Destinazione Rosalba
“Facciamo due passi da Rongio al Rosalba?” Avevo gettato quest’esca ai Badger perchè, avendo nevicato il giorno prima, speravo abboccasse qualche pesce grosso della squadra. Inaspettatamente alla chiamata hanno risposto invece le mie due “aciughine” preferite: Boris e Niky. Non ero sicuro fosse un uscita alla loro portata: non ero mai stato da quelle parti e nelle relazioni si parla di 1000 e passa metri di dislivello tra roccette esposte che, nel nostro caso, saranno coperte da un leggero strato di neve. Tuttavia, visto che erano belli gasati, ho comunque “startato” la missione.
Da Rongio al baitello del Manavello si risale attravarso il bosco lungo un sentiero abbastanza battuto. Una salita piacevole e non troppo impegnativa. Se il Baitello è aperto si può trovare anche un riparo caldo e godere di uno strepitoso panorama.
Superato il baitello la neve si è fatta vergine e la traccia, visibile solo dai bolli colorati sui sassi, risale ripida ed al buio su per un canale. L’attacco era tutt’altro che invitante ed il vento gelido che soffiava giù dalla Grigne rafforzava quella sensazione di disagio. “Bene, se qualcuno ha qualcosa da dire è il momento di farlo. Se attacchiamo la prossima fermata è al Rosalba”. Il sentiero era troppo ripido ed esposto perchè lo potessero affrontare in discesa con quell’infido strato di neve. Potevano farlo in salita ma dovevano arrivare fino alla cresta per uscirne senza rogne. Decisi mi rispondono “Andiamo!”. Beata gioventù, se io fossi stato in loro avrei alzato la mano proponendo di gozzovigliare al Baitello!!
Il sentiero è ripido e l’aria si è fatta frizzantemente fredda. Boris sembra aver perso l’entusiasmo iniziale e scivola ad ogni passo. “Birillo, io metterei i ramponi!” La domanda mi incuriosice e divertito gli domando: “Ramponi? Qui? Fammi vedere un po’ come cammini piuttosto”. Lo osservo mentre avanza “Boris, non camminare sulle punte. Appoggia tutto il piede, compreso il tacco! E tieni il corpo dritto ed il peso centrale! Se ti sbilanci in avanti sulle bacchette è inevitabile che ti scivoli l’appoggio! Dritto e con tutto il piede!”
Piano piano migliora ma si capisce che è “intesito” dalla situazione “Accidenti, se non muoio di freddo rotolerò fino a Rongio!”. Nicky, al contrario, si diverte e con la sua camminata un po’ a papera se la cava bene sulla neve.
Superiamo un tratto di roccette viscide ed un successivo passaggio attrezzato con le catene. Finalmente siamo quasi all’uscita della cresta e, cambiando versante, siamo meno esposti al vento e riscaldati dal sole. Avanziamo sul paglione coperto di neve ed i miei soci si scambiano i ruoli: Boris sembra essersi ripreso mentre Niky sta andando in crisi per la fatica.
Pian piano risaliamo lungo il crinale erboso e, cresta dopo cresta, finalmente vediamo il Rosalba all’orizzonte. Per me è ora di fare un po’ di conto. Siamo finalmente usciti sulla cresta ma è già l’una del pomeriggio e, nonostante il sole sia caldo, ho a disposizione tre o quattro ore di luce prima che il sole tramonti. Attorno a noi è pieno di camosci che come schegge si rincorrono sui ripidi prati. Loro sono veloci, noi no. Per questo invece di puntare al Rosalba (comunque chiuso) inizio ad approntare il piano di rientro.
I miei soci cominciano ad essere davvero provati: “Birillo, fermiamoci a fare pausa un quarto d’ora, riposiamo e mangiamo qualcosa”. Ecco, questo è il momento esatto in cui gli “escursionisti” si mettono nei casini e rischiano di far parte delle statistiche del Soccorso Alpino.
D’inverno il tempo vola e passata la “mezza” devi mettere le ali al culo e puntare a rientrare: dilettarsi con un pick-nick su una cresta a 1700 metri di quota sotto la Grigna coperta di neve è l’idea peggiore che si possa avere!! Per prima cosa, anche fermandosi, non vi è assolutamente modo di riposare o recuperare forze. Tutto quello che si può ottenere è di prendere freddo proprio quando sarebbe meno opportuno. In secondo luogo anche se il freddo non bloccasse la digestione, con tutti i problemi che comporterebbe, il cibo ci metterebbe un paio d’ore prima di diventare energia fruibile. Inoltre chi ha tempo non cerchi tempo: gli imprevisti della discesa possono essere molti e farsi sorprendere in quota dal buio e dal freddo vero non aiuta di certo a risolverli.
La situazione rappresenta un curioso paradosso. Se fossero più in forze, più saldi e veloci sui piedi potremmo fermarci a fare qualche foto in più e a tirare il fiato godendoci il panorama. Tuttavia, proprio perchè sono stanchi, lenti ed incerti sui piedi, è imperativo continuare e cercare di perdere quota con calma e costanza.
“Non se ne parla nemmeno” Distribuisco un po’ di Golia alla liquirizia “Finchè non siamo scesi al bosco dobbiamo darci da fare e tenere duro. Questo è il momento in cui dovete reggere!” I mei soci brontolano, qualcuno addenta di nascosto un panino, ma continuano a camminare.
Boris si ferma ed infila i ramponi. L’idea può essere buona, dodici punte sono un po’ “hard core” ma sul paglione coperto di neve può dargli un po’ più sicurezza. L’altro lato della medaglia è rappresentato dallo “zoccolo di neve” che inevitabilmente (e pericolosamente) si forma sotto le punte in quelle condizioni.
Infilo i ramponi a Niky e riprendiamo il lungo traverso. Per Nicky questa è la prima volta che li usa: un inizio davvero curioso. Lo ossercvo con attenzione e dopo un po’ di cammino Nicky scivola. Non è la caduta di per sè a stupirmi quanto la sua reazione: con lo sguardo perso nel vuoto come una balena spiaggiata semplicemente si lascia scivolare completamente passivo. Esplodo in un ruggito di imprecazioni e gli ordino di fermarsi: la balena spiaggiata si rianima, punta i piedi e si ferma.
Niky è cotto ed anche Boris sembra preoccupato. Questa è esattamente la tipica situazione che la maggior parte della gente sottovaluta ed il momento esatto in cui in montagna deve saltar fuori il carattere delle persone. Il sole corre ma il tempo è ottimo, il vento è cessato ed io ho ancora il serbatoio della benzina bello pieno: sono allertato ma non preoccupato. Tocca a me darci dentro.
Mi affianco a Niky marcandolo stretto e spiegando ad entrambi cosa fare, dove passare, come e dove appoggiare i piedi. Sono miei amici ma proprio per questo i miei sono formalmente “ordini” piuttosto imperiosi ed inquivocabili. Dobbiamo chiudere un lungo traverso abbassandoci fino al sentiero delle foppe percorrendolo poi fino al bivio che riporta a Mandello.
Lavoriamo bene tutti insieme e finalmente le difficoltà cominciano a diminuire. Come prevedibile più scendiamo più Niky e Boris sì rincuorano lasciando che il buon umore e l’entusiasmo tornino ad azzittire le difficoltà. Quando finalmente siamo di nuovo nel bosco, più o meno all’altezza dei Resinelli, per evitare l’amutinamento lascio che si siedano al sole e si ingozzino di panini al prosciutto. Io, senza nemmeno togliere lo zaino (detesto il freddo alla schiena!sono anziano!), estraggo dalla tasca una barretta di cioccolato osservandoli mentre si abbuffano.
Per loro quella di oggi è stata davvero un’esperienza fuori scala ed hanno toccato un po’ i propri limiti imparando (si spera) qualcosa di più su loro stessi. La fatica è qualcosa che, involontariamente, ci spinge ad assumere atteggiamenti che hanno il solo scopo di esibire e mostrare la stanchezza stessa. Pensateci: si ciondola, ci si trascina, ci si lascia andare e si assume un espressione da “madonna dolorante” piuttosto ridicola. Tutte cose inutile e controproducenti.
La fatica è qualcosa che si deve imparare a conoscere e che si deve comprendere. Quando si è stanchi si deve ottimizzare ogni gesto, conservare e gestire ogni movimento. Per farlo si deve insegnare alla “testa” a diventare la parte più forte di tutto il nostro corpo: tutto può cedere ma la testa deve reggere. Si deve diventare come dei pugili che si chiudono in difesa, incassano colpo su colpo, senza scoprirsi e gudagnando ogni secondo che li separa dal suono della campanella. Purtroppo è qualcosa che si impara solo andando al tappeto ed è per questo che serve avere degli ottimi “secondi” ed un buon allenatore quando accade.(…io che sono duro di comprendonio al tappeto ci sono andato più di una volta!)
Le due ore successive scorrono allegre e spensierate, rientriamo verso Rongio macinando gli ultimi chilometri e scherzando ad ogni passo. I miei soci hanno superato le difficoltà e le crisi: ora non sembrano nemmeno le stesse persone di poco prima. Sono davvero felice.
Quando arriviamo alla macchina è il tramonto: alle spalle abbiamo 12km e 1200 metri di dislivello percorsi su neve infida. Quando ci infiliamo nel primo bar è ormai buio. Ingollo la mia birra soddisfatto: ho fatto bene i miei conti e loro due non sono più le “aciughine” che erano al mattino. Bravi, davvero bravi!
Davide “Birillo” Valsecchi
Salita dal sentiero 13b e discesa dal sentiero 12:
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