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Racconti di un pellegrinaggio Tibetano

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Birillo è impazzito…

Birillo è impazzito…

Quello che non vi abbiamo mostrato..
Quello che non vi abbiamo mostrato..

“Birillo è impazzito o forse ha bevuto….”. Io cito De Gregori ed Ale è in Brasile, in fondo tutto può succedere.

Da quando siamo partiti dall’Italia vi abbiamo raccontato ciò che di bello abbiamo avuto la fortuna di incontrare ma non tutto qui è rose e fiori. Mancano meno di tre settimane all’eclissi di Varanasi, è ora di dare uno sgurado anche a quello che abbiamo un po’ nascosto perchè c’è molto da imparare .

Non siamo più tra i monti, siamo in un ex colonia inglese, un guazzabuglio religioso che da poco più di cinquant’anni è diventata una repubblica laica e democratica. Non mi basterebbe una vita per capire l’India, non sono qui per abbracciare la loro cultura ma per capire cosa ha valore nella nostra. Questo è qualcosa che posso fare.

Il mio ultimo articolo, Il peso della realtà, ha scatenato un mezzo putiferio, mi sono piovute addosso tonnellate di critiche da una schiera di benpesanti indignati. Non sono un catalogo turistico, non sono qui a stampare cartoline.Non mi interessa fare il turista, fare un paio di foto, allungare qualche rupia ai mocciosi per pulirmi la coscienza e raccontarvi qualche favola su un mondo esotico.Racconto quello che vedo e quello che ho di fronte agli occhi ora non mi piace.Credo vi sia una profonda lezione da apprendere, qualcosa che è importante trasmettere.

Potete infilarvi un vestito tradizionale indiano e farvi qualche bella foto trendy da utilizzare per il vostro profilo di facebook (Ndr. mi piace il tuo Francesca) ma non venite a raccontarmi stupidaggini. Mi sono arrivate citazioni colte, “cibo per la mente” dite. Ottimo, io ho servito i “bocconi amari”:

“Te la prendi con povera gente che non conosce altra realtà!”. Balle! Siamo nel 2009, qui come in Italia le principali aziende sul territorio sono le società di telecomunicazione che gesticono telefonia mobile, internet e persino la televisione svolgendo un ruolo importante nel costume locale. Qui c’è gente che dorme per strada ma quasi tutti hanno un telefonnino e vedono oltre 100 canali da tutto il mondo sul satellite. Non è mancanza di informazione, non è neppure ignoranza. E’ mancanza di cultura, nel senso proprio della parola. Il loro sviluppo è stato così repentino che non hanno avuto il tempo materiale per formarsi una propria, hanno tutto e subito e ci sono centinaia di aziende pronte a venderglielo senza che siano pronti ad usarlo in modo consapevole.

Non ci credete? Facciamo un esempio: la plastica. Io sono nato quando la plastica cominciava ad essere il materiale maggiormente utilizzato negli oggetti di uso comune. Lentamente e gradatamente sono stati introdotti questi nuovi materiali nel nostro modo di vivere ma nonostante siano passati 30 anni il nostro paese non ha ancora sviluppato una “cultura” adatta a gestire i rifiuti. Abbiamo fatto progressi come il riciclaggio e la raccolta differenziata ma la cronaca ci mostra quanto ancora siamo in dietro.

In India hanno quanto di meglio la tecnologia possa offrire eppure in nessuna delle città che ho visitato hanno un sistema per la raccolta dei rifiuti. Il che si traduce nella più immediata e banale delle esigenze: mancano i cestini dell’immondizia. Qualche imbecille mi ha scritto che non è importante un bidone attaccato ad un palo di fronte ad una civiltà millenaria. Studipo bastardo hai idea di cosa significhi? Siginifica che due miliardi di persone, pesantemente corteggiate dall’economia consumistica, getta a terra qualsiasi tipo di contenitore plastico un attimo dopo che ha finito di consumare, senza la benchè minima remora morale o etica. Trovi le bottiglie di plastica che galleggiano nelle fontane dei templi!!

Significa che ad ogni angolo di strada ci sono mucche, corvi, cani randagi e pantegane che ruminano l’immondizia ammassata.Quando diventa troppa i locali gli danno semplicemente fuoco con tutto ciò che ne consegue. Da quando sono sceso dai monti non ho incontrato un fiume che non sembrasse una discarica galleggiante. La maggior parte della gente vive in mezzo a sporcizia ed inquinamento, questo senza considerare le malattie endemiche di questa parte del pianeta.Immaggina la sanità e l’istruzione in uno scenario simile? Ma non è povertà, tenere pulito non è una cosa da ricchi!!

“Questa è l’India, se non ti piace tornatene a casa”. Quella che voi chiamate tolleranza e soldarietà io la chiamo ipocrisia!! Posso dirvi che a loro non interessa la pietà degli illuminati nostalgici occidentali e la prova ne è l’articolo che abbiamo avuto sul Greater Kashmir. Il giornalista era annoiato a morte finchè non ho tirato fuori la parola “garbage”, immondizia. A qul punto ci ha dato metà della seconda pagina!! Sono consapevoli del problema ma spesso non sanno come affrontarlo.Il governo, spaventato da questo fenomeno, ha vietato l’uso dei saccheti di plastica per la spesa ma non è servito ad arginare la montagna di spazzatura che imperversa.La gente non se ne preoccupa. Il giornalista era felicissimo che uno straniero dicesse: “Abbiamo avuto lo stesso problema, anche noi stiamo cercando di risolvero”.Era un buon esempio da proporre.

Ma la domanda è:“stiamo veramente cercando di farlo?”.Ciò che spaventa è che i problemi che affliggono questo paese sono gli stessi che abbiamo noi, solo in modo spaventosamente più grande. Sono così enormi che è impossibile non vederli e presto l’onda tornerà alla sua origine per il semplice fatto che siamo una minoranza e che l’onda l’abbiamo creata noi. Gli indiani faranno la loro strada ma noi? Quando parlo di tradizioni parlo delle cose più semplici che formano il nostro stile di vita e a cui spesso non facciamo caso. Dannazione io non ce le voglio le mucche mangia-rumenta fuori casa!! Nè i balletti in mezzo alle sparatorie nei film o il faccione da elefate di Ganesh che pubblicizza il sapone!! (Povero Ganesh, che strana vita la sua)

Ci imitano in tutto, specie nelle cose sbagliate (spendono spropositi in cosmetici per sembrare bianchi!!). L’unico modo per aiutarli in concreto è provare noi per primi ad essere un esempio virtuoso.Significa capire cosa c’è di buono e di importante nella nostra cultura, smettere di “abbaiare” e darsi da fare in modo pratico perchè diventino dei valori veri.Ormai da noi siamo abituati che giusto e sbagliato non contano più molto, l’importante è non essere quello che paga il conto. Il guaio è che questi paesi, letamente ma inesorabilmente, il “check” ce lo stanno già preparando.

Io resto sempre il solito Birillo, il montagnino ignorante che scrive su internet, provo a fare del mio meglio nel raccontare quello che vedo. Anche da qui vedo chiaramente che nonostante vi infiliate le penne nel culo non siete pavoni, smettetela di fare la ruota. La zuppa che va bene per tutti di solito non piace a nessuno, se non vi soddisfa la mia cucina andatevene in un altro ristorante. Non ho la pretesa di accontentarvi tutti…

Chiedo scusa a tutti gli altri, non è mi abitudine lasciarmi andare alla polemica.

Davide “Birillo” Valsecchi

Il peso della realtà

Il peso della realtà

Fa caldo. Continuiamo ad andare a Sud e la situzione peggiora giorno dopo giorno. Mi guardo intorno ed il mondo sembra sempre di più un cesso di lusso abbandonato agli zingari. Attraversiamo in pulman le periferie e le montagne d’immondizia che questa gente accumula senza curarsene. Hanno spazi incredibili ma vivono disorganizzati trascurandosi l’un con l’altro in una massa caotica. Come si dice da noi “fanno via il passo” ai problemi che non sono di loro stretta competenza personale.

Lungo i bordi della strada solo camion sfasciati ed accartocciati da spaventosi frontali. Appena arriviamo in stazione un folla accerchia un poliziotto che sta facendo le foto ad un cadavere prima di infilarlo in un sacco bianco. Lo trascina per un piede e ne mette “in posa” la testa trattandolo come una bambola rotta. La folla è enorme, si muove densa come fango e supera di gran lunga il “contatto umano” che avrei voluto evitare.

Provo ad acquistare un biglietto nel piccolo sportello. Nessuno rispetta la coda, tutti a spingere e a rubarsi il posto per infilare la testa in quella specie di buco che è la biglietteria. La mia pazienza ha un limite. Apro le spalle sperando che questo basti a proteggere il mio spazio, ringhio ma nulla. Arrivo allo sportello, forse è il mio turno, mi allungo per parlare con la ragazza oltre il vetro. Uno da destra prova ad infilarsi ma piazzo il gomito e lo blocco come un terzino ma sulla sinistra un altro mi scappa. Ho un limite, ho aspettato con pazienza il mio turno e sono stato l’unico a farlo, se siete stati partoriti dal fango non è colpa mia: lo afferro per un braccio e lo lancio via con la rabbia accumulata sopportando due mesi di inciviltà e maleducazione. L’effetto è ben oltre quanto sperato!! E’ la prima volta che ne “branco” uno, sono molto più morbidi e leggeri di quello che sembra, rimango stupefatto mentre lo vedo scivolare via sul lercio pavimento di marmo con gli occhi sgranati da mucca indiana. Credo che anche per gli altri fosse la prima volta che ne vedevano rotolare via uno in quel modo. Bene Birillo, ed ora che succederà?

Nessuno si muove, bene. Se il tipo “riparte” lo timbro “di prima” ancor prima che si alzi, ma poi? Che deciderà di fare tutta sta gente? Il tipo non mi carica ma, dal fondo della sala, vedo arrivare un militare con il consueto lungo bastone.Oh-Oh, ora sono veramente fregato!!

Il soldato arriva, urla qualcosa ma non verso di me. Agita il bastone e mette tutti in fila, afferra il tipo che ho spedito per terra per un orecchio (nemmeno io ci credevo quando l’ho visto!!) e lo riporta in fondo alla fila. “Sorry Sir”. Urla ancora qualcosa alla gente indicando un cartello in indi, credo ci fosse scritto “rispettate la coda”, poi se ne va. Nessuno mi dice nulla e mi danno il mio biglietto per la seconda classe.

Esco sul piazzale e guardo lo strano mondo che mi circonda, quel caos disordinato dove regna la sporcizia, il sudore e la povertà. Due bambini di dodici anni si danno “a cinghiate”, a terra ci sono due sacchi pieni di bottoglie di plastica ed il loro lavoro è raccoglierle. Stanno dandosi battaglia per il controllo del territorio. Piangono e si pestano a turno come i bambini ma le frustate che si tirano non sono uno scherzo. I due nella lite travolgono una cicciona indiana avvolta nei veli come un ippopotamo di “Fantasia”. Solo allora i polizziotti arrivano e, agitando l’immancabile bastone, mettendo in fuga i due pischelli.

Fa caldo ed io ho bisogno di un po’ di civiltà secondo il mio metro. Attraverso i metal detector e mi faccio strada tra le gente cercando il mio socio. Insulto mendicanti e mocciosi che mi si appiccano in cerca di qualche rupia. Dannazione smettete di toccarmi con quelle dannate mani!! Gocciolo sudore come una fontana, indosso gli scarponi ed un paio di pantaloni di cotone ha cui ho accorciato, alla meglio, le gambe sotto il ginocchio. Sono conciato e sporco come un barbone ma brillo come un faro in mezzo a quest’umanità derelitta. Come è possibile che questa gente possegga lo spauracchio della mia infanzia: l’atomica?

Due ore dopo siamo a Delhi ed entriamo nella nuova metropolitana. Il biglietto costa 40 rupie a persona, quasi un euro. E’ caro per i costi locali, per fare duecento chilometri in treno ne ho spese meno di 80. Passati i controlli entriamo in una struttura che può far arrossire di vergogna le nostre metropoltane milanesi ed i suoi poveri pendolari. Fuori è un maledetto caos, qui dentro è tutto pulito e spledente. Tutti sono vestiti bene, gli unici barboni siamo noi due. Sulla banchina sono tutti disposti ordinatamente in file allineate: il convoglio arriva, si ferma e le porte sono esattamente davanti alle file. Entriamo ordinati e solo un pischello prova a scartare la fila. Dal nulla appare un altro militare che lo afferra e, senza aprire bocca come se fosse l’abitudine, lo riporta in fondo. Non c’è in giro un pezzo di carta, tutto è pulito ed efficiente in quest’oasi di futuro.

Dopo una manciata di fermate siamo di nuovo davanti alla stazione dei treni ed è di nuovo il solito caos. Un carretto tirato da un cavallo mi sfreccia accanto. Lo guardo andarsene, trasposta blocchi di ghiaccio disposti come gigantesche zollette di zucchero fumanti nel caldo indiano. Non molto più di mezzo secolo fa anche i nostri paesini avevamo il carretto del ghiaccio: futuro e passato qui si mischiano in modo violento e pericolosamente imprevedibile.

Montagne di rifiuti ed l’ignoranza più povera si mescolano stretto con il meglio che il futuro possa offrire: cosa prevarrà in India? Un simile paese, in queste condizioni particolari, non può avere uno sviluppo simile a quello fatto dalla nostra Europa in più di cinquantanni. E’ destinato a bruciare tutte le tappe come un bambino prodigio allevato ad anabolizzanti. Quale sarà la morale e l’etica di questo fenomeno?

La Cina è lo spauracchio comunista con cui ci tormentano i media, ma cosa faranno anche questi altri giganti silenti? Cosa farà la nostra presuntuosa e distratta Europa? Nel mio campo, quello informatico, gli indiani hanno sbaragliato il mercato creando già oggi forme di concorrenza insostenibili. La crisi che affligge oggi l’occidente è l’effetto di un mercato globale privo di regole comuni dove le figure classiche hanno un ruolo sempre più marginale.

Nel mondo moderno non si tratta più solo di competizione economia ma bensì di preservazione culturale. Se l’Europa non impara a tutelarsi ed ad assumere un ruolo nel mondo saranno le nostre tradizioni ed il nostro stesso stile di vita ad essere spazzato via. Nel mondo siamo un’ esigua minoranza culturale sebbene con magnifiche ed antichissime origini, abbiamo dominato la storia forti della nostra supremazia economica, tecnologica e militare. Ora molti nel mondo sono più numerosi e potenti, ansiosi ed orgogliosi di conquistarsi una posizione nello scacchiere che conta.

O ci si dà una svegliata (ed una regolata) o siamo al tramonto: “nani e ballerine” o intellettuali stupidaggini post-comuniste non basteranno a fermare i lupi-vegetariani che ronzano intorno alla vecchia Europa. Se il mercato lo si lascia in mano ai grandi gruppi saranno queste nuove e promettenti masse ad avere la loro attenzione a scapito nostro, il cambiamento deve cominciare dal piccolo, tutti insieme. Se questa gente supera la fase caotica e si da’ una regola, oggi come oggi, ci spazza via o ci trascina negli stessi cumuli di immondizia! Il rispetto per gli altri comincia dal rispetto per se stessi. Ipse Dixit…

Davide “Birillo” Valsecchi

Chandigarh: la città ideale di Le Corbusier

Chandigarh: la città ideale di Le Corbusier

La mano di Le Corbusier
La mano di Le Corbusier

Dopo la magnifica Amristar il nostro viaggio verso Varanasi ci ha portato a Chandigarh, una delle città emergenti dell’India, famosa in tutto il mondo per l’architettura e pianificazione urbana.

Per volere di Jawaharlal Nehru, il primo ministro indiano, questa città è diventata nel 1950 la capitale dello stato del Punjab dopo la spartizione dei territori tra India e Pakstan. Essendo Lahore, la vecchia capitale del Punjab, in territorio Pakistano il primo ministro volle una nuova capitale che rispecchiasse lo slancio verso il futuro della nuova India.

Inizialmente il progetto della nuova città fu assegnato ad {it:Alber Mayer} che disegno la planimetria di base, successivamente il famoso architto {it:Le Corbousier} e tutto il suo staff ampliarono il progetto iniziale dano un chiara impronta moderna, taylorista, l’edificio a misura dell’abitante.

La città è infatti suddivisa in settori completamente autonomi della dimensione di 800m per 1200m in cui vi si possono trovare spazi commerciali, spazia abitativi e spazi ricreativi. Ogni settore è adiacente e non si impiega più di dieci minuti ad attraversane uno. Del progetto di Mayer è stato inoltre conservato il parco lineare che attravarsa un lato della città.

Le Corbousier ha realizzato il famoso monumento “La Mano”, la pianficazione urbana ed il palazzo della Corte Suprema (High Court) mentre il suo staff ha relizzato altre strutture quali l’unversità ed il museo d’arte. Tutte le case qui hanno un impronta tipicamente europea con un disegno tipico degli architetti degli anni 50/60, moltissimo il cemento armato, strutture lineari che si fondono una nell’altra all’interno di rigogliosi giardini.

La pianta della città è estremamete lineare, traverse e parallele che suddividono i settori in modo uniforme. Una caratteristica curiosa della città sono i tombini che riportano la mappa della città. In passato molti di questi tombini sono stati trafugati per essere venduti in occidente essendo diventati oggetti di culto nel mondo dell’archtettura.

Enzo con i tombini ha un certo “feeling” ed ha dato vita a molte opere con queste stane “porte del mondo sotterraneo”. Il rispetto è qualcosa che ha caratterizzato tutto il nostro viaggio, per questo Enzo voleva realizzare qualcosa di diverso per mentenere il ricordo di questo oggetto mantenendo il rispetto dovuto a questa città ed ai suoi abitati: dopo aver parlato con il curatore del museo di architettura abbiamo avuto il permesso speciale di ricalcare uno dei tombini conservato nelle sale riportandone l’immagne su un ampio foglio di carta pregiata.

Il risultato è una serie di undici magnifici pannelli che riportano il ricalco di questo pezzo ormai storico.Un modo semplice e rispettoso di tributare un omaggio ad un grande architetto come Le Corbousier.

Il Rock Park è un altro degli spazi di Chandigarh, un intero parco che accoglie tra il verde e le fontane oggetti artistici realizzati con materiali di scarto che si fondono nel paesaggio per creare scenari suggestivi e fantasiosi nel cuore della città.

Chandigarh è una città moderna ma resta pur sempre una città abitata da Indiani e per questo motivo mostra contrasti a volte incredibili per il nostro punto di vista. Le Corbousier ha dato alla città lo schema, le strade e lo stile ma la cultura urbana e l’attenzione per gli spazi è ancora tutta da inculcare nella popolazione. E’ senz’altro la città più pulita e meno caotica che abbiamo incontrato ma sono pochi ancora gli spazi che realmente danno vita all’ideale di città perfetta. Lo sviluppo però non si è arrestato, in alcune parti forse manca un po’ di manutenzione ma la città sarà presto dotata di un aereoporto internazionale e di una metropolitana. Vedremo quale sarà il futuro di questa strana città, noi ci rimettiamo i viaggio verso Agra, la città del Taj Mahal.

Davide “Birillo” Valsecchi

Le cucine del Tempio d’Oro

Le cucine del Tempio d’Oro

Il Tempio dOro dei Sikh
Il Tempio d’Oro dei Sikh

La cultura Sikh è una delle più affascinanti che abbia incontrato durante questo nostro viaggio in India, Amristar è la città  in cui mi sono sentito più a mio agio nonostante il caldo torrido. Ciò che più colpisce entrando nel tempio è la grande struttura laminata che custodisce il libro sacro al centro del lago artificiale, ma per capire questo mondo affascinante è necessario entrare più in profonità e visitare la meraviglia e l’orgoglio del popolo Sikh: le cucine del tempio.

Il tempio ha quattro porte, una su ogni lato come la tenda di Abramo, affinché sia possibile entrare da ogni direzione. Le porte sono sempre aperte, giorno e notte, chiunque può attraversarle ed essere accolto all’interno del tempio. Schiacciati tra il mondo Indù, diviso nelle terribili caste, ed il mondo Islamico, un tempo in aggressiva espansione dall’Afganistan, i Sikh introdussero, cinquecento anni fa, concetti nuovi per l’India come l’uguaglianza e la democrazia nel loro modo di vivere.

Non importa di che colore sia la tua pelle o quale sia la tua religione, nel tempio Sikh sarai sempre ben accolto e a qualsiasi ora troverai da mangiare gratuitamente. Migliaia di volontari ogni giorno lavorano nelle cucine e chiunque è libero di aiutare come meglio crede, per i pellegrini aiutare nel tempio fa parte della loro credo. Grazie alle donazioni e ai volontari il tempio è in grado di servire la straordinaria cifra di 20.000 pasti gratuiti all’ora!!

Quando me l’hanno detto non potevo crederci e sono andato a vedere. I Sikh conoscono un solo modo per far le cose, il modo giusto.

Prendiamo il nostro vassoio in metallo e ci accodiamo a tutti gli altri pellegrini davanti a grosse porte in legno che danno su due ampie sale. La gente all’interno della sala piano piano esce dalle porte sull’altro lato e finalemente anche le nostre si aprono. Una folla allegra si riversa e prende posto seduta in fila sulle stuoie disposte a terra. Una serie di volontari passa velocemente riempiendo i piatti con zuppe, semolino e chapati. La cucina è strettamente vegetariana in modo che tutti possano magiare senza infrangere le regole della propria religione, qualunque essa sia. Nessuno tocca i piatti fino a che tutti non hanno il proprio pieno. Su ogni fila si sono sistemate oltre cento persone, la mia sala contiene più di dodici file e così anche quella adiacente. Tutti insime gridano qualcosa nella propria lingua per dare il via al pasto e si mettono a mangiare sorridendo. Da quel momento abbiamo tre minuti per consumare il nostro cibo e lasciare la sala con le nostre vettovaglie. Quando usciamo altre duemila persone aspettano il proprio turno, questo ciclo interrotto va avanti 24 su 24 da oltre 500 anni!!

Lasciamo i nostri piatti dove i volontari li raccolgono e cominciano i 5 lavaggi che dovrà sostenere ogni piatto prima di essere rimesso nella pila. Come ho detto chiunque può aiutare, ti avvicini, ti spiegano cosa fare e fai la tua parte fino a quando ne hai voglia. Io ed Enzo abbiamo fatto un giro per tutte le cucine visitando ogni fase della preparazione del cibo che è preparato con la massima cura e qualità. Il burro, ad esempio, viene utilizzato solo in forma liquida solo dopo essere stato depurato e bollito affinché nessuno nel tempio si senta male per il cibo. Lo stesso vale per l’acqua che anche noi abbiamo bevuto senza preoccupazione. I sikh sono aperti alla conoscenza e al progresso, anche nelle cucine si affiancano i metodi tradizionali con quelli moderni e meccanicizzati.

In ogni sala veniamo accolti dai sorrisi e dai saluti dei presenti, è impossibile non essere trascinati dal loro entusiasmo. Io sono finito ad impastare il chapati in mezzo alla farina mentre Enzo si aggirava tra i pentoloni dei contorni. E’ meravigliosa questa parte del tempio. Qualsia cosa tu possa avere bisogno, dal cibo alle medicine, è disponibile gratuitamente per chiunque.

Ora però voglio spiegarvi chi siano i SIkh e come sia possibile realizzare qualcosa di così strepitoso. I Sikh portano il turbante per proteggere i capelli che portano lunghi, i Sikh credono nel mito originario di Sansone, comune a più religioni, secondo il quale la forza spirituale risieda proprio nei i capelli. Io con la “criniera” bionda lungha ormai oltre le spalle non ho fatto fatica a diventare simpatico ai Sikh e farmi spiegare meglio la loro cultura: non credono in un dio antropomorfo ma bensì in una forza cosmica con cui aspirano ricongungersi dopo la morte. Se in vita non saranno in grado di liberarsi dell’attaccamento alle cose e dall’egoismo si reincarneranno. Per questo motivo credono fermemente nell’uguaglianza tra gli uomini e nella solidarietà tra gli uomini. Sono votati al bene perchè “aiutare gli altri è il modo migliore per aiutare se stessi” e sono persone per cui i fatti contano molto più delle parole, sono magnificamente “pratici” e diretti!!

Il pugnale Sikh che ognuno di loro deve portare sempre con sè simboleggia come ogni Sikh debba essere pronto a combattere per difendere la giustizia, “non acettano l’inaccettabile” perchè battersi per una causa giusta è la loro unica scelta possibile. I Sikh sono un popolo guerriero, le stesse regole che valgono per gli uomini valgono per le donne, anche loro indossano sempre il proprio pugnale!!

Mi sono seduto in riva alla piscina d’acqua sacra con un ragazzo di Dheli ed abbiamo cominciato a parlare: “Quando sei entrato nessuno ti ha perquisito” – mi diceva, ed in effetti è il primo tempio indiano che visito senza un presidio armato di militari a guardia dell’ingresso – “Il tempio è sempre stato aperto a chiunque e lo sarà per sempre. In questi anni già tre volte Al-qaeda ha cercato di colpire il nostro tempio ma li abbiamo sempre fermati. Ogni Sikh protegge il tempio e ne è a guardia, come vedi qui siamo in intanti e nessuno si tirerebbe indietro.Quello laggiù è il museo della mia gente, la nostra storia è piena di guerre. Siamo un popolo guerriero, il più fiero e forte del mondo. Noi non attacchiamo nessuno ma non siamo disposti a lasciar che distruggano la nostra pace.” Guardando il volto sorridente ma deciso di un Sikh non si stenta a crederlo. “Crediamo nell’ugualianza e nella condivisione ma sappiamo che dobbiamo difendere tutto ciò. In passato gli Indù ci odiavano perchè accoglievamo tra di noi anche i paria delle classi più inferiori mentre i munsulmani hanno più volte cercato di invaderci e di convertirci. Sono persino riusciti a conquistare il tempio e per spezzare la nostra volontà hanno riempito di sabbia la nostra piscina sacra, hanno messo taglie sulla testa di chiunque portasse un turbante, hanno ucciso la nostra gente, l’hanno fatta a pezzi e ne hanno dato il corpo in pasto ai familiari per sconfiggerci. Nessun Sikh si è convertito all’Islam ed abbiamo riconquistato il tempio e respinto i munsulmani in Afganistan. Nella storia solo i Sikh hanno saputo controllare l’Afganistan. In cinquecento anni sette re hann attacco il tempio e sono tutti morti, l’ottavo, Indira Ghandi, ha portato qui l’esercito indiano ed ha causato la morte di troppa gente in questo luogo sacro alla pace. Anche l’ottavo re è morto.

Non era possibile per me non rimanere affascinato da questa cultura così orgogliosa e trovo consolante pensare che ad Oriente, nel cuore dell’India, vi sia un tempio d’oro, sempre aperto in cui chiunque possa entrare e trovare cibo e accoglienza. E’ bello pensare che a guardia di questo tempio vi sia un orgoglioso popolo guerriero completamente votato alla pace e all’ugualianza ma “pronto”. Questa gente mi piace, lotta e vive per quello in cui crede e ciò che ho visto mi è sembrato giusto.

Duemila anni fa Pietro estrasse la spada e mozzò l’orecchio ad uno dei soldati romani che era venuto a prendere Gesù, tutti “I Dodici” erano pronti  morire per difendere il maestro ma Lui scelse diversamente, voleva mostrare con il proprio sacrificio, un gesto incredibilmente eroico, il valore delle sue idee e fece rinfoderare la spada. I successori di Pietro non sono stati altrettanto accorti nel trattenere la propria spada ed ancora più spesso l’hanno usata per gli ideali e gli scopi sbagliati. Da noi ho visto templi magnifici ma non altrettante cucine aperte, i fedeli hanno pagato pasti abbondanti e lussuosi ma non certo per tutti.

Gesù si fece uomo, non per essere come noi ma per mostrarci come anche noi potevamo essere come Lui: uomini in grado di compiere miracoli. Quando la folla venne da Lui compì il miracolo e moltiplicò i pani ed i pesci sfamando la moltitudine che si era presentata. In questo tempio d’oro, nel 2009, ho visto uomini e donne compiere lo stesso miracolo semplicemente con la volontà di restare uniti e di sentirsi uguali. A Gesù, che aveva cacciato i mercanti di false offerte dal tempio, sarebbero davvero piaciute quelle cucine piene d’allegria e speranza. Se Pietro poteva portare una spada per difendere i suoi ideali non credo che Lui avrebbe avuto da ridire sul pugnale dei Sikh.

Davide “Birillo” Valsecchi

Amritsar: la città dei Sikh

Amritsar: la città dei Sikh

Enzo ed il Golden Temple
Enzo ed il Golden Temple

Siamo arrivati ad Amritsar in treno, 5 ore e mezzo di viaggio. Il nostro convoglio non aveva la prima classe ed abbiamo dovuto ripiegare su due posti nel vagone letto. Se siete abituati a viaggiare con La Nord avete gran parte dell’addestramento necessario per sopravvivere. Se prenotate in anticipo il vostro posto ed avete sperimentato un po’ d’India non avrete problemi particolari. Se pensate di essere avventurosi abbastanza da salire su un treno in terza classe come fanno gli indiani posso solo farvi gli auguri, non è uno scherzo da queste parti.

Amritsar invece è molto interessante, il solito caos indiano ma la gente qui è leggermente diversa, sono tutti Sikh. La città ha il suo cuore nel Golden Temple, un tempio laminato in oro che sorge dall’acqua nel centro di un enorme palazzo bianco. E’ il luogo più sacro per la cultura Sikh e dove è conservato uno dei loro più importanti profeti.

Ad essere onesto non ho capito molto della religione Sikh, ne’ quali siano le loro divinità ne’ il loro credo ma,a “pelle”, mi sembra gente simpatica ed una religione molto aperta. Gli uomini vanno in giro con la barba, il turbante e l’inseparabile pugnale. Quando si immergono nell’acqua (credo sacra) del tempio si infilano il pugnale nel turbante pur di non separarsene. Coprirsi il capo, lasciar crescere capelli e barba e viaggiare armati sembra essere alla base del loro credo. E’ impossibile che non si vada d’accordo!!

Mi sembrano molto spicci, nel tempio i guardiani girano armati di lancia e non sembrano avere paura di usarla, ma anche molto gentili, assomigliano un po’ al credo montagnino con tutta quella barba e quel modo di fare allegramente diretto. Nel Golden Temple vi è la più grande mensa pubblica, gratuita e vegetariana del mondo a cui accedono ogni girono migliaia di pellegrini. Questa cosa del vegetariano in effetti è un mezzo guaio, nell’area del tempio infatti nessun ristorante serve cibo che sia stato vivo o che avebbe potuto esserlo. Dopo la bistecca di mucca mi salta anche la carne di pollo e persino le uova. E’ due giorni che vado avanti a limonata e zucchero!!

Un po’ di storia per meglio capire quanto “tosti” e decisi siano i Sikh: Indira Ghandi, primo ministro indiano, aveva come guardie personali solo Sikh perchè in tutta l’India li riteneva i più leali e fidati di cui servirsi. Nel ’84 però un gruppo di integralisti si barricò nel Golden Temple confidando nella sacralità del luogo. Indira ordinò alle forze speciali di intervenire comunque attaccando il tempio nella famosa operazione Blue Star. Ci fuorno tantissimi morti tra i civili durante l’incursione armata e la cultura Sikh vide quel gesto come un’ offesa enorme nei confronti della sacralità del tempio e della loro cultura.Il giorno stesso le guardie del corpo di Indira, consapevoli del loro destino, assassinarono Indira lavando con il sangue l’onta. Con i Sikh non si scherza!!

Okey la storia, ma le donne? Le donne Sikh sono le più belle che abbia incontrato fino ad oggi in India, non credo abbiano vincoli religiosi particolari se non, come tutti, coprirsi il capo nei luoghi sacri. Le Hindù fanno le sostenute e sono per lo più scortesi e maleducate. Le Musulmane, sono spesso troppo strette nei vincoli della religione coranica, mentre le donne Sikh hanno magnifici sorrisi che non esitano a sfoggiare allegre in risposta alle attenzioni dei due Assesi. In due mesi in India non ho conoscuto tante signorine simpatiche e “belle” come in questi due giorni. Hanno visi e labbra bellissime e sono incrediblimente affascinanti mentre, sempre sorridenti, parlano a voce bassa. Ovviamente si deve essere educati e cortesi ma non sembra vi siano problemi con gli stanieri ed anche tra uomini e donne ho potuto vedere un rapporto molto amichevole ed allegro.

I sikh mi piaciono, sono gente apposto!!

Ecco un po’ di foto di questa strana ma affascinante città. Nel Tempio ci si accede scalzi e a capo coperto, il tempio è tutto in marmo e la pietra scotta in modo dannato!!

Davide “Birillo” Valsecchi

La battaglia delle scimmie

La battaglia delle scimmie

Sono le sette del mattino, Srinagar dorme ancora e tutti i negozi sono ancora chiusi, gli unici già all’opera sono gli autisti ed i loro padroncini: questa è la piazza da dove partono tutti i pulmini per le città vicine, noi stiamo cercando il nostro per Jammu. La piazza è affollata di mezzi e gente che urla. Ognuno cerca di acaparrarsi i clienti, molti mezzi hanno terminato solo da qualche ora la corsa notturna e portano ancora i segni del viaggio. La maggior parte delle fiancate sono affrescate da “sbroffate” di vomito fresco giù dai finestrini e non hanno l’aria incoraggiante per due assesi in cerca di un passaggio.

Per non saper nè leggere nè scrivere ne scegliamo uno pulito, contrattiamo il prezzo e prendiamo posto a fianco dell’autista. Bisogna aspettare che tutti gli otto posti siano stati venduti per partire e ci vorrà un’ oretta prima di potersi mettere in viaggio. La nostra scelta si dimostra buona, l’equipaggio alle nostre spalle non la smette più di dare di stomaco per tutto il viaggio ma noi, davanti, non ci facciamo gran caso associandoci alla totale indifferenza dell’autista che al contrario si diverte a chiacchierare con noi.

Credo che qui non siano molto abituati ad andare in macchina ed in effetti, nonostante la strada sia buona, non è un esperienza semplice da queste parti. Manovre e sorpassi in curva che da noi sarebbero da criminali qui sono la norma e se non sei pronto alla montagne russe e ad una sincera paura non hai alternativa se non tirare su l’anima.

Dopo le prime tre ore ci siamo fermati in una specie di villaggio-sosta la cui unica ragione di esistere era il rifornimento ed il rifocillamento di mezzi e viaggiatori. Enzo scende dal pulmino e si lancia tra le bancarelle in cerca di un paio di bottiglie d’acqua sigillalta, io faccio la guardia alle nostre cose. Pensavo di potermi rilassare e sgranchire un po’ ma mi sono ritrovato nei guai fino al collo. I venditori di tappeti e finte pashmine li avevo già spediti al diavolo, si erano appollaiati al mio finestrino ancora prima che il mezzo si fermasse ma anche solo dal tono capiscono le parolacce e girano al largo.

Il vero problema è stata l’orda di lerci bimbi che mi ha assalito cercando l’elemosina con la grinta dei mendicanti professionisti. Ne avevo attorno una decina e non c’era modo di liberarsene, io per i bambini ho un debole ma per gli zingari no. L’attimo di indecisione mi è stato quasi fatale, avevano capito che ero una preda e come un branco di piranha mi stavano facendo a pezzi strattonandomi da tutte le parti.

Ed è stato allora che è arrivato quel demonio di Enzo a tirarmi fuori dai guai: normalmente lo avrei insultato per una cosa del genere ma in quel momento mi è sembrata un’ idea salomonicamene geniale: ha tirato fuori due o tre banconote da 10 rupie ed ha cominciato a dividerle in striscioline distribunedole ai bambini che sembravano soddisfati per aver finalmente raggiunto il loro scopo.

Ogni bambino aveva il suo pezzettino e come per magia, evocate dalla presenza di uno straniero che distribuisce banconote, sono apparse due vecchie streghe sdentate zingare fino al midollo. Le due megere erano passate prontamente a riscuotere dai loro piccoli, ma probabilmente gestivano due gruppi separati di bambini ed i soldi di Enzo erano sparpagliati in mille piccole mani ed in tante piccole striscioline. Vedere quelle due befane litigare per rubarsi l’un con l’altra i pezzi per ricostruire le banconote era uno spettacolo che valeva qualche rupia. Maledette streghe schiaviste, date una lavata a quei bimbi piuttosto!!!

Il resto del viaggio è stato divertente ma ancora una volta lungo ed estenuante, altre dodici ore di macchina nel nostro registro. Ora siamo a Jammu è una città Indù meta di molti pellegrini. Quello che posso dirvi da subito è che alle dieci di sera ci sono 35 gradi, fa un caldo terribile e qui è pieno di Scimmie!!

Non i soliti Indiani chiassosi del Sud ma veri e propri primati, credo siano macachi. Piccoli e scaltri o grossi e poco raccomandabili sono ovunque!! Gli tiri le cose e le afferrano al volo con dei riflessi incredibili, senza staccarti gli occhi di dosso: se è roba buona da mangiare bene, altrimenti non si fanno problemi a ritirartela in malo modo.

L’attrazione principale della città è il tempio induista di Raghunath, purtroppo i militari ci hanno perquisito all’ingresso e ripulito di ogni apparecchiatura elettronica fotografica. Quello che posso dirvi è che il tempio è dedicato in modo particolare ad un eroe-dio che ha la faccia e la coda da scimmia, Hanuman : vola su una nuvoletta ed ha un bastone magico. Se non bastassero le coincidenze è un gran lottatore e può diventare gigantesco per combattere i mostri del mare. In pratica un incrocio tra Dragon Ball e Megaloman!! Lascio da parte gli scherzi ma questo è il personaggio che ha ispirato il romanzo cinese “Viaggo ad Occidente” dove compare  il re scimmia Sun Wukong, che ha poi effettivamente ispirato “Monkey la Scimma” (per i vecchietti come me) e “Dragn Ball” (per i più giovinastri).

Jammu si è dimostrata una città talmente interessante, accogliente e confortevole che abbiamo preso il primo treno disponibile e ce ne siamo andati!! Ora siamo ad Amritsar, fa un caldo spaventoso ma la capitale del movimento Sikh sembra molto più interessante. Il viaggio in treno, di cinque ore e mezzo, è stato interessante. Abbiamo fatto qualche foto per Roberto ed i “ragazzi dei trenini di Asso”.

Davide “Birillo” Valsecchi

In partenza per il Sud

In partenza per il Sud

Verso Sud
Verso Sud

Siamo in partenza verso Sud. Prima di raggiungere {en:Varanasi} dobbiamo completare la profilassi antimalarica a base di {it:lariam} e saranno necessarie altre due settimane.

Inoltre dobbiamo abituarci a passare dagli 8 gradi dei 3500 metri di {en:Leh} ai quasi 45 del Sud dell’India.

La prima tappa del nostro viaggio sara’ {en:Jammu}, un citta’ prevalentemente Indu.

Il passo successivo sara’ invece {en:Amritsar}, una citta’ sacra alla religione Sikh dove sorge il famoso {en:Golden Temple} .

Ultimo “salto” prima di {en:Varanasi} sara’ {en:Chandigarh}, una citta’ estremamente moderna famosa a livello internazionale per l’architettura e la pianificazione urbana con progetti di Le Corbusier, Pierre Jeanneret, Matthew Nowicki, and Albert Mayer.

Prima di tuffarci in quel pandemonio che sara’ Varanasi con l’eclisse serve prendere fiato in una citta’ dall’aspetto e dai “comfort” occidentali!!!

Vediamo un po’ come vanno le strade da qui in avanti…

Davide “Birillo” Valsecchi

Da Bhopal a Seveso

Da Bhopal a Seveso

Disastro di Seveso
Disastro di Seveso

Sono in India ormai, lasciamo  alle spalle giorno dopo giorno il Ladakh, il piccolo Tibet, e ci inoltriamo in questo “afoso” mondo indiano.

Alle volte la memoria ripesca eventi dal passato semplicemente guardando una cartina: Bhopal, il piu’ grosso disastro chimico della storia.

Nella notte del 2 Dicembre 1984, presso gli stabilimenti dell’azienda americana Union Carbon che produceva pesticidi nel cuore della citta’ indiana di Bhopal, comincio’ la fuoriuscita incontrollata di isocinato di mentile. Un incidente industriale che costo’ la vita, in quella sola notte, di oltre 1700 civili contamindo l’area per anni. Wikipedia: {it: Disastro di Bhopal} .

Una storia terribile che pero’ ne evoca anche una piu’ nostrana di cui forse le nuove generazioni non sanno nulla: Seveso ed la Diossina.

Il 10 Luglio del 1976, verso mezzogiorno, il reattore chimico della ICMESA si surriscaldo’ (per incuria!!) e fu necessario un rilascio d’emergenza per evitarne l’esplosione. Fu rilasciata nell’aria un’enorme nube di Diossina, una delle sostanze piu’ tossiche note all’uomo, che si sparse per il sud della Brianza.

L’incidente non causo’ vittime nell’immediato ma gli effetti sulla popolazione non sono stati ancora accertati. Coltivazioni ed allevamenti furono interrotti per molti anni.Wikipedia: {it: Disastro di Seveso} .

Ho rischiato il collo un sacco di volte in questo mio viaggio, mi metto nei guai e cerco di venirne fuori. E’ una mia scelta. Ma chi sceglie di stare a casa dovrebbe avere la tranquillita’ di essere al sicuro. Tra Como, Merone e Lecco abbiamo ben tre inceneritori e molte aziende chimiche che rilasciano scorie nell’aria. Niente di male in questo se tutto funziona come deve, se vi e’ trasparenza per i cittadini e soprattutto se vi e’ efficenza ed onesta’ nei controlli.

Spesso pero’ i padroni di queste aziende nemmeno vivono nel nostro territorio, non respirano la nostra aria. Ed allora sta a noi prenderci cura della nostra terra, della nostra acqua.  Con inteligenza ed educazione chiedere, informarsi, prendere coscenza ed agire di conseguenza tutti assieme. Perche’ a volte e’ necessario affrontare sacrifici economici e battaglie legali, ma in fondo questa e’ casa nostra, se non lo facciamo noi non lo fara’ nessuno.

Io sono per il rigore, la forma. Non mi piace chi va in giro a strillare, non porta a nulla se non a false soluzioni. C’e’ un metodo per fare le cose e deve essere limpido ed elegante se si vuole che sia corretto. Sono anche il tipo di persona che quando “le carte parlano chiaro” di “mostro” non ha difficolta’ ad imbracciare forcone e torce, non in senso figurato!  Sono un povero montagnino ignorante in fondo: ferro, fuoco e qualche pagina di Vangelo sempre in tasca.

La storia insegna ed e’ per questo che spesso la gente preferisce ignorarla.

Davide “Birillo” Valsecchi

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