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Horny Corny

Horny Corny

«Sei invecchiato!» Lei si ferma, mi guarda e me lo ripete avvicinando la sua faccia alla mia. «Scusa, ma mi sono perso qualcosa?» le domando. Lei si avvicina ancora e mi studia ridendo «Sei invecchiato!». La guardo dubbioso e vagamente infastidito «Ti sei rincretinita?». Lei sempre più divertita insiste «No, no. Sei invecchiato!» Certo, non sono più un giovinetto ma invecchiato proprio no. «Ma nell’aspetto o nell’atteggiamento?» chiedo infastidito. «Nell’aspetto, ovviamente! Nell’atteggiamento sei da sempre come tuo padre, solo che lui di anni ne ha sessanta ed è comunque più figo di te!». Quando con una palla di neve la centro in piena fronte smette di ridere e per un istante sembra una bimba sul punto di scoppiare a piangere.

Lei è Miss Bruna, insieme ne abbiamo passate tante ed è forse per questo che ancora ci sopportiamo. Convincerla ad affrontare la neve è stata una mezza battaglia: ha smesso di protestare solo quando sotto Oneda le ho fatto vedere un bel capriolo maschio con delle magnifiche corna ancora in velluto. (In realtà  mi ero fermato in quella curva per fare una foto alle Grigne ma l’occasione fa l’uomo ladro…)

Da venerdì, quando ero salito in cima al corno Occidentale, era caduta altra neve e tutto era nuovamente immacolato ed ovattato di bianco. Tuttavia, visto che non ci eravamo messi in marcia troppo presto, la traccia avanzava ben battuta attraverso la neve polverosa.

«Benvenuta nel mio regno» le dico allargando le braccia. La nostra è una semplice passeggiata ma è bello essere ai Corni. Eccovi la magnificenza delle nostre montagne di casa!

Davide “Birillo” Valsecchi

White Horn

White Horn

Quando nella valle risuona la sirena dell’Oltolina io sono ormai quasi arrivato a Pianezzo. La strada che risale da Oneda è coperta di neve, cinque centimetri buoni in più da quando ero passato  domenica. Davanti a me, probabilmente ieri, qualcuno è salito e sceso con gli sci e le sue sono le uniche tracce che si uniscono alle mei. Superato Pianezzo la neve torna ad essere immacolata, vergine.

Punto dritto all’attacco del Caminetto risalendo attraverso il bosco. Il cielo si era fatto azzurro e qualche raggio di sole era filtrato attraverso le nuvole, poi tutti si è nuovamente coperto rendendo ogni cosa silente, quasi in attesa: io affondo fino al ginocchio godendo di ogni passo.

Mi avvicino all’attacco con cautela cercando di capirne le condizioni. Quando gli arrivo sotto affondo nella neve che ha già scaricato, riparo a sinistra sotto lo sperone di roccia ed inizio a vestirmi.  Casco, ramponi, imbrago, piccozza: “Sei da solo, prima mettiti tutto e poi andiamo a vedere se si passa…”.

Il canale mi piace, quello che doveva muoversi sembra averlo già fatto e ciò che resta è a tratti soffice e a tratti ghiacciato: “Oky, andiamo”. Piccozza nella destra e con la sinistra, quando serve,  scavo in cerca di appigli sotto la neve (una seconda picca non sarebbe stata male). I ramponi si fanno indispensabili lavorando con le punte dove è troppo dura e compatta per gradinare.

Un passo alla volta, senza fretta. Lavoro con calma, in silenzio, lasciando che siano solo i pensieri ad agire. Quando rimonto il caminetto un ultimo breve tratto di neve mi separa dalla croce: attorno a me solo il vuoto, il lago e le altre grandi montagne. Non c’è nulla lassù, solo io ed una sconfinata quiete che sembra espandersi in ogni direzione fino all’orizzonte. “Ciao Corni, sono tornato! Sono ancora qui!”

Probabilmente esistono montagne più belle ma scendendo  in equilibrio lungo la cresta la mia mi appare stupenda. Arrivo fin sopra la spaccatura del “Passo della Vacca”. Sotto la neve, da qualche parte, c’è un anello con cui calarsi ma i fianchi del canale sono ancora carichi. Volevo provare a risalire dritto lungo il fianco di destra, dove la pendenza aumenta, ma  non credo la neve sia assestata o abbastanza solida da reggere:”Se solo facesse più freddo…”

Lassù non c’è posto per la tristezza o i rimpianti, lassù tutto ti assorbe e ti sostiene: il problema infatti e non andare in basso, o per lo meno non andarci troppo in fretta. Scatto qualche foto e torno sui miei passi fino all’uscita del Caminetto. Qui i “Vecchi” hanno piazzato un magnifico spit ad anello a cui mi assicuro con la Daisy Chain: stendo in doppia la mia statica da 30 metri ed inizio a calarmi.

Finiti i 15 metri della mia breve doppia (sarebbe buona cosa avere una corda da 60 e fare due doppie) mi tocca arrangiarmi in libera con piccozza e ramponi. “Con calma birillo, scendere scendiamo, l’importante è non scendere troppo in fretta…” Sghignazzo da solo lavorando con la punta della piccozza mentre tasto la roccia e la neve.

Sono partito da Oneda alle sette e mezza, alle nove e venti  ero in cima al Corno Occidentale ed alle dieci meno dieci di nuovo sotto l’attacco del Caminetto. Ora il tempo  faccia quello che vuole, la mia parte io l’ho fatta.

Curioso verso il Corno Centrale ma la normale da Ovest è tutta slavinata, la neve è smossa ed è rovinata a valle lungo il pratone precipitando nel vuoto oltre il sentiero sottostante: la gente spesso risale da Fo senza fare caso a quanto davvero quel breve tratto possa essere pericoloso. Se voglio andare in cima lassù dovrò provare dal lato Est anche se probabilmente da quella parte la neve sarà già stata mangiata dal sole.

Comunque sia non oggi, forse domani o magari il prossimo inverno. Chi può dirlo? Veramente importa? No, lassù tutto acquisisce un senso e perde di importanza. Questo è il vero grande segreto. Eccovi alcune foto di un mondo magnifico.

Davide “Birillo” Valsecchi

Sunset Brotherhood

Sunset Brotherhood

Sabato il sole sembrava primaverile e le montagne brillavano innevate. Per me, tuttavia, questo è un periodo piuttosto strano, un momento in cui faccio davvero fatica a capire cosa voglio, cosa vado cercando. Il mio andare per monti è infatti errabondo, fatto di desideri confusi e mete quasi impalpabili che il più delle volte si tramutano in un nulla di fatto.

Forse è la neve, o forse le mille chiacchiere che sulla neve si sono fatte. Comunque sia in questi ultimi due mesi fatto davvero poco, o forse sono io ad avere la percezione di non aver fatto abbastanza. Avevo voglia di tornare alle origini, avevo voglia di lasciare le cime e di reimmergermi nelle foreste. Anni fa i miei racconti erano densi di silenzi, di caprioli sorpresi al pascolo o di panorami insospettabili. Forse meno alpinista e più selvatico.

Volevo andare ai Corni ma temevo di ritrovarmi attorno ad una croce coperta di neve ed affollata di gente. Forse sono solo un egoista o forse cerco solo un intimità che pare andata persa. Per questo avevo lasciato scorrere la mattina attendendo il pomeriggio, attendendo che tutti avessero iniziato a scendere: “Il crepuscolo, il tempo di confine tra la luce ed il buio. Quello è il tuo momento, Birillo”.

Poco prima di uscire di casa butto l’occhio al computer e, curiosamente, vedo mio fratello on line su FaceBook. “Vieni ai Corni?” la domanda non aveva alcuna pretesa e credevo fosse destinata a cadere nel vuoto. “Okay! Si può fare!”.

Completamente alla sprovvista sono passato a prenderlo. Al primo sguardo scoppio a ridere: “Vuoi venire così? Coviene che torniamo a casa mia a prendere qualche pezzo di ricambio!” Mi slaccio uno scarpone e glielo lancio “Ti sta?” Lui lo infila e annuisce: fortunatamente i fratelli Valsecchi, sotto sotto, hanno lo stesso stampo. “Okay, prendiamo un paio di mei vecchi scarponi e delle braghe impermeabili. Non moltissima ma c’è neve lassù!”

Un ora dopo siamo a Pianezzo. Vaghiamo tra la neve errando sotto la parete Fasana.“Hey nelle foto non sembrava tanto grande!” E’ la prima volta che io e lui andiamo lassù insieme. Lo porto a fare un tour ai pilastri ed alla grotta del Sindaco “Appena avrò finito di sistemarla quissù ci si potrà bivaccare: sarà uno spettacolo l’estate quassù!”

Mio fratello, piegato tra i due piani di roccia invasi dal fango, mi guardava dubbioso con un espressione tra l’incerto ed il raccapricciato: credo dovrò lavorare ancora parecchio prima di convincerlo a passarci una notte.

Mentre il tramonto avanzava ci siamo riparati alla croce del Corno Orientale. “Mettiti questo, uno sopra l’altro, e chiudi bene la giacca. Con il tramonto arriva il vento e qui soffia forte!” Il vento infatti si alza impetuoso, gelido e graffiante. Lo squilibrio termico dura una decina di minuti e poi, finalmente, il vento sembra scomparire mentre le ombre iniziano ad accentuare i contorni delle montagne.

Le Grigne si fanno di un grigio intenso mentre ad oriente il Monviso svetta negli ultimi raggi di sole. Mio fratello è un promettente musicista, per me è stato un intenso piacere condividere con lui un po’ della mia poesia. Così,mentre il buio avvolgeva ogni cosa, i due “Sunset Brothers” facevano ritorno alla valle: una magnifica salita.

Davide “Birillo” Valsecchi

Orobie: Pizzo Arera

Orobie: Pizzo Arera

“Arva, Pala e Sonda!” Come un mantra ormai i miei soci sembrano non parlare d’altro. In effetti, essendo loro in buona parte membri del Soccorso Alpino, non posso dargli torto: la neve è davvero strana e pericolosa in questo anomalo inverno. Qualcuno, forse esagerando, si è pure spinto oltre: “Birillo lascia stare la neve: resta sul divano che è meglio!”

Settimana scorsa il rischio valanghe era “cinque su cinque”, la situazione ora sta migliorando ma è davvero difficile fare progetti: sotto una certa quota è pressoché impossibile puntare a qualcosa di ambizioso ed è ragguardevole anche l’attenzione che si deve prestare per gli obbiettivi normalmente meno impegnativi. Una vera tragedia per me che volevo gustarmi le Grigne!!

Così domenica mi sono aggregato al CAI di Caslino e Merone che organizzavano una salita al Pizzo Arera nelle valli bergamasche. L’Arera è un montagnone di 2512 metri che svetta luminoso ed imbiancato ogni volta che d’inverno salgo in cima al Moregallo: una montagna che da tempo mi incuriosiva ed un occasione per conoscere meglio gli amici dei CAI vicini. Le possibilità di salire alla vetta erano davvero scarse ma l’idea di “esplorare” e di  un po’ di “cagnara” non mi dispiaceva: la “squadra” mordeva il freno ed i miei giovani avevano bisogno di un po’ di azione!

Riempiamo cinque macchine e partiamo alla volte della val Serina. Io non ero mai stato da quelle parti e sono rimasto piuttosto sorpreso di ritrovarmi, con la picca nello zaino, a camminare su una strada asfaltata coperta dalla neve. La salita alla “Capanna2000” è infatti un camminatone che in buona parte ripercorre una carrozzabile per poi proseguire lungo quelli che un tempo erano piste da sci. Lungo il cammino umanità di tutti i generi armata di ciaspole, sci, pelli di foca e tutine aderenti: piuttosto buffo in verità.

Il tempo era plumbeo e sembrava intenzionato a non aprirsi. Sui fianchi della montagne erano visibili un po’ ovunque scariche di neve e slavine. La neve è infatti compatta e spesso ghiacciata in superfice, tuttavia appoggia su un fondo pressoché inesistente e  per questo tende a staccarsi senza preavviso ed in grossi blocchi lasciando scoperte grandi porzioni di prato.

Affianco al rifugio, alla base dell’attacco della normale alla cima dell’Arera, un grosso distacco di questo tipo sembrava ricordare a tutti quale fosse la particolarità della situazione. A peggiorare la situazione un vento forte ed improvviso che gelido soffiava da nord spazzando ogni cosa. Infilata la giacca a vento avanzavo tra le raffiche che facevano vela sullo zaino cercando di guadagnarmi una birra tra le calde pareti della Capanna 2000.

I ragazzi della Squadra, che mi precedevano, erano già placidamente bivaccati all’interno ed anche io ero quasi completamente convinto che la mia traccia fosse ormai conclusa. Buona parte del nostro gruppo erà già allegramente al caldo quando all’ingresso del rifugio trovo Gianni, Claudia ed Angelo che mi aspettano: “Davide, vieni con noi? Proviamo a salire”. Io li guardo dubbioso titubando sulla risposta. Andrea, uno dei giovani, mi guarda incredulo: “Birillo? Ma vai con questo vento?”

Il trio inizia ad incamminarsi mentre Andrea aspetta una risposta. Una parte di me è davvero soddisfatta della sua valutazione ma un’altra mal digerisce che i tre tentino da soli.“Naaa, non ti preoccupare, voi restate qui. Io dò un occhiata oltre la collinetta e torno a bere la birra con voi”. Gli strizzo l’occhio ed infilo i ramponi. Mentre lui e gli altri si rintanano nel rifugio allungo il passo tra le folate di neve che pungenti spazzano la collinetta.

Il vento è il peggior nemico con cui confrontarsi eppure spesso accende un fuoco nell’animo degli alpinisti (…almeno con me funziona così!!). Raggiungo i tre prima che inizi la salita. Il vento è ancora forte e freddo: Angelo si ferma, a causa di un guaio al ginocchio è ancora fuori forma e il freddo gli ha preso le dita. Nonostante i guanti non riesce a scaldare la mani: ci saluta e ripiega rapido verso il rifugio. Restiamo in tre: Gianni che tira il gruppo, Claudia ed io  in coda.

La traccia è chiara, un sacco di gente era salita in mattinata. Io però sono un sociopatico cronico e, forse anche per orgoglio, diffido delle scelte della massa. Il primo tratto è secondo me quello più preoccupante. A poche decine di metri c’era un grosso distacco ed in quel punto la pendenza e l’accumulo della neve mostravano tutti i segni sbagliati. Appena sopra, nonostante le grosse ed ampie cornici sulla sinistra, la pendenza diminuiva e la neve era stata spazzata dal vento lasciando affiorare spuntoni di roccia che, per lo meno, sembravano offrire qualche garanzia in più. “Mettersi nei guai su un pratone sarebbe un po’ da pirla ma vediamo come va a finire…” Questa era la sintesi del mio pensiero.

Superato il primo tratto la situazione era molto migliore e così, senza troppi pensieri, guadagniamo quota mentre il vento cala ed attorno a noi si apre un palcoscenico di montagne illuminate dal sole e coronate dall’azzurro del cielo. All’orizzonte spuntano Il Resegone, la Grigna ed il Brioschi, il Legnone e più ad Occidente il Rosa. Ad est invece montagne tutte da scoprire e conoscere. Il colpo d’occhio ripaga dalle incertezze ed un po’ di cioccolato compensa la fatica.

Nonostante il sole sembri caldo il vento ha fatto ghiacciare l’acqua nella bottiglietta che tengo appesa allo zaino: sarà un buono o un cattivo segnale? Chi può dirlo con questa neve…

Continuando a salire raggiungiamo l’ultimo tratto dove un po’ di accumulo porta all’anticima. Da qui il tracciato effettua un breve traverso e scende in un canale per risalire sul lato opposto lungo la cresta finale che porta alla croce di cima. Tolto il dislivello della discesa nel canale mancano un centinaio di metri di dislivello alla vetta.

Metto via una delle racchetta e metto mano alla piccozza: è tutto il giorno che me la porto in giro, sarebbe sciocco non averla comoda. Prima del traverso Giovanni e Claudia si fermano a studiare il passaggio, io più indietro guardo il tutto con occhio critico. “Davide, che dici? Passiamo?”

DSCF3953Scendere e risalire nel canale richiedeva un po’ di tecnica e passo fermo ma non rappresentava una grande problema. Ma la neve? Ci si poteva fidare? Avrebbe retto? In cento erano già passati: cosa sarebbe successo al centouno? Che fastidio questa neve infida!!

Ciò che mi infastidiva era il traverso e la pendenza che in quel punto aumentava notevolmente. Da bambino una volta ero saltato a piè pari sullo skateboard, la tavola era partita di botto scaraventandomi a terra e centrando in pieno il vaso preferito di mia madre. La sensazione che avevo in quel momento era la stessa: Birillo, se carichi quella neve magari non succede nulla, se però parte questa volta non basterà la colla per rimettere insieme i pezzi.

Gli asiatici credono che una decisione vada presa nello spazio di sette respiri: in montagna però non c’è tutto questo tempo da buttar via. “Non mi piace molto, sai. Piuttosto: che ore sono?”. Gianni guarda l’orologio e mi risponde: “la una e dieci”. Io scoppio a ridere, punto la picca e mi giro: “Bagai! Andiamo a bere una birra!”

In fila indiana e ben distanziati guido l’allegra ritirata mentre ci godiamo lo strepitoso panorama. Incredibile, all’incosciente tocca fare il guasta feste: davvero una situazione strana!

Sabato avevo fatto una lunga ed interessante chiacchierata con un ragazzo di Lecco, uno degli AsenPark. Avevamo parlato di Cassin, di Messner e della libertà, anche di rischiare, che contraddistingueva l’alpinismo classico dei tempi andati. Tutto il giorno ho rimuginato su quanto ci eravamo detti ed alla fine, dopo un nuovo “battuti e respinti (B&R)”, ho trovato la mia risposta.

“Il rischio è accettabile nella misura in cui è intenso, ma soprattutto onesto, il nostro desiderio di raggiungere un obbiettivo. Solo questo può permetterci di superare le critiche, le chiacchiere ed i professori che in questo nostro antropizzato alpinismo ci separano spesso dal confronto autentico con la montagna. Solo questo può darci la libertà che andiamo cercando.”

Io credo che se davvero vuoi qualcosa puoi affrontare qualsiasi rischio, al di là di ogni critica. Tuttavia se davvero vuoi raggiungere consapevolmente ed onestamente un obbiettivo credo che difficilmente ti comporterai come un pirla.

Davide “Birillo” Valsecchi

“…proprio vero che si inizia a dare consigli quando non si può più dare il cattivo esempio…”

Grignone: battuti e respinti

Grignone: battuti e respinti

Partiti dal centro di Pasturo raggiungiamo i Comolli, il bivacco posto alla base dello “scivolo” che porta alla cresta della Grigna settentrionale nel tracciato invernale. Poco prima di raggiungere il bivacco, senza alcun preavviso, tutta la neve accumulata sul tetto scivola e di botto piomba addosso a quanti si erano riparati sotto la tettoia per riposare.

La scena è più divertente che preoccupante: sebbene colpiti da una bordata di neve nessuno è rimasto ferito. Quando ulteriormente ci avviciniamo tutti hanno ripreso a ridere ma, ridendo e scherzando, impiegano comunque cinque minuti buoni per estrarre dalla “piccola valanga” gli zaini sommersi.

Il tempo è strano: il caldo è quasi fastidioso e gli ultimi due giorni di neve non lasciano sperare in nulla di buono. Quando anche noi raggiungiamo il gruppetto tre alpinisti si infilano lo zaino e cominciano a salutare i presenti. Sono Mario Panzeri e due Guide Alpine: «Ciao gente, io scendo. Troppo pericoloso oggi». Mentre li osservo allontanarsi inizio a riflettere. Lo hanno detto ridendo, forse esagerando, ma lo hanno detto. Panzeri ha in curriculum 14 Ottomila e non sono sicuro di avere l’autorità per mettere in dubbio le sue parole.

Sgranocchio un biscotto ed osservo i miei compagni: sono tutti giovani e questa è la prima volta che puntano al Brioschi in invernale. La giornata è strepitosa, neppure una nuvola ed uno sproposito di neve: l’idea di desistere neppure sfiora quei sorrisi entusiasti. D’altro canto c’è pericolo valanga a livello quattro, un caldo anomalo, neve recente …e sono già le undici.

Guardo ancora il pendio. Non credo sia mai venuto a basso qualcosa lungo lo scivolo dell’invernale ed una fiumana di gente si incammina come formichine incuranti della neve sempre più molle. Nella mia testa inizia un dibattito tutto interiore, un incertezza che non può trasparire in chi “sta davanti”.

«Forza, andiamo bagai!» Attacchiamo lo scivolo mentre la mia mente ancora corre. Come spesso accade inizio a parlare da solo tra me e me. “Non succederà nulla, non è mai successo. Sì, è tutto sbagliato ma è solo l’invernale al Brioschi. E’ un camminatone dritto fino alla cresta. Basta essere veloci, passare dentro a testa bassa e riparare al rifugio in fretta. Passata la fascia calda potrai scendere.” Ma le parole non scavano un solco abbastanza profondo “Si fidano di te, Birillo. Si fidano di te. Non si è mai mosso nulla ma se lassù oggi parte qualcosa non potrai  fermare la montagna. Sono principianti: si fidano di te e del tuo giudizio”.

Guadagno ancora una decina di metri guardandomi intorno. “Devi solo essere veloce! Dentro e fuori in fretta. Pulito e rapido!” Ma nella mia mente parole come “Pala” “Artva” e “Sonda” cominciano a riecheggiare troppo forte. Mi volto ancora e guardo la squadra: siamo in sei, tre sono in forma e reggono il mio ritmo, due sono già stanchi ed iniziano ad attardarsi. “Non hai velocità, non hai scuse: sarà colpa tua e non della montagna”.

Mi fermo, aspetto i tre che seguono. Faccio loro un grande sorriso ed allungo la destra per una stretta di mano «Bravi! Oggi però la nostra salita finisce qui. Scendiamo a recuperare gli altri due e tiriamoci fuori dai dubbi.» L’incredulità e la delusione si legge abbagliante sulle loro facce. Stringo la mano ad ognuno e mi incammino nella neve verso gli altri due: non ho cuore di guardare la tristezza che balla nei loro occhi.

Nello zaino ho materiale sufficiente per attrezzare l’impensabile, equipaggiamento e tecnica sufficiente per fronteggiare su quello scivolo una tempesta, il vento o il ghiaccio. Ma contro il caldo e la neve molle non ho poteri o trucchi: è solo l’invernale al Brioschi, non succederà nulla, ma…

Più tardi al Pialleral ordiniamo una fila di birre. Mi scolo la prima senza distogliere lo sguardo dalla montagna e dalla fila di formiche che salgono e scendono in colonna. Una parte di me spera di vedere tutto venire a basso all’improvviso, spera di poter recitare un soddisfatto “te lo avevo detto”. In realtà non accade nulla ed è solo la seconda bottiglia di birra a rotolare sul tavolo.

«Il Brioschi non scappa» «Non preoccupatevi, vi ci porterò la prossima volta» Recito le frasi di rito con il migliore dei miei sorrisi ma nel profondo, nonostante la birra, la grappa ed il salame, silenziosamente ancora borbottano il dubbio e l’orgoglio.

Mi appoggio alla staccionata ed ancora una volta guardo la squadra. Sono giovani e quasi non si conoscevano prima di cominciare a girare insieme. Fantasticano sulla prossima uscita, sul prossimo assalto alla Grigna. Scherzano e ridono: la montagna vissuta fin qui li ha uniti e li ha trasformati in amici.

Storto la bocca allargando le labbra in un sorrido compiaciuto mentre tiro un altro sorso di birra: “Va bene così, Birillo. Va benissimo così, amico mio!”

Davide “Birillo” Valsecchi

Credo che a questa storia vada aggiunta una precisazione affinchè il senso non ne venga travisato. Per farlo credo che il modo migliore sia lo scambio di messaggi con gli amici Capanat del Brioschi:

Rifugio Brioschi mi è capitato di leggerlo grazie, bellissimo, fa riflettere…
…talvolta sopravvalutare è decisamente meglio che sottovalutare, come tutto nella vita la verità sta nel mezzo, ovvero, “saper valutare”…piccola nota critica: mi domando perchè hai scritto che avresti voluto vedere tutto “venire a basso all’improvviso”…

Davide ‘Birillo’ Valsecchi “venire a basso all’improvviso”: perché la mente corre anche nei pensieri buii. Il mio racconto voleva esplorare le difficoltà, spesso più emotive che pratiche, che una persona si trova ad affrontare mentre fa una scelta. Senza pudore ho provato a raccontare anche quello che si può provare e non si confessa: dubbio, egoismo, rancore, orgoglio, presunzione. Tutte cose pericolose quanto la neve molle e che si deve imparare a conoscere… Il Brioschi è magnifico, spero di portar su i ragazzi a godere della sua bellezza nel modo migliore! Ciao Capanat!

Bang Bang Caponanno!!

Bang Bang Caponanno!!

Mi piacerebbe raccontarvi della salita “finale” del 2013, mi piacerebbe parlarvi della neve della Grignetta e della sua magnificenza. Mi piacerebbe. Vorrei anche raccontarvi della colossale bevuta e mangiata fatta ai piani dei Resinelli. Raccontarvi di come, insieme al “leggendario” Eugenio, abbiamo iniziato a festeggiare il capodanno  in contemporanea con l’Australia svuotando bottiglie e trangugiando scodelle di trippa.

Mi piacerebbe, già, forse. Ma ho iniziato l’anno come dinamite, come una bomba inesplosa ed ora no, non ho voglia di perdermi in chiacchiere, di essere gentile o corretto. Non ho voglia di raccontarvela, ho voglia di godermela! No, quest’anno dovete allacciarvi la cinture perché ho deciso di andarci pesante. Quest’anno si dà battaglia: scappate o godetevi il viaggio!

Grazie a Luca e Stefano per questa corsa insieme!!

Prima volta in Grignetta

Prima volta in Grignetta

La squadra è dispersa, inghiottita dal periodo natalizio: c’è chi è costretto a lavorare anche la domenica, chi è precettato dalla morosa o chi, come Gianni, si sta dando fa fare per organizzare la consueta fiaccolata natalizia.

Così, ancora una volta, la squadra si riduce ad un duo e mi diverto un po’ ad alzare il livello. Questa volta tocca a Maurizio, un altro “piccolo” del nostro gruppo. La meta è la Grignetta: vera e propria cattedrale dell’alpinismo locale e probabilmente mondiale.

“Mav” non è mai salito in cima alla “Sentinella”, questa è la sua prima volta. Per questo, studiando il sole e la neve, decido di proporgli un bel tour completo. Partendo dai Resinelli percorriamo la Direttissima (che fu tracciata originariamente da Fasana) risalendo attraverso le guglie fino al Canale Angelina. Visto che il canale non è invaso dalla neve decido di risalire da qui, puntando ad incrociare il Sentiero Cecilia: questo tratto di salita, spesso su placche, è davvero divertente.

Fino ad ora abbiamo avuto la fortuna di camminare a favor di sole ma l’ultimo tratto, quello che risale fino alla cresta Cermenati, è all’ombra e per questo invaso da neve ghiacciata. Una vecchia traccia ha reso il sentiero una specie di insidiosa scala gelata ma Mav se la cava bene ed anche senza ramponi (che cmq abbiamo nello zaino) risaliamo senza problemi.

Sulla Cresta un via vai di gente che discende dalla cima affrontando l’ultimo tratto innevato. Poi su, al bivacco Ferrario a guardare il panorama! La gente ci guarda in modo strano e borbotta quando passiamo. “Ce n’è di gente strana in giro!”. Mi fermo un attimo squadrandoli e cercando di capire che accidenti abbiamo da discutere. Poi capisco.

Il mio socio è un colosso biondo di un metro e novanta con il quarantasei di piedi. Ma oltre a questo ciò che lo rende davvero curioso è che ha sempre caldo in modo quasi cronico. Attorno a noi è tutto coperto di neve e quelli sulla cima, avvolti nelle giacche, cercano al sole riparo dal vento e dal freddo. Il mio socio, che sembra un vichingo, invece è allegramente in maglietta a maniche corte con un compiaciuto sorriso stampato in faccia. (Grande Mav!)

D’inverno il tempo corre e per questo ci affrettiamo a scendere: puntiamo all’uscita del Canale Federazione discendendo il tratto attrezzato con le catene. La roccia è incrostata di ghiaccio ma il mio socio se la cava bene e, sebbene lo tenga d’occhio con la consueta apprensione, non mi da motivo di preoccuparmi.

Nuovamente sulla Cresta raggiungiamo i Maniaghi e scendiamo per il saltino del Gatto. Qui,  dopo aver lasciato alle spalle tutti i tratti più impegnativi, ci sediamo finalmente al sole a mangiare un boccone. “Non male la Grignetta, vero? Ce n’è di roba da vedere!”.

Rimane che scendere fino alla piazzola dell’elicottero, tagliare il canalone Porta ed attraversare i prati fino a ricongiungersi al Cermenati. Una birra ai Resinelli ed anche questa “prima” è archiviata con successo e soddisfazione!

Davide “Birillo” Valsecchi

Palanzone: Go  West! Volume 2

Palanzone: Go West! Volume 2

Mentre cammino squilla il cellulare: “Sei in montagna?” chiede mio padre. “Sì, sto andando al Palanzone con la squadra.” rispondo io. “Palanzone? Ma è roba da pensionati!” Abbozza lui “Già, da pensionati…” replico senza fermarmi mentre cammino nella neve vergine. Lui: “A che punto sei?” Io: “Bhe, sono a metà strada. Siamo partiti da Scarenna, mi ci vuole ancora un po’…” Lui: “Da Scarenna!? Ma sei fuori? Ci vuole una giornata da Scarenna!!” Io: “Già – sogghigno compiaciuto – in effetti è una roba da pensionati…“

Curiosamente alla maggior parte della gente che va in montagna non piace camminare: preferiscono gli avvicinamenti brevi, preferiscono “vincere facile” sbandierando nomi importanti. Tuttavia i “giovani” della squadra  hanno “voglia” e, visto che questi ragazzi mi piacciono, era il momento di metterli un po’ alla prova.

Ho evitato le mete altisonanti ed ho puntato ad occidente. Da Scarenna alla cima del Palanzone, passando per la val del Buri e Dosso Mattone, sono  più o meno 1200 metri di dislivello con uno sviluppo andata e ritorno di circa 18km: si viaggia sempre sotto i 1500 metri di quota ma c’era abbastanza neve per fare qualche esperimento e “battere” qualche traccia vergine.

“Non basta essere all’altezza delle difficoltà che si affrontano, bisogna essere superiori ad esse.” recitava il grande Paul Preuss. Per questo nel facile dobbiamo esercitarti con il difficile. Se non sei pronto ad affrontare setto o otto ore sulla neve tra le nostre montagne non sei pronto ad avventurarti per quattro o cinque ore a quote più alte. Il nostro territorio è un magnifico campo d’allenamento che dobbiamo imparare a sfruttare al meglio. Questa è come la vedo io.

Così come mi aspettavo la squadra ha “divorato” la salita. Solo il buon Fabrizio, che ha ancora il ginocchio mezzo scassato, ha avuto qualche problema. Tuttavia Andrea si è dato un gran da fare nel dargli supporto e tutta la squadra ha fatto quadrato come si deve. Grazie Marzio! Bravi!

In vetta il panorama era spettacolare e tutti erano ancora belli carichi. Scesi al rifugio Riella abbiamo fatto scorta di birre ed affettati pranzando tra i tiepidi raggi invernali di sole. Ogni uscita una festa: molto bene!

Visto che la collaborazione tra i soci del Cai Asso e del Cai di Caslino si fa sempre più proficua mi è sembrato doveroso che il nostro viaggio, iniziato da Asso, proseguisse appunto per Caslino. Quindi giù! Siamo scesi dalla Bocchetta di Palanzo fino al Foro Francescano e quindi in paese.

Il Cai di Caslino aveva organizzato una mostra fotografica e per questo la nostra squadra ha fatto tappa per salutare Gianni e gli altri amici. L’occasione è stata propizia anche per fare due chiacchiere con i Presidenti della sezione di Caslino e di Merone, sezioni a cui appartengono i giovani della squadra.

I “clan” della valle stanno stringendo nuove alleanze e spira un vento nuovo, frizzante e pieno di novità!

Dopo questo “aperitivo” credo che la squadra sia pronta per il “Gran Tour Invernale” e, sistemata qualche pecca nell’equipaggiamento, anche per spaziare oltre il lago. Bravi!

Davide “Birillo” Valsecchi

NB: Un grazie speciale a Claudia, anima e cuore della squadra, per aver scattato le fotografie e per aver portato la torta al cioccolato!!

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