La zia Giusy prepara un panino per Fabrizio che, finito il lavoro alle due, passa a prendermi a casa: è il due maggio e prosegue la nostra esplorazione de “La grotta del Sindaco (dei Corni)”. Arriviamo ad Oneda in macchina, parcheggiamo prima della stanga e ci infiliamo su per il sentiero che taglia per la Val Cerina.
Il nostro materiale, incrostato dal fango del giorno prima, è umido e pesante nello zaino mentre avanziamo a passo lento lasciando che le gambe inizino a sciogliersi. A metà salita il primo incontro. Poco dopo il “gigante” il fiume si avvicina ad un piccolo torrente. Il rumore dell’acqua copriva i rumori e così, quando abbiamo scollinato una piccola cresta, ci siamo trovati davanti una capriola che, altrettanto sorpresa, si puntava sulle gambe davanti frenando la sua corsa a non più di cinque metri da noi. Alle sue spalle, una quindicina di metri più indietro, anche un giovane maschio.
Lei, indecisa sul da farsi, inizialmente si blocca, poi indietreggia avvicinandosi al maschio, sempre immobile. Un’ultima occhiata ai due bipedi intrusi e poi via di corsa insieme attraversando il torrente e scappando nel bosco sull’altro lato. «Fabbrì, questa volta dovresti averli visti bene…» Il sorriso compiaciuto di Fabrizio era la migliore risposta.
Raggiunto Pianezzo ci siamo incamminati verso la parete Fasana. Camminando sotto quell’immensa muraglia di roccia un grosso corvo ci ha sorvolato e si è posato a raccogliere qualcosa alla base della parete. I corvi sono i messaggeri degli spiriti e la mia famiglia, anticamente di carbonai, in dialetto è chiamata Curbàtei, “i piccoli corvi”.
Ho iniziato a guardare quella soverchiante parete completamente trasportato dalle sue forme e dalla sua imponenza. «Hey, guarda un po’!» Ridevo mostrando a Fabrizio le mie mani: scosso da un fremito avevano iniziato a tremare mentre il cuore si era messo a correre. «hehe! Questo posto comincia a farmi davvero uno strano effetto: proseguiamo và, se mi fermo a guardare non ci muoviamo più». Quell’anfiteatro sta diventando un luogo magico: magnifico!
Finalmente al “Sindaco” abbiamo cercato un punto d’accesso alla grotta un po’ più semplice ma, anche in questo caso, abbiamo dovuto calare una corda, in doppia su un albero, per issare gli zaini ed il materiale. Infilate le tute abbiamo iniziato il nostro “lavoro”.
Sdraiato sulla pancia ho iniziato il giro di controllo della “pastura”. Il giorno prima avevamo lasciato, qua e là, un po’ di frutta per cercare di capire la presenza ed i movimenti di LEMMY, il nostro tasso. La frutta era sparita solo dai cunicoli più esterni e posti ai margini della grotta, relativamente lontano da dove stiamo avanzando. Oltre la nostra trincea tutto era rimasto intatto. «Okkey, oggi passo oltre: abbassiamo ancora un po’ quello strato di terra ed infiliamoci nel cunicolo.»
In un oretta di lavoro siamo riusciti a creare abbastanza spazio per passare e raggiungere la stretta cameretta dove erano ben evidenti i segni del tasso. L’ingresso dei due cunicoli più piccoli erano infatti “unti” ed anneriti dal continuo passaggio del’animale.
«Okkey ci sono. Qui si alza abbastanza. Avanzo un altro metro». Fabrizio, alle mie spalle, ascoltava la radiocronaca della mia progressione «Altri due piccoli cunicoli alla mia sinistra. Dentro c’è acqua, non ne vedo la fine. Avanzo di un altro metro. Ho quasi raggiunto la curva.» Sembrava un allunaggio o un operazione chirurgica ma “parlarci” era l’unico modo per restare in contatto nel cunicolo.
Strisciando nel budello di roccia, dopo cinque metri, ho raggiunto finalmente la curva dove la luce si arrestava: «Niente, sono sul fondo. Qui si restringe di botto e dopo un altro metro e mezzo diventa impercorribile.»
Arretrando piano, strisciando all’indietro, sono tornato alla strettoia. «Oky, tocca a te ora. Vai tranquillo, non c’è nessun guaio fino al fondo. Stringi le spalle e non spingere troppo quando tocchi.» Così Fabrizio, indossando un buffo caschetto da canoista fluviale, si è infilato nel budello spingendosi con la punta dei piedi.
Dopo aver raggiunto il fondo mi ha di nuovo raggiunto: «Ma che figata! E’ uno spettacolo entrare così! Sembra che non ci sia nulla ma è pieno di cose da guardare! Hai visto quei disegni sulla roccia?». Nonostante fosse coperto di fango era entusiasta e quei “disegni”, di cui parlava, erano i bellissimi “ricami” che spesso l’umidità forma sulle pareti e che ricordano molto, nella loro elaborata ramificazione, le foreste di corallo.
«Benvenuto in grotta Fabrizio!»
Purtroppo il primo dei due cunicoli de “La grotta del Sindaco (dei Corni)” si è subito esaurito dopo sette, otto metri. Visto che ieri era il 2 maggio, una data per me molto particolare e densa di ricordi, ho deciso di chiamare quel piccolo ramo “la dispensa”: il cuore della casa.
Riemersi nella parte più ampia della grotta, dove la luce esterna ancora illumina intensa l’interno, abbiamo festeggiato la nostra piccola (forse insignificante) conquista. Per mostrarvi la bellezza di quel posto abbiamo “infangato” completamente la macchina fotografica di Fabrizio realizzando qualche scatto.
Ormai erano le sette e, tutto intorno a noi, si stava scatenando il temporale. Le Grigne sembravano avvolte da un inferno di fulmini mentre altri sinistri rombi ringhiavano, sul lato opposto, dal San Primo. Ovunque stava piovendo a dirotto ma, sopra di noi, sembrava fosse stata accordata una tregua. Correndo lungo la strada per Oneda siamo scesi a valle e, solo raggiunta la macchina, ha iniziato a pioverci addosso: a volte la fortuna aiuta davvero gli scriteriati!
Bhe, ma dov’è La grotta del Sindaco? Chi deve saperlo già lo sa, mentre a tutti gli altri lo racconterò ad Ottobre: dopo che avremo potuto goderci il fresco in tranquillità tutta l’estate 😉
La sera, poi, ho incontrato gli altri speleo alla sede del Cai di Erba per la riunione dello Speleo Club e, raccontando della mia piccola grotta, tutti mi hanno ricordato come nella dolomia, la roccia di cui sono fatti i Corni, difficilmente si formano grotte di dimensioni importanti.
Con un disegno della grotta ho mostrato a Pier, uno dei più esperti ed attivi “esploratori” del gruppo, il secondo dei due cunicoli che ancora dobbiamo esplorare: «Ricorda, le grotte sono ignoranti: a volte non lo sanno di essere di dolomia, nessuno glie l’ha detto che avrebbero dovuto restare piccole…» Mi ha detto ammiccando con un sorriso complice.
Davide Valsecchi
Come sempre accade Fabrizio è uscito dalla grotta tenendo il casco in testa per tutto il viaggio di ritorno. Visto che era un “modello” particolarmente atipico voglio mostravi con chi mi tocca andare in giro! 😉