Author: Davide Valsecchi

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Monte Rotondo da Premana

Monte Rotondo da Premana

1600 metri di dislivello per 26 km di sviluppo tra andata e ritorno, partendo da Premana e risalendo la val Fraina. Questo itinerario al Monte Rotondo (2496m) offre uno straordinario panorama ed una salita, impegnativa ma appagante, lungo una vecchia mulattiera militare della linea Cadorna. Nonostante le otto ore e mezza di cammino, la stanchezza è stata addolcita ed addomesticata dalla bellezza dei paesaggi di intenso respiro alpino. Posto lungo la dorsale che collega il Legnone con il Pizzo dei Signori, il Monte Rotondo offre uno straordinario quanto insolito punto di osservazione a 360°. Sono molto soddisfatto, davvero una bella salita! Confido di visitare ancora quella zona, credo che presto “la squadra” farà visita al vicino Pizzo Alto!!

P30 – Rebonzo

P30 – Rebonzo

Superata di slancio “La Sala del Nodo” ci infiliamo nella galleria di “Motobecane”. Anziche puntare verso “Armageddon” decidiamo di addentrarci in “P30 – Rebonzo”: un pozzo di oltre 30 metri che punta, nel vuoto, diretto verso il basso. Appeso nel vuoto traffico con i frazionamenti sghignazzando: “C’e gente che per allenarsi va in palestra, solleva pesi, si attacca alle prese di plastica, fa spinning bevendo succo di frutta ammiccando alle tipe… noi siamo al buio, sotto una cascatella gelida, infangati, appesi nel vuoto a 30 metri dal suolo… sotto terra. Non male come scelta!”. Alla fine della discesa ci sdraiamo a riposare su un letto di argilla, ormai incuranti del fango o della fatica. Tiriamo il fiato, scherziamo un po’. Poi ripartiamo per “Rosso del Barba”, una galleria fossile che porta verso “Ale No”, una galleria freatica. Per chiarirci: una galleria fossile e una “galleria abbandonata dal corso di un torrente ipogeo”, quindi una galleria che, per motivi idraulici, ha interrotto la propria crescita adagiandosi in un immobilità senza tempo; una galleria freatica e invece “galleria completamente allagata”. Visto che non siamo pesci – e che tra i suoi mille talenti “Jarod” non include il nuoto – giriamo i tacchi: si torna sui propri passi e, pozzo dopo pozzo, si risale verso la superficie. Entrati al tramonto usciamo nel mezzo della notte: serate speleo.

Moregallo – Sentiero Giallo

Moregallo – Sentiero Giallo

[𝗘𝘀𝗰𝘂𝗿𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶𝘀𝗺𝗼 𝗘𝘀𝗽𝗹𝗼𝗿𝗮𝘁𝗶𝘃𝗼] A Settembre ho intenzione di proporre un corso di “𝘌𝘴𝘤𝘶𝘳𝘴𝘪𝘰𝘯𝘪𝘴𝘮𝘰 𝘌𝘴𝘱𝘭𝘰𝘳𝘢𝘵𝘪𝘷𝘰”. Un percorso formativo, sia pratico che teorico, che permetta ai partecipanti di approcciare itinerari di tipo T4: “𝘐𝘵𝘪𝘯𝘦𝘳𝘢𝘳𝘪𝘰 𝘢𝘭𝘱𝘪𝘯𝘰 – 𝘚𝘦𝘯𝘵𝘪𝘦𝘳𝘰 𝘯𝘰𝘯 𝘴𝘦𝘮𝘱𝘳𝘦 𝘪𝘯𝘥𝘪𝘷𝘪𝘥𝘶𝘢𝘣𝘪𝘭𝘦, 𝘪𝘵𝘪𝘯𝘦𝘳𝘢𝘳𝘪𝘰 𝘢 𝘵𝘳𝘢𝘵𝘵𝘪 𝘴𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘵𝘳𝘢𝘤𝘤𝘪𝘢𝘵𝘰, 𝘵𝘢𝘭𝘷𝘰𝘭𝘵𝘢 𝘣𝘪𝘴𝘰𝘨𝘯𝘢 𝘴𝘦𝘳𝘷𝘪𝘳𝘴𝘪 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘢 𝘱𝘳𝘰𝘨𝘳𝘦𝘴𝘴𝘪𝘰𝘯𝘦. 𝘛𝘦𝘳𝘳𝘦𝘯𝘰 𝘢𝘣𝘣𝘢𝘴𝘵𝘢𝘯𝘻𝘢 𝘦𝘴𝘱𝘰𝘴𝘵𝘰, 𝘱𝘦𝘯𝘥𝘪𝘪 𝘦𝘳𝘣𝘰𝘴𝘪 𝘥𝘦𝘭𝘪𝘤𝘢𝘵𝘪, 𝘷𝘦𝘳𝘴𝘢𝘯𝘵𝘪 𝘦𝘳𝘣𝘰𝘴𝘪 𝘤𝘰𝘴𝘱𝘢𝘳𝘴𝘪 𝘥𝘪 𝘳𝘰𝘤𝘤𝘦𝘵𝘵𝘦.” Un corso che mira a sviluppare le capacità necessarie a pianificare ed affrontare un’escursione anche al di fuori della rete sentieristica, per molti aspetti oggi “𝘱𝘳𝘦𝘤𝘰𝘯𝘧𝘦𝘻𝘪𝘰𝘯𝘢𝘵𝘢”. Un’esplorazione che è soprattutto un confronto interiore con l’ignoto, con tutto ciò che non è tracciato o prevedibile, ma che può essere conosciuto solo grazie al confronto diretto, con una onesta e completa immersione nell’ambiente naturale. Un corso a numero chiuso, dedicato a chi ha possiede adeguata esperienza e preparazione per compiere un ulteriore passo in avanti. Un corso che richiede da parte mia un’attenta pianificazione ed un significativo numero di sopralluoghi per valutare gli scenari più idonei. Uno di questi sarà probabilmente il “ Sentiero Giallo” del Moregallo. Un vecchio itinerario che non troverete nelle carte, salvo quelle piuttosto vecchie, che risale la Valle delle Moregge tra Corni di Canzo e Moregallo, una delle valli più selvatiche del Lario Orientale. Il percorso un tempo partiva da una vecchia scaletta di servizio nei pressi tra l’uscita nord della vecchia galleria ed il Nautilus, purtroppo oggi la scala è inaccessibile per via dei cancelli e dei blocchi. Per questo, sempre sfruttando vecchi itinerari, si utilizza il primo tratto del Sentiero 50° Osa raccordarsi al “Sentiero Giallo” – così chiamato per il colore degli sbiaditi bolli presenti – inoltrandosi nella valle lungo la destra idrografica del torrente Moregge. L’itinerario inizia a 200 metri di quota e termina in vetta al Moregallo, dopo 6 km ed oltre mille intensi metri di dislivello. Una traccia a volte evidente, a volte tutt’altro che intuitiva anche per chi vi è stato più volte. Uno scenario autenticamente selvaggio che non ha reticenze nel mostrare tanto la propria bellezza quanto la propria scarsa attitudine alla frequentazione turistica. Uno scenario che spiega chiaramente come funzionino davvero le cose in montagna. Le escursioni T4 maggiormente candidate per il corso sono, al momento, il Sentiero Giallo al Moregallo, il Cornell Bus sul Grignone, la cresta Sud-Ovest dello Zucco di Cam …e qualcosa un po’ più a nord, un’idea ancora tutta da valutare. Eccovi qualche immagini dal recente sopralluogo:

Back to Armageddon

Back to Armageddon

“Ognuno è solo sul cuore della terra. Trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera.” Non ho idea se Quasimodo si sia mai ritrovato sulla brandina del campo base di Armageddon, sdraiato nel più profondo buio di una grotta, lontano centinaia di metri dalla superficie. Il silenzio è infranto solo dal suono dell’acqua che scorre tra le rocce. Quaggiù non si avverte più il peso del cielo, il cellulare e tutti gli altri problemi sono rimasti all’ingresso della grotta. Fuori. Qui sotto, infangati e strizzati nell’equipaggiamento, si può portare solo ciò che serve: il resto va lasciato fuori. Ma questa sera, sdraiato nel fango, non sono solo: nel buio immobile chiacchiero con il mio “socio”, di roccia, di valli, di animali ed acquedotti. Immobili, sepolti vivi sotto terra: una sensazione davvero strana, pericolosamente piacevole. “Coraggio, tiriamoci in piedi o non ce andremo più!”. Scendiamo nel grande salone di Armageddon, uno dei tanti “grandi spazi” che si celano tra le nostre montagne. Mattia scende nel centro del salone, io resto su una balconata, a circa una sessantina di metri sopra di lui. Lo osservo mentre illumina le pareti: piccolo puntino colorato in uno sconfinato buio. Poi, pozzo dopo pozzo, strettoia dopo strettoia, torniamo al mondo: ancora una volta partoriti dal cuore della terra.

La Montagna dei Papà

La Montagna dei Papà

Nel Week-end un’escursione piacevolmente atipica: i partecipanti erano infatti tutti Papà e tutti abitavano nello stesso condominio milanese! Le mamme ed i figli avevano organizzato un pick-nick al parco, così i papà ne hanno approfittato per dare vita ad un uscita sulle montagne del Triangolo Lariano. Partiti da Caglio ci siamo incamminati alla volta della Dorsale Lariana per raggiungere la cima del Palanzone ed il rifugio Riella. Di origini siciliane, pugliesi e calabresi avevano poca dimestichezza con la montagna, ma erano mossi da un grande entusiasmo e da un attenta curiosità. Spesso diamo ciò che ci circonda come scontato, abituale, ma osservare il loro stupore per i nostri panorami mi ha ricordato quanto sia speciale, e forse unica, la nostra penisola incastonata tra lago e montagne. Il loro equipaggiamento, come spesso accade ai principianti, qua e là aveva qualche pecca, ma questo può solo rimarcare il loro impegno e la loro tenacia. I complimenti vanno in particolare a Fabio che, tradito dalla suola dei propri scarponi (che si è letteralmente sbriciolata!), ha comunque portato a termine la salita ed il rientro con stoica caparbietà. Un’escursione apparentemente semplice, che la buona compagnia ha saputo rendere speciale!

Caglio-Asso via Lasnigo

Caglio-Asso via Lasnigo

Il programma prevedeva una salita piuttosto alternativa ed impegnativa al Monte San Primo. Le previsioni però rimarcavano pioggia e così, nonostante la delusione per il gruppo, ho preferito annullare l’uscita. La pioggia però, domenica mattina, sembrava tardare ad arrivare. Solo in casa, Bruna e la bimbe erano dalla nonna, ammazzavo pigramente il tempo. Poi, visto che nel pomeriggio intendevo scendere ad Asso per festeggiare una mia nipotina, mi sono detto: “Forza Birillo, facciamo due passi: andiamo in valle a piedi”. Ho riposto nell’armadio i vestiti buoni da montagna, quelli da guida, quelli ben puliti e senza buchi, indossando invece i miei beneamati “stracci da ramingo”, quelli pieni di rammendi, con i buchi e gli strappi ma complici di mille viaggi. La pioggia, che iniziava a cadere, rendeva intensamente brillante il verde attorno a me, trasformando il mio cammino attraverso i sentieri del bosco in una piacevole immersione nell’equilibrio più ampio delle cose. Avevo voglia di girovagare e quindi non ho preso la strada più breve, anzi. Dalla Piazza di Caglio sono sceso a Rezzago, alla chiesa romanica di Cosma e Damiano. Qui ho preso il sentiero che risale lungo il torrente Roncaglia verso Rezzago, deviando poi per Brazzova, frazione di Asso, proseguendo poi verso Gallegno, altra frazione di Asso al confine con Lasnigo. Attraversando la provinciale per Magreglio all’altezza della Casa Blue, poco prima della chiesa romanica di Sant’Alessandro, ho superato il centro storico di Lasnigo prima di attraversare i prati ed i boschi che conducono a Fraino, altra frazione di Asso. La pioggia si era fatta battente ma, giunto a Pagnano, sono stato sorpreso da una schiarita: “Bene, allora allunghiamo ancora un po’!!”. Aggirando il Dosso Deo sono risalito fino a Megna scendendo poi a Visino, frazione di Valbrona. Superato il fiume Foce, che sbocca nel Lambro dopo la Cascata della Vallategna, ho percorso la strada di Cranno fino alla casa dei miei. Rapido cambio di vestiti, ben asciutti dentro lo zaino, e mi sono unito alla festa. Il GPS segna 10 Km per una piacevole passeggiata sotto la pioggia di un paio d’ore attraverso il verde intenso di sentieri poco conosciuti, poco impegnativi ma decisamente appaganti. Anche in un’uggiosa giornata di pioggia.

Davide “Birillo” Valsecchi

Nella Val Roncaglia

Nella Val Roncaglia

A margini della piazza di Sormano – la piazza Olgiati, quella con il monumento degli alpini –  c’è una piccola chiesetta ed una palina che indica il sentiero per “Rezzago – SS Cosma e Damiano – 25min”. Questo sentiero scende lungo la sponda del Torrente Roncaglia e prosegue lungo la valle fino a giungere a Rezzago, sbucando alle spalle della Chiesa Romanica nei pressi del piccolo ma grazioso parco giochi. Lungo il sentiero, che in molti tratti scorre a ridosso del torrente, c’è una deviazione che porta verso Brazzova, frazione di Asso. La prima volta che ho percorso questo sentiero è stata qualche mese fa: trasferito da poco tempo a Caglio cercavo una scorciatoia per tornare a casa dopo essere sceso a Sormano dal Monte Gerbal. Il sentiero, in realtà molto bello, mi aveva portato però a Rezzago, molto più a valle di quanto sperassi, obbligandomi poi a risalire lungo la strada vecchia, il “Vicolo per Rezzago”. Niente di terribile, anzi, ma mi è rimasto il pallino di cercare una scorciatoia tra Caglio e Sormano. In realtà la soluzione più semplice è la strada di “via roma” che, quasi in piano, collega i due centri abitati. Se proprio non si vuole camminare sull’asfalto l’alternativa è salire fino alla base del Muro di Sormano ed intercettare il Percorso Segantini (passeggiata piacevolissima attraverso la pineta). Tuttavia mi incuriosiva che non ci fosse sulla mappa una qualche sottile linea che collegasse i due paesi attraverso i campi. Così, come spesso accade, sono andato a curiosare con il GPS in tasca. In realtà i primi problemi sono stati due: il primo le recinzioni, il secondo i pascoli. Caglio è caratterizzato da numerose ville e spesso queste sono solidamente recintate, quindi la mia ricerca del “passaggio” doveva tenere conto degli ostacoli antropologici e doveva evitare quanto più possibile di “schiacciare l’erba” dei pascoli. In ogni caso, facendo qualche tentativo, sono riuscito a raggiungere il margine del bosco senza invadere la proprietà di qualcuno. Giunti al bosco sono stati gli animali, o quanto meno il segno del loro frequente passaggio, ad indicarmi la via. Dove l’uomo non guarda gli animali creano vere e proprie strade, costellate da migliaia di segni ed indicazioni. Dettagli che sono molto facili da individuare, almeno dopo un po’ di pratica, ma che sono quasi impossibili da rappresentare in una visione d’insieme con una fotografia. Quindi posso spiegarvi come sono fatte queste strade, come riconoscerle, ma non posso mostrarvele in una foto, ma solo “standoci dentro”, nella realtà. Ci sono evidenti segni di passaggio, orme, modifiche nella vegetazione, un sacco di “cacca” di ogni tipo, punti in cui si capisce che animali differenti hanno scavato, dove hanno trascorso la notte o si sono fermati al sole. Nel val Roncaglia, tra Caglio e Sormano, vi è certamente una intensa frequentazione da parte di caprioli (che ho avuto occasione di vedere direttamente) che di cinghiali (che non ho visto ma la cui presenza è inequivocabilmente confermata dalla fatte e dagli altri segni). La frequentazione è alta perché le “strade” sono logiche e ben rimarcate. Probabilmente faremo qualche attività di studio con il gruppo di FotoTrappolaggio per confermare il tutto con qualche bell’immagine. Il torrente Roncaglia è comunque molto bello e la quantità di “portasassi” (i piccoli insetti acquatici che si costruiscono un guscio allungato con la sabbia del fiume – larve di friganea) indicano che l’acqua è molto pulita e non inquinata.  Questo un po’ mi consolava perchè, ahimè, la scorciatoia tra Caglio e Sormano attraverso la valle è certamente agevole per i cinghiali ma difficilmente fruibile per bipedi a passeggio (io però mi diverto un sacco in posti simili!!). Così, visto che ero in zona, ho deciso di non risalire a Sormano ma di esplorare anche i “segni umani” nella valle. Il fiume è infatti attraversato da una condotta aerea che, grazie ad una specie di ponte su piloni in cemento, sembra captare l’acqua sull’altro lato della valle (sinistra orografica – spalle alla sorgente). Risalendo sul fianco opposto mi sono imbattuto in una “torre di cemento” che, osservata più da vicino, appare essere il vecchio “Acquedotto di Santa Valeria”. Una targa riporta il nome e l’anno, il 1922. La struttura, chiusa in una valletta senza evidenti sentieri di accesso, sembra ormai in disuso ed abbandonata. Le pompe elettriche, visibili attraverso la porta aperta, sembrano ormai sconfitte dal tempo. I tubi in plastica ed una specie di antenna fanno pensare che la struttura abbia resistito fino agli 80/90 e che poi si sia arresa. Credo, da una rapida ricerca, che l’acquedotto sia gradualmente andato in disuso quando nel 1966 i Comuni di Caglio, Sormano e Lasnigo hanno realizzato un acquedotto comune che capta l’acqua dalla piana di Sant’Alessandro a Lasnigo, pompandonala verso l’alto fino ai serbatoi di Sormano (così almeno risulta da un vecchio documentario: Acquedotto di Sormano – 1966).  Riemergere dalla valle è stato più complicato del previsto, intrappolato tra le recinzioni ho dovuto districarmi attraverso un labirinto imprevisto, ma la “tribolazione” è stata alleviata dallo spettacolo di un bel maschio di capriolo che, in barba ad ogni barricata, si è dato alla fuga saltando di slancio ogni ostacolo!!  

Davide “Birillo” Valsecchi  

Giro lungo alla Croce Pizzallo

Giro lungo alla Croce Pizzallo

Il tempo era incerto ma la squadra ben determinata! Quindi, come spesso accade nelle giornate in cui la primavera si confonde con l’autunno, abbiamo “improvvisato” un escursione nei Monti di Sera navigando a vista e ripianificando i nostri obiettivi e la nostra rotta via via lungo il percorso. In giornate come questa il “gioco” è utilizzare il GPS per disegnare sulla mappa un ghirigoro colorato tanto improbabile quanto logico ed impegnativo. Così, lasciato il centro di Caglio, abbiamo raggiunto il castagneto di Rezzago seguendo sentieri quasi dimenticati e scorciatoie tracciate dagli animali. Poi giù, verso i Funghi di Terra ed il Lazzaretto. Poi sù, ad intercettare la mulattiera per Enco prima di scendere di nuovo puntando verso Valle Alta prima di risalire, dritto per dritto, verso Fiorana e la Sorgente del Pizzallo. Un goccio d’acqua – fredda e limpida – e poi ancora verso l’alto, verso Piazza Dorella e la Croce Pizzallo. Giunti in cima di nuovo giù, verso il Passo del Freddo allungandosi verso la Fontana Tre Sassi e l’alpe del Ginestrino. Lungo i prati incontriamo una bella lepre ed un maschio di capriolo. Giunti al Passo di Vallelunga ci concediamo un’altra stravaganza deviando nella valle tra la Ca Volta ed il Niombison, dove scorre l’affluente principale del Torrente Rezzago. La traccia che sembrava promettente purtroppo si disperde laddove il bosco si dirada lasciando spazio ad un’ampia radura di rovi ed erba alta. Mi infilo tra le spine in cerca di un passaggio tra gli ostacoli ma è quasi impossibile vedere sotto il metro e mezzo d’altezza. Il gruppo si muove piacevolmente in silenzio, ormai iniziano a capire ed imparare i trucchi! “Fermi… non siamo soli!” sussurro abbassando la testa. La sensazione si concretizza e davanti a noi, ad una ventina di metri, “sorprendiamo” quattro bei cinghiali: tre grossi ed un piccolo. L’ambiente è decisamente selvaggio e l’incontro elettrizzante. Il grosso davanti mi guarda, scocciato di non averci visto o sentito arrivare. Il gruppo resta immobile mentre io salgo in piedi su una ceppaia. Sono qui: lui mi vede, io lo vedo, lui decide di portare il suo gruppo verso l’alto della collina, senza fretta, senza agitazione. Io tengo fermo il mio. Ora, che la situazione è risolta, posso tentare una foto mentre si spostano nell’erba alta. Riprendiamo il traverso nella valle e scendiamo verso la Fornace evitando il Tennis e la Madonna di Campoè sfruttando la “mulattiera verde” lungo il fiume. 12 km, 700 metri di dislivello per quattro intense ore di cammino dietro casa, ai margini della società, sfiorando una natura selvaggia che ci è più vicina di quanto tendiamo a credere. Bella escursione!!

Davide “Birillo” Valsecchi

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