Galeotto fu quel libro

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Discesa agli Inferi
Discesa agli Inferi

Adulterio. Tra tutti i peccati mi sembrò il più stupido ma, tantè, di cose strane fino ad allora ne avevo vedute parecchie. Davanti a me cammivano Dante e Virgilio, sdegnosi e superbi i due poeti si tenevano ben lontani dall’umile scribacchino di Asso avanzando tra il fango e la sofferenza di quest’Inferno con severa distanza.

Altri non avrebbe potuto rivolgermi le spalle con tanta superficialità ma per quei gironi  loro erano le  guide mie e, con pazienza,  solo seguirli da presso potevo. Quasi divertito fui da quell’ oscuro mondo pieno di meraviglie ma troppo innanzi al mio tempo mi ritrovavo per riconoscere miei contemporanei in mezzo a quei volti sconosciuti.

Ascoltavo la loro buffa lingua, così simile alla mia seppur diversa, cercando di capire cosa dicessero a quelli a cui si facevano presso scambiando parola. E fu allora che incontrammo Francesca, dal viso e dalla voce dolce e malinconica.

Vicino a lei un mezz’uomo piagniucolante le stava accanto senza proferir parola se non in pianto. Paolo Malatesta era il nome di quel disgraziato che parea essere in legame con la bella Francesca. Sebbene nel girone degli Adulteri mi ritrassi dall’idea di fare, all’Inferno, il pavone per quella giovane in barba al suo frignante compagno e mi feci sotto per ascoltare la loro storia:” Galeotto fu quel libro e chi lo scrisse…

Quale ira mi provocava una voce così dolce al fianco di una tale nullità. Ma il mio stupore si aggravò nello scoprire che Paolo conobbe Francesca come procuratore della promessa di nozze di Gianciotto. Il miserabile avea al fratello soffiato la donna, incredibile a sentire mi parevano tali parole!! Ma la famiglia, che scoprì la loro infatuazione, li punì con il sangue ed ecco la cagion del esser loro tra i dannati.

Leggere ed unite ora le lor anime volavan nel vento della passione che li avea travolsi scontando la loro colpa negli Inferi. “Ma scusa, li hanno lasciati assieme? Che diavolo di pena è lasciare due amanti assieme per l’eternità?!!”. La domanda mi sfuggì improvvisa ed il fiorentino mi fulminò superbo con gli occhi dietro il suo naso arrogante. Ma Virgilio mi rispose, con il fare gentile dei veneti, che l’amore legava i due troppo forte per essere diviso e che per questo erano del vento preda insieme .

Che ciò l’amore dell’uomo unisce neppure Dio può dividere, questo tu mi dici sommo poeta?” Le mie parole volaron per l’Inferno come bestemmia d’angelo e persino i demoni mi guardarono indispettiti per il mio ardire. Nasone e Virgilio sdegnosi allor si mossero lasciandomi addietro.

Che la forza dell’amore dell’uomo potesse superare il potere di Dio? Di questo io mi interrogavo. Quale grande vanto per la mia gente sarebbe tale immenso potere, il potere di amare. Ma al contempo guardavo Paolo. Come poteva un amante piangere così sommesso dopo esser stato condannato all’eternità con la sua amata, poteva davvero il tormento di quel vento essere più scosolante della separazione a cui tutti siamo condannati?

E fu allora che compresi, che vidi l’errore mio ma anche quello dei due poeti. Cappii: Paolo non amava Francesca e di fronte a lei, a quella creatura tanto bella, celava eternamente quel segreto a colei che  lo amava con tanto ardore. La sua pena era vivere in quel pianto, nel rimorso di non averle detto quella verità triste, di non aver avuto il coraggio patendo ora il senso di colpa. L’eternità con la donna che non amava e a cui aveva rubato il futuro. Il misero aveva ben ragione di pianger. Ed anche Francesca, che nel suo cuore sapeva la verità, non poteva che restare accanto all’uomo a cui aveva donato l’amore e la vita. Per l’eternità al fianco di un uomo che non la amava celandole il segreto:“Una botta e via”. Un biglietto per l’inferno…

L’amore che unisce due cuori lega due anime rendendole inscindibili persino a Dio ma era la mancanza di amore a vincolare i due, schiavi di una scelta sbagliata, di un sì vuoto dato forse nella speranza della passione vera. Quanti fastidi eviterebbe alla volte il parlar chiaro!!

Ripensai alla mia amata, colei che alberga nel mio cuore ormai perduta. Ripensai alle donne che ebbi a stringere cercando inutilmente di colmar quel vuoto. Ripensai alla tristezza di possedere ormai solo un cuore di sabbia che si sgretola tra le dita. “Amor, che a nullo amato amar perdona“. Quale errore è sperare di essere amati semplicemente amando.

Provai pietà per quelle anime e per il cuore mio anche. Li lasciai dietro i miei passi proseguendo nell’antro appresso ai miei due superbi compagni di viaggio. Da molto prima d’ essere qui attraversavo da vivo quest’ inferno che ora scontavano queste misere anime. Più in là, lungo il cammino, mi aspettava Ulisse, con lui avrei parlato delle sirene e, forse, avrebbe potuto capirmi.

Davide “Birillo” Valsecchi

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