«E’ tempo di alzare il culo e di gettare regole nella pista!» – Naga Valleri.
Tempo fa la mia morosa mi ha portato ad una lezione di danza-terapia tenuta da Maria Josè Vexenat, insegnante argentina ed allieva della famosa coreografa e terapista Maria Fux.
Nonostante le mie dimostranze (ci andavo per far contenta Bruna) ero stato invitato ad un incontro molto speciale: era infatti una giornata molto “familiare” organizzata dagli insegnanti italiani per la loro maestra. Ero finito nel meglio del meglio della danzaterapia italiana al cospetto della prima allieva della fondatrice di questa disciplina.
Vi dico subito che Maria Josè è un donna bellissima, dotata di un grandissimo fascino oltre che di un fisico da ballerina. Il guaio è che “andare a ballare” per me ha sempre significato immergersi nei peggio-posti della città: dal Rolling Stone al Rainbow Club passando per i concerti ed i centri sociali, significava dare inizio ad un odissea di luce stroboscopiche su un mondo degradato di ombre. Nella mia adolescenza “andare a ballare” significava fare attenzione a non farsi rompere i denti mentre si riscrivevano le regole per i dannati della bolgia metropolitana.
Quello era il passato, il guaio adesso era il presente. Per le persone che mi circondavano, sedute in questa morbida stanza dai colori tenui, la danza rappresenta “un strumento di espressione globale della persona, una forma di manifestazione delle dimensioni profonde della natura umana.” Io mi sentivo un mostro hard rock dotato artigli e zanne in mezzo ad una congrega di agnelli vegetariani pronti a danzare in circolo tenendosi per la coda ed agitando fiocchetti colorati. “Non fare danni!! Per favore non fare danni!!” continuavo a ripetermi “E’ la loro festa comportati bene!”.
Così me ne sono stato buono buono, ho seguito gli “esercizi” cercando di non travolgere nessuno. Maria, gentilissima, mi mise in coppia con Bruna perchè mi aiutasse. Venti minuti dopo ero completamente sudato e rapito mentre totalmente libero giocavo nello spazio e nella musica resa fisica dalla mia mente: per le persone attorno a noi nulla di ciò che sperimentavamo era un problema.
Maria mi disse che guardando il modo in cui mi muovevo, come appoggiavo i piedi o muovevo il baricentro, si capiva che avevo studiato arti marziali per tanti anni. Mi disse anche che era bello vedere come controllavo il corpo e lo usavo come un teatro. Aggiunse anche che ero portato e che ero stato bravo. Forse lo diceva a tutti ma io mi ero davvero divertito, mi ero sfogato in maniera tremendamente fisica ed avevo condiviso un momento coinvolgente con Bruna. Questo mi bastava.
Quello che ho capito, e che forse già sapevo, è che la danza così come le arti marziali sono lo strumento che ci permettono di utilizzare il nostro corpo per esplorare la nostra mente. Per questo a volte paiono così simili. Ciò che rende straordinario questo movimento è la “proiezione”: una visualizzazione resa fisicamente sensoriale della percezione mentale di noi stessi.
Tutta questa chiacchiera perchè stamattina ero nervoso senza un vero perchè e, come capita un po’ a tutti, il mio senso di inquetudine non mi lasciava in pace. Non sapendo cosa fare e non volendo subire questo malessere, ho accesso “a manetta” una canzone su Youtube ed ho cominciato a ballare come un idiota mentre preparavo il caffè.
Zanshin, lo “spirito del gesto” nelle arti marziali: io ballavo ma ogni mio gesto, ogni mio movimento, pareva usare una parte del mio corpo per infrangere le barriere entro il quale mi sentivo oppresso, i muri che mi sovrastavano. Certo, stavo preparando il caffè ma la mia mente era altrove, ero una stella che esplodeva dentro una scatoletta di vetro per espandersi nell’universo, un’apocalisse domestica pronta a travolgere ogni cosa con un ghigno selvaggio stampato sul viso. La musica dava il ritmo con cui i muri si riformavano attorno a me ed il ritmo con cui inesorabilmente li abbattevo. Un crollo dopo l’altro mi battevo con i mei demoni volteggiando fiero e magnifico tra i loro attacchi: “Non mi avrete mai bastardi!! Guardate come brillo stamattina: sono lo stramaledetto ninja ballerino della Piana di Scarenna!!”.
Prima che il caffè fosse pronto ero esausto, ridevo felice e tutta la tensione era alle mie spalle, a terra insieme agli inesistenti muri ed ai cadaveri dei nemici invisibili che volevano rendermi triste. Ho bevuto il caffè e con la mente libera ho scritto una email in inglese ad uno svizzero ed ai suoi sviluppatori indiani inviandogli la soluzione del problema software con cui mi tormentano da settimane. (Italians do it Better: Da Vinci non è un quartiere di Calcutta!! )
Dopo di ciò ho preso la mia tartaruga e l’ho portata a prendere un po’ di sole passeggiando nel mio praticello: sì, ogni tanto ognuno di noi dovrebbe concedersi la felicità di ballare attraverso l’universo.
Davide Valsecchi