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Grigna: Dislivello Positivo

Grigna: Dislivello Positivo

Sabato sono andato a fare un giretto con Boris. Era un po’ che non facevo una bella sgambata ed il suo piano mi incuriosiva: “Andiamo in Grigna a fare 2k di dislivello?” Così siamo partiti dall’abitato di Somana, una frazione di Mandello, risalendo il fiume Era. Non ero mai stato da quelle parti e posso garantirvi che “il sentiero del fiume” offre angoli incantevoli e merita decisamente una visita.

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Dall’alpeggio di Era si risale verso l’alpe Cetra innalzandosi verso i prati del Rifugio Bietti. Lungo questo percorso lo scenario che ci circonda è in continuo cambiamento seguendo le trasformazioni che la quota impona alla natura. Sotto la severa ombra del Sasso Cavallo siamo circondati da un verde intenso e da una roccia sorprendentemente lavorata. Attraversando i boschi sopra l’alpe Cetra, al cospetto delle grandi pareti, sono attratto dalle piccole roccie che, man mano ci alziamo, appaiono sempre meno piccole e sempre più aggettanti.DSCF6852

Io e Boris chiacchieriamo tranquilli macinando passi. Una coppia di trekker ci supera veloce. Al Bietti li ritroviamo seduti al sole: “Ma voi andate fin su?” Un sorriso, due chiacchiere e riprendiamo a camminare risalendo il canalone Guzzi. Quanta roccia, quante linee. Sono qui per camminare ma la mente e l’occhio divagano sulle mille possibilità.

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Raggiungiamo il crinale e seguiamo la cresta della Piancaformia. Il Brioschi è all’orizzonte ma la roccia si è fatta fragile, instabile. Raggiungiamo la profonda grotta, ora protetta da una rete, in cui precipitò nell’inverno del 2012 uno sfortunato ragazzo di milano: Domenico Loparco, classe 1975. Quasi un coscritto.

Vorrei rimontare sul filo di cresta ma sotto di noi, sul sentiero del Ganda, scorre una fiumana di gitanti che risale dalla Bogani. Boris non mi preoccupa ma il rischio di mollar giù qualche sasso mi infastidisce: tagliamo un lungo traverso e riguadagnamo il sentiero incolonnandoci diligentemente.

E’ probabilmente la prima volta che risalgo lungo il canale finale senza la neve. Agguerriti alpinisti si aggrappano eroici e stravolti alle catene. Ghignando silenziosamente devio attraverso appaganti placche appoggiate di cui non conoscevo l’esistenza. Salgo con calma, rapito dai grandi spazi della Grigna.

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Il Brioschi, in una giornata di sole, non è certo un luogo solitario. Entriamo a salutare Mara ed Alex, poi ci appoggiamo sul prato con un pezzo di torta ed un paio di birre. Una giovane ragazza, bionda e pericolosamente scolpita nel legno, ci sfila davanti in un tripudio di curve, shorts e giovinezza. “Boris, amico mio, io mi sposo, ho una certa età e sono fuori dai giochi. Tu che scusa hai?” Tra le occhiatacce indispettite del moroso rinfiliamo lo zaino e riprendiamo il nostro viaggio ridendo. “Beata gioventù”.

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Scendiamo al Merlin ed il sentiero del Caminetto: un bella sfacchianta tra i sassi. Doppiamo la birra al Bietti e ci incamminiamo nuovamente verso Era e la chiesetta del Santuario di Santa Maria. Via Crucis e macchina. Alla fine a pesare non sono tanto i duemila e qualcosa metri di dislivello quanto lo sviluppo che probabilmente supera i 20km.Davvero un bel giro se la gamba regge.

Passiamo da casa, facciamo una doccia veloce, recuperiamo Bruna e ci fiondiamo in birreria da Fabio, al TrueBeer. “Brindiamo! Domani si arrampica ai Corni!” Era dal mattino che sognavo un boccale di birra chiara con l’aggiunta di Montenegro: credo di essermela guadagnata!

Davide “Birillo” Valsecchi

Boris ha scattato delle foto molto belle che potete vedere sul suo blog fotografico: http://daimario.tumblr.com/

Corni: Grand Tour d’Estate

Corni: Grand Tour d’Estate

Il Grand Tour, tradotto letterale dal francese come “grande giro”, era un lungo viaggio nell’Europa continentale effettuato dai ricchi giovani dell’aristocrazia europea a partire dal XVII secolo Il viaggio era e destinato a perfezionare il loro sapere ed aveva  sempre la partenza e l’arrivo in una medesima città.

C’è qualcosa di atavico e misterioso in un viaggio circolare, in un periplo, in una circunavigazione o in un orbita. Il giro del mondo o il “Kora” di una montagna, l’espressione di un percorso rivoluzionario, di un pellegrinaggio, che lascia tutto immutato ma profondamente diverso.

Il Gran Tour dei Corni è un lungo viaggio circolare che non solo permette di esplorare il nostro territorio ma offre l’opportunità, in un unico percorso, di osservare le nostre montagne da ogni angolazione. A fine giornata la macchina fotografica è piena di immagini della stessa montagna, tutte simili ma tutte diverse. In ognuno di quegli scatti  è racchiuso un particolare che solo quell’angolazione, quel punto di osservazione,  ti aveva finalmente permesso di notare .

Ad accompagnarmi in questo recente “tour” è stato Nicola, un mio coetaneo di Cantù con cui spesso mi avventuro in qualche esplorazione o rilevamento. Per lui il tour era un viaggio attraverso un territorio quasi completamente sconosciuto.

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Il percorso, nella mia interpretazione, è ormai quasi un classico. Si parte dal lazzaretto di Canzo alzandosi lungo il sentiero che dalla Val Pesora porta alla Cima del Cornizzolo. Il primo tratto è un bello strappo che da quota 470m ci si innalza lungo il crinale fino ai 1240m della Croce del Cornizzolo.

Salendo alla cima del Cornizzolo si iniziano a vedere nella pianura i laghi minori e tutto intorno le montagne. Spiccano i corni che, entro fine giornata, saranno la tappa conclusiva del tour. Appaiono vicini ma è ancora lungo il viaggio che ci porterà fin la.

Come lungo uno scivolo si scende fino al rifugio Maria Consigliere (SEC) risalendo, quasi in rincorsa, verso la cima del Monte Rai. Il panorama resta sempre lo stesso ma è in costante trasformazione. Mentre continui a guardarti intorno ciò che stava a sinistra ora sta a destra e ciò che era lontano ora appare più vicino.

Attraverso la bocchetta di San Miro si raggiunge la cima del Prasanto e ci si incammina verso le rocce del Malascarpa. Qui, insieme a Nicky, abbiamo fatto una breve deviazione verso i Campi Solcati scattando qualche foto che vi mostrerò in seguito (davvero un posto fantastico).

A questo punto inizia la discesa che segna la metà del tour ed il momento più critico. Si perde infatti quota per poi affrontare nuovamente una ripida salita: a metà del viaggio è come se si ricominciasse tutto da capo. Una trasformazione nella trasformazione che richiede una certa determinazione.

A dare sostegno in questo nuovo inizio abbiamo però la straordinaria bellezza del grande Faggio, il Fo, e la bontà dell’acqua che sgorga dalla fontana ai suoi piedi. Ci si ferma a tirare fiato, si mangia qualcosa e poi si torna a salire.

Qui ci sono due possibilità. Si può scendere fino al Corno Rat e risalire lungo il sentiero attrezzato che corre lungo il crinale, oppure puntare direttamente al Corno Orientale dal Fo. Il primo percorso è abbastanza tecnico ed esposto non sapendo come si sarebbe comportato Nicky sulle rocce ho optato per il sentiero guadagnando tempo ed energie per affrontare l’attraversata dei tre corni.

Il tuor, nella sua parte finale, affronta e concatena una serie di sentieri EE su creste di roccia piuttosto esposte. In pratica il difficile arriva in fondo, quando hai già speso tante energie e devi confrontarti con la roccia e gli strapiombi dei Corni.

Credo sia importante rimarcarlo perchè a questo punto avrete 5 o 6 ore di marcia nelle gambe e questo può mettere in difficoltà anche gli “escursionisti esperti” che su quel tipo di percorso normalmente non hanno difficoltà.

Dalla Bocchetta di Leura di raggiunge il Corno Orientale per poi risalire verso il lato Este del Corno Centrale lungo la cresta che sovrasta l’abisso della parete Fasana. Giunti all’anticima del Corno ci si trova davanti,quasi allineate, le due croci del Centrale e dell’Occidentale alle cui spalle, nelle giornate limpide, appare il Monte Rosa. Alla vostra destra invece tutta la bellezza del lago di Como incorniciato dalle Grigne e più dietro dal Legnone.

Si scende dal Corno attraversando la forcella per poi risalire attraverso il “Caminetto” fino alla cima del Corno Occidentale, il punto più elevato di tutto il tour.Dalla cima si può scendere lungo la Cresta del “Passo della Vacca” o attraverso uno dei tanti canali. In questo caso ho portato Nick a vedere il “Buco dei Corni” prima di abbassarci verso il sentiero numero 5 dando un’occhiata anche al versante di Valbrona.

La discesa attraverso i boschi è una lunga, per certi versi interminabile, camminata che con pazienza riporta al punto di partenza passando dal Prim’Alpe e da Gajum. In totale sono 7 cime per circa 17 chilometri da percorrere in 9 ore. Tanta fatica per non andare da nessuna parte. Ottima prova Nick 😉

Davide “Birillo” Valsecchi

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Gran Tour dei Corni in invernale

Gran Tour dei Corni in invernale

Il lazzaretto di San Michele, Pesora, Cornizzolo, Monte Rai, Prasanto e poi giù fino al Fo e, passando per il 30° Osa, nuovamente verso l’alto per la traversata dei Corni di Canzo prima di tornare al punto di partenza: questo è il GranTour dei Corni, l’anello magico che tocca tutte le principali vette della valle Ravella in un alternarsi di dislivelli e scenari diversi.

Se pensate che le nostre montagne non possano essere una “sfida impegnativa” dovete provare il Gran Tour per ricredervi: il percorso si estende per 18 chilometri accumulando circa 2000 metri di dislivello positivo passando dai prati alle roccette fino a passaggi verticali su placche attrezzate. Provare per credere!

Nelle ultime due settimane sono stato bloccato dal “ditino rotto”, Giovedì era il giorno giusto per saggiare la mia guarigione. Il buon Fabrizio, che aveva deciso di accompagnarmi, ha dovuto quindi affrontare la sua “prima volta” al GranTour  nella sua versione più difficile, quella invernale.

Sulle nostre montagne, nonostante il fiorire abbondante dei bucaneve, c’è ancora una buona quantità di neve e nei tratti all’ombra ci si imbatte in insidiose placche di ghiaccio. Corda e ramponi nello zaino ci siamo messi in marcia verso le nove, quando il sole ha cominciato a scaldare un po’: la val Pesora è davvero fredda in questo periodo!!

Si attacca al lazzaretto di SanMichele e si inizia a salire. La tirata fino alla “manichetta del vento” in cima al monte Pesora è intensa, ripida, piena di ghiaccio e non lascia respiro. Tuttavia quando scollini, quando emergi dalle tenebre,  sei  accolto dal sole, dai laghi minori, dalla Pianura Padana e dalle alpi Occidentali.

Poi inizia il grande lungo traverso: la croce del Cornizzolo e poi giù, fino al rifugio Maria Consiglieri prima di allungarsi in un falso piano verso il Monte Rai. Da qui, lasciandosi alle spalle il Corno Birone, ci si abbassa nel bosco per riemergere alle spalle delle antenne del Monte Prasanto. Si superano le rocce del Malascarpa e si imbocca la discesa verso il grande Fo, il gigantesco faggio che sovrasta l’omonima fontana.

L’acqua della fonte è forse la migliore di tutta la valle e segna la metà del GranTour ed il cambio tecnico: da qui in avanti, dopo che il GranTour ha saggiato la vostra resistenza sulla distanza,  si dovranno affrontare una serie di tracciati per Escursionisti Esperti che chiedono di dar prova delle proprie basi d’arrampicata.

Si prosegue infatti seguendo il sentiero verso la sorgente Sambrosera fino ad incrociare il sentiero del 30°Osa che dall’uscita dalla ferrata del Corno Rat risale la cresta fino al Corno Orientale. Lungo questa parte di tracciato si superano placche attrezzate e roccette in alcuni punti davvero aeree sul vuoto (attenzione!).

Al corno Orientale si tira fiato e ci si prepara a dare l’assalto al Corno Centrale  dal lato orientale. Fabrizio, che ormai aveva nello zaino sei ore di cammino tra neve, ghiaccio e roccia, mi ha guardato sconsolato: “Immagino che in un viaggio come questo, giunti a questo punto, non ci si possa più tirare indietro”. Questa è la vera magia del GranTour: quando hai speso tutto quello che dovevi spendere inizi ad essere sincero anche con le nostre montagne, ti rendi conto di quanto siano belle ed al contempo difficili perché, quando la fatica ti toglie la baldanza, possono essere davvero spietate.

Così superiamo i due balzi di roccia ed i prati innevati che sovrastano l’immensa parete Fasana: sotto di noi, immerso nel buio pomeridiano, un abisso spaventoso che precipita diretto sul  ghiaione e sui prati innevati di Pianezzo. In cima una ventina di metri di cresta innevata ci separano dalla croce: “Vuoi che ti leghi?” “No, penso di farcela” “Okkio mi raccomando”. Qui chi sbaglia paga caro: trattengo silenziosamente il fiato osservando i suoi passi e finalmente siamo alla croce: bravo Fabrizio!

La croce riporta una piccola targa: “Daniele, Cai di Canzo 1976”: per un istante in cima al Corno Centrale siamo tutti coscritti uniti dalla stessa passione. Appoggio la macchina fotografica sulla croce: “Dani, scattaci tu una foto per favore”.

Il canale che scende dal lato Ovest del Corno Centrale è un EE abbastanza esposto sul vuoto, in perenne ombra era ghiacciato e pieno di neve. Quando, mesi fa, avevo portato la zia Cesy su per quel passaggio l’avevo assicurata con la corda ma la neve, quella volta, era soffice ed abbondante. Giovedì era insidiosa e ghiacciata, per questo ho puntato verso sud seguendo il sentiero delle capre dove il sole aveva fatto emergere la roccia permettendo solidi appigli. Dopo esserci abbassati a sufficienza restava solo un ultimo  traverso nella neve prima di essere fuori, purtroppo le rocce di quel passaggio erano coperte di verglass, una sottile patina di ghiaccio che si forma tra la roccia e la neve, che rendeva il tutto ancora più insidioso.

Quello è stato un passaggio davvero divertente, il classico “passaggio del cazzo” in cui devi avere passo fermo ed entrare deciso o rischi di farti male finendo parecchio più a valle. Guidavo Fabrizio in ogni suo gesto ma  ormai era evidente che avesse raggiunto il suo limite (…o forse io non reggevo più l’ansia di guardarlo in difficoltà) e così ho fatto una cosa davvero strana: l’ho semplicemente “agguantato e portato giù” fino ad un sicuro terrazzo. Va detto che dopo sette ore di cammino e con la poca esperienza a sua disposizione “Fabbrì” ha affrontato quel tratto difficile davvero alla grande: bravo Fabrizio, perdonami il gesto dispotico 😉

Il GranTour prevede anche la salita al Corno Occidentale ma il caminetto era pieno di ghiaccio e neve: non c’era modo di salire e scendere senza attrezzare la calata con la corda. Per un istante sono stato tentato di salire da solo ma, ancora prima che quell’istante fosse trascorso, mi sono reso conto che sarebbe stata solo una stupida ed egioca vanità salire lassù. Ho dato una pacca sulla spalla di Fabrizio e, arrancando nella neve alta, siamo andati al crocefisso di legno per goderci le luci del tramonto: si era fatto abbastanza, si era preteso più di quanto fosse forse lecito fare.

Due ore più tardi eravamo nuovamente al punto di partenza con tutta la valle Ravella alle nostre spalle. Il gps segnava 17,95 km e 1850 metri di dislivello in nove ore esatte di cammino. Era il momento di scendere in paese per farsi una birra!

Questo è il GranTour dei Corni in invernale  e la “prima volta” di Fabrizio, il nostro abominevole siciliano delle nevi!

Davide Valsecchi

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Il GranTour nella versione estiva parte dalla stazione Canzo-Asso, prevede la salita al Corno Occidentale e si allunga nella discesa sulla Cresta di Cranno. Lo trasformiamo in un evento serio?

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