch – il protettore degli ubriachi – ad impedire che la metà di questa gente passi di sotto e finisca nel lago!”.
Finalmente arriviamo al Rifugio Piazza, nuova base operativa dei tassi sulle scogliere della sponda orientale: “Ciao, ci fai due birre e due panini?”. Io ed il Keko ci inabissiamo su una panchina osservando con il binocolo i prati verticali del Moregallo ed il pittoresco mondo degli escursionisti che circonda. Un “ragazzo” sulla quarantina ci si piazza davanti, armeggia con il cronometro, con il gps, con gli occhiali a specchio “che manco negli anni ’80” e la tutina aderente da corsa. Poi, appoggiandosi alla staccionata, comincia a fare stretching con sincero ed intenso impegno. Io e mio fratello, con la nostra lattina di birra ben stretta in mano, lo osserviamo con un’espressione degna di Jeff Lebowski e Walter Sobchak: “Vedi, fratellone, quelli sono gli atleti veri.” – Poi mi guarda e sogghigna allungando la latta – “Già, alla Salute!”
Torta, caffè e ripartiamo: evito i pizzetti in discesa ed opto per un tour sul lato est. Girovaghiamo per un paio d’ore ed alla fine, sfilando sotto la grande parete del San Martino torniamo con un ampio giro ad anello alla “tenda blue”. Bruna è rientrata da Bergamo: si torna alla base.
Svaccati sul divano ci addormentiamo davanti a Netflix fino all’ora dell’aperitivo. Poi, la squadra, inizia a contattare gli altri membri dei Badgers: “Appuntamento al TrueBeer”. TeoBrex ci aspetta al parcheggio e poco dopo arriva anche Andrea. Mentre ingollo CubaLibre ascoltando i racconti di TeoBrex (che ha superato le selezioni e che ora sta seguendo l’addestramento per entrare nel Soccorso Alpino Speleologico) mi vibra il cellulare. Ivo Ferrari, con cui spesso ho la fortuna di scambiare messaggi ed informazioni, mi invia alcune strabilianti foto del suo archivio storico di chiodi e materiale alpinistico: un vero e proprio museo per appassionati!
A volte sono sorpreso, sono probabilmente la persona peggiore e più fastidiosa che conosca, la più solitaria e scontrosa, eppure nonostante il mio caratteraccio, nonostante la mia cronica incostanza relazionale e le mie stramberie, sono circondato da persone speciali che mi sono affezionate: già, Birillo è un bastardo con una fortuna sfacciata.
Davide “Birillo “Valsecchi
Ps: la mia famiglia, i Valsecchi di Asso, in dialetto sono chiamati “Curbatei”, piccoli corvi. Per questo “Curbatei Brothers”.