“C’era una volta una rana che viveva in un pozzo. Era lì da tanto tempo. Era nata in quel pozzo ed era cresciuta fino a diventare una rana adulta che ogni giorno ripuliva l’acqua dai vermi e dai microbi che vi si trovavano. Vivendo in questo modo, era diventata bella grassa e lustra. Un bel giorno, una tartaruga, che invece viveva nel mare, passò di lì e cadde nel pozzo.
«Da dove vieni?». «Dal mare». «Dal mare? È grande così?» e la ranocchia fece un salto. «No, amica mia, è molto più grande!». «Allora è grande così» e la rana fece un altro salto, più grande. «Amica mia — rispose la tartaruga — come puoi paragonare il mare al tuo piccolo pozzo?». «Allora dev’essere grande così!» e la rana si mise a saltare da un estremo all’altro del pozzo. «Che assurdità voler paragonare il mare a un pozzo!». «No — pensò la ranocchia che abitava il pozzo —, niente può essere più grande del mio pozzo. Questa tartaruga è una bugiarda: cacciamola via!».
Questo è sempre il lato difficile delle cose. Io sono un indù; mi accoccolo nel mio piccolo pozzo personale, e credo che il mondo intero sia lì. Il cristiano si accomoda nel suo piccolo pozzo e anche lui crede che quello sia l’intero universo. Il musulmano si chiude nel suo piccolo pozzo e anche lui crede che non esista altro al mondo”.
Questo è un passaggio del discorso di Swami Vivekananda, un filosofo e religioso indiano, che presenziò nel 1893 al Parliament of the World’s Religions, primo storico incontro mondiale tra i rappresentanti di tutti le fedi.
Questa favoletta mi mi è venuta in mente leggendo, sul giornale di ieri, una dichiarazione del vice sindaco Giovanni Conti: “Non credo si dovrebbe scherzare quando si parla comunque di religione. Quando scrive Valsecchi è a mio parere offensivo e privo di senso”. Ognuno di noi fa quello che può, ti prego di non offenderti se non capisci il senso di quello che scrivo…
Davide “Birillo” Valsecchi