Tra pochi giorni partiamo di nuovo. Non andiamo lontano, non valicheremo l’equatore né ci spingeremo sulle montagne d’oriente. Un viaggio in barca ma non più a bordo del Liemba immaginando di essere Humphrey Bogart sulla Regina d’Africa. No, questa volta non andremo lontani, resteremo qui vicino. Come i Goonies vivremo un avventura appena al di là del nostro giardino, nel breve spazio che ci separa dal Mare.
Una voltaHemingway disse: «Tutta la letteratura americana moderna discende da un libro di Mark Twain intitolato Huckleberry Finn» . Tom Sawyer è il ragazzo che Twain era stato, Huckleberry Finn il ragazzo al quale avrebbe voluto assomigliare: Huck, il ribelle che scappa in canoa dal padre adottivo; Huck, il vagabondo che insieme allo schiavo nero Jim fugge su una zattera lungo il Missisipi verso gli Stati Liberi.
Ed eccoci qui, ancora una volta in viaggio, anche noi scivolando lungo un fiume esplorando un mondo ”noto e sconosciuto al contempo”. Partiamo da casa ancora una volta verso Venezia, ancora una volta sulle tracce di Corto Maltese, che della “città sull’acqua” fece la dimora delle sue avventure più metafisiche.
“Sarebbe bello vivere una favola…” disse Corto a Bocca Dorata. Lei gli rispose “ah si si, ma tu vivi continuamente nelle favole, solamente non te ne accorgi più. Quando un adulto entra nel mondo delle fiabe non riesce più ad uscirne, non lo sapevi?”
Ed è così, mentre sotto il sole finiamo di sistemare le nostre bandiere sulla canoa, che vi lascio alle storie della Serenissima, ai racconti dei giorni confusi e magici che trascorremmo lo scorso anno a Venezia, sulle tracce di Corto Maltese e della sua Corte Sconta:
Le porte segrete di Venezia
Andiamo a Venezia Birillo? Andiamo a cercare le porte di Corto? Ed è così che è nato il nostro viaggio nei segreti della città sull’acqua…
Venezia: Nonna Melia
I “due di Asso” a Venezia: il primo giorno in città, il primo tra i Veneziani.
Venezia: le nuvole tra i Canali
Tra vodka e spritz scivolo tra i pensieri e lungo i canali di Venezia tenendo il passo di Santabrogio, pirata e rabdomante d’arte
Venezia: Queens of Venice
A bordo di una scheggia viola a spasso tra i canali di Venezia con i Queen a palla!!
«Se Lei ti pugnalasse alla pancia mentre ti bacia continueresti lo stesso a baciarla? Credo di sì, in fondo non mi hanno mai preso con una coltellata ed è parecchio che non mi regalano un bacio da brivido.»
Strani pensieri per questa mattinata leggera a Venezia, chissà da dove arrivano? Forse è colpa delle prigioni di ieri, i piombi ed il Casanova, forse è colpa delle Veneziane o forse è tutta colpa di quella maledetta o benedetta vodka.
In questa città bevono tutti come disperati, chissà, forse è perché qui si và tutti a piedi, non so. D’altronde come fai a non bere in mezzo agli artisti. Mi piacciono gli artisti, mi divertono. Parlano, parlano e parlano. Parlano sempre e raccontano il loro punto di vista sul mondo e sulla loro arte. Come fai a non bere?
Ci sono artisti ingenui ed allegri come bimbi che nuotano d’estate, altri hanno sorrisi degni di squalo ed altri ancora si gonfiano come ridicoli pesci palla. Mi piacciono e mi divertono. Sinceramente, senza scherzo o offesa.
In fondo l’arte è un po’ come l’acqua, ti scivola tra le mani e sfugge senza farsi mai veramente acchiappare. Libera fa tutto quello che gli pare e va dove gli garba. A volte si riposa e si lascia prendere ma è solo perché è vanitosa. Come l’arte, poi, se ci sguazzano in troppi diventa sporca e va bene solo per rospi e girini.
Lei corre, esplora e si muove viva nelle profondità della terra lungo canali nascosti e salta fuori nei posti più strani. Ecco perché mi piace andare a zonzo con Santambrogio. Quel pirata li vede quei sentieri segreti dove corre, è come un rabdomante e la segue con quel suo passo che pare svogliato. Credo proprio che la veda.
Quando la trova, quando raggiunge una nuova sorgente, alle volte si fa pure pigro. Perché chinarsi a raccoglierla, in fondo a lui è bastato trovarla e se la ride. Io no però, tiro fuori il mio bicchiere in inox con tanto di maniglia e mi godo l’acqua buona, e più è fresca e batte nei denti e più mi piace. Acqua Buona, il meglio dopo una gran camminata o un gran bevuta.
Oggi scivolo nei pensieri passeggiando per Venezia, Acqua Buona. Ogni tanto incontro un pozzo ma i veneziani li hanno chiusi tutti e mi fanno quasi tristezza quelle magnifiche piazze. Ma li riapriranno, Venezia si stancherà di acqua in bottiglia e acqua ferma. O forse continuerà a darci dentro con spritz e vodka, non so.
Che bello il cielo, mi piacciono queste nuvole sui tetti, sopra i canali. Chissà se qualcuno guarda mai il cielo a Venezia? Sarò l’unico sciocco o ci sono altri che son già finiti a mollo nel canale guardando queste nuvole?
Le sirene avevano suonato qualche ora prima preannunciando l’acqua alta ed ora, sotto una pioggia battente, alle undici di sera, la vedo crescere nel canale invadendo i vicoli sotto le luci dei lampioni.
Un metro e cinque, un metro e dieci dicono, io non sò che pensare, ancora non ho capito da dove si cominci a contare ma l’acqua è sopra il ginocchio ormai.
Poi mi arriva voce: l’acqua è salita a tal punto che l’ormeggio della nostra piccola e “trendy” barchetta fucsia è troppo basso e rischia di farla affondare, trascinata a fondo dalla stessa corda che la trattiene ancorata ormai un metro sott’acqua. Bisogna uscire ed e rilegarla più in alto e lasco o domani dovremo ripescare tutta la barca.
Michele, il padrone di casa all’Hotel La Fenice, mi presta un paio di stivali e con Marco, il “pittoresco” comandante del nostro piccolo vascello, ci infiliamo in acqua arrampicando tra i muretti appesi alle grondaie. La nostra barca è di nuovo al sicuro ora ma noi siamo bagnati dalla testa ai piedi.
Ed è allora che la vedo, fradicio come un pulcino mi appare con un sorriso ed un bicchiere di Vodka. Accento veneziano e spalle scoperte in un grazioso vestito nero. L’acqua alta e la pioggia la trattengono in Hotel impedendole di tornare a casa fino all’Arsenale.
Così, sulle poltrone rosse, tra le opere esposte in concorso alla Fenice, i bicchieri di vodka si fanno due, tre e poi quattro fino a che il fondo della bottiglia si confonde con i sorrisi e l’ora tarda. L’acqua alta è scesa e la pioggia si è placata. Sono un montagnino ed ormai sono le quattro del mattino, non è cosa lasciare che torni sola fino a casa attraverso i vicoli ed i ponti.
“Posso accompagnarti?” le chiedo, “Solo se posso mostrarti Venezia di notte” mi risponde.
La città, che di giorno galleggia nonostante il peso dei turisti, la notte sembra più leggera, più morbida. Attraversiamo Piazza San Marco e passeggiamo lungo gli Schiavoni fino all’Arsenale mentre un vento freddo ed intenso soffia dalla Laguna.
“Grazie per la serata Davide” sussurra, “Grazie a te per avermi fatto da guida”. Fermo nel mio cappotto maledico la mia natura ingenua di montagnino.”Buonanotte”. Delicata mi bacia una guancia e poi, con una leggera carezza, scompare lenta dietro il pesante portone con un ultimo morbido sguardo.
Curiosa e misteriosa città è Venezia. Al solito impiego due ore per ritrovare la via del ritorno, perso tra i vicoli ed i pensieri. Mi piace questa città.
“Benvenuto a Venezia Birillo” Ecco quello che mi dice enzo appena entriamo nella trattoria di nonna Melia. Ad accoglierci una sigora anziana, dall’età indecifrabile, che accoglie con sincero affetto il suo “Lorenzo”. Sì, perchè il “buon” Santambrogio i quadri per nonna Melia li firma così, quasi una dedica speciale per questa signora che lo abbraccia gentile parlandogli in veneziano.
Il piccolo locale è colmo di fotografie e disegni, regali che i “nipoti” hanno portato in dono alla nonna di Venezia da tutto il mondo. Ci sediamo ad uno dei tavolini al finco di un gruppo di gondolieri, fermi per il pranzo bevono e scherzano facendo baccano.
“C’e l’ha poi fatta quell’americana a diventare gondoliere?” Chiede loro Enzo. I quattro ridono forte e scuotono la testa soddisfatti. Quella povera ragazza, che a detta di tutti porta la gondola un gran bene, non ce l’ha fatta neppure quest’anno ad entrare nella cerchia dei gondolieri. Nella città sull’acqua ci sono tradizioni solide come la roccia ed una donna alla forcola non è tra tra queste.
I quattro fanno sembre più baccano e si comincia a bere assieme, poi alla radio passano Inuendo dei Queen. “Questa sé bela! Alza il volùmé!” E trafficando con lo stereo riempiono la sala con Freddy Mercury a conferma che Venzia non è solo l’orchestrina che strimpella pezzi da operetta per i turisti di piazza San Marco.
Finito il caffè i gondolieri si alzano e, tutti in fila, pescano una giuggiola sotto spirito dal barattolo (“qui a venzia ‘ghe sé la pianta di giuggiole più vecchia del mondo!”) e se ne escono per tornare alla gondola dopo un affettuoso bacio di rito alla nonna.
Enzo paga il conto e poi regala a nonna Melia una delle sciarpe in kashmir che abbiamo comprato in India. Enzo si era veramente ricordato di Lei e ne aveva comprata una appsta quando eravamo a Leh. Lei se ne accorge, lo sà che i suo “Lorenzo” la pensa anche quando è lontano e quasi si commuove abbarcciandolo. Un bacio a testa e siamo di nuovo tra i canali.
Nemmeno a farlo apposta ci sfila davanti uno dei quattro gondolieri. Ha già il suo carico di turisti stranieri e canta a squarcia gola, ridendo, una versione immprovvista di “O sole mio”. Si inventa il testo al momento e lo condisce con le parole italiane più conosciute nel mondo. Ci saluta, poi dice qualcosa ai suoi clienti ed i giapponesi cominciano a scattarci foto come una mitraglaitrice. Siamo già celebrià e quella è la nostra esecuzione…
Ce ne andiamo a zonzo tra i vicoli meno noti ed è lì che ci imbattiamo in qualcosa diinatteso, qualcosa che può apparire banale ma che qui è una rarità: un albero. Anche questo è un piccolo segreto di Venezia…
Davide “Birillo” Valsecchi
«Benvenuto a Venezia Birillo» Ecco quello che mi dice Enzo appena entriamo nella trattoria di Nonna Melia. A riceverci una sigora anziana, dall’età indecifrabile, che accoglie con sincero affetto il suo “Lorenzo”. Sì, perchè il “buon” Santambrogio i quadri per nonna Melia li firma così, quasi una dedica speciale per questa signora che lo abbraccia gentile parlandogli in veneziano.
Il piccolo locale è colmo di fotografie e disegni, regali che i “nipoti” hanno portato in dono alla nonna di Venezia da tutto il mondo. Ci sediamo ad uno dei tavolini al fianco di un gruppo di gondolieri, fermi per il pranzo bevono e scherzano facendo baccano.
«C’e l’ha poi fatta quell’americana a diventare gondoliere?» Chiede loro Enzo. I quattro ridono forte e scuotono la testa soddisfatti. Quella povera ragazza, che a detta di tutti porta la gondola un gran bene, non ce l’ha fatta neppure quest’anno ad entrare nella cerchia dei gondolieri. Nella città sull’acqua ci sono tradizioni solide come la roccia ed una donna alla forcola non è tra queste.
I quattro fanno sempre più baccano e si comincia a bere assieme, poi alla radio passano Inuendo dei Queen. «Questa sé bela! Alza il volùmé!» Trafficando con lo stereo e riempiono la sala con la voce di Freddy Mercury a conferma che Venzia non è solo l’orchestrina che strimpella pezzi da operetta per i turisti di piazza San Marco.
Finito il caffè i gondolieri si alzano e, tutti in fila, pescano una giuggiola sotto spirito dal barattolo (“qui a venzia ‘ghe sé la pianta di giuggiole più vecchia del mondo!”) e se ne escono per tornare alla gondola dopo un affettuoso bacio di rito alla nonna.
Enzo paga il conto e poi regala a nonna Melia una delle sciarpe in kashmir che abbiamo comprato in India. Enzo si era veramente ricordato di Lei e ne aveva comprata una apposta quando eravamo a Leh. Lei se ne accorge, lo sà che il suo “Lorenzo” la pensa anche quando è lontano e quasi si commuove abbarcciandolo. Un bacio a testa e siamo di nuovo tra i canali.
Nemmeno a farlo apposta ci sfila davanti uno dei quattro gondolieri. Ha già il suo carico di turisti stranieri e canta a squarciagola, ridendo, una versione immprovvisata di “O sole mio”. Si inventa il testo al momento e lo condisce con le parole italiane più conosciute nel mondo. Ci saluta, poi dice qualcosa ai suoi clienti ed i giapponesi cominciano a scattarci foto come una mitraglaitrice. Siamo già celebrità e quella è la nostra esecuzione…
Ce ne andiamo a zonzo tra i vicoli meno noti ed è lì che ci imbattiamo in qualcosa di inatteso, qualcosa che può apparire banale ma che qui è una rarità: un albero. Anche questo è un piccolo segreto di Venezia…
Non so dirtelo. Credevo bene, molto bene. Credevo che mi sarei innamorato della città sul mare e per un secondo mi è sembrato fosse così.
Complessa ed affascinante l’avevo trovata più intrigante di quanto mi aspettassi e, tra i suoi canali, le sue calle ed i suoi ponti, mi sono perso più volte.
Sebbene distante e lontana credevo che ci fosse speranza. Venzia sembrava colpita da questo giovane montagnino, nonostante la sua strana figura stridesse con il paesaggio.
Forse per un istante anche lei, la città che galleggia, si è lasciata tentare dal fascino della terra ferma. Come erano belle le luci dei lampioni riflesse nei canali e quanto accoglienti e calde erano le ombre degli stretti vicoli. Forse c’era speranza in quegli attimi confusi dal vino e dai suoi baci.
Ma dal mare il canto della Sirena si è fatto sentire, senza che quasi me ne accorgessi, senza che me ne curassi. La Serenissima, con la sua esotica voce ferma e passionale, non ha perdonato che nemmeno per un attimo volgessi lo sguardo al mare.
Il sorriso si è spento e guardandola indicare le colonne di piazza San Marco ho compreso. Chi attraversa quelle colonne non fa piu’ ritorno perchè è di lì che venivano esiliati i traditori di Venezia.
Innocente ma condannato ho attraversato quelle colonne, volgendo il mio sguardo un’ ultima volta alla città le ho senitito pronunciare il suo monito: “Conquistare la Serenissima non è mai stato un’impresa facile e, anche se a volte viene tradita anzichè aiutata dalle sue mura fatte d’acqua, tanti conquistatori tornano in patria senza provare il sapore della vittoria.”
E con il ricodo dei suoi baci ho lasciato la Città consapevole di non essere venuto da conquistatore ma per essere conquistato. Questo è quanto ho cuore di raccontarti…
In viaggio verso Venezia il nostro “Birillo” si appresta a fare visita alla città sul mare più famosa al mondo.
Ovviamente la data da lui casualamente scelta si è rivelata la peggior mareggiata della città dal 1968!! Quando si dice la fortuna =)
Ce la farà il nostro giovane Birillo così attrezzato ad affrontare l’acqua alta?!
C’e’ da sperare che sia alta per davvero e che nessuno sia in giro a vederlo!!
(Peggy Guggenheim)« Si è sempre dato per scontato che Venezia sia la città ideale per una luna di miele, ma è un grave errore. Vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta più posto per altro. »
Peggy probabilmente non aveva visto Asso, ora vado io in laguna a chiarire un po’ la situazione.
Sto arrivando!!
(Sembro una guardia forestale avvolta nel lattice. Inguardabile!! Se poi “el me’ Pà” si accorge che gli ho preso gli stivali alti conviene che mi accampi con la tenda in Piazza San Marco per un po’!!)