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Tafferugli in Paradiso

Tafferugli in Paradiso

Se ti ritrovi a camminare lungo la via principale nel senso opposto ad una massa di persone urlanti che sembra scappare da qualcosa dovresti avere il buon senso di girarti a tua volta e tornatene sui tuoi passi. Credo sia logico, ma non è quello che mi è venuto in mente: ho guardato Enzo ed aveva già la macchina fotografica in mano, abbiamo semplicemente accelerato il passo e siamo andati a vedere.

In effetti era la cosa più ovvia, se obblighi a chiuder bottega un intero paese e minacci le licenze dei commercianti il primo che comincerà a protestare con veemenza non può essere che il fruttivendolo. Ha comprato la verdura per buona e non potendo venderla vede i propri soldi (già spesi) marcire sugli scaffali. La battaglia della verdura di Leh era inevitabile dopo 3 giorni di totale sciopero imposto.

La dinamica però è più complessa: a Leh vi è un piccola viuzza dove sono concentrati un buon numero di fruttivendoli musulmani provenienti dal Kashmir. Per accedere al piccolo mercato coperto si passa attraverso due piccoli portoni in metallo. Contrariamente allo sciopero oggi pomeriggio i due portoni erano aperti e questo ha scatenato una mezza rivoluzione nella città.

I fomentatori che hanno dato il via alla bagarre sono i più inaspettati. Dalle montagne ogni giorno scendono le vecchiette per vendere la verdura sui marciapiedi del centro, anche oggi erano scese in città ma non avevano potuto stendere la loro merce sugli stracci proprio per via dello sciopero. Quando hanno visto che i mercanti musulmani avevano aperto i battenti hanno cominciato a fare cagnara e a tirare sassate contro i portoni urlando in Ladaki. Le vecchiette di queste parti è meglio non farle arrabbiare!!

Ovviamente la situazione era destinata a peggiorare quando i mercanti hanno cominciato a rispondere alle vecchiette con la verdura ormai passata. Lo strano teatrino aveva attirato un sacco di curiosi che si erano accalcati ai due lati della strada per godersi lo spettacolo. Ingenui come scimmie ed incapaci di prevedere il naturale evolversi di quella scena non hanno potuto fare altro che darsela a gambe urlando quando la situazione si è fatta seria e sono arrivati i ragazzi con i bastoni che hanno cominciato a far volare per davvero le pietre. In quel mentre arrivavamo io ed Enzo, due scogli in mezzo ad un fiume di gente in fuga.

Sassi tanto grossi da essere lanciati a due mani volavano da una parte all’altra mentre insulti in lingue diverse tuonavano da uno all’altro schieramento. I mercanti si erano barricati nel mercato che gli assalitori cercavano di espugnare. Persino i monaci in rosso si erano messi a tirare sassi alla faccia del pacifico buddismo. “Li ricacciamo a Srinagar” mi dice in inglese un ragazzo che lavora nei bazar e da cui compro spesso da bere. Qui a Leh si mischiano pacificamente culture diverse, ma quando gli attriti scaldano gli animi anche le vecchie ruggini tornano a galla.

Enzo continuava felice a scattare le sue fotografie mentre i sassi rimbalzavano allegri sull’asfalto e sui portoni di ferro, la cosa divertente è che riconoscevo un sacco di facce in entrambi gli schieramenti e, schivando le sassaiole, non avevo idea per chi tifare. Poi si sentono le sirene, il ragazzo delle bibite mi corre affianco urlano “police!! police!!” mentre tutti se la danno a gambe. La prima jeep della polizia arriva talmente veloce che ho come l’impressione che intenda travolgere quella folla urlante. Ho sopravvalutato la jeep e sottovalutato la capacità di volatizzarsi di quei ragazzi. Dalla camionetta scendono una  decina di agenti dotati di lunghi e minacciosi bastoni di legno. Di tutta quella folla riescono ad acciuffare solo un pischello che ha tutta l’aria di essere semplicemente rimasto in mezzo. Si becca una serie di legnate sulle chiappe che fanno rabbrividire persino me!!

Quando la polizia lo sta per caricare sul furgone riappaiono magicamente tutti gli altri ragazzi che erano scomparsi protestando con cori ed urla contro la polizia. Ho dato un occhiata sulla camionetta perché mi aspettavo che nel buio del furgone gonfiassero di botte il ragazzo ma con mia sorpresa era seduto tranquillo con un agente al fianco. Probabilmente dopo le pubbliche legnate sul culo a scopo educativo con vi era ragione di infierire.

Compare anche il capo della polizia, un signore con i baffi molto gentile ed educato con cui ho avuto occasione di parlare dello sciopero già nei giorni precedenti: “Si comportano come uomini con la testa d’asino, in questo modo non risolvono nulla ma spaventano solo i turisti e la loro unica fonte di guadagno. Non posso permettere simili cose in questa stagione”. E come dargli torto?!

Comunque sia in mezzo a quel tafferuglio io ed Enzo siamo gli unici stranieri presenti, così il cameraman della polizia mi riprende, mi fa domande sull’accaduto e sul punto di vista degli stranieri che, ormai, da più di tre giorni vagano in città senza poter comprare cibo o acqua. Sono finito sulla televisione della polizia indiana?!?

E noi? Noi siamo italiani, per di più assesi. Abbiamo talmente tante conoscenze in città da poter trovare da mangiare e bere dove ci pare. Siamo due casinisti in uniforme che si aggirano in città da quasi due mesi, abbiamo attaccato bottone con tutti e nonostante qualche difficoltà con la lingua parliamo fin troppo chiaro per la gente di questo posto. Siamo diventati amici di tutti i capi religiosi, dei mercanti dei bazar e dei rifugiati tibetani. Tutti quelli con cui abbiamo avuto a che fare ci considerano amici e sono più che soddisfatti del modo genuino con cui trattiamo ogni genere di affare. Poi ci avete visto? Sembriamo due con cui mettersi nei guai? Basta dire che dopo il mezzo incidente al Gismo facciamo colazione lì tutte le mattine in compagnia del capo della polizia e da allora nessuno si è più presentato dai nostri amici nepalesi con cattive intenzioni.

Non abbiamo molti contatti con i ricchi ladaki del governo locale ma nelle strade di Leh abbiamo veramente tanti amici ed è difficile che qualcuno ci crei problemi. Chi se la passa male sono i turisti, quelli che arrivati qui in vacanza si trovano, inesperti, a dover fronteggiare una situazione se non difficile per lo meno inaspettata.Niente acqua e cibo non è il massimo se hai il mal di montagna appena sceso dall’aeroplano.

Fino a ieri sembrava che la serrata sarebbe durata addirittura una decina di giorni, dopo i tafferugli di oggi forse rimanderanno tutte le decisioni a dopo la stagione estiva e risolveranno la questione nella tranquillità del buio invernale. Fortunatamente oggi non si è fatto particolarmente male nessuno e la nostra giornata si è movimentata un po’,  staremo a vedere cosa succede domani.

Scioperi, botte e legnate nella vecchia Leh

Scioperi, botte e legnate nella vecchia Leh

Leh on strike
Leh on strike

Dopo la vetta dello Stok Kangri siamo tornati a Leh. Qui abbiamo affittato, pagando in anticipo, una stanza in una guest house della città vecchia. E’ il nostro magazzino e il nostro rifugio quando torniamo in città ed io, questo giro, avevo davvero bisogno di riposare quasi comodo. La nostra guest house non è frequentata da turisti stranieri ma per lo più da famiglie indiane che scappano dal caldo del sud.

La borghesia indiana è in crescita a livello nazionale e mondiale grazie al forte sviluppo economico dell’India. Molti dei nuovi ricchi provengono da questo paese. Avevo sentito dire che gli alberghi di lusso francesi si rifiutavano di ospitare gli indiani sebbene molto facoltosi. Qui a Leh ho capito, a mie spese, le ragioni di questa sacrosanta discriminazione. Ogni maledetta mattina alle sei gli indiani si alzano ed accendono a tutto volume la televisione, spalancano le porte delle proprie camere e si mettono a strillare allegramente tra di loro nei corridoi. Non hanno il ben che minimo senso del rispetto e della convivenza. Più di una volta sono uscito in mutande gridandogli in inglese che erano delle “fottute scimmie ritardate” (fuked retarded monkeys) e che dovevano spegnere quella stramaledetta televisione ma il risultato è stato totalemente imprevisto: ridevano divertiti, per loro è normale fare quel puttanaio la mattina o nel cuore della notte. Non sono nemmeno riuscito a litigarci!!

Ma quello di cui voglio parlarvi è ben diverso e non rigurada i turisti indani ma la città di Leh ed i complicati meccanismi che la regolano. Io credo che sia istruttivo vedere come gira il mondo da queste parti, sopratutto perchè ci aiuta a mettere a fuoco i problemi più nostrani: mi sono alzato ieri mattina, incazzato con gli indiani casinisti come sempre, e sono uscito in strada. Leh era completamente deserta e tutte le serrande erano abbassate, uno scenario inconsueto per una caotica località turistica: strike, sciopero, tutto chiuso oggi. La maggior parte dei turisti se ne stava rintanata in albergo mentre io ed Enzo ce ne andavamo a zonzo per le desolate vie del centro in cerca di un posto aperto dove mangiare.

Mi piace capire e mi sono messo a fare domande a chi mi capitava sotto tiro: Il Ladakh è in qualche modo una zona “a statuto speciale” che gode di una specie di governo e statuto indipendente rispetto al resto dell’India. Questo sia per la posizione geografica molto complessa e per la massiccia presenza di militari sui confini caldi dell’India. In particolare in Ladakh i residenti non pagano le tasse nè sono sottoposti al VAT, l’equivalente della nostra IVA.

Ma la situazione negli ultimi anni è molto cambiata ed ora con i turisti, sebbene solo sei mesi l’anno, girano parecchi soldi ed i proprietari Ladakini sono diventati molto ricchi. Quasi nessun Ladakino lavora nei bazar o negli hotel, semplicemente affittano le varie botteghe ed i vari palazzi ai mercanti Kashmiri o ai ristoratori Nepalini occupando le principali cariche politiche della regione. Ho incontrato i Ladakini solo durante i giorni delle elezioni e la differenza economica dal resto della popolazione è inconfondibile. Sono una vera e propria classe economica e politica in piena crescita.

Il governo ha quindi deciso di introdurre la tassa per il valore aggiuto (VAT) ai Ladakini così come è applicata in tutta l’India, questo ha causato lo sciopero e la quasi completa paralisi di Leh. Aggirandomi per la città non capivo le ragioni dello sciopero, se non vuoi pagare le tasse non farlo ma non chiudere bottega perchè vuol dire solo perdere soldi e non effettuare alcun tipo di pressione efficace sul governo. Rompere le palle ai turisti non mi sembrava una gran scelta tattica.

Io ed Enzo ce ne siamo andati al Gismo, una piccolo Caffè dove mangiamo spesso e dove i cinque ragazzi nepalesi che gestiscono il locale sono diventati molto amici. Quando siamo entrati nel locale il prmo giorno di sciopero non abbiamo potuto che incazzarci a morte. Il ragazzo che gestisce la piccola sala, misera ma carina, è un tipo molto spigliato con un buon carisma ed una buona parlantina. Mi fa sempre molto ridere ma ieri ci si è presentato con la faccia mezza gonfia ed incredibilmente mogio. Non ci voleva un genio per capire che le aveva prese e che qualcuno gliele aveva date perchè probabilmente non aveva voluto aderire allo sciopero.

Il sangue mi si era già scaldato e vederlo così insolitamente sottomesso non migliorava la questione. Due minuti dopo entrano nel locale un gruppetto di cinque ragazzotti che parlano “duro” con il ragazzo alla cassa. Un attimo dopo i nepalesi si scusavano con i clienti invitandoli a lasciare il locale a causa delle sciopero. Io odio stupidità e violenza e anche ad Enzo “giravano” parecchio per quella brutta situazione in stile “Altrimenti ci arrabbiamo”.

Chiamo il ragazzo e gli chiedo se ci sono problemi che “possiamo aiutare a risolvere”, lui capisce cosa intendo ma mi risponde che possiamo rimanere a mangiare, dirà “loro” che siamo amici e non clienti. Sempre peggio, quasi fumavo dalla rabbia. Il bagno è dietro il locale e per raggiungerlo si deve uscire dall’ingresso e fare il giro dell’edificio. Prendo la scusa per dare un’occhiata e mi inbatto nei cinque che sono entrati e che ora fanno la “posta” all’ingresso e alla cucina del locale tenendo in mano degli espliciti pezzi di legno. Il cuoco è tutto “stropicciato”. Un paio di loro li ho già visti tra i bazar e come dei paraculi si affrettano a salutarmi come se niente fosse. Rispondo con un mezzo ghigno, sollevo gli Oakley sulla fronte e squadro quello centrale tra di loro che se ne stava zitto con un pezzo di legno di legno in mano.

Non importa quello che dici, importa come lo dici in certi casi. Gli ho chiesto a cosa servisse quel pezzo di legno e se avessero intenzione di “giocare a kricket”. Il tipo, dietro un paio di occhiali scuri aspetta un secondo, ha capito cosa intendo, riflette e poi mi rispode che sì, oggi è una giornata in cui a Leh si gioca a Kricket. Sono uno straniero e vado comunque trattato con rigurado, mi faccio in avanti in mezzo al gruppo e lo squadro ancora più stretto attraverso gli occhiali ringhiando: “…e chi vince?”

Il tipo non se l’aspettava un “puntata” diretta come quella, la domanda era stupida ma il tono e le intenzioni erano limpide tanto che ha fatto un mezzo passo indietro e poi mi ha risposto con una banalità evasiva: “…vince l’Inghilterra”. Credo che tutti e cinque abbiamo capito la “suonata” perchè trovarsi davanti uno straniero incazzoso era qualcosa d’inaspettato e per loro pericoloso a prescindere da quanto fossi bravo a “giocare a kricket”. Cacciarmele per loro era peggio che prenderle.“Vado a pisciare e poi torno dentro a finire il mio pranzo, non giocare a Kricket con i mie amici”. Il tipo annuisce. Che dannata voglia di prenderli a calci in culo!!

Quando ripasso dall’ingresso non c’erano più ma credo abbiano dato l’ultimatum ai nepalesi, noi eravamo gli ultimi per quel giorno. I nepalesi non la finiscono più di scusarsi ma è evidente che l’idea di spaccare la testa a quegli idioti non li sfiora nemmeno. Il mio sangue assese urla furioso ma il massimo che posso fare è lasciare una mancia di 100 rupie per un paio di caffè da 20. Quanto mi girano le palle, sopratutto perchè non capisco il senso di questo sciopero forzato e perchè ci debbano essere in giro delle squadre a minacciare i gestori dei locali. Un venditore indiano ci passa un paio di birre sotto banco e passiamo il pomeriggio sul tetto di un palazzo a bere con una ragazza del Canada e due infermiere Svizzere, l’unico aspetto positivo di questa stupida giornata di sciopero.

Ma i conti ancora non mi quadravano, tutto questo casino come può fare leva sul governo affinchè non applichi le tasse? Ma nel secondo giorno di sciopero ho cominciato a capire meglio. Il mio amico  mi si avvicina e mi dice che il padrone del locale ora sà che siamo “clienti speciali” e che se vogliamo possiamo avere da mangiare nel retro del locale. Il proprietario? Ed allora ho capito tutta la faccenda comprendendo quanto fosse più complessa di quattro stupidi con dei bastoni.

Tutti gli edifici e le attività commerciali di Leh appartengono ai Ladakini e sono affittati ai mercanti del kashmir ed i ristoratori che provengono per lo più dal sud dell’India o dal Nepal.Qui tutti pagano già le tasse all’India e l’affitto dei locali tranne i Ladakini, gli unici che sarebbero danneggiati dalle nuove tasse.Ecco qual’è il pensiero dietro tutto lo sciopero: “Governo Indiano, tu credi che qui a Leh girino troppi soldi? Bene, allora noi blocchiamo tutte le attività e facciamo tenere chiusa bottega a tutta la città”. Ai Ladakini i mercanti ed i ristoratori l’affitto di sicuro continuano a pagarlo per non perdere la stagione ma senza poter aprire il negozio possono solo perdere soldi giorno dopo giorno. Se il governo vuole colpire i Ladakini loro sono disposti a schiacciare a loro volta tutti quelli sotto di loro per calcare il polso al governo. Ci si rifà sempre sul più debole, ecco la leva.

“Tu mi paghi l’affitto ma tieni chiuso fino a quando al governo non gli passa l’idea di queste stupide tasse.” Se sei il propietario di qualche palazzo e di una decina di negozzi è qualcosa che ti puoi permettere, specie se fai lega con gli altri proprietari ed occupi le cariche pubbliche del governo locale. Da noi sarebbe inpensabile una cosa del genere, anche làddove non vi siano contratti scritti abbastanza forti ci sarebbe intesa cinque minuti dopo aver menzionato un paio di taniche di benzina pronte a riequilibrare questa strana trattativa tra inquilino e proprietario. Qui la maggior parte della gente ha una mentalità maledettamente pacifica ma le legnate volano secche e per molti questi pochi mesi di attività sono il sostentamento di tutto l’anno, ecco perchè accettano rassegnati anche questo sciopero imposto.

Quando vedi un buddista con in mano un legno che si comporta come un mafioso occidentale per una questione di percentuali ti rendi conto che il mondo è tutto uguale. In Italia ci insegnano a scioperare da quando siamo alle elementari, hanno smesso di usare il bastone passando alle lusinghe, puntando sugli studenti e sugli operai, i più stupidi ed i più deboli. Alla fine credo che sia lo stesso di quanto accade qui e che i mandanti siano sempre gli stessi: cani mafiosi che manipolano un paese intero per il proprio interesse.

Continuo a lasciare mance esagerate a quei poveri ragazzi ed ho smesso di prendere di punta i “bravi” locali, se i mandanti sono i padroni della città posso ottenere solo altri guai per i mei amici gonfiandone un paio. Ricchi ladakini, mercanti munsulmani, ristoratori nepalesi, profughi tibetani con passaporto Onu e poveri montanari mischiati con gli opulenti stranieri di tutto il mondo sulla linea di confine tra due potenze atomiche in conflitto. Che strano e complesso scenario abbiamo trovato quassù tra i monti, sono così lontano ma quante cose imparo su “casa” nostra.

Davide “Birillo” Valsecchi

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