Come vi sentireste se, dopo cinque anni di lunga ed intensa esplorazione, vi rendeste conto che un “gioiello”, raro e straordinario, attendeva in bella vista sotto il vostro naso? Beh, la risposta è semplice: incredibilmente felici!
Ma andiamo con ordine: giorni fa con Bruna sono salito in cima al PraSanto per curiosare in una grotta e fare due passi con lei. La luce di quella strana giornata d’inverno era particolare e le ombre sulla roccia sembravano volermi mostrare segreti nascosti. Bruna rideva perchè, ogni dieci passi, mi fermavo con il teleobbiettivo a scattare una foto dello stesso punto di montagna: “Accidenti, Bru, credo di aver trovato qualcosa che cercavo da parecchio!”
Una volta a casa ho mandato le foto a Mattia, ad Ivan ed a Gianni: “E’ la leggendaria Via delle Caverne?” Nessuno di loro l’aveva mai ripetuta ma tutti confermavano fosse quella: finalmente avevo capito dov’era, finalmente potevamo andare a prenderla!
La via delle Caverne è una via percorsa in solitaria da Vittorio Masciadri nell’inverno del 1967. Di questo itinerario non si avevano notizie di ripetizioni e la breve relazione della primo salitore è assolutamente affascinante: grotte, nicchie e spaccate in camino. A lungo l’avevo cercata nella valle più a sinistra, dove un sentiero supera delle grotte per tagliare verso la cresta attraverso una cengia rocciosa: cercavo nel canale sbagliato!
L’appuntamento era con Mattia alle 14:00 davanti alla SEV. Ero in anticipo e così mi sono concesso una stramberia mettendo in macchina la bicicletta: abituato al clima mite del versante Sud mi ero vestito decisamente leggero (più o meno come a settembre!), inoltre non mi aspettavo di dover pedalare (o spingere) sulla neve!
Con la respirazione cercavo di compensare il mio maldestro equipaggiamento leggero ma il freddo ed il brutto tempo non sembravano lasciare molte speranze per la salita. Tuttavia, come al solito, l’entusiasmo e la determinazione di Mattia hanno reso vana ogni incertezza climatica: ”A furia di fare passeggiate al sud ti sei abituato alla bella vita. Non è mica freddo questo: andiamo!”
Superata la forcella dei Corni ci siamo abbassati sotto il settore Desio puntanto al naso strapiombante della parete Ovest. “Eccoci, io credo sia questa la valletta”. In passato avevo ravanato nelle vallette vicine ma, senza quelle foto scattate dal PraSanto, non avrei mai immaginato che quella valletta erbosa conducesse ad un simile segreto.
I primi due tiri sono pura ignoranza alpinistica: 30m + 25m di III grado su terra ed erba con con un passaggio di IV sporco. Le soste sono su solide piante ma si sale gradinando nell’erba: non sono tiri da sottovalutare e possono piacere solo a chi gradisce il genere (noi!).
Superata questa lunga parte inziale ci si trova davanti all’ingresso di una grotta e, varcata la soglia, ci si immerge in un mondo assolutamente inaspettato e sorprendente! Immaginate di trovarvi con le gambe in spaccata tra due pareti di roccia identica a quella del Pilastrello, ora togliete completamente l’umido ed aggiungente un tripudio di prese ed appoggi tremendamente godibili. Bene, ora proiettate il tutto verso l’alto per trenta metri attraversando terrazzi e grossi massi incastrati. Bene: è Natale a Febbraio!
Certo, la roccia è la stessa del Pilastrello, quindi per qui magnifici trenta metri verticali le possibilità di piazzare una protezione sono scarse se non assenti. Tuttavia, anche non mettendo nulla, ci si sente protetti e sicuri nella salita (attenzione, i camini sono la nostra specialità, il mio non è un consiglio ma solo una considerazione personale). Trenta metri di camino verticale di III°/IV° grado: una meraviglia straordinaria, assolutamente inaspettata nel panorama alpinistico dei Corni!!
Quando siamo entrati nel camino la valle era stata invasa dalla nebbia e la neve, trasportata dal vento, aveva iniziato a cadere. Noi, dentro la montagna, vivevamo in un mondo a parte. Risalito il camino ci si infila in una “botola” e si raggiunge il pavimento, fatto di grossi massi incastrati, della grotta sommitale.
“Accidenti! Questo è davvero un posto dove fare le ferie!” La grotta è infatti asciutta ed accogliente. Pietro Paredi, che avevo casualmente incontrato Venerdì a Valmadrera, ha di sicuro ripeto la via in passato, mi aveva inoltre raccontato come qualcuno abbia posto in una nicchia una madonnina ed abbia piazzato una “fissa” che, con un un traverso dai prati soprastanti, permette di raggiungere la grotta sommitale. Il canapo, ancora appeso ai chiodi ed ormai sbiancato è affiancato ora da una catenella la cui solidità appare quanto meno discutibile.
Tuttavia la grotta, e la madonnina al suo interno, dove essere stata la meta di frequenti pellegrinaggi in passato. In un anfratto di roccia abbiamo trovato infatti una bottiglia di rosso e due bicchieri! Io manco sapevo che un posto simile esistesse mentre qualcuno ci veniva allegramente a fare bisboccia: “Mattia, io e te saremmo gli esperti dei Corni? Guarda che posto! Chi lo avrebbe mai immaginato!” Sghignazzando eravamo davvero felici di aver trovato una simile meraviglia!
Per risalire il camino avevamo piazzato una solida sosta a due chiodi ed anche per uscire dalla grotta abbiamo fatto il tiro. Sotto la catenella ci sono 40 metri di salto verticale: io non mi ci fiderei…(questo invece è un consiglio!) All’uscita la nebbia era fitta ed il nevischio si era fatto insenso. Essere indigeni hai suoi vantaggi: nonostante la scarsa visibilità siamo scesi comodamente alla Sev passando dalla cima del Corno.
Nel piccolo Bivacco allestito dal Rifugio (…davvero strepitoso avere un bivacco sempre aperto ai Corni! Grazie Sev!!) ci siamo cambiati ed abbiamo riposto negli zaini il materiale. Casco in testa, luce frontale accesa e poi giù, in bicicletta, al buio, sulla neve: che idee alle volte!!
Credo che Eugenio Fasana stringerebbe la mano a Vittorio Masciadri complimentandosi per una via che, probabilmente, gli sarebbe davvero piaciuto tracciare. Camino Fasana sulla parete Fasana, Camino Fasana Torre Desio, Camino Masciadri, Camino Gandin e Caminetto della normale al Corno Occidentale. Questi (fino ad oggi) sono i camini dei Corni che io conosco.
Davide “Birillo” Valsecchi