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Anello Foppabona e Valbona

Anello Foppabona e Valbona

La Val Biandino è sicuramente molto bella, ma a me piace curiosare negli itinerari meno frequentati e noti. Così, visto che lo scorso anno avevamo percorso la Cresta Sud del Pizzo di Cam, abbiamo deciso di visitare le due valli che lo cingono sempre a Sud: la valle Foppabona e la Valbona. Partiti da Introbio abbiamo intrapreso la vecchia massicciata di Sant’uberto salendo alle Baite di Piazzolo ed al Passo della Pianca. Superato il passo il Pizzo di Cam fa bella mostra di sè mentre sulla destra, in uno scenario decisamente alpino e “granitico”, risale la valle Foppa Bona fino all’omonimo passo lungo la Dorsale Orobica Lecchese. Larici e rododendri fanno da contorno alla roccia grigia che pare granito ma che è “Sienite”: una roccia magmatica plutonica simile ai graniti, ma diversamente da questi ultimi, priva di quarzo o con quantità di quarzo relativamente piccole. Uno scenario molto suggestivo, specie nella luce brillante, che ci conduce fino al Passo di Foppabona e quindi ai 2195 metri dello Zucco di Cam. Dalla cima, erbosa e morbida, si gode di uno straordinario panorama e di un inconsueto ma privilegiato punto di vista su tutte le valli e le montagne circostanti. Per la discesa ci abbassiamo al passo di Valbona spingendoci poi verso la vecchia miniera de “La Virginia”, di cui è stato restaurato l’ingresso. Da qui discendiamo la valle seguendo un sentiero piuttosto “selvatico” ma gradevole (agli amanti del genere!). Una famigliola di capre selvatiche fa mostra di sè fuggendo, non particolarmente preoccupata delle nostra presenza, a grandi salti tra le rocce. Il sentiero, a tratti decisamente imboscato, scende lungo la valle allungandosi poi lungo il fianco della montagna senza mai abbassarsi sulla strada per la val Biandino se non prima dell’ultimo ponte. Scesi alla Fontana di San Carlo rientriamo ad Introbio. Bel Giretto: 17.5km di sviluppo per 1.999 metri di dislivello positivo.

Monte Rotondo da Premana

Monte Rotondo da Premana

1600 metri di dislivello per 26 km di sviluppo tra andata e ritorno, partendo da Premana e risalendo la val Fraina. Questo itinerario al Monte Rotondo (2496m) offre uno straordinario panorama ed una salita, impegnativa ma appagante, lungo una vecchia mulattiera militare della linea Cadorna. Nonostante le otto ore e mezza di cammino, la stanchezza è stata addolcita ed addomesticata dalla bellezza dei paesaggi di intenso respiro alpino. Posto lungo la dorsale che collega il Legnone con il Pizzo dei Signori, il Monte Rotondo offre uno straordinario quanto insolito punto di osservazione a 360°. Sono molto soddisfatto, davvero una bella salita! Confido di visitare ancora quella zona, credo che presto “la squadra” farà visita al vicino Pizzo Alto!!

Escursioni Agosto 2021 (2a Parte)

Escursioni Agosto 2021 (2a Parte)

[DOL] Prima Tappa: Bergamo-Roncola

Bergamo – Città Alta – Colle dei Roccoli. Quando varchi la porta di San Giacomo, sotto lo sguardo intenso del Leone di San Marco, ti trovi davanti ancora altre mura ed una città fortificata in modo imponente. Ti rendi subito conto di come la Serenissima abbia voluto mostrare tutto il suo potere e la sua forza alle genti della pianura. Solo le guerre interne, la scoperta delle Americhe e la rivoluzione francese sottrassero definitivamente la città ai Veneziani. Ma quelle mura, che si innalzano al di sopra di un mare verde fatto di orizzonti – a sud – senza montagne, sono il passaggio da cui raggiungere prima il Castello di San Vigilio e poi i colli che, allungandosi verso il fiume Brembo, anticipano la lunga dorsale di monti verso la fine del Lago di Como e, forse, anche verso la fine della Valtellina. Nonostante il caldo soffocante abbiamo esplorato la prima tappa della Dorsale Orobica Lecchese, un percorso di 104 chilometri che unisce Bergamo e Colico. Dal Santuario di Sombreno abbiamo camminato lungo la parte meridionale della nuova Ciclovia della Val Brembana, realizzata sul dismesso tracciato della ferrovia. Superato il Brembo abbiamo seguito il sentiero Romanico, attraverso chiese e vigne, raggiungendo poi Roncola, ai piedi del Linzone e prima tappa della lunga dorsale. Un’esplorazione interessante che si spera porterà ad avventure ben più intense.

Il Pellegrino della Vallassina

Un vecchio libro ha portato la mia curiosità sui pellegrinaggi alpini e, di conseguenza, anche sui pellegrinaggi prealpini del territorio lariano. Spesso questi cammini del passato, questi itinerari tra le montagne oggi quasi dimenticati, sono molto più impegnativi di quanto si potrebbe credere, soprattutto valutando la preparazione e l’equipaggiamento di chi li percorreva. Così, pellegrino agnostico, mi sono messo in cammino anche io, cercando di capire dove avrebbe potuto portarmi questa ricerca. Il pellegrinaggio tra Asso ed il Santuario di Campoè, che si svolge solitamente a maggio, ha una traduzione che supera i 180 anni: parte da Asso, risale a Rezzago e quindi a Caglio. L’itinerario ufficiale sfrutta ora la strada provinciale, chiusa al traffico per l’occorrenza, così io ho cercato invece di percorrere una linea che ricalcasse solo i vecchi sentieri, che fosse la più diretta ma anche la più interessante. Partito dal Mulino Mauri, nella valle del Lambro, sono salito alla frazione Cà Nova di Asso e da qui, lungo la vecchia mulattiera che sale a Rezzago. I vecchi “cippi” in granito indicano ancora oggi la direzione mentre i vecchi ponti testimoniano il tempo passato di questa strada. Prima di giungere a Rezzago si incontrano i ruderi, ora in parte restaurati, della Torre di Rezzago. Tra Rezzago e Caglio la vecchia mulattiera, rimanendo sempre una stradina molto stretta, diviene asfaltata. Per questo ho preferito fare un lungo giro attraverso i campi in cerca di un vecchio sentiero – di cui ho memoria solo attraverso una vecchia foto – che sbuca appena sotto il Municipio di Rezzago. Da qui, risalendo verso Enco mi sono alzato lungo la valle del Torrente Rezzago. Prima di superare il ponte ho però imboccato un vecchio sentiero per raggiungere i campi sportivi di Caglio. Il sentiero esiste ancora, ma in buona misura è ormai frequentato solo dagli animali (mi sono infatti imbattuto in uno stupito capriolo) e nella parte centrale è quasi impraticabile per via dei rovi. In qualche modo ho però raggiunto i panoramici prati di Caglio e quindi il lungo viale alberato che porta alla suggestiva scalinata del Santuario della Madonna di Campoè. Il mio pellegrinaggio poteva dirsi concluso ed ero ormai rassegnato a fare ritorno ad Asso lungo i sentieri di Valle Bassa. Tuttavia, visto che avevo ancora voglia di esplorare, ho imboccato il nuovo Percorso dell’Oasi Botanica di Caglio. Ad onor del vero un cartello sconsiglia (vieta?) l’accesso dichiarando gli itinerari inagibili. Io, appellandomi alla mia “patacca”, ho percorso il “4passi” (quello più corto è chiamato “2passi”) ed effettivamente, nella parte alta, ci sono molti alberi abbattuti dal vento e questo può rivelarsi problematico, se non pericoloso, per un escursionista inesperto senza guida. Tuttavia, salvo questo passaggio, il sentiero si è rivelato inaspettatamente bello e decisamente interessante: la pineta, probabilmente unica nel territorio del Triangolo Lariano, permette di addentrarsi in una tipologia di bosco che solitamente appartiene a quote ben superiori (funghi, lamponi e more comprese!). Le mie aspettative erano scarse ma si è rivelato molto più bello, più lungo ed impegnativo del previsto. Dal sentiero Botanico ci si può poi collegare alla parte alta del Sentiero Segantini spingendosi, ai margini dei campi, fino a Sormano. Il colpo d’occhio, che spazia dalle Grigne al Cornizzolo, spiega senza difficoltà come il pittore Giovanni Segantini abbia trovato ispirazione per la sua opera più nota: “Alla Stanga”(1886). Da Sormano, attraverso tutte le “accorciatoie” dei vari paesi, ho fatto rapido ritorno ad Asso. I miei passi sui cammini antichi si è rivelato assolutamente soddisfacente! In futuro cercherò di proporre anche itinerari che riescano a coniugare questi antichi percorsi sui “monti di sera” con i centri storici (spesso sorprendenti!) dei paesi dell’alta Vallassina (Rezzago, Caglio, Sormano). C’è davvero moltissimo da vedere e scoprire!

Pizzo della Pieve e Cornell Bus

Pizzo della Pieve e Cornell Bus. Iniziare la propria salita alla vetta del Grignone al cospetto della “Fasana”, la parete rocciosa più imponente del territorio lecchese, significa addentrarsi nel territorio delle Grigne immergendosi nella sua natura più selvaggia ed autentica. Da Primaluna si risale in fretta verso il Rifugio Riva e quindi alla chiesetta di San Calimero: davanti a noi ora lo spigolo Est del Pizzo della Pieve e la cresta che rimonta ai margini della Parete Fasana. Il Cornell Bus è una vecchia traccia che, tra roccette e vertiginosi prati, conduce alla sommità della Fasana. I rami biforcuti di un vecchio albero morto da decenni indicano l’inizio della via, il resto va scoperto con intuito e malizia. Una salita decisamente impegnativa, oltre 2100 metri di dislivello, coronata dalle vette del Pizzo della Pieve (2248m) e del Grignone (2410m).

Cresta Zucco di Cam

Percorrendo il lungo rettilineo che da Ballabio porta a Balisio appare una grande montagna erbosa che sembra riempire l’orizzonte della suggestiva valle tra il Due Mani, a destra, e lo Zucco dei Campei, a sinistra: quello è lo Zucco di Cam. Grazie ai suoi 2195 metri di quota ed alla sua posizione lungo la Dorsale Orobica Lecchese a ridosso della Val Biandino, è uno dei punti più panoramici della Val Sassina: dalla sua sommità si gode di un panorama straordinario che spazia in ogni direzione. La sua vetta, placidamente tonda ed erbosa, non sembra però affascinare o attirare la grande massa: meglio così forse. In realtà, come mi ha insegnato il Moregallo, più è docile la cima più è inquieta la montagna. Da Introbio (586m) è possibile salire alla Bocchetta di Pianca (1350m) e quindi alla Bocchetta di Foppabona (1950m) per raggiungere poi la vetta dello Zucco di Cam da nord, lungo placidi prati. Una bella salita, noi però volevamo esplorare una linea più diretta che, dallo Zucco di Cornisella (1520), guadagnasse la cima (2195m) risalendo direttamente la Cresta Sud-Ovest. Spulciando tra le carte abbiamo trovando nota di una vecchia traccia ormai abbandonata che, con maestria e malizia, riesce a superare i salti rocciosi della cresta dando vita ad una linea impegnativa, ma escursionistica, alla vetta. Questo si è tradotto in 700 appassionanti metri di dislivello vissuti navigando a vista tra rocce e prati vertiginosi. I principali salti rocciosi lungo la cresta sono 4, ma possono essere tutti aggirati con arguzia senza bisogno di impegnarsi in arrampicata. Una salita intensa attraverso uno scenario imponente ed ignonto. Giunti finalmente in cima siamo stati letteralmente rapiti dal panorama circostante che, in una magnifica giornata di fine estate, fremesa vivo ed intrigante. Nonostante gli impegnativi 1600 metri di dislivello che avevamo già nelle gambe ci sentivamo energizzati da quella vista e, forse famelici, abbiamo cercato di gustarne il più possibile. Così dal Pizzo di Cam siamo scesi al Rifugio Grassi, da qui, seguendo un lungo traverso, siamo giunti al Lago di Sasso, ai piedi del Pizzo dei Tre Signori. Siamo poi risaliti ancora al Rifugio Santa Rita incamminandoci lungo la Sponda di Biandino, il crinale tra la val Biandino e la Val Varrone. Solo giunti all’alpe Algoredo, quando ormai il sole iniziava ad essere basso all’orizzonte, abbiamo abbandonato quell’infinito crinale per scendere nuovamente ad Introbio. Dopo 11 ore di cammino avevamo esplorato la Cresta dello Zucco di Cam e percorso il periplo dell’intera val Biandino: 26 km per 2190 metri di dislivello, davvero non male!

NB. la Cresta Sud-Ovest del Pizzo di Cam è da considerarsi un itinerario impegnativo per Escursionisti Esperti in grado di muoversi ed orientarsi fuori traccia.

Notturna Croce Pizzalo

Le giornate, alla fine di Agosto, si sono ormai accorciate ed il sole tramonta molto più presto di quanto accadesse a Giugno o Luglio. Solo un mese fa bisognava attendere le 22:30 perchè calasse il buio ed apparissero la stelle: l’attesa era però compensata dagli straordinari tramonti. Ora invece la notte arriva veloce, già alle 21:00 copre ogni cosa. Ci lascia giusto il tempo di osservare i funghi di terra prima di trasformare in modo radicale il mondo che ci circonda. Le frontali creano una bolla di luce che definisce e circoscrive il nostro spazio: spegnendole, immobili nel silenzio, i nostri sensi si insinuano tra le ombre nella fioca luce delle stelle proiettandoci in un mondo che forse di giorno non esiste. “Vediamo” e “sentiamo” in modo nuovo, forse inaspettato. Scopriamo che sugli alberi corrono frenetici i ghiri, che nelle felci si nascondo i caprioli e tra i cespugli brillano gli occhi delle volpi. Scopriamo anche che i tassi, sorpresi sul sentiero dal nostro passaggio, scappano pigri “sculettando” infastiditi ma tutt’altro che spaventati. L’Estate è finita, l’Autunno annuncia il grande buio dell’Inverno e la magia delle Notturne sempre più impegnative e misteriose. 

Escursioni Agosto 2021 (1a Parte)

Escursioni Agosto 2021 (1a Parte)

Bocchetta del Laréc

Con il gruppo giusto è divertente anche improvvisare. Così a Premana, giunti al bivio alla fine del paese, ho chiesto: “Volete la valle di destra o quella di sinstra?”. Il piano originale era risalire la Val Varrone fino al Rifugio Santa Rita. Il gruppo però ha scelto la valle di sinistra, la valle Fraina. “Bene, fuori la carta e vediamo dove si può andare!” In modo assolutamente estemporaneo abbiamo riprogrammato interamente l’escursione definendo insieme, carta alla mano, il nuovo itinerario: sponda destra del fiume Fraina, risalire fino all’Alpe Rasga e da qui all’Alpe Fraina, poi risalire lungo la strada ex-militare verso la Bocchetta del Larèc. Quando saremo lassù decideremo se proseguire lungo il sentiero Cadorna verso la Bocchetta di Trona oppure ripare verso Casera Vecchia nella Val Varrone. Rapida valutazione delle tempistiche e si parte. La valle Fraina, stretta tra il Monte Rotondo ed il Pizzo di Laréc è piacevolmente bella, ricca di verde e di acqua. La salita alla bocchetta è intensa, giunti al crinale, ormai a quota 2059m, ci troviamo davanti la Val Varrone e più in alto il Pizzo di Trona, il Pizzo Varrone ed il Pizzo dei Tre Signori. Ad accoglierci, all’orizzonte sui picchi, un cielo cupo e rumori di temporale. “Un mio amico dice sempre che a pancia vuota non bisogna mai prendere decisioni: mangiamo un boccone e vediamo poi dove andare”. Ci sediamo, mangiamo un panino, il temporale sembra allontanarsi verso nord mentre una pioggerellina comincia cadere. “Andiamo giù?” Tutti approvano e sereni scendiamo verso valle, superando i pascoli di pecore fino alla valle Varrone. La pioggia smette ed il nostro rientro diventa un’allegra passeggiata. Già, con il gruppo giusto è divertente anche improvvisare!

Compleanno Birillo – Sasso della Cassina

Sasso della Cassina – Per festeggiare il compleanno della “guida” abbiamo dato vita ad un escursione un po’ atipica. Partiti da Maisano, frazione di Valbrona, ci siamo incamminati verso la Reginata e da qui verso i prati di Caprante. Dalla Croce del Sasso della Cassina il panorama sul lago, nelle luci del tramonto, è decisamente suggestivo. A turno abbiamo suonato la campana dando inizio ai festeggiamenti. A Caprante, infatti, ci attendevano una tavola imbandita e bottiglie in fresco nella fontana! Un allegro gruppo di bambini giocava nell’erba mentre un’altrettanto allegro gruppo di adulti alzava il bicchiere ad ogni brindisi! Giunta l’ora del silenzio ci siamo rimessi in cammino risalendo verso Valbrona lungo l’altra sponda del torrente Caprante in modo da chiudere un’escursione ad anello. Giunti in prossimità delle prime case i bambini, decisamente i più attenti del gruppo, hanno individuato con la luce delle frontali due caprioli al pascolo ed una volpe che si aggirava furtiva. Ottima conclusione di una piacevole escursione notturna e di un’ottima festa di compleanno!

Giro dei Campelli dal Culmine di San Pietro

Giro dei Campelli dal Culmine di San Pietro – Alle volte le escursioni più interessanti nascono alla fine dell’uscita precedente, mentre si chiacchiera con un bicchiere in mano: “Vi va un giro insolito? Partiamo dal Culmine di San Pietro, facciamo un tratto della DOL fino ai piani di Artavaggio, poi su al Nicola ed al Cazzaniga. Passiamo la Bocchetta di Campelli e seguiamo il 101 fino alla Bocchetta dei Mughi. Scendiamo alla Lecco e poi infiliamo il Sentiero degli Stradini e via di nuovo per Artavaggio. Alla fine chiudiamo facile scendendo a Campuscedo.” Così siamo partiti e, dopo 28 chilometri e 1200 metri di dislivello, abbiamo chiuso un’affascinante ed intenso anello attraverso uno scenario straordinariamente dolomitico nel cuore delle prealpi orobiche.

Notturna nelle Moregge

Notturna nella Valle delle Moregge – “Questa sera siamo solo noi due, facciamo un giretto esplorativo?” Il programma prevedeva una tranquilla salita al Castel di Leves dal morbido versante ovest, tuttavia a causa delle defezioni e delle vacanze estive ci siamo ritrovati al parcheggio solo in due: io ed un buon amico di vecchia data, compagno di spedizione in Pakistan e membro ormai ventennale del Soccorso Alpino. “Facciamo qualcosa di divertente? Birretta alla SEV passando dalla valle delle Moregge?”. Così per due intense ore abbiamo vagato lungo sentieri abbandonati nella valle più selvaggia – ed insidiosa – del Triangolo Lariano. Un itinerario per escursionisti MOLTO-MOLTO esperti che si conclude con un passaggio di II°/III° su roccia fragile ai margini di una cascata: qualcosa che come AMM non potrei mai nemmeno proporre. Lui si guarda in giro approfittando della perlustrazione: “Speriamo di non dover recuperare mai nessuno da qui, sarebbe un vero casino tirarlo fuori”. La valle delle Moregge, tra Corni e Moregallo, è davvero un luogo magnifico e terribile, ostile ad ogni velleità ed ingerenza umana. Nella valle però, negli ultimi tempi, sono aumentati “ometti” e “fiocchetti”: c’è movimento, è aumentato il numero di coloro che vi si addentrano. Prudenza! Noi invece, ormai al buio, siamo giunti alla SEV, aperta ora tutti i giorni per Agosto: una birra sulla terrazza del rifugio, una chiacchiera tra amici con i volontari. Direi non male per una serata d’estate.

Legnoncino da Colico

Legnoncino da Colico – Con i suoi 1.714 di quota il Legnoncino non sembra appartenere al “Club” delle montagne “importanti”. Inoltre, grazie alla strada che permette di raggiungere in auto il Rifugio Roccoli Lorla è considerata una meta “turistica”. Tuttavia, proprio perchè bistrattata, volevo scoprire di più. Così siamo partiti da Posallo, frazione di Colico, affrontando un dislivello positivo di 1400 metri (quindi non propriamente banale). Il versante Nord, contro ogni aspettativa, si è dimostrato – anche nella calura di agosto – molto meno afoso di quanto ci si potrebbe aspettare: si risale infatti tra ombrosi boschi attraversando alpeggi e fresche fontane. Superata Sommafiume si raggiunge il museo a cielo aperto dedicato alle fortificazioni della Linea Cadorna. Dai Roccoli Lorla la salita alla vetta del Legnoncino è semplicemente un passaggio obbligato: il panorama dalla cima – nonostante turisti e ciclisti – è assolutamente straordinario. Berlinghera, Sasso Canale, Pizzo Campanile, normalmente quasi invisibili dal Triangolo Lariano, ammiccano all’orizzonte. In ogni direzione lo sguardo trova qualcosa da osservare: un ricordo o una tentazione. Poi di nuovo giù, quasi in picchiata, sul sentiero dei Pivion. Una bella giornata ed una salita “imprevedibilmente” piacevolmente anche in veste estiva.

Notturna Nuvolone

Notturna al Nuvolone – Con i suoi 1092 metri di altitudine è il rilievo più a nord del Triangolo Lariano e la sua posizione, a ridosso della Punta di Bellagio, offre una prospettiva ed un panorama quasi unico. Ottocento metri sopra il lago, che è a quota 200, si possono osservare tutti e tre i rami del lago di Como mentre lo sguardo spazia sulle montagne in ogni direzione: le Grigne per il Lecchese, il Sasso Grona e il Generoso per il Comasco, il Costone, il Duria, il Lenno, il Tremezzo per il Lario Occidentale, il Grona, il Bregagno, il Leddù per l’alto lago ed ancora Legnoncino e Legnone. La Villa del Balbianello, l’Isola Comacina, la chiesa di San Martino, ma anche Lezzeno. Con salendo cinquecento metri di salita, partendo da Brogno – frazione di Bellagio – si può godere di uno spettacolo davvero speciale. Il timore era il caldo ma la valle del Perlo e la brezza del lago hanno saputo mitigare le temperature. Il percorso, al buio, può però essere particolarmente insidioso, sia tecnicamente che per l’orientamento, a chi non conosca la zona. Tuttavia con un buona guida – e facciamocela un po’ di pubblicità! – questi problemi si risolvono senza pensieri! 😉 Davvero una bella salita, da mettere in calendario anche a Settembre.

Escursioni Luglio 2021 (2a Parte)

Escursioni Luglio 2021 (2a Parte)

Noturna al Sentiero Geologico Alto

Serate di luglio trascorse nella quiete delle nostre montagne: il sole illumina l’erba, verdissima ed agitata dal vento, mentre luci ed ombre rimarcano i profili delle rocce bianche dell’isola senza nome. Mille metri di fatica per intensi attimi di grande pace e soddisfazione!!

Rongio – Manavello – Rifugio Rosalba

Al via le escursioni “In montagna Lunedì”, una serie di impegnative salite da affrontare nel giorno in cui i monti sono meno affollati. Prima tra queste il lungo crinale che da Rongio risale al Manavello, allo Zucco Pertusio e quindi al Rifugio Rosalba: quasi 1500 metri di dislivello per un itinerario che scorre tra boschi di faggio e pinnacoli rocciosi offrendo uno scorcio vertiginoso sull’azzurro del lago. Raggiunto il Rifugio, dopo esserci ampiamente rifocillati, abbiamo iniziato la nostra discesa lungo la parte bassa della Val Scarettone, ammirando prima le guglie della Cresta del Giardino e poi la fresca oscurità della Grotta Ferrera. Il maestoso spettacolo del Grignone, del Sasso Cavallo, del Sasso di Sengg e dei Carbonari ci ha accompagnato, con prospettive sempre diverse, lungo tutto il percorso. Un escursione impegnativa, sia fisicamente che in alcuni tratti tecnicamente, decisamente appagante!!

Notturna San Pietro al Monte

Nelle intenzioni doveva essere un’escursione rilassante, una semplice salita diretta al Santuario di San Pietro al Monte. Il gruppetto però aveva voglia di zingarare, di far girare le gambe. Così, dalla Valle dell’Oro ci siamo ritrovati sulla vecchia strada romana per Suello ingaggiando verso il Priel. Dopo un arrembante serie di sali e scendi nel labirinto di sentieri del Cornizzolo abbiamo deciso di riportare la nostra rotta verso San Pietro dove, finalmente, ingollare i curiosi – e terribili – panini al salmone di Luca. La millenaria Abbazia ci ha accolto con i suoi silenzi mentre il sole lasciava posto ad una luna ormai quasi piena. Riguadagnando il crinale al Dosso della Guardia siamo scesi a valle mentre il lago di Annone brillava nelle luci della notte. Una birretta “Da Edo” per concludere un viaggio attraverso una bellezza solo apparentemente semplice!

Notturna Boschi di Valbrona

Quando il caldo si fa opprimente bisogna giocare d’astuzia, rimandare le salite più impegnativa concedendosi anche qualche piacevole passeggiata tra i boschi. Così, partiti da Maisano – frazione centrale di Valbrona – ci siamo spostati verso Visino lungo il sentiero che, attraverso i prati, raggiunge il laghetto di Ponte Castello. Poi, puntando verso la Coletta dei Corni, abbiamo girovagato quasi senza meta tra i mille sentieri del bosco che, riconoscente per la visita, ci ha premiato con abbondanza di lamponi!! Disertata la Val Cerrina, già visitata salendo ai Corni, abbiamo deviato per i Prati di Piazzo prima di risalire verso Oneda lungo il sentiero del Criarolo. Nella quiete serale delle baitelle dei Corni ci siamo imbattuti in sorpresi caprioli, in un cinghialetto solitario ed in una lepre. Una piacevole passeggiata attraverso luoghi sconosciuti, ricchi di boschi ed acqua, per un totale di quasi 10 km e 384m di dislivello.

Belasa o non Belasa?

Belasa o non Belasa? Sabato sera, mentre ci addentravamo nella valle Inferno lungo il Sentiero delle Vasche, una maliziosa pioggerellina rendeva viscido ed incerto ogni appoggio. L’obiettivo dell’uscita era il Belasa, farsi però sorprendere da un temporale estivo nel Canalone Belasa è davvero una pessima idea ed ogni bollettino meteo o proiezione radar sembrava urlare all’imminente funesto nubifragio. Così con il mio piccolo gruppo, già ridotto dalle preoccupate defezioni, dovevo decidere sul da farsì. Temporeggiando, in attesa che il cielo mostrasse finalmente le proprie intenzioni, abbiamo bighellonato al “Casotto degli Sbadati”, allo “Spaccasassi”, al “Crotto del Funzi”, trasformando un’escursione dall’intenso impegno fisico in un’esplorazione storico/culturale/naturalistica. Giunti alla fontanella di Sambrosera non restava che scegliere: Belasa o non Belasa. I “marchingegni digitali” di tutti i presenti profetizzavano pioggia e sciagura. L’unica certezza, nella mente della guida, è che una volta nel Belasa, se arriva il temporale di notte, puoi solo tentare di uscire verso l’alto sperando di avere fortuna e che tutto fili liscio. “Se tua madre ha deciso di risposarsi, o il cielo di far piovere, tu non ci puoi fare proprio nulla” recita un curioso proverbio cinese. Il tempo è il ritmo di tutte le cose, tanto come fenomenologia meteorologica quanto come continuità di eventi connessi tra loro. In montagna bisogna avere ritmo: quando la musica cambia bisogna essere pronti a cambiare il ballo. Così, continuando la nostra camminata, ci siamo allungati verso la Valle Due Pile, la Forcellina, il sentiero del Luisin, il sentiero Elvezio e quindi il Sasso di Preguda. Alla fine della serata, poco prima di mezzanotte, non avevamo fatto il Belasa ma non era neppure giunto il previsto diluvio, avevamo fatto il doppio dei chilometri previsti e la metà del dislivello, ma nella Valle Dell’Oro, con una birra in mano sotto un cielo stellato dominato da una luminosa luna piena, abbiamo brindato e riso tutti insieme. Sull’Alto Lago brillavano minacciosi lampi, ma ormai non aveva più importanza: direi bene anche così!

Notturna Palanzone

“La mia guida è differente”. La notturna al Palanzone è una classica, forse ormai anche troppo conosciuta: dalla Colma partono sempre più spesso improvvisate comitive allo sbando nella notte. “Vi va se cambiamo? Se saliamo da Caglio anzichè dalla Colma? E’ un po’ più dura ma…” Così dal Santuario di Campoè ci siamo inoltrati nella valle nel Torrente Rezzago per poi salire alla Bocchetta di Vallelunga. Qui, nei boschi sfoltiti di recente, abbiamo avuto modo di osservare diversi caprioli al pascolo nella quiete del crepuscolo. Poi sù, verso “Cà della Volta” e più in alto, lungo il crinale che separa Caslino da Caglio raggiungendo la Cima. Una “cresta” erbosa che si staglia contro l’orizzonte, ben visibile ed inconfondibile quando si sale lungo la Vallassina. In cima l’orizzonte bruciava ad occidente mentre il buio iniziava ad avvolgere l’oriente. La “Piramide” era ancora curiosamente deserta, ma solo per poco. Prima un gruppetto “sperduto” in cerca del Rifugio Riella (deve essere caduta la palina ed al buio non sapevano più dove andare) poi un orda di “sfollati” che, disperatamente aggrappati alle racchette da montagna, slittavano sul fango con le “mojito” (scarpette basse da passeggio con la suola drammaticamente liscia!) mentre venivano incalzati da “runners” attrezzati come power ranger ma ormai già senza fiato. Io e le mucche abbiamo osservato la scenetta con una certa divertita curiosità. Guardare invece il mio piccolo gruppo mi ha strappato un compiaciuto sorriso: i suoi membri, che avevano nelle gambe il doppio del dislivello ed il doppio dei chilometri, erano decisamente differenti, tanto nell’equipaggiamento quanto nell’atteggiamento. Per me è una grande soddisfazione riuscire ad insegnare come vivere la montagna senza scadere nel turismo modaiolo oggi tanto in voga. Dopo aver lasciato sfilare il “trenino” abbiamo superato la Bocchetta di Caglio immergendoci nuovamente nel bosco e nei suoi segreti. Il sentiero, sdrucciolevole ma piacevole, ci ha riportato prima al Belvedere Segantini e poi al Santuario. Quasi tutti i partecipanti erano già stati al Palanzone in precedenza, spesso di notte o con la neve: nessuno però aveva mai percorso quei due sentieri e tutti erano felici di aver scoperto luoghi sconosciuti. La magia è trasformare un’escursione semplice in un’esperienza speciale: ieri sera sono stato una buona guida!

Ocone e Camozzera

Le preoccupanti previsioni meteo per la serata rendevano impensabile la prevista notturna al Monte Due Mani. Così, contattando un po’ di “habituè” dalla comprovata capacità, ho fatto loro una proposta alternativa: partire la mattina da Carenno, Passo del Pertus, Monte Ocone, Monte Camozzera, la Passata e ritorno sulla DOL. Il risultato è stato una appassionante e suggestiva “cavalcata” sulla parte più orientale del Sentiero delle Creste al Resegone. Partiti alle nove eravamo novamente a Carenno alle tre del pomeriggio, ampiamente in tempo per sfuggire ai nubifragi previsti per le diciotto. É però sufficiente una rapida incursione come questa per rimanere affascinati dalla bellezza, unica nel suo genere sul Lario, del Monte Resegone. Monte Spedone, Monte Ocone, Cima Camozzera, Cima Quarenghi, Cima Piazzo, i Solitari, Pizzo Brumano, Pizzo Daina, Torre di Valnegra, Cima Resegone, Punta Stoppani, Punta Manzoni, Dente, Cima Pozzi, Pan di Zucchero, Pizzo dei Galli, Pizzo Morterone: ecco il Sentiero delle Creste nella sua stupefacente interezza. Il crinale tra l’Ocone ed il Camozzera, con i suoi passaggi impegnativi e spesso tecnici, mostra anche quanto sia necessario possedere esperienza, passo fermo e preparazione fisica per affrontare un “viaggio” simile. La cresta dal Monte Ocone al Camozzera, un’escursione riservata solo ad escursionisti esperti, è intensamente affascinante: con il gruppo giusto conto di tornarci anche in autunno, magari aggiungendo qualche altro “dente” prima dell’arrivo della neve.

Escursioni Luglio 2021 (1a Parte)

Escursioni Luglio 2021 (1a Parte)

Notturna ai Funghi di Rezzago – Croce Pizzallo

Dopo aver riunito il gruppo ad Asso siamo saliti a Rezzago, attraversare il centro storico del piccolo paese, per risalire poi la Valle dei Morti dove, accanto ad un grosso masso erratico, fu costruito un lazzaretto. Lungo la Val di Balcon abbiamo osservato i due grandi “Funghi di Terra”: le “piramidi di erosione” sono imponenti strutture nate dal connubio geologico tra gli “erranti” – trasportati per centinaia di chilometri dal ghiacciaio – e l’erosione ad opera della pioggia dei terreni morenici – anch’essi frutto del passaggio del ghiacciaio. Ci siamo quindi inoltrati tra i grandi castagni di Enco per guadagnare la cima della Croce Pizzallo passando da Piazza Dorella. Il panorama circostante, avvolto nelle luci del tramonto – abbracciava tutto il triangolo lariano spingendosi ad Est oltre il lago, raggiungendo le due Grigne, il Resegone ma anche il distante Legnone. Scendendo verso dosso mattone ci siamo imbattuti in sei grossi cinghiali. Con la dovuta prudenza, senza attirarne l’attenzione, siamo riusciti ad avvicinarci abbastanza per osservarli in sicurezza, raggiungendo al contempo anche la sommità del Dosso Mattone. Abbiamo poi proseguito la nostra escursione verso i “tre sassi” e l’alpe del Ginestrino facendo ritorno a Rezzago dalla strada di Enco. Lucciole e stelle hanno accompagnato il nostro cammino fino ai caratteristici lampioni arancioni che illuminano le strette viuzze delle medioevali Corti di Rezzago.

Notturna nelle Moregge

Le previsioni meteo oscillavano compulsive tra “pioggerellina leggera” e “Allerta Gialla!”. La Valle delle Moregge, una delle valli più selvatiche e meno antropizzate di tutto il Lario, è davvero un pessimo posto per farsi sorprendere da un violento temporale. Ad aumentare le incertezza anche un imprevisto: l’uscita dalla vecchia galleria del Melgone è stata nuovamente bloccata – lo abbiamo scoperto solo al secondo cancello – rendendo impossibile un giro ad anello sfruttando il “sentiero della scaletta”. Abbiamo provato a rimontare sul “sentiero della finestra”, ma due alberi abbattuti rendevano ulteriormente complessa una linea di salita già impegnativa ed esposta a precipizio sull’acqua. Respinti dal rischio e dalle difficoltà non abbiamo potuto altro che ritornare sui nostri passi e ripiegare sul Sentiero del 50° OSA. L’afa, dopo un scroscio di pioggia, era soffocante rendendo ulteriormente gravosa la già ripida salita tra l’erba alta. Partiti da quota 200 – la riva del lago – abbiamo raggiunto quota 550 sotto l’imponente Parete Nord del Moregallo. Prima di abbandonare il sentiero per immergersi completamente nella valle delle Moregge, viste le facce e l’incertezza del tempo, ho indetto una votazione: 9 voti su 9 – il mio compreso – hanno optato per un fresco bagno nelle acque del lago ed una bicchierata al Rapanui! In montagna non sempre si vince, l’importante è non perdere: un’escursione densa di imprevisti e magra di conquiste si è rivelata una serata tra le più divertenti e piacevoli da trascorrere tutti insieme. Il Moregallo non regala mai nulla, ma il gruppo è stato ottimo!

Notturna al Corno Orientale

Il fascino del giorno che incontra la notte, vissuto tra le montagne, è riuscito – almeno in parte – a resistere al richiamo della Nazionale di calcio impegnata nella semifinale degli Europei. Con un piccolo gruppo abbiamo risalito, avvolti nel placido silenzio che avvolge al tramonto i vecchi castani, la val Cerrina. Giunti quasi al suo culmine siamo stati accolti da un capriolo maschio che fieramente rivendicava il proprio primato sul territorio: “Ma abbaia?” Sì il capriolo “abbaia”, emette un suono cupo e roco che ricorda quello del cane. Il termine corretto è “scrocchio”, in parte è un segnale d’allarme ed in parte un “chivalà” che l’animale lancia verso chi entra nel suo territorio. Giunti poi a Pianezzo, mentre le nuvole grigie si tingevano di arancione, ci siamo diretti alla Parete Fasana ed alla Forra dei Corni. La profonda ”trincea di roccia” che separa la Parete Fasana dal Gruppo dei Pilastri è una piccola meraviglia sorprendentemente poco nota a molte delle persone che sono già salite in precedenza ai Corni. Dalla cima del Corno Orientale, dopo i saluti di rito e qualche pezzo di focaccia farcita, ci siamo goduti la notte ed il brillare delle luci sottostante. Verso le undici e mezza, rientrando alle macchine tra le strade di paese, abbiamo potuto ascoltare – dalle finestre aperte e dalle televisioni a tutto volume – anche lo svolgersi dei Calci di Rigori e la vittoria della Nazionale. Sembra che le nostre notturne portino fortuna anche agli azzurri!

Notturna al Monte Oriolo

L’Oriolo, con i suoi 1101 metri, è il meno conosciuto e probabilmente frequentato dei tra i monti che circondano la conca di Crezzo (Megna, Oriolo e Castel di Leves). Tuttavia offre la possibilità di un percorso ad anello inaspettatamente suggestivo e panoramico. Si può infatti attraversare i boschi del versante Est, abbondanti di grandi alberi e grossi massi erratici di granito, per poi percorrere da Sud verso Nord il lungo crinale: solitarie radure offrono scorgi insoliti, per via della posizione dell’Oriolo, sulle montagne e le valli circostanti. L’itinerario, impegnativo ma non particolarmente faticoso, permette poi di allungarsi verso il Castel di Leves prima di fare ritorno alle sponde del Laghetto di Crezzo da cui si è partiti. Le fotografie, con la fioca luce di questi piovosi giorni di luglio, non rendono giustizia al panorama. Un’escursione interessante da riproporre nelle diverse livree stagionali.

Calendario Notturne Agosto 2021

Calendario Notturne Agosto 2021

“Il giorno è abbagliato; la notte è dei sogni e solo i crepuscoli sono chiaroveggenti per gli uomini.” (Pirandello). L’idea di andare in montagna di notte è nata dall’opportunità di evitare il caldo estivo, così come dalla volontà di fuggire al fresco dopo una lunga giornata di lavoro. Poi però si è trasformata in qualcos’altro, in un’esperienza inaspettatamente più profonda. Quando il rossastro orizzonte del tramonto lascia spazio ai colori sempre più tenui del crepuscolo si riesce a percepire tutta la magica complessità del passaggio tra il giorno e la notte. Scritta così, in un articolo per il web, può sembrare una banalità ma quei momenti, vissuti sulle montagne, hanno davvero un inconsapevole ma importante impatto sul nostro agire, sul rapporto con ciò che ci circonda. Il tramonto è un momento di festa, di saluto, il sole infiamma il cielo e gli spiriti. Quando poi sparisce il mondo si acquieta, le piante – dai girasoli alle più primitive felci – reclinano il capo, gli uccelli ammorbidiscono il proprio canto, ogni creatura vivente sembra cambiare lentamente il proprio equilibrio. Anche osservando i membri del gruppo appare evidente come, senza apparente ragione, persino i più caciaroni e chiassosi diventino più quieti, maggiormente predisposti all’ascolto anzichè al fiume di parole e pensieri che li ha accompagnati fino a quel momento. Perchè il crepuscolo non è nè giorno nè notte, non è neppure tramonto, ormai passato. Ciò che accade subito dopo lo scomparire del sole è ciò che fotografi e poeti chiamano l’ora blu: conservando il ricordo del giorno anticipa, lentamente ed in modo sfumato, ciò che accadrà durante la notte. Gli animali più grandi lasciano il proprio riparo nel bosco e si mostrano ai margini dei prati, dei pascoli o delle radure. Pur un momento possiamo sbirciare nel buio senza bisogno di altra luce se non il tenue riflesso che solo gli occhi, dopo millenni di evoluzione, sanno cogliere. Sospesi in un territorio di confine che percepiamo inaspettatamente familiare. Poi inizia la notte e tutto cambia nuovamente: il cielo si riempie di stelle ed i prati di lucciole, il bosco si anima di rumori, suoni, versi, movimento. La notte è viva, caotica e agitata più di quanto si sarebbe portati a credere! La notte modifica ancora il nostro modo di rapportarci con il mondo circostante: può sembrare assurdo ma con il buio la nostra percezione della fatica cambia, in meglio! Nonostante il percorso sia lo stesso e sia necessario uno sforzo aggiuntivo nel gestire e controllare i propri passi, il nostro incedere diventa più leggero e deciso, meno faticoso e più appagante. Qualcosa di atavico si sveglia, vibra, rendendoci parte di quel mondo oscuro e tenebroso che ci circonda. Nel corso di qualche ora si è quindi travolti da un turbine continuo di cambiamenti, tanto nel mondo circostante quanto nel nostro modo di essere. L’itinerario più semplice, quello apparentemente più banale nella brutale luce del sole, si trasforma in un viaggio elettrizzante, denso di incertezza e meraviglia. 

Il calendario delle uscite di Agosto punta quindi ad amplificare questo tipo di esperienza proponendo tre escursioni settimanali (Martedì, Giovedì e Sabato) prevalentemente nel Triangolo Lariano, un territorio dove montagne e lago vivono uno speciale equilibrio simbiotico. Le escursioni durano tra le quattro e cinque ore, iniziano con il sole e si concludono con il buio. L’impegno fisico varia a seconda delle mete, solo in alcuni casi è severo, nella maggior parte degli itinerari basta un minimo di presenza fisica ed esperienza per partecipare. Scarpe buone, una luce affidabile e tanta voglia!! 

Davide “Birillo” Valsecchi
Accompagnatore di Media Montagna Collegio Guide Alpine Lombardia

DataMetaPartenzaDifficoltà
Martedì 3 AgostoValbrona – Corno Orientale da Oneda e Cerrina19:30Intermedia
Giovedì 5 AgostoValbrona – Anello Caprante – Sasso della Cassina19:30Facile
Sabato 7 AgostoOnno – Sentiero degli Ulivi n°716:00Impegnativa
Martedì 10 AgostoBarni – Giro del Castel Di Leves19:30Intermedia
Giovedì 12 AgostoBrogno – Nuvolone19:30Intermedia
Sabato 14 AgostoCrevenna – Sentiero delle Scale – Valle Bova16:00Intermedia
Martedì 17 AgostoCanzo – Val Ravella ed il Fö19:30Intermedia
Giovedì 19 AgostoCivate – San Pietro al Monte dal Buco della Sabbia19:30Intermedia
Sabato 21 AgostoSomana – Anello Zucco Sileggio16:00Impegnativa
Martedì 24 AgostoLasnigo – Monte Megna da Crezzo19:30Intermedia
Giovedì 26 AgostoSormano – Palanzone dalla Colma19:30Intermedia
Sabato 28 AgostoCaslino – Monte Puscio e Croce Pessina16:00Intermedia
Martedì 31 AgostoRezzago – Funghi di Terra e Croce Pizzallo19:30Intermedia

Le escursioni sono organizzate e condotte da un membro abilitato del Collegio delle Guide Alpine di Lombardia. Il costo è di 20€ per escursione a persona. E’ possibile attivare un abonamento anticipato di 100€ per partecipare a tutte le uscite del mese (compatibilmente con le proprie capacità). Obbligatoria la prenotazione.

Per informazioni o dettagli potete contattarmi via Telegram, via WhatsApp o via Email. Per essere costantemente aggiornati sulle attività di LarioTrek.it è ora disponibile un nuovo gruppo Telegram: “[ʎ]LarioTrek: Le notturne del Tasso”

Notturne di Giugno (2a parte)

Notturne di Giugno (2a parte)

Giunto Luglio possiamo “archiviare” le escursioni notturne della seconda metà di Giugno: impegnative ma piacevoli serate trascorse tra i monti del Triangolo Lariano in compagnia di nuove e consolidate amicizie. Sono molto soddisfatto delle attività fin qui svolte, di come sia stato possibile mostrare angoli poco noti del nostro territorio nell’inconsueta veste notturna. Credo che il calendario di Luglio sia altrettanto interessante, così come è interessante la crescita del gruppo. Crescita che probabilmente permetterà, ad Agosto e Settembre, di affrontare salite via via sempre più impegnative ed appaganti verso le “vette esterne” del Lario.

Notturna al Palanzone

Il temporale, nonostante le previsioni, incalzava da sud, scuro, carico di pioggia e di lampi. Sotto una tettoia, con una fetta di torta alla carota in mano, abbiamo atteso scoprisse le sue carte, mostrasse le proprie intenzioni. Il fronte si è spezzato, una parte ha infilato il ramo comasco del lago, l’altro ha sbattuto contro il Cornizzolo ed ha piegato verso Lecco per incunearsi tra il Moregallo e le Grigne prima di risalire verso nord. Sopra di noi un surreale cielo azzurro in una luce cupa. Attraverso il bosco, evitando la cresta, abbiamo raggiunto – senza una goccia di pioggia – la Braga di Cavallo ed il Monte Croce: l’ultimo piccolo strappo per l’obelisco del Palanzone era davanti a noi ma, alle sue, spalle una seconda perturbazione avanzava da sud. Lo spettacolo attorno a noi, circondati da un turbinio di nuvole e colonne d’acqua, era sufficientemente affascinante …da rinunciare alla cima ripiegando sui nostri passi. Sulle creste erbose, come la Dorsale Lariana o il Cornizzolo, i temporali sono significativamente pericolosi ed i fulmini una minaccia reale e difficilmente controllabile. Ieri sera però, con pazienza ed attenzione, siamo riusciti ad addentrarci in sicurezza nel cuore “asciutto” di quella natura inquieta. Grazie a Luca ed Alba per essersi fidati ed affidati alla guida.

Notturna al San Primo

L’obbiettivo era cogliere la “Super Luna” schivando il temporale! Con accortezza abbiamo lasciato che la perturbazione ci superasse per poi inseguirne la coda lungo la ripida Cresta Sud del SanPrimo: 700 metri di dislivello, fortunatamente all’asciutto, ma sferzati dal vento lungo il ripido crinale erboso. Una salita impegnativa premiata, poco prima della vetta, con il sorgere della Super Luna! Non davo particolare credito a questo evento ma ho dovuto ricredermi: la Luna, all’orizzonte mentre nasceva, appariva sensibilmente più grande così come il suo intenso colore rosso era assolutamente sorprendente. Un gran bello spettacolo che ci siamo goduti dalla cima. La discesa, nel riflesso di una Luna ormai tornata candida ma sempre luminosissima, lungo il crinale del Monte Lot. Menzione d’onore ad Alessandro: partito da Saronno ha raggiunto la Colma in bicicletta, ha effettuato la salita ed ha fatto rientro a casa sempre in bicicletta!! Grazie anche ad Alessandra per le foto! Un escursione faticosa ma davvero piacevole.

Notturna alla Croce Pizzallo e Barzaghino

La partita della Nazionale contro l’Austria ha provocato qualche defezione ma, anche a ranghi ridotti, abbiamo dato vita ad un’interessante escursione serale. Partiti da Asso lungo la fresca Valle Bassa abbiamo raggiunto Rezzago ed il Lazzeretto della Madonna della Buona Morte. Da qui, dopo una ripida visita ai “funghi di terra”, Piazza Dorella e la Croce del Monte Pizzallo. Nonostante la bassa quota, al limite dei mille metri, la calura era tenuta a bada dalla brezza serale. Il panorama, nelle luci oblique del tramonto, appariva morbido e sfumato come in un dipinto. Forse non è un caso che Segantini abbia vissuto nella vicina Caglio. La nostra escursione è poi proseguita attraverso Dosso Mattone verso la cima del Monte Barzaghino. Per la discesa, ormai in notturna, verso Caslino e quindi Asso, abbiamo superato gli impegnativi sentieri attraverso i crinali rocciosi del Barzaghino. Particolare attenzione in questi tratti che, non particolarmente tecnici, hanno numerosi passaggi esposti nel vuoto. Due piccole ma panoramiche cime in poco meno di 5 ore per 11 Chilometri ed 800 metri dislivello. Bene!

Notturna al Castel di Leves

L’escursione voleva essere una piacevole camminata che, da Barni, risaliva placidamente a Magreglio attraversando poi i boschi del Sentiero del Tivano. Raggiungendo, con dislivello minimo, la cima del Castel di Leves, pulpito roccioso che si innalza verticale sopra Onno ed il lago dirimpetto alle Grigne. Il gruppo però era “carico e veloce” e così abbiamo inserito una seconda cima, il Monte Oriolo: poco frequentato si innalza tra il Castel di Leves ed il Crinale del Monte Megna. La sua cima, in una posizione interessante, purtroppo non offre un gran panorama per via della fitta vegetaziona, tuttavia la scelta si è rivelata azzeccata! Dopo aver fatto visita al “Castanun de Buncava”, un castagno secolare di sei metri di diametro, ci siamo immersi nel buio del bosco e, in meno di un ora, ci siamo imbattuti in caprioli, mufloni, lepri, una volpe ed una quantità – inquietante – di cinghiali: davvero molti incontri, spesso decisamente ravvicinati! Alle undici, superato il “funtanele” (uno degli ultimi abbeveratoi pubblici della Vallassina), ci siamo goduti il centro storico di Barni sorseggiando una birretta all’ultimo baretto ancora aperto. Ottimo Martedì sera!

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