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Racconti di un pellegrinaggio Tibetano

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Dal piccolo Tibet i «Contrabbandieri del Nirvana»

Dal piccolo Tibet i «Contrabbandieri del Nirvana»

 

Contrabbandieri del Nirvana

Da LaProvinciaDiComo del 13/08/2009 Asso: Sono tornati dal “Piccolo Tibet”, dopo tre mesi di viaggio, l’alpinista Davide Valsecchi e il fotoreporter Enzo Santambrogio.

Come “Contrabbandieri del Nirvana“, così usa dire Santambrogio, i due assesi hanno effettuato uno scambio di tipo spirituale, portando sulle alte vette dell’India le preghiere del lago, e ritornando a casa, invece, con un bagaglio arricchito della spiritualità indiana, costituita da molte religioni, che hanno potuto conoscere peregrinando tra i monasteri e le città.

Il fine di questo viaggio, documentato da fotografie, registrazioni e con un vero e proprio diario di viaggio, pubblicato anche sul sito Cima-Asso, è stato quello di consegnare un po’ di Como e le sue preghiere al vento delle montagne sacre, in un luogo di pace tra le vette himalayane, portando le preghiere di stoffa realizzate dai ragazzi del Setificio e da PuntoComo, con la partecipazione di artisti comaschi a più di seimila metri.

«Per i primi due mesi – spiega Valsecchi – siamo rimasti sulle montagne del nord, nella zona del Ladakh, territorio al confine con la Cina, appartenente alla regione culturale del Tibet, luogo dove si è rifugiato il Dalai Lama, ma oggi sotto il governo indiano, seppur con una sua autonomia. La montagna, molto dura e poco accogliente è allo stesso tempo un’esperienza unica, un luogo di pace e spiritualità. Partendo da Leh, a 3500 metri, con l’aiuto di un portatore abbiamo percorso tutta la valle, affondando tre passi, dove abbiamo posizionato le bandiere di stoffa».

Tra le bandiere anche una poesia in dialetto scritta da Riccardo Borzatta su un tessuto di Gegia Bronzini. «Pusséé in sù» (più in alto), posizionata sul passo Kangaru La, dove Enzo Santambrogio ha inoltre consegnato al vento himalayano anche il ricordo di un suo caro amico ristoratore, conosciuto come “Gianni del Sociale” di Como, portato via dalla malattia, posizionando una foto dell’amico, sostenitore di questo viaggio, tra le rocce a 5.200 metri. L’ultima bandiera è stata portata da Davide Valsecchi a 6.130 metri, affrontando la salita più dura sullo Stok Kangri, una delle vette principali della catena dello Zanskar, proprio a sud della capitale Leh.

“Passo per passo” i due assesi si sono poi spostati, facendo tappa in diverse città, verso Varanasi, dove il 22 luglio hanno assistito all’eclissi che ha lasciato al buio per tre minuti la città sacra agli indù. «Da questo viaggio – spiega Santambrogio – realizzeremo un libro-diario, che raccoglierà diversi scatti realizzati da me e i racconti di Davide. Personalmente invece pubblicherò un libro fotografico dal titolo “Nirvana take away”, realizzato con Polaroid, che verrà prodotto in duecento copie, ognuna delle quali conterrà un originale. Forse riusciremo anche a realizzare un audio libro, con i suoni che abbiamo registrato durante il viaggio, con il patrocinio dell’associazione disabili visivi, oltre a quello di diverse istituzioni».

LaProvinciaDiComo
Mara Cavalzutti

Le preghiere del Lago

Le preghiere del Lago

The Flags Carrier
The Flags Carrier by E.Santambrogio

Quando siamo partiti non sapevamo cosa aspettarci. Un montantagnino ed un artista di Asso, un paese in mezzo al Lago di Como, in viaggio con destinazione le montagne del Ladakh, l’Hymalaya Indiano ed il piccolo Tibet.

Nei nostri zaini una quarantina di bandiere realizzate dai ragazzi del Setificio di Como, preghiere di stoffa da portare sul tetto del mondo affinchè fosse il vento a recitarle quanto più in alto possibile.

Enzo Santambrogio, l’artista, non aveva mai dormito in tenda in vita sua nè era mai salito neppure sul San Primo, la montagna nel cuore del nostro lago. Lassù si apprestava a passare la notte nel suo sacco a pelo a 4800 metri prima di dare l’assalto al passo di 5200 pur di mantenere la sua promessa. Poco prima di partire un suo caro amico, “Gianni del Sociale”, era morto, rubato alla città da una brutta malattia.Enzo aveva promesso a se stesso che avrebbe portato una piccola foto di Gianni quanto più in alto fosse riuscito.

Per me, Davide “Birillo” Valsecchi, un montagnino del lago, era commovente guardare quel “ragazzo di città”, quell’artista chiacchierone che non sta zitto neppure con il fiato corto, così in alto, serio in piedi tra le bandiere colorate dei ragazzi del Lago mentre sistemava la piccola foto dell’amico scomparso tra i sassi. Enzo è un buon amico, ora Gianni potrà godersi il panorama dello Zangscar.

Tra le bandiere anche una poesia in dialetto scritta per noi da Riccardo Borzatta su un tessuto di Gegia Bronzini. “Pusséé in sù”, più in alto. Siamo gente nostrana in giro per il mondo, è con la lingua dei nostri vecchi che chiediamo al vento di dare voce alle preghiere dei nostri giovani. Bandiere tibetane made in Como, tutto un viaggio strano.

Poi è arrivata la neve, la pioggia e l’inconsueto freddo estivo che sembrava stravolgere il clima di quelle montagne aride. Mancava ancora una bandiera e mi sono fatto coraggio, ho preso lo zaino,le mie cose ed accompagnato da un nuovo amico, Juma, abbiamo provato a fare la differenza. Lo Stok Kangri, 6130 metri di montagna che non voleva lasciarsi prendere nascondendosi tra la neve e le nuvole. Alla fine, visto che non era per vanità che picchiavamo un passo dopo l’altro, siamo arrivati in cima ed è lassù che ora sventola la nostra ultima bandiera.

Prima di renderse conto erano già passati due mesi ed il nostro unico legame con casa era ormai solo il piccolo blog di paese, Cima-Asso.it. Uno spazio senza luogo dove raccogliere le nostre storie e ricevere il conforto delle parole di casa, degli amici. Un diario di viaggio condiviso tra chi và e chi resta.

Il nostro andare aveva però ancora un ultima tappa, un appuntamento con il cielo. L’eclissi a Varanasi. I due assessi hanno lasciato il freddo tra i monti e si sono buttati nel caldo torrido dell’India, tra il fascino della cultura orientale ed il disgusto per un inquinamento che, confondeno l’esotico ed il moderno, ammorba tutto. Ma nemmeno in quella palude culturale ed umana ci siamo persi d’animo ed il nostro sforzo è stato coronato da uno spettacolo tra i più suggestivi della natura. L’occhio di Dio nel cuore della città sacra dominava il nostro mondo, improvvisamente buio, agitando nei nostri cuori paure e speranze ataviche.

Dopo tre mesi era tempo di tornare a casa, di rivedere il nostro lago e le nostre piccole ma agguerrite montagne. Tempo di tornare a mangiare i sapori ruvidi della nostra terra e godere della compagnia di quei bruschi paesani ipertecnologici che sono diventati i Laghéé. Siamo appena tornati ed abbiamo già voglia di ripartire ma il prossimo viaggio sarà proprio il nostro lago: puoi girare il mondo in lungo ed in largo ma il posto più bello rimane casa tua se saprai amarla con il cuore.

Davide “Birillo” Valsecchi

Enzo, lo shamano nero di Asso

Enzo, lo shamano nero di Asso

Il mago nero
Il mago nero

Tra pochi giorni ripartiremo alla volta di Delhi e finalmente verso casa. Enzo, mentre aspettiamo qui a Varanasi,  si è improvvisato guida turistica ed accompagna in giro per la città, che ormai ha battuto palmo a palmo, gli stranieri  con cui capita di stringere amicizia. Un modo come un altro per far passare il tempo e fare due chiacchiere con gente da fuori.

Ieri eravamo a spasso con una coppia di belgi,marito e moglie, entrambi molto simpatici. Lui, un omone abbronzato sulla cinquantina con un sorriso allegro, è un colonnello della polizia belga ed era divertentissimo vedere la sua faccia ogni volta che un indiano gli si avvicinava proponendogli il solito campionario di droghe. Rideva come un pazzo prima di dirgli che era un polizziotto assestandogli un’allegra (ma vigorosa) manata sulle spalle che ne sottolineasse il concetto.

Come al solito tocca passare vicino ai siti crematori e come ogni volta si è assaliti dalle “maschere” del Teatro-Funebre di Varanasi. La signora Belga ha fatto poi l’errore di scattare una foto nei pressi della zona, non era iteressata alle pire ma bensi ai tetti a punta degli edifici adiacenti. Come previsto questo ha fatto scattare le ire del rompiballe di turno che da duecento metri come un missile si è fiondato verso di noi. Lei ha mostrato la foto al tipo spiegandogli che non aveva fotografato le pire e che non vi era motivo di agitarsi, non era intenzionata a fotografare nè le pire nè i cadaveri ed era in città solo per l’eclissi. La città è piena di zone interdette  ai “non-hindù” (…una punta di razzismo?!), per quanto mi riguarda potrebbe valere lo stesso per le zone crematorie e ci si toglierebbe il pensiero anche se inciderebbe sul business. Ma sono foresto e non credo tornerò qui, facciano come gli pare e si facciano tutti assieme una bella nuotata nel Gange con tanto di bevuta.

Come al soltio il tipo, che avrà una quarantina d’anni, si scalda e comincia ad inveire contro la signora e a lanciarele maledizioni “Morirai tra quattro giorni!!” urlava. Enzo si è messo in mezzo e gli ha detto che non era il caso di fare tutta quella cagnara. Per tutta risposta si è beccato una maledizione anche peggiore “Tu invece morirai tra 2 giorni!!” (Ben ti sta Enzo, cosi impari a farti gli affari tuoi hehehe!). Stavo per alzare come al solito il dito al cielo per evocare, come il Grande Mazinga, il potere dei fulmini con cui pareggiare le maledizioni quando Enzo, come spesso accade, fa qualcosa di totalemente imprevisto. Cosa è il genio se non intuizione e rapidità di esecuzione?

Enzo si butta in ginocchio davanti al tipo e comincia a disegnare con la punta delle dita immaginari cerchi e scritte magiche sul marmo della banchina. Con l’altra mano agita la collana che gli è stata regalata da un monaco in Birmania e che è realizzata con veri denti umani di antichi monaci buddisti. La agita, la bacia mentre butta indietro gli occhi emettendo strani suoni e pronunciando sortilegi in un linguaggio incomprensibile. Io lo guardo e fatico a trattenermi dal ridere ma per il tipo qualcosa di  terribile si sta manifestando davati a lui: il tenebroso shamano di Asso!!

Agitando le mani il tipo sembra cercare di respingere le malezioni di Enzo ma il meglio deve ancora venire: sempre in ginocchio Enzo raccoglie dall’immaginario cerchio sul pavimento i sortilegi che scaglia come invisibili sassi contro il tipo che, ormai terrorizzato, si muove come un anguilla alla Matrix cercando di schivarli e dando vita ad una delle scenette più buffe che abbia mai visto!!

Enzo, dopo aver incrociato le mani al petto sempre in ginocchio, riapre gli occhi e fissando il tipo gli sussurra in Inglese con una voce da oltre tomba “Tu morirari questa notte!!” . Il tipo sbianca definitivamente e scappa. Vedere un uomo maturo nascondersi dietro una colonna per evitare le maledizoni di Santambrogio lo shamano di Asso era qualcosa che solo in India potevo vedere!!

“Si risponde fuoco al fuoco!!” Tuttavia siamo dovuti scappare anche noi perchè non ce la facevamo più a trattenerci dal ridere, il colonnello della polizia era ormai paonazzo per lo spasso. E’ inconcepibile che due paesani siano finiti fino in India, in una delle città più sacre dell’asia, per fare a gara di maledizioni a due passi dalle famossissime pire Hindù. Siamo i due strambi del paese, che volete farci. Ora anche qui sanno che è  un grosso errore provare a maledire quelli di Asso!

Fra un po’ si rientra alla base, dite alle zie di preparre la pasta al ragù, le bistecche ed il taleggio oltre ad una caraffa del solito rosso!! I ragazzi stanno tornando!!

Birillo ed Enzo

Eclissi a Varanasi

Eclissi a Varanasi

Eclisse a Varanasi
Eclisse a Varanasi

Varanasi 22 July 2009 – Sono le quattro del mattino quando suona la sveglia. La musichetta suona lontana nella mia mente,  l’ascolto distratto ancora addormentato quando ricordo perchè l’abbiamo puntata. Mi sveglio di colpo ed Enzo fa lo stesso. Oggi è il giorno che aspettiamo a Varanasi da un tempo interminabile, oggi è il giorno in cui Sole, Terra e Luna ci mostreranno la magia del cielo. Oggi è il giorno dell’eclissi!!

Prendiamo l’equipaggiamento e ci infiliamo nei vicoli ancora bui della città dirigendoci verso la riva occidentale del Gange. Sono ancora mezzo addormentato ed intorno a me è ancora notte. Nel cielo solo le stelle e qualche piccola nuvola che si muove pigra all’orizzonte. Forse avremo fortuna oggi ed i monsoni non verrano a distrubarci.

Sulla banchina lungo il fiume gli indiani ancora dormono sulle barche o sui gradoni in marmo. I primi raggi di sole cominciano a rimbalzare sulle nuvele riempiendo il cielo di fiamme rossastre. Alle 5.20 ci sarà l’alba e alle 5:30 la Luna comincierà ad oscurare il Sole ancora basso sull’orizzonte piatto di Varanasi.

Enzo monta le sue macchine fotografiche ed i cavaletti mentre io mi guardo attorno. Questa è una giornata speciale e sono consapevole di cosa avverà in meno di un ora. La Luna si allinierà con il Sole e proietterà la propria ombra sulla Terra e noi saremo in uno dei punti più bui del pianeta. Il sole scomparirà e saranno le tenebre ad illuminare il giorno. Non ho mai visto un’ eclisse ma so bene cosa accadrà, mi sono documentato. Questo è quello che mi ripeto mentro guardo nuvole enormi correre tanto veloci come non ho mai visto in vita mia ed il Sole, che vi balena attraverso, brucia di un fuoco rosso che non c’era nelle albe precedenti. Cosa sta realmente succedendo?

L’orizzonte è un turbine continuo di vento, nubi e fiamme che guardo preoccupato. E’ la stagione monsonica ed il rischio che il brutto tempo copra il cielo con una spessa cappa grigia è alto. Osservo inutilmente oltre al fiume sperando di poter spostare le nuvole con la sola volontà. Un mese fà aspettavo che smettesse di nevicare per poter salire sullo Stok Kangri. Impotente come allora potevo solo aspettare che il cielo faccesse la sua scelta. Essere stato fortunato già una volta trasforma le mie ansie in sconforto. “Non può sempre andarti bene Birillo, mettiti l’anima in pace, hai aspettato invano”. Mentre questo pensiero corre nella mia mente ormai rassegnata spunta tra le nuvole infuocate un gigantesco Sole rosso, con una velocità inquietante tutto l’orizzonte si infiamma e si sgombra.

Infilo due paia di Oakley uno sopra l’altro, lenti polarizzate sotto le lenti scure da alta quota e guardo quella palla di fuoco che ormai domina tutto. Nell’angolo in alto a destra del Sole è comparsa una rientranza tonda e continua ad allargarsi scendendo diagonalmente verso l’angolo opposto. La luce del Sole è ancora accecante e senza il doppio paio di occhiali sarrebbe impossibile accorgersi di quello che sta succedendo.

La forza del Sole è assoluta. Illumina fiero il mondo con la stessa possanza anche quando la Luna ha ridotto il suo profilo ad un piccolo filamento incandescente. Anche così non è possibile sostenerne lo sguardo.Un ultimo raggio, un ultima scheggia furiosa di luce ed in un battito di ciglia è calata la notte. Io avevo visto il sole farsi piccolo, avevo visto tutte le fasi e mi ero gustato l’ultimo affascinante istante di luce. Attraverso le mie lenti le tenebre erano scese lente ed ero stato a modo mio partecipe di quel passaggio. Per tutti gli indiani attorno a me e nel Gange le tenebre erano però arrivate all’improvviso, per loro in un istante il mondo era diventato buio e l’oscurità ora ammantava tutto. Mi sono tolto gli occhiali e mi sono guardato intorno mentre la folla ha cominciato a pregare furiosamente alzando le mani al cielo in un boato che trascinava tutta la riva del Gange.

Eravamo nelle tenebre e pregavano perchè tornasse il sole ad illuminare il mondo. Distratto da quella folla avevo smesso di guardare il cielo e quando ho rialzato gli occhi ho visto qualcosa che ancora adesso rimbalza confuso ed inaferrabile nella mia mente e che in quel momento aveva i connotati di un sogno. Nel cielo c’era solo una grande palla nera che risplendeva all’interno di un cerchio di luce perfetto. Ho provato a fotografare quell’inquietante occhio che ci scrutava dal cielo ma ancora adesso credo di aver armeggiato confuso con la macchina fotografica e nessuna delle foto rede giustizia a ciò che dominava quel momento. Mai visto nulla di simile!!

Era come trattenere il respiro restando sott’acqua e se aveva una tale forza, un tale impatto sulla mia mente preparata non oso immaginare cosa potesse rappresentare per gli uomini del passato che si ritrovavano improvvisamente al buio ed al cospetto di quell’occhio di dio. Un esperienza violenta e mangifica che sovvertiva il giorno e la notte stravolgendo il mondo stesso.

Guardavo quell’anello argentato quando all’improvviso un esplosione dorata è apparsa nel punto opposto a dove era cominciata l’eclisse: il primo possente raggio di Sole filtrava di nuovo verso la terra ed era di nuovo improvvisamente giorno. In un battito di ciglia tutto era di nuovo perfattamente illuminato e tutto attorno a me si alzavano urla e preghiere ad accogliere il ritorno della Luce. Ho cominciato a tremare inconsapevolemente. Ero stato nelle tenebre attraversandole leggere come in un sogno irreale ma il primo raggio di sole era stato violento come la prima boccata d’aria dopo una lunga apnea. Ti prego Sole, non andartene ancora!!

Quando sono sceso dallo Stok Kangri ero confuso e stanco, non ero nè felice nè triste. Ero stato a 6000 metri e pensavo che avrei dovuto esserne entusiasta, avrei dovuto essere contento per forza mi ripetevo. Ma nella mia mente si affollavano ancora enormi i pensieri di quell’esperienza così lontana da tutto ciò che avevo sperimentato in passato. Ne ero ancora come rapito. Ci sono voluti due giorni prima che riuscissi ad afferrare tutte le emozioni che si agitavano e a farle mie. Ci sono voluti due giorni per essere felice, per essere consapevole di quell’esperienza.

L’eclissi, sulla riva del Gange, ha avuto la stessa forza di quella montagna tanto dura con me. Mentre vi scrivo ancora non padroneggio tutti i pensieri che rimbalzano nella mia testa ripensando a quel cerchio argenteo che dominava il cielo nero. “Dannazione è solo la Luna davanti al Sole” mi ripeto, ma il mio cuore lo vive ancora come un momento confuso, forse terribile ma sicuramente magico e straordinario.

Come al campo basse dello Stok Kangri il cielo si è fatto improvvisamente ed insperatamente sereno. Sei stato ancora fortunato Birillo e come allora ti ritrovi ad esplorare nuovi ricordi cercando di cogliere il senso di quegli attimi straordinari difronte alle meraviglie di questo incredibile mondo.

Davide “Birillo” Valsecchi

Baraccati con la sindrome del soldato inglese

Baraccati con la sindrome del soldato inglese

Rudyard Kipling

“The men could only wait and wait and wait, and watch the shadow of the barracks creeping across the blinding white dust”- Rudyard Kipling  – Soldiers three

Gli uomini possono solo aspettare e aspettare e aspettare, e guardare le ombre delle baracche tremolare attraverso l’accecante sabbia bianca. Questa è quella che chiamo “sindrome dell’ufficiale inglese” ed è qualcosa che mi sono tristemente abituato ad affrontare. Devi aspettare che venga buona, tenere pronto il tuo equipaggiamento e lasciare che il tempo passi fino a che non arrivi il momento per agire. La “sindrome” diventa particolarmente dura quando le condizioni climatiche, in particolare l’umido ed il caldo, rendono ancora più difficoltoso affrontare la noia. Immaginatevi un ufficiale coloniale inglese, con la barba lunga e la divisa in disordine, che cerca di superare un altra interminabile afosa e noiosa giornata aspettando nella giungla ed avrete un idea di come appare la sindrome e del perchè le ho dato questo nome.

Attendere per me non è mai stato un problema, ho tanti di quei peccati da scontare che becarmi qualche giorno di “prigionia” dal destino non mi scandalizza più di tanto. Devi prenderla come viene, continuare a sudare nei tuoi vestiti aspettando torni la corrente e riparta il ventilatore. Non conviene nemmeno provare a dormire perchè sarebbe inutile ed il tentare potrebbe solo irritarti. Resti lì, appoggiato da qualche parte sperando in un filo di vento e semplicemente respirirare. Respirare per pompare ossigeno nel sangue e per buttare fuori quanto più caldo possibile. Il corpo immobile e la mente agitata: una meditazione tutta occidentale.

Dopo due mesi di azione ed avventura (…e fifa e fatica!!!) è giusto che anche questo attraversi il nostro viaggio. Un’aspetto dell’India che meglio ci lega a quel passato tanto affascinante dove la più grande potenza europea del ‘900, la Gran Bretagna, si confrontava con il mondo magico dell’India esotica e sconosciuta. Mi infilerei nel solito vespaio di benpensanti se provassi a raccontare il passato coloniale di questa nazione, indipendente dal 18 agosto del ’47, parlando di come gli Inglesi, i vincitori della Seconda Guerra Mondiale e “salvatori” della nostra neo-nata amata patria, fossero in molti comportamenti estremamente simili alle due grandi dittature sconfitte proprio nel conflitto. La storia è ammantata dalla polvere del tempo e dall’ipocrisia dell’uomo che la riscrive come più gli aggrada. L’importante è partecipare ma la cronaca della gara la scrive chi vince, solo gli appassionati di sport si ricorderanno degli sconfitti, di come è andata veramente la competizione e di chi aveva veramente fair-play.

Tuttavia in un piccolo bazar ho trovato un malconcio libro in inglese che ha tutto l’aspetto di essere stato scritto parecchio prima del ’47. Manca la copertina, è a pezzi e non ho trovato il nome dell’autore ma mi avevano incurisosito le immagini in bianco e nero dell’esercito coloniale. E’ un libro che racconta la vita quotidiana dei soldati inglesi qui in India, di come gran parte del loro impegno fosse presidiare la propria baracca ed attraversare la città marciando per ricordare a tutti chi comandava da questi parti. Noia e routine in un mondo dove gli europei sono definiti nello stesso libro come “alieni sotto lo stesso cielo”. Ve ne traduco, senza dizionario, qualche passo:

L’interazione tra i soldati Britannici e gli-aiuto campo indiani ha dato vita ad uno strano slang (gergo o dialetto) che entrambi utilizano malamente storpiando le pronunce delle relative lingue. Per la magiorparte della comunicazione si utillizzano espressioni di per sè senza senso che alla fine, come mi spiega Ed Davis, rendono possibile capirsi con gli indigeni: «Se vuoi chiamare un venditore per comprare qualcosa di solito si usa “Idder ow jeldi” – vieni qui di corsa. Il venditore deve essere “jeldi” perchè si beccherà un calcio nel culo se non corre. Si deve poi dire “Kitna pice?” – Quanto costa? Lui probabilmente risponderà “Das anna, sahib” che significa 10 pence, e noi siamo soliti rispondere “Das annas? Hum marcaro jeldi!”- in altre parole “Dieci pence? Te ne do una in mezzo al cranio!!”. Se sei determinato a fargli capire che non hai intenzione di lasciarti imbrogliare devi guardarlo diritto in mezzo agli occhi e dirgli “Malum?”- Mi intedi? E questo sarà sufficiente perchè ti risponda “Achah, sahib, malum”.»

Ogni volta che chiedo un prezzo mi rispondono “100 rupie” ed ogni volta che replico “sei un fottuto ladro e per questo non comprerò da te!!” il prezzo si abbassa improvvisamente a 40 rupie. Credo sia incredibilmente attuale questo vecchio libro!!

“In any town in India the European Club is the spiritual citadel, the real seat of the British power, the Nirvana for wich natives officials and millionaries pine in vain” – George Orwell – Burmese Days 1935. (“In ogni paese in India il Club Europeo è la roccaforte spirituale, la vera sede del potere Britannico, il Nirvana a cui invano aspirano gli ufficiali nativi ed i milionari”)

Da quando se ne sono andati gli Inglesi gli unici bar decenti sono gestiti dai nepalesi che, per intenderci, non vendono alcolici. Fatevi un idea. L’alternativa è infilarsi in uno di quei lerci ritrovi indiani dove bevono te e latte, masticano una schifezza rossastra fatta di tabacco e calce mentre ininterrottamente fumano marjuana ed oppio in barba ai divieti del governo che valgono per lo più per gli stranieri tanto stupidi da farsi beccare a comprare droga dai pusher, spesso  in combutta con la polizia. Improponibile per le mie nobili origini assesi. Sono arrivato maledettamente tardi da queste parti, di quasi 70 anni accidenti a me!!

Come diceva Kipling, lo scrittore de “Il libro della giungla” che, per intenderci, era un inglese nato qui in India: “La legge della giungla è l’unica che funziona, l’unica che sarà rispettata sotto questo cielo”

Davide “Birillo” Valsecchi

Eclissi e tenebre nel tempio ariano del Sole

Eclissi e tenebre nel tempio ariano del Sole

Eclissi 22 Luglio 2009
Eclissi 22 Luglio 2009

Tutti gli edifici di Varanasi e la maggior parte dei suoi templi hanno al massimo duecento anni. In tutto il nostro viaggio non abbiamo incontrato nulla di “integro” che avesse più di cinquecento anni, eppure questa è una delle città più antiche dell’uomo.

L’incuria e le continue guerre interne durante i secoli hanno portato a questo risultato. Contrariamente all’uso dell’Impero Romano, che ha preservato gran parte delle città conquistate, i “barbari” d’oriente ancora nel 1400 avevano l’abitudine di radere al suolo tutto quello che fosse “altrui”. Varanasi è stata distrutta e ricostruita molte volte e ciò che possiamo osservare oggi non ha più di un paio di secoli di storia, terribilmente poco per lo stato di degrado in cui versa.

Ma se le mura sono giovani il Gange, ormai un fiume mortalmente inquinato, era il luogo spirtituale dei Kasi già 1000 anni prima di Cristo ed era dove questa tribù Ariana del nord dell’India, la prima a vivere sue queste rive, celebrava il proprio culto al Sole.

Comprenderne i motivi è abbastanza semplice: il Gange scorre da Sud perfettamente allineato verso Nord, durante i monsoni il livello del fiume sale anche una decina di metri e la sua ampiezza, che nei periodi di secca è di oltre 300 metri, supera di gran lunga il chilometro.L’attuale Varanasi è posta sulla riva occidentale dove gli edifici e le banchine formano un alta muraglia che fa da argine al fiume. Il sole sorge pefettamente davanti alla città, al di là del Gange, e tramonta alle sue spalle.In fronte a Varanasi il letto del fiume raggiunge quasi l’orizzonte creando un scenario magnifico per la nasciata del Sole. Non mi stupisco che i popoli primitivi ne siano rimasti colpiti e ne abbiano fatto un luogo di culto.

Nel 2009 mi ritrovo in questa città per osservare un fenomeno incredibile come l’eclisse che qui, a memoria d’uomo, sembra essere avvenuta solo altre due volte. Varanasi sarà quasi perfettamente al centro della striscia di India dove l’eclissi sarà completa e dove il disco solare sarà compleamente oscurato della Luna per tre minuti. L’eclisse avrà uno sviluppo molto ampio in tutta questa parte di mondo e coinvolgerà India, Nepal, Bhutan per poi puntare verso il sud del Giappone, le Isole Marshal ed il sud del Pacifico. Poi i due corpi celesti perderanno l’allineamento e si incontreranno di nuovo solo nel 2010 nel sud dell’Atlantco, in pieno oceano.

Qui a Varanasi il fenomeno comincierà molto presto, all’alba, e durerà un paio di ore. Per noi sarà molto interessante poter vedere all’alba il Sole basso sul Gange mentre viene oscurato dalla Luna. L’attuale Varanasi non mi piace (per essere gentile!!) ma è il miglior palcoscenico in cui potevo avere la fortuna di assistere a quest’evento che ho sempre mancato (nel ’99 quado l’eclissi attraversò l’Italia io ero in Pakistan!!)

Ecco i dati forniti dalla Nasa, l’ente spaziale americano, sull’eclissi nella zona di Varanasi. Il primo contatto è il momento i cui cominicia l’allineamento, il secondo contatto è quando i due corpi sono sovrapposti mentre il terzo è il momento in cui cominciano a dividersi.Il quarto contatto sarà il momento in cui tutto tornerà finalmente alla normalità. Tra il secondo ed il terzo contatto ci troveremo in una zona di ombra completa dove la Luna farà da “ombrello” alla luce del sole.

Location: Varanasi
LatitudeLongitude: 25°20’N 83°00’E
First Contact: 00:00:04 (UniversalTime +5.30) 05:30:04
Second Contact: 00:54:14 (UniversalTime +5.30) 06:24:14
Maximum Eclipse: 00:55:45 (UniversalTime +5.30) 06:25:45
Third Contact: 00:57:16 (UniversalTime +5.30) 06:27:16
Fourth Contact: 01:57:34 (UniversalTime +5.30) 07:27:34
Umbral Durat: 03m01s

L’unica descrizione che io ricordi dell’eclisse del ’99 è di mia mamma e per questo è un ricordo che conservo con cura nella mia mente. Mi disse che era estate ma che all’improvviso si era fatto freddo, era giorno ma sembrava notte e la luce era grigia perchè non c’era il Sole ma neppure le stelle. Disse che era una strana sensazione che quella aveva provato. Lei era speciale per certe cose, sono molto curioso di incontrare il Sole nero.

In questa città infernale che assomiglia ad un girone dantesco fatto di follia e cadaveri che imputridiscono stanno per spegnere le luci e mandare in scena lo show delle tenebre. Forse saremo fortunati ed il tempo speso a marcire in quest’umida fogna aspettando l’apputamento con le stelle sarà ben speso. Il cielo ci hanno portato fin qui come due “remagi” incazzosi: ho un sacchetto pieno di pietre ed amuleti magici, le tasche colme di “incanesimi” e “vaffanculo” collezionati durante il nostro viaggio tra le montagne. Se i sanguinari Dei indiani sbucheranno dal Sole Nero noi saremo ben pronti ad accoglierli, pronti a ricaccarli a scarpate, parola di assese!!

(“Indiana Birillo ed i Titani di Asso” – presto in tutti i cinema indiani, non male come storia!!)

Davide “Birillo” Valsecchi

Vuoti a perdere

Vuoti a perdere

Il volto nascosto di Varanasi
Il volto nascosto di Varanasi

Siamo a Varanasi. Siamo qui perchè di tutta l’India è uno dei punti migliori per osservare l’eclissi di Sole del 22 Luglio. Il mio disprezzo per l’ignoranza Hindù è ormai leggendario, non vi è modo di conciliare i nostri punti di vista sul mondo. Ho riflettuto molto su cosa raccontarvi di questa città sacra, non è mio interesse sparlarne. Ci sono cose che non comprendo, sono un “canta-storie dilettante” ed in questo ambiente, dove tutto mi appare ostile, il rischio di lasciarsi trasportare dall’astio per quello che vedo è alto. Per questo ho passato molto tempo sulle rive del Gange a guardare il fiume pensando a cosa fosse giusto mostrare, cosa fosse guisto raccontare.

Amici che lavorano all’Arpa, l’Ente Italiano per la tutela delle Acque, appena hanno saputo che sono a Varanasi mi hanno riempito di email. In ambito delle collaborazioni internazionali hanno eseguito molte analisi dell’acqua del Gange ed il loro messaggio era semplice, chiaro ed imperativo: “Birillo, qualsiasi cosa succeda non toccare quell’acqua!!” Io ho visto i neonati che venivano immersi, ho visto dare loro da bere quell’acqua mentre al loro fianco galleggiava di tutto.

Nel Gange i fedeli fanno le proprie abluzioni sacre e svolgono il rito della cremazione dei defunti. La cremazione è un rito funebre e come tale, anche in questo luogo per me  degradato ed inquinato, merita rispetto. La morte è un passaggio profondo, non solo nella vita del defunto ma anche per coloro che gli sono stati vicino. Molti vengono a Varanasi apposta per vedere i corpi bruciare sul Gange, io non sono tra quelli ne intendevo esserlo.

Camminando sulle banchine occidentali del fiume è impossibile non essere conivolti nel rito. Io, Enzo ed il nostro nuovo amico russo Sergey siamo stati avvicinati da un tipo che, afferrandomi per un braccio, ha cominciato a strattonarmi perchè lo seguissi. Davanti a noi uno dei due punti della città dove vengono svolti i riti crematori 24 ore su 24. Sulla riva dell’acqua, in mezzo al fango, un piccolo fagotto colorato avvolto in miseri fiori, il defunto. Il tipo comincia a raccontarmi che stanno per bruciare il cadavere e che gli addetti stanno preparando la pira. Tutto attorno è la solita immondizia, non vi è niente di rituale, simbolico o spirituale in quello che ci circonda ed il mio disappunto comincia a crescere. Il tipo prosegue dicendo che quello è un luogo sacro e che è possibile guardare ma non fare fotografie per rispetto al rito. Io provo a spiegargli che nemmeno mi interessa “vedere” e che vorrei piuttosto “allontanarmi”. Lui prosegue e mi mostra un parente del defunto, se voglio fare delle foto è possibile pagandole 50 rupie l’una. Pagare per fare fotografie ad un cadavere che brucia!? Esplodo: “Ma perchè dovrei darti dei soldi mentre cucini sua nonna?!?” (What the fuck man!! Why I got to give you money while you’re cooking his grandmother?!?”)

ll tipo non si sposta di una virgola nemmeno quando uso la parola “cooking” (cucinare) e prosegue sereno dicendomi che questo aiuterà il mio karma ed il mio viaggio verso il nirvana sarà più breve. Questo scemo, davanti al cadavere di un poveretto, cerca di vendermi un paradiso che non è il mio a 50 rupie lo scatto. Nella mente ho solo due pensieri, il primo è che abbiamo smesso di pagare le indulgenze quattro secoli fa ed il secondo è il finale del Grande Lebowsky, quando il Drugo si ritrova la barba impolverata delle ceneri del proprio amico: addio piccolo principe, perchè questa gente deve rendere tutto così grottesco?

“Vaffanculo tu, lui e la nonna alla diavola!!” Provo in tutti i modi a togliermi il tipo di dosso ma senza risultato. Mentre mi volto vedo qualcosa che galleggia tra le barche e la gente che fa il bagno. La sagoma di quel misero fagotto bianco non mi lasciava dubbi sul contenuto. Era caduto in acqua un corpo? Come faceva la gente a non prestarvi attenzione?C’e’ un cadavere che galleggia!! Mentre cercavo di capire e di allontanarmi dal fumo delle pire funebri mi sono imbatutto in un fotografo francese che mi ha spiegato ciò che non sapevo. Esistono cinque categorie di morti che non vengono brucati: le donne incinta, i lebbrosi, i bambini e coloro che sono stati uccisi da una mucca o da un serpente. Per queste persone, e per tutti coloro che non hanno i soldi per pagare gli officiali, il rito funebre si riduce al semplice abbandono della salma alle acque del Gange. La maggior parte dei corpi si arena sull’altra sponda del fiume e quello che stavo vedendo era solo uno scherzo della corrente. Il francese prosegue concitato con la faccia stravolta: “Vai dall’altra parte, io non ci credevo, ma ho visto cose terribili laggiù!!”

Mi sono guardato intorno. Ho guardato tutta la gente che rideva in quell’acqua putrida, li ho visti pregare e compiere i loro riti, ho visto i turisisti che si beavano nel sole facendo foto, fingendo meditazioni yoga e facendosi dipingere con l’ennè o leggere la mano: come poteva avvenire tutto questo lungo un fiume pieno di cadaveri?! Non potevo credere a ciò che mi aveva raccontato il francese. Con Enzo ho preso una barca ed abbiamo attraversato il fiume sacro della città santa.

L’altro lato del fiume, quando è in secca, è una enorme spiaggia sabbiosa. La gente viene qui per prendere il sole, giocare a palla e per andare a cavallo. Nessuno ci fa caso ma in ogni piccola ansa del fiume, a pochi metri da dove le famiglie fanno i pic-nic, ho trovato ciò a cui non volevo credere. Ho trovato dove il viaggio di chi non viene cremato si ferma.

Ho deciso di pubblicare solo due foto. Solo due prove di ciò che ho visto, di ciò che tutti sanno e che nessuno racconta. Per rispetto per Voi e per Loro. Le sole che mi sono sentito di fare in quella landa fatta di teschi e di cadaveri che si gonfiavano tra sole e acqua, dove le spoglie dei defunti sono abbandonati agli animali randagi che ne fanno preda tra i rifiuti che si accumulano. Ci sono cose che non vi racconterò e che spero non dobbiate mai vedere: cani che mangiano i cadaveri e distese di crani tra i rifiuti e le bottiglie di plastica. Inconcepibile.

I tibetani hanno il “funerale celeste”, smembrano i cadavari e li offrono agli uccelli. E’ un rito cruento ma anche molto mistico riservato alle personalità importanti. Guardando quei corpi abbandonati sul Gange però non provavo altro che tristezza e sconforto. Come possono nuotare in un fiume sacro pieno di cadaveri che imputidriscono nell’acqua? Come può esistere nel ventunesimo secolo una città come questa che poggia la sua stessa esistenza su un fiume simile? Quale cultura o religione può non vedere la miseria, l’errore e l’orrore che mi si parava di fronte in quella infinita spiaggia colma di ossa, cani e corvi? Qual’è la morale di questa cultura così primitiva e qual’è il loro giudizio ora che sono una potenza atomica? Hanno la bomba e lasciano marcire i loro cadaveri alle porte della loro città sacra, danno da bere ai loro figli la stessa acqua in cui è imputridita la loro gente!

Enzo: “Se dai una bomba a mano ad una scimmia prima o poi toglierà la sicura e si farà saltare per aria. C’è da sperare solo che non lo faccia nel cuore del mercato.”

Questa non è la mia gente, questi non sono i miei morti e questo non è il mio fiume.Il nome del mio paese in celtico signifca “acqua buona”, gelerà l’inferno prima che io tocchi l’acqua di questo maledetto fiume e prima che io lasci che questo mondo contamini il mio!!

Davide “Birillo” Valsecchi

Attenzione: le immagini sono piuttosto forti

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