Passano gli anni ma gli AsenPark restano un’inestimabile fonte di ispirazione, un punto di riferimento. Quei ragazzi sono stati la scintilla capace di riaccendere un fuoco che sembrava spento: spesso mi chiamano “faraone”, che nel loro gergo è una specie di titolo, di riconoscimento …o forse la peggior presa per il culo, no so… quello che è certo è che spesso solo loro ad essere irraggiungibili e forse non sapranno mai quanto sia io ad essergli debitore.
«Provo qualche movimento in libera… tipo mezze sfalzate alla stessa altezza, doppio stopper per partire alla kamikaze, ma subito capisco che mi conviene tirare fuori le staffe e fare poco il pirla che qui c’è poco da sentirsi Caldwell…» L’impaginazione è terrificante, ma è uno di quei racconti che sarei orgoglioso di leggere su “cima”! (link all’articolo)
Inoltre voglio segnalarvi un’altra impresa dei giovinetti delle Grigne:
Michele Mandelli «Nuova Via Sasso Carbonari: “VIA ATOMICA!” (Dedicata a Marco Butch Anghileri) Grazie ai compagni di cordata Cenda e Smarmot e al supporto per il trasporto materiale di Camel. Un ringraziamento particolare a Alberto Pinci Pinciroli e Carlo Duchini per i chiodi regalati e a Marta Duchini per la pazienza nelle fredde giornate primaverili dei sopralluoghi!»
AsenPark e BadgerTeam: le bestie sono a piede libero in Grignetta! Era tanto che volevo organizzare qualcosa insieme e, finalmente, l’occasione si è presentata. Davide “Girabachin” Bernasconi è uno dei ragazzi del Canalone Comera, un membro della pattuglia AsenPark che nell’inverno del 2013 ha affrontato l’impegnativa discesa dal canale del Resegone (JollyComera). Per lavoro ci si vede sempre più spesso e così, asini e tassi, ne hanno approfittato per un giretto insieme in Grignetta.
Davide, la scorsa stagione, ha centrato in pieno un albero ed questo lo ha costretto ad un lungo e forzato stop. La nostra non solo era la prima uscita insieme sulla roccia, ma anche la sua prima salita dopo l’inofortunio. Per questo, visto che anche io sono inconfessabilmente “scarico” per via del Pizzo d’Eghen, ci siamo dati una meta impegnativa il giusto e non terrificante: lo Spigolo di Vallepiana sul versante SW della Torre Casati.
La via, tracciata nel 1933 dal Mitico Gandin e dal Conte Vallepiana, mi interessava molto. Sul nostro Corno Occidentale esiste un repulsivo ed ostile camino che porta il nome Gandin proprio perchè nel 1934, la celebre Guida Alpina delle Grigne, vi tracciò la “Direttissima alla parete Sud”. Una via misteriosa ma evidente con i suoi quaranta metri di V attraverso erba e roccia friabile che risalgono al Passo della Vacca: prima o poi Mattia ed io dovremo dargli un’occhiata e quindi volevo “conoscere” il signore Gandin.
L’avvicinamento, attraverso la Direttissima prima ed il sentiero Giorgio poi, è una piacevole passeggiata tra le straordinarie architetture della Grignetta. Oltre il lago i Corni ed il Moregallo mi strizzano l’occhiolino mentre “flirto” con quell’universo di guglie e torrioni.
Troviamo senza troppa difficoltà l’attacco ed iniziamo ad imbragarci. Davide, così come è abituato, vorrebbe tirare a sorte per decidere chi parte per primo. Io però sono fatto a modo mio e sono davvero poche le persone con cui mi lego, a cui concedo tale fiducia. Cerco di essere delicato ma taglio corto: “Naaa, faccio io. Poi al massimo ci diamo il cambio…”
Il primo tiro si impenna senza tuttavia essere troppo severo: in trenta metri ci sono due fittoni e vedo di farmeli bastare. Davide mi raggiunge senza difficoltà ma mi accaparro anche il tiro successivo dall’aspetto più severo. Credo che la linea originale passi sulla destra, seguendo una comprensibile linea di rocce rotte. Un nuovo fittone resinato invita invece a puntare più sulla sinistra dove la roccia si fa più solida ma aumenta l’esposizione e la difficoltà.
Accetto l’ingaggio verso sinistra sebbene quello non sia affatto un passaggio di IV ma sia parente stretto del V. Mi muovo lentamente, non ho le energie mentali per sfidare la gravità, per “reggermi”. Così mi rilasso, scelgo solo movimenti senza sforzo ed inizio a guadagnare ogni passo con piccoli spostamenti. Tasto ogni appiglio attardandomi e frammentando ogni passaggio. Quando arrampico in quella maniera Ivan dice che assomiglio ad un orsacchiotto: un orsacchiotto che riesce ad essere goffo e delicato allo stesso tempo.
Ogni volta che stacco un piede o una mano dalla roccia ne ascolto il movimento. Se il gesto è fluido e lineare, accompagnato dall’equilibrio di tutto il corpo, so che è un buon gesto, che la mia posizione è buona. Ivan e Joseph associano spesso l’arrampicata allo “Yoga”, io invece credo di essere più “Zen”: scompaio e mi muovo attraverso il “vuoto”.
Immerso nella mia arrampicata sento Davide, sotto di me, accompagnare i movimenti più complicati con un “Alè!”. Sono sorpreso, non è la nostra consuetudine, non ci sono abituato e la cosa a tratti mi diverte: le differenze sono il cuore di un incontro.
Mattia, quando affrontiamo passaggi difficili, mi descrive quello che vede e quello che intende fare affinchè io possa manovrare le corde. Allo stesso modo io gli descrivo il mio punto di vista dandogli conferma, rapida e chiara, ai suoi comandi ed alle sue domande. La nostra cordata è un carro armato: lui pilota, io carico il cannone. Ivan, quando la faccenda si fa spessa, si limita a dire “ora seguimi bene”. Joseph invece entra in modalità “alieno” e semplicemente “passa” in barba alla logica. In sosta ciacoliamo come zabette ma mentre si arrampica siamo per lo più in silenzio. Quello di Davide è probabilmente il primo “Alè duro!” della mia vita e la cosa non mi dispiace perchè c’è dell’affetto sincero in quell’incitamento.
Arrivato alla sosta inizio a recuperare la corda. Dall’alto l’esposizione verticale della via appare in tutta la sua magnificenza. Davide risale e finalmente appare come un sorriso appeso nel vuoto oltre la roccia: ”Accidenti: hai capito il signor Gandin!”.
Di nuovo in sosta insieme capisco che è carico e scalpita. “Dai, fattelo tu il prossimo passaggio che io in camino ho dato abbastanza di recente” Davide riparte e da subito capisco che non ho motivo di preoccuparmi. Senza difficoltà si mangia il tiro, piazza saggiamente un paio di protezioni veloci, e mi recupera alla sosta. “Un tiro bello speleo, no?”.
Arrampicando da secondo sale a galla tutta la stanchezza ma la giornata è luminosa ed il mio compagno di cordata è più che affidabile. Me la godo e lascio che si diverta anche nel quarto tiro: “Sono un vecchietto al suo confronto! Va più di me!”.
“Beh, ora siamo pari e l’ultimo tiro è mio!” Mancano poco meno di dieci metri ad uscire dalla cresta. C’è un evidente lama che Davide mi consiglia di tirare in Dulfer. Io obbietto “Sono troppo vecchio per appendermi, ora ti faccio vedere come passo a modo mio!”. Per evitare la mini-dulfer mi incarto in un movimento senza senso fatto di raccapriccianti opposizioni ed incastri. Davide scoppia a ridere: “Come direbbe il buon Gigi che Sbatta: sembri un vecchio che cerca di scopare!”. Incastrato cerco di ridere senza venire a basso: “Pischello, conosco gagliardi settantenni che si scopano quarantenni che tu nemmeno ti immagini!” Con uno scatto d’orgoglio, in appoggio sul casco, esco da quel movimento insensato e passo oltre ghignando.
Dalla cresta, in conserva protetta, raggiungiamo l’obelisco metallico della vetta. Ci accoliamo tra le rocce godendoci il sole e le poche vettovaglie nei nostri zaini. Nessuno di noi due era mai stato lassù: “Accidenti! Certo, non sono i Corni, ma il posto è assolutamente notevole!” Sghignazziamo insieme prima di scendere lungo il crinale opposto verso il sentiero dello scarettone.
Sono più stanco di quanto sarebbe opportuno ma la giornata è stata piacevole e chiacchieriamo lungo il cammino di ritorno. Al 2184 Sara ci riempie i boccali di birra e gazzosa e mi presenta come “La persona in grado di sparare il maggior numero di cagate nel minor tempo possibile”. Riesce a farmi ridere mentre affondo il naso nel bicchiere, ma Davide obbietta “No! No! Dovresti vederlo Birillo in montagna: si trasforma, non hai idea di come faccia il serio!”. Povero me, comunque la si metta ho una pessima reputazione!
La nostra arrampicata è stata un vero piacere: MOS!
Davide “Birillo” Valsecchi
Curiosità: Davide usa la parola “scalare” mentre io uso il termine “arrampicare”. La differenza tra le due espressioni è piuttosto singolare. Arrampicare deriva da rampàre del quale è requentativo: proprio degli animali che salgongo aggrappandosi con forza agli artigli; indi per similitudine salire per luoghi erti aggrappandosi con le mani e coi piedi. Scalare invece deriva da “montare con scale”, specialmente nel linguaggio militare, per sorpresa o di viva forza sulle mure nemiche. Come ho detto: le differenze sono il cuore di un incontro!!
La neve ed il tempo instabile rende difficile organizzarsi per arrampicare e Mattia, che in questo periodo smania, mi aveva prospettato due alternative per venerdì: la “Bonatti” o la “Brianzi” in Medale. Ovviamente il mio “adorabile integralista” e capo cordata era intenzionato a percorrere le linee originali ed integrali passando per lo “zoccolo”, un tratto di via ormai abbandonato e ritenuto inutilmente pericoloso che la maggior parte dei salitori aggira sfruttando la ferrata.
“Scusa, Mattia, ma non è la nostra zona. Non sono i Corni, perchè dovremmo infliggergi una ravanata in trasferta?” Lo zoccolo era un’idea intrigante ma non certo allettante. Così, cercando di salvarmi da quel progetto potenzialmente scellerato, ho avuto un’illuminazione giocandomi un super-jolly: “Facciamo la via degli Asen! Quei ragazzi sanno il fatto loro e la via sta diventando conosciuta. Visto che è recente andiamo a vederla prima che i MaoMao la rendano unta!”
Gli AsenPark,dal mio punto di vista, sono il gruppo più interessante di tutta Lecco. Confesso che spesso sono rimasto affascinato ed ispirato dal loro modo di fare e dalle loro attività: “Pizzo Bernina senza mezzi a motore: cronaca di un massacro annunciato“ è a mio avviso una delle loro imprese più belle ed invidiabili!! (http://www.asenpark.it/home/alpinismo/138-pizzo-bernina-senza-mezzi-motore)
Oltre a questo alcuni degli Asen sono spesso venuti in trasferta ai Corni (Guerra, Davidino, Moretz e Tode) e ripercorrere la loro via mi sembrava quindi il giusto modo per ricambiare e consolidare questo nostro piccolo gemellaggio culturale.
Così alle nove del mattino io e Mattia siamo all’attacco della via degli Istruttori, via che si utilizza per salire all’attaco della Via Asen. Tanto per cambiare tiro io le prime due lunghezze poi, come di consuetudine, passo il lo “scettro” al più esperto e forte tra noi: “Ogni ofelè al fa el so mestè” e Mattia riprende il suo posto al comando della nostra squadra esplorativa.
Dalla seconda sosta della via degli Istruttori si piega e destra superando uno spigolo ed entrando in una cengia. Qui una catena risale indicando la strada. Alle nostre spalle una seconda cordata ci segue lungo la catena per attaccare “Sentieri Selvaggi”.
Finalmente siamo all’attacco della via vera e propria. Davanti a noi una serie di placche si fondono insieme formando un bellissimo tiro di una quarantina di metri. Roccia splendida, ricca di fessure e clessidre, che corre selvatica tra rami e roccie smosse. L’ambiente che ci circonda è un anfiteatro, quasi segreto, tra l’antimedale ed il pilastro Irene.
Ivo Ferrari, che ha inserito questa via nella sua raccolta, “Tra montagne e pareti d’Italia”, la descrive così: «Bellissimi movimenti per niente faticosi, chiodatura “giusta” rendono la progressione sicura quanto basta per essere sicuri. Una via anche per chi non è malato di “fanatismo” da prestazione. Un pezzo di roccia “scovato” da persone che avevano voglia di “scovare” e divertirsi, verso quel pezzo, unico pezzo libero tra prati verticali ricoperti di spine! Non un’alternativa ad altre vie ma è semplicemente la Via degli Asen.»
Pensare che sulla parete dell’antimedale, tra i nomi blasonati e le vie da falesia, si sia trovato lo spazio anche una via “Asen” è qualcosa di davvero rincuorante. La roccia accoglie e custodisce un “messaggio” prezioso visibile ovunque dalla città di Lecco.
La prima sosta è ben protetta al riparo di una nicchia ed il secondo tiro riparte con un piccolo traverso a sinistra per inpennarsi su una placca dura (passo chiave VII-/A0 chiodo con cordino). Mattia ha “annusato” gli spit che proteggono il passaggio, ma piazzando un friend lo ha aggirato sulla sinistra saltando il chiodo con cordino lungo una linea più naturale sebbene su roccia meno invitante. “Questa via porta il loro nome: I ragazzi volevano giustamente mostrare ciò di cui sono capaci: ci sta tutto un passaggio come questo”. Superata la placca parte una serie di fessure tutte da proteggere ma assolutamente godibili!
Anche il terzo tiro è di soddisfazione sfilando verso destra oltre uno stretto diedro e rimontando poi nuovamente verso sinistra per giungere alla sosta.
Roccia buona e pulita, ambiente selvatico, tiri logici e protezioni ben bilanciate. Sulle fessure del secondo tiro ero troppo “ingaggiato” per fare qualche foto ed il mio pensiero è stato “Accidenti che livello per passare di qui in apertura proteggendo tutto a friend! Davvero forti!”. Sono davvero contento di avere percorso questa via!
L’uscita finale ci riporta nell’oceano di sfasciume che è la porzione centrale dell’antimedale. Sassi ovunque e sotto di noi la cordata sull’ultimo tiro di “SentieriSelvaggi”: c’è da prestare davvero molta attenzione per non fare danni! Nonostante tutto siamo andati prima un po’ a zonzo sotto la seconda bastionata e poi, scesi nuovamente alla base, ci siamo sparati il primo tiro di “frecce perdute” giusto per chiudere la giornata e farci un giretto in doppia.
Per me farei complimenti agli AsenPark equivale a sfondare una porta aperta ma, ancora una volta e a ragion veduta, voglio complimentarmi per la loro “via”.
Come direbbero loro: MOS!
Gli AsenPark ne hanno combinata un’altra: sono venuti giù dal Canale Comera sul Resegone con sci e snowboard. (www.AsenPark.it) (www.LeccoNotizie.it)
Gli AsenPark sono un gruppo di giovani “fuori di testa” lecchesi che già in passato si sono distinti per imprese davvero significative e per certi versi atipiche e scanzonate. Oltre alla discesa dal canale Bobbio hanno dato vita alla “Lecco-Bernina”, una due giorni di bicicletta ed alpinismo che li ha portati senza mezzi a motore a 90km da casa e a 4049m di quota.
Mi piace questo gruppo: se avete occasione di guardare i loro video scoprirete una compagine di casinisti, una ciurma di amici sempre intenta a scherzare e a vivere la montagna in modo intenso ma atipico. Ciò che mi colpisce è lo spirito con cui animano le loro imprese: credo che per certi versi sia espressione genuina e moderna dello spirito originale che ha animato gli alpinisti del passato.
Francesco Bonacina, Davide Bernasconi e Marco Moretti.
Non fatevi ingannare però dai loro filmati e dal loro atteggiamento guascone: sono bravi, bravi davvero. Dietro agli scherzi ed alle battute traspare la loro preparazione tecnica ed il loro costante impegno: si coglie che lo spirito goliardico convive con competenza e costanza.
Ho avuto modo di chiacchierare con loro via Internet e si sono mostrati ragazzi simpatici e disponibili. Come direbbero loro: dei veri faraoni. CAMOS!!
Davide “Birillo” Valsecchi
[nota storica] La prima volta che Moretz mi ha contattato era interessato ad avere qualche dritta sulla discesa dell’Adda. Lui ed il suo gruppo volevano ripercorrere la Como-Venezia con una canoa fatta di rifiuti o qualcosa di simile. Il mio primo pensiero è stato “Ma chi cazzo è sto coglione!?”. Con qualche decisa raccomandazione (“Il Po lo fai seduto su una porta ma l’Adda vi prende a calci in culo senza un mezzo decente”) gli ho mandato tutti i dettagli iniziando a spulciare e a conoscere le attività degli Asen.
Moretz, tu puoi far quello che vuoi ma il vostro “genio” io l’ho visto brillare nel video delle griglie. Ancora oggi, riguardandolo o passando vicino al supermarket, provo una sottile invidia ed una parte di me sussurra: “Accidenti, essere giovani ed avere amici così…”. Grazie Asen, andate avanti!!!
“Non tutti erano pronti ad affrontare le fredde mattine d’inverno, su terreni fangosi, con un tagliente vento dell’est che passava attraverso l’Amenities Centre. Non c’era atmosfera sul campo d’allenamento se non la creavi da solo.” cit. ROY KEANE