Qualche giorno fa ho ricevuto via posta una copia di QuiPo, il periodico d’informazione sul Po e l’Idrovia Ferrarese realizzato dal AIPO, l’agenzia Interregionale per il fiume Po. La redazione mi ha inviato una copia della rivista perché avevano pubblicato un articolo dedicato al nostro viaggio in canoa da Como a Venezia.
Ma non è per parlarvi di quell’avventura o del lusinghiero articolo che ci ha dedicato Annibale Volpi, nostro fluviale amico, che vi scrivo oggi: nella rivista, per una strana coincidenza del destino, vicino alla foto dei Flaghéé sotto il ponte di Cremona vi è un articolo dedicato alle piante monumentali e alla loro conservazione parlando in particolare del grande Platano di Basilicagoiano.
Dopo avere preso parte alle iniziative in difesa dei Cedri di Asso ho scoperto che quest’esigenza è sentita e radicata in tutt’Italia ed è motivo di vanto ed orgoglio per i paese che hanno saputo valorizzare le proprie piante. Nell’articolo viene citato un passaggio del libro “Giganti da Proteggere” di Teresa Tosetti:
“In realtà la stessa definizione di albero monumentale sfugge ad ogni criterio di rigorosa scientificità e non può esserci d’aiuto; in effetti essa si limita ad associare al generico concetto di “albero” un aggettivo “monumentale” che, seppur ricco di suggestione evocativa, non ha alcuna rilevanza di tipo biologico. Secondo questa falsa riga dovremmo perciò concludere che un albero monumentale è tale sopratutto in ragione delle sue peculiarità esteriori ed immediatamente riconoscibili, ovvero il suo aspetto, cui siamo soliti attribuire una valenza estetica, e le sue dimensioni.
Tuttavia un albero è innanzitutto un essere vivente; in questo senso il suo aspetto è il suo risultato di un processo biologico del quale, in estrema sintesi, le dimensioni, o almeno alcuni dei parametri biometrici, corrispondono ad una avanzata età anagrafica. Eppure un albero monumentale non è solo “un grande albero di bell’aspetto”, esso è sopratutto un sopravvissuto, il relitto o la testimonianza di un paesaggio, di un ecosistema, di un uso del suolo e di una precisa fase della vita degli uomini che, attraverso le generazioni, l’hanno piantato, l’hanno accudito e ne hanno a vario titolo goduto.
In altre parole esso cessa di essere un “albero” per diventare “l’albero”. Per quanto detto forse la più compiuta definizione per un albero monumentale è quella di un albero di esclusivo ed individuale interesse biologico, culturale, storico ed estetico”.
Noi siamo fortunati, ne abbiamo addirittura due che, con i loro 120 anni, sono i due fratelli più anziani di Asso.
Davide “Birillo” Valsecchi