Gino il Murnee: l’ultimo mugnaio di Asso

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La macina numero 2
La macina numero 2

La prima volta che sono entrato nel Mulino Mauri ero poco più che bambino ed ero con il Cai Asso. Era quasi una tradizione per la nostra sezione fare visita  al Signor Luigi Mauri, meglio conosciuto come Gino il Murnee.

Con infinita pazienza, e grande orgoglio, spiegava a noi bambini quella strana macchina fatta di pale, macine e setacci che è il mulino idraulico.

Era cosi orgoglioso di quel suo mestiere orami andato nel tempo ed il suo Mulino era l’unico ancora funzionante di tutta la valle del Lambro.

Il signor Gino, classe 1917, si è spento questa notte all’età di 92 anni. Con lui scompare l’ultimo nei mugnai di Asso, un piccolo pezzo di storia.

Per osservare le sue volontà Lunedì alle 14 sarà portato a spalla dal suo mulino fino alla nostra chiesa ed attraverserà per l’ultima volta il piccolo ponte che tanti visitatori hanno ammirato in questi anni.

La nostra tv locale, Televallassina, trametterà oggi e nei prossimi giorni un piccolo filmato fatto con spezzoni di repertorio dove Gino, l’ultimo murnee di Asso, raccontava i segreti del suo mulino e della campanella che suonava nella macina avvisandolo quando il sacco era ormai vuoto.

Grazie Signor Gino per aver conservato la memoria tanto a lungo.

«Il mestiere del mugnaio era tramandato di padre in figlio ed  ognuno aveva i suoi segreti per la macinatura dei cereali, sopratutto il mais perchè  il frumento era roba da ricchi. Famiglie intere affidavano il loro mais al mugnaio e per questo era molto importante sopratuttuto la sua onesta e la sua bravura. Pochi mulini erano provvisti di aburatto, o buratto, uno speciale setaccio per separare la farina dalla crusca facilitando la preparazione del pane. Alcuni scontavano il prezzo che da pagare al mugnaio per la macinatura lasciandogli il “bozzolo”, una parte della farina, ma pagando sempre lo “spolvero”, la parte della farina che andava perduta nella lavorazione. Il lavoro del mugnaio nell’arco dell’anno cambiava: d’inverno lavorava molto, ma d’estate spesso era costretto ad interrompere il suo lavoro per mesi a causa della mancanza di acqua. Per tutto l’800 ed gli inizii del  900 il mugnaio era un mestiere ambito ma poi, per via delle tasse sulla macina e della corrente elettrica, i mulini idraulici andarono scomparendo e cosi anche la fugura del mugnaio»

Davide “Birillo” Valsecchi

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