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Polaroid dalla Preistoria

Polaroid dalla Preistoria

Kolo-kondoa
Kolo-kondoa

Il nostro viaggio, dopo tanti scossoni, prosegue finalmente a piedi addentrandosi nella natura Africana. Qualcuno disse: “Ignoranza, trascuratezza e stupidià: ecco la causa di tutti i guai!!”. Io sono una matricola in Africa ma spero di non essere così stupido da trascurare la quantità di cose che non conosco di questo mondo così diverso dal nostro. Così avanziamo “pole pole”, piano piano, inmmergendoci per gradi tra la flora e la fauna di questo continente.

Aver trascorso due giorni camminando su e giù per le colline di Kolo però non è stato affatto male. Qui tutto è diverso: tralasciando i grandi animali c’è da rimanere sorpresi dalla quantità di piante, insetti e uccelli che si possono incontrare e di cui si ignorava l’esistenza. Alcuni bellissimi, altri brutti in modo incredibile. Oggi ho trovato un piccolo prato pieno di minuscole piantine che, con mia enorme sorpresa, si muovevano al tocco accartocciando le foglie!!

Far camminare Enzo è quasi sempre come trapanarsi le dita dei piedi ma, questa volta, anche lui era contento di arrampicarsi tra le rocce in mezzo alla boscaglia. Kolo-Kondoa è infatti un territorio dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità per le numerose ed antichissime pitture rupestri che si possono incontrare nelle sue grotte e nei suoi anfratti.

Nonostante la fama tra gli scienziati non gode di grande notorietà tra i turisti. Essere il primo nome in cima alla prima pagina del registro per i turisti stranieri del 2010 rende abbastanza l’idea di quanto sia frequentato: Enzo era il numero due!

Il panorama è fantastico e l’esperienza è sicuramente coinvolgente: immersi nella natura, tra le buche dei facoceri e le torri in terra delle termiti, si può visitare un angolo di Africa dove si ritiene abbiamo visto la luce alcune tra le più antiche manifestazioni artistiche dell’uomo.

I disegni, che raffigurano animali, uomini, scene di caccia e donne che ballano, sono stati realizzati mischiando pigmenti vegetali a grasso animale. Laddove la roccia non era esposta alla pioggia o alla colata dell’acqua si sono conservati per 3.000 anni mentre i più vecchi sono datati anche 30.000 anni. Incredibile!!

Il guardiano del parco ci ha accompagnato attraverso le colline e, dopo aver ricevuto in regalo una Polaroid che lo ritraeva quasi sull’attenti, ha dato il permesso ad Enzo di fotografare le pitture rupestri. Enzo, con le sue nuove basette alla Emmerson Fittipaldi, si è quindi dato da fare con la sua Polaroid SX-70: nel 2010 una vecchia macchina istantanea degli anni ’60 immortalava l’opera di uomini risalenti alla preistoria. Un bel miscuglio di contrasti!!

Gialli, rossi e bianchi. Quei disegni rappresentano tutta l’esigenza di comunicare e condividere che distingue l’uomo da qualsiasi altro animale sul nostro pianeta. In quei rudimentali disegni c’è molto di quello che siamo oggi, la genesi di tutte le incredibile culture umane.

Trovarsi faccia a faccia con qualcosa di così antico dava una sensazione strana. Era come leggere un racconto dalla preistoria. Come uno sciocco mi sono ritrovato a chiederemi quanto fosse diverso da quello che provo a fare con “Cima” e se anche Lei, un giorno, diverrà un soggetto da archeologia. Chissà, Non si può sapere cosa riserva il futuro. Forse quel giorno la distanza tra quell’ uomo primitivo ed il montagnino informatico di Asso non sembrerà tanto grande o forse già oggi siamo più simili e vicini di quanto appaia.

La nostra prossima tappa è il paesino di Babati dove conto di vedere ancora altri grandi animali e salire in montagna sulle pendici del monte Hanang, un vulcano inattivo di 3400 metri. Ciao e a presto!!

Davide “Birillo” Valsecchi

Nulla è per caso

Nulla è per caso

Asso Tribe
Asso Tribe

Quando si viaggia in posti come l’Africa o l’India si devono compilare moduli e registri ogni due per tre. per polizia, per le guest house, i bus office o semplimente per i confini tra le regioni.  Di solito è una gran seccatura ma qui mi diverte: è infatti richiesta la nazionalità, il nome di mio padre e la tribù. Si la tribù. Io scrivo orgogliosamente “Asso Tribe” ogni volta.

Io ed Enzo siamo diversi in modo quasi incredibile ed è stupefacente come, nonostante i battibecchi, si riesca ad andare così d’accordo nonostante tanta distanza di vedute. Qualche giorno fa abbiamo incontrato un pastore protestante di origine tedesca, era un uomo di chiesa sposato con una figlia, anche piuttosto carina, e praticava intensamente Tai-chi discutendo di buddismo. Abbiamo speso un pomeriggio intero aspettando un pulman, bevendo birra e discutendo di “Complementarietà“. Forse è per questo che andiamo d’accordo…

Ma perchè siamo finiti sul Tanganica? Bhe, ci sono un sacco di motivi. In primo luogo l’anno scorso abbiamo dato vita ai Flaghéé ed abbiamo attraversato tutto il lago di Como. Lo stesso anno abbiamo creato una specie di gemellagio tra il Lario ed il lago Dal in Kashmire realizzando alcuni articoli sia per i giornali Indiani che Italiani. Essere in Africa e non creare un legame tra uno dei magnifici laghi di questa zona ed il nostro sarebbe stato un grave errore.

Il Tanganica, poi, è un luogo magnifico. Il lago ed il territorio che lo circonda sono di una bellezza avvincente. E’ più che comprensibile perchè abbia colpito tanto intensamente i coloni inglesi e tedeschi che nel secolo scorso cercarono qui fortuna.

Inoltre c’è un altra storia di cui sarebbe interessante parlare. Non facciamo mai nulla per caso, c’è sempre qualcosa di noi nelle nostre scelte. Il papà di Enzo, Angelo Santambrogio, era fabbro ed aveva la sua officina sotto casa. Quando, a metà pomeriggio, usciva per andare “al cafferino” per un caffè il piccolo Enzo, all’epoca ancora bambino, correva sul terrazzo per chiedere al padre dove stesse andando. Era diventato quasi un rito, un piccolo gioco tra i due: “Vado in Tanganica e non torno più” gli rispondeva Angelo in dialetto. Enzo allora chiedeva sempre se poteva andare anche lui con il padre che, ogni volta, gli rispondeva: “No, vado da solo, è troppo lontano il Tanganica”.

Era un piccolo scherzo, il Tanganica era semplicemente un posto “troppo lontano” con cui scherzare con un bambino. Quando siamo arrivati in Africa Enzo mi ha raccontato la storia e mostrato una piccola foto dei suoi genitori. Un’immagine un po’ scolorita dei due seduti a tavola. Entrambi sono mancati anni fa e quella foto è un caro ricordo. Non c’è voluto molto per decidere dove andare…

L’altro giorno, Quando siamo scesi dal Liemba, conoscendo orami abbastanza Enzo ho abbassato la tesa del mio cappello sugli occhi e gli ho chiesto: “Okay, Dov’è?”. Lui ha riso sornione e mi ha indicato un punto del Liemba senza farsi vedere. Sotto una piccola sporgenza, sul montante della scialuppa di salvataggio, protetta dalla pioggia e dagli sgaurdi c’è incollata la piccola foto. “E’ un buon posto” gli ho detto. “Alla fine li ho portati io in crocera sul Tanganica” mi ha risposto soddisfatto e commosso.

Non importa quanta scienza, conoscenza o coscienza si riesca ad accumulare, siamo la nostra infanzia, la nostra famiglia, la nostra via, la nostra casa, il luogo in cui siamo nati. Più ci si spinge lontano da tutto ciò e più si distingue ciò che realmente ha importanza per noi in questo confuso oceano di sciocchezze in cui viviamo. I cedri, la cascata, il suono della sirena dall’Oltolina in un’afosa giornata di agosto mentre il sole tramonta dietro il promontorio di “Piazza Dorella”. Ecco quello che siamo. Solo dei palazzinari o dei politici da quattro soldi non capirebbero che è questo ciò di cui siamo fatti, che è questa l’identità che dobiamo proteggere per conservare quello che siamo.

I due della “Asso Tribe” sono ancora in giro per l’Africa. Oggi cerchiamo di raggiungere Kondoa, uno dei siti archeologici più antichi ed interessanti del continente. A presto!!

Davide “Birillo” Valsecchi

ps. il serpente che ha morso Enzo era più che velenoso,  era mortale in 30 minuti. Ma fortunatamente è un serpente che produce poco veleno e, una volta usato per cacciare, rimane senza anche per un paio di giorni. E’ molto aggressivo, quando è senza veleno morde e scappa senza risultare pericoloso. Per questo i pescatori ci hanno raccontato che superata la mezz’ora, il tempo in cui il veleno uccide un uomo, si può cominciare a stare più tranquilli. E’ stato fortunato questo giro, speriamo che gli passi la mania di curiosare. Salvo i due buchi nella gamba, dopo una settimana, non ci sono altri problemi per il nostro artista nostrano.

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