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Dal piccolo Tibet i «Contrabbandieri del Nirvana»

Dal piccolo Tibet i «Contrabbandieri del Nirvana»

 

Contrabbandieri del Nirvana

Da LaProvinciaDiComo del 13/08/2009 Asso: Sono tornati dal “Piccolo Tibet”, dopo tre mesi di viaggio, l’alpinista Davide Valsecchi e il fotoreporter Enzo Santambrogio.

Come “Contrabbandieri del Nirvana“, così usa dire Santambrogio, i due assesi hanno effettuato uno scambio di tipo spirituale, portando sulle alte vette dell’India le preghiere del lago, e ritornando a casa, invece, con un bagaglio arricchito della spiritualità indiana, costituita da molte religioni, che hanno potuto conoscere peregrinando tra i monasteri e le città.

Il fine di questo viaggio, documentato da fotografie, registrazioni e con un vero e proprio diario di viaggio, pubblicato anche sul sito Cima-Asso, è stato quello di consegnare un po’ di Como e le sue preghiere al vento delle montagne sacre, in un luogo di pace tra le vette himalayane, portando le preghiere di stoffa realizzate dai ragazzi del Setificio e da PuntoComo, con la partecipazione di artisti comaschi a più di seimila metri.

«Per i primi due mesi – spiega Valsecchi – siamo rimasti sulle montagne del nord, nella zona del Ladakh, territorio al confine con la Cina, appartenente alla regione culturale del Tibet, luogo dove si è rifugiato il Dalai Lama, ma oggi sotto il governo indiano, seppur con una sua autonomia. La montagna, molto dura e poco accogliente è allo stesso tempo un’esperienza unica, un luogo di pace e spiritualità. Partendo da Leh, a 3500 metri, con l’aiuto di un portatore abbiamo percorso tutta la valle, affondando tre passi, dove abbiamo posizionato le bandiere di stoffa».

Tra le bandiere anche una poesia in dialetto scritta da Riccardo Borzatta su un tessuto di Gegia Bronzini. «Pusséé in sù» (più in alto), posizionata sul passo Kangaru La, dove Enzo Santambrogio ha inoltre consegnato al vento himalayano anche il ricordo di un suo caro amico ristoratore, conosciuto come “Gianni del Sociale” di Como, portato via dalla malattia, posizionando una foto dell’amico, sostenitore di questo viaggio, tra le rocce a 5.200 metri. L’ultima bandiera è stata portata da Davide Valsecchi a 6.130 metri, affrontando la salita più dura sullo Stok Kangri, una delle vette principali della catena dello Zanskar, proprio a sud della capitale Leh.

“Passo per passo” i due assesi si sono poi spostati, facendo tappa in diverse città, verso Varanasi, dove il 22 luglio hanno assistito all’eclissi che ha lasciato al buio per tre minuti la città sacra agli indù. «Da questo viaggio – spiega Santambrogio – realizzeremo un libro-diario, che raccoglierà diversi scatti realizzati da me e i racconti di Davide. Personalmente invece pubblicherò un libro fotografico dal titolo “Nirvana take away”, realizzato con Polaroid, che verrà prodotto in duecento copie, ognuna delle quali conterrà un originale. Forse riusciremo anche a realizzare un audio libro, con i suoni che abbiamo registrato durante il viaggio, con il patrocinio dell’associazione disabili visivi, oltre a quello di diverse istituzioni».

LaProvinciaDiComo
Mara Cavalzutti

Le preghiere del Lago

Le preghiere del Lago

The Flags Carrier
The Flags Carrier by E.Santambrogio

Quando siamo partiti non sapevamo cosa aspettarci. Un montantagnino ed un artista di Asso, un paese in mezzo al Lago di Como, in viaggio con destinazione le montagne del Ladakh, l’Hymalaya Indiano ed il piccolo Tibet.

Nei nostri zaini una quarantina di bandiere realizzate dai ragazzi del Setificio di Como, preghiere di stoffa da portare sul tetto del mondo affinchè fosse il vento a recitarle quanto più in alto possibile.

Enzo Santambrogio, l’artista, non aveva mai dormito in tenda in vita sua nè era mai salito neppure sul San Primo, la montagna nel cuore del nostro lago. Lassù si apprestava a passare la notte nel suo sacco a pelo a 4800 metri prima di dare l’assalto al passo di 5200 pur di mantenere la sua promessa. Poco prima di partire un suo caro amico, “Gianni del Sociale”, era morto, rubato alla città da una brutta malattia.Enzo aveva promesso a se stesso che avrebbe portato una piccola foto di Gianni quanto più in alto fosse riuscito.

Per me, Davide “Birillo” Valsecchi, un montagnino del lago, era commovente guardare quel “ragazzo di città”, quell’artista chiacchierone che non sta zitto neppure con il fiato corto, così in alto, serio in piedi tra le bandiere colorate dei ragazzi del Lago mentre sistemava la piccola foto dell’amico scomparso tra i sassi. Enzo è un buon amico, ora Gianni potrà godersi il panorama dello Zangscar.

Tra le bandiere anche una poesia in dialetto scritta per noi da Riccardo Borzatta su un tessuto di Gegia Bronzini. “Pusséé in sù”, più in alto. Siamo gente nostrana in giro per il mondo, è con la lingua dei nostri vecchi che chiediamo al vento di dare voce alle preghiere dei nostri giovani. Bandiere tibetane made in Como, tutto un viaggio strano.

Poi è arrivata la neve, la pioggia e l’inconsueto freddo estivo che sembrava stravolgere il clima di quelle montagne aride. Mancava ancora una bandiera e mi sono fatto coraggio, ho preso lo zaino,le mie cose ed accompagnato da un nuovo amico, Juma, abbiamo provato a fare la differenza. Lo Stok Kangri, 6130 metri di montagna che non voleva lasciarsi prendere nascondendosi tra la neve e le nuvole. Alla fine, visto che non era per vanità che picchiavamo un passo dopo l’altro, siamo arrivati in cima ed è lassù che ora sventola la nostra ultima bandiera.

Prima di renderse conto erano già passati due mesi ed il nostro unico legame con casa era ormai solo il piccolo blog di paese, Cima-Asso.it. Uno spazio senza luogo dove raccogliere le nostre storie e ricevere il conforto delle parole di casa, degli amici. Un diario di viaggio condiviso tra chi và e chi resta.

Il nostro andare aveva però ancora un ultima tappa, un appuntamento con il cielo. L’eclissi a Varanasi. I due assessi hanno lasciato il freddo tra i monti e si sono buttati nel caldo torrido dell’India, tra il fascino della cultura orientale ed il disgusto per un inquinamento che, confondeno l’esotico ed il moderno, ammorba tutto. Ma nemmeno in quella palude culturale ed umana ci siamo persi d’animo ed il nostro sforzo è stato coronato da uno spettacolo tra i più suggestivi della natura. L’occhio di Dio nel cuore della città sacra dominava il nostro mondo, improvvisamente buio, agitando nei nostri cuori paure e speranze ataviche.

Dopo tre mesi era tempo di tornare a casa, di rivedere il nostro lago e le nostre piccole ma agguerrite montagne. Tempo di tornare a mangiare i sapori ruvidi della nostra terra e godere della compagnia di quei bruschi paesani ipertecnologici che sono diventati i Laghéé. Siamo appena tornati ed abbiamo già voglia di ripartire ma il prossimo viaggio sarà proprio il nostro lago: puoi girare il mondo in lungo ed in largo ma il posto più bello rimane casa tua se saprai amarla con il cuore.

Davide “Birillo” Valsecchi

1000 Euro in 1000 Rupie

1000 Euro in 1000 Rupie

Oggi ci siamo recati in posta a Srinagar, la capitale del Kashmir. Abbiamo passato il filo spinato ed i controlli armati, consegnato ai soldati le macchine fotografiche e finalmente, dopo essere stati perquisiti, siamo entrati nel palazzo. La struttura era anche abbastanza moderna nel design, probabilmente anni ’70, ma credo che da allora nessuno vi abbia più fatto manutenzione: ora era tutto un groviglio di cavi, confusione, sporcizia e carta ammassata.

Gli impiegati, comunque ben vestiti ed educati, non sembravano affatto prestare attenzione a quella strana scenografia degna di un cartone animato giapponese post-atomico. Era buffo ritrovarsi in un ufficio postale stile “Akira”: mi aspettavo che da un momento all’altro i rivoluzionari facessero esplodesse qualcosa!!

Noi dovevamo cambiare 500 euro a testa, due banconote accartocciate, ed abbiamo dovuto riempire un po’ di moduli e salire due piani fino alla tesoreria. Qui un buffo ometto con il collare ortopedico, rinchiuso dentro una gabbia, ci ha consegnato i soldi: 1000 euro in pezzi da 1000 rupie. La banconota da mille è il taglio indiano più alto ed è rara come la nostra banconota viola da cinquecento euro. Con mille rupie mangi due volte in due in un ristorante per occidentali di buona qualità, ma va tenuto presente che con 50 rupie puoi mangiare tranquillamente in un piccolo ristorante indiano. Hanno monete da cinque e due rupie ed una miriade di centesimi che non ho mai visto. Un euro vale all’incirca 65.90 rupie ma qui il cambio spesso oscilla semplicemente tra le 64 e le 65 rupie: ognuno prova a farci la “cresta”.

Il buffo omino mi sorride, dietro le sbarre, ci rifila una montagna di banconote da mille. Sorride mentre zitto-zito cerca di intascarsi il disavanzo del cambio in pezzi da mille: 200 rupie. Mi guarda con un sorriso idiota stampato in faccia mentre gli faccio capire che vengo da Asso, che gli hanno già spezzato il collo, che deve smettere di ridere e deve spicciarsi a darmi i soldi che mancano. Sono meno di cinque euro ma non puoi cercare di fregarmi solo perché sono straniero. Smette di ridere dietro i suoi stupidi occhiali da contabile e con le sue piccole mani mi allunga le rupie che mancano. Contiamo il malloppo, che è enorme, e gli lasciamo duecento rupie di mancia: goditele imbroglione, che ti vadano in medicine!!

Quello che ci troviamo in mano è qualcosa su cui vale la pena di riflettere: mille euro di questi tempi sono una cifra da non sottovalutare in Italia, sono due milioni delle vecchie lire, ma trasformati in rupie sono una montagna di banconote. Se entrate in un negozio di alimentari per comprare qualcosa o non hanno il resto a darvi o devono svuotate la cassa del negozio e di quello vicino. Noi ne abbiamo un tappeto in camera!!

Viviamo in un mondo proprio strano alle volte…

Davide Valsecchi

Fratelli d’Italia!!

Fratelli d’Italia!!

Mameli dalta quota!!
Mameli d'alta quota!!

Siamo atterrati qui un mese e mezzo fa. Abbiamo toccato terra a 3500 metri e siamo saliti fino  a 4500, poi 4900 poi più sù fino a 5100 e 5200. Di slancio ci siamo fiondati fino a 5500 e quasi strisciando siamo arrivati a 6130 metri. Insomma è da un bel pezzo che diamo i numeri!!

Oggi, sistemando i bagagli prima di lasciare Leh alla volta del sud dell’India, ho ritrovato tra le varie registrazioni realizzate con il recorder Edirol anche un file molto curioso!!

Era una mattina di qualche settimana fa, io ed Enzo arrancavamo sul fianco di una montagna per raggiungere il passo a 4900 metri. Eravamo stanchi e con il fiato corto perchè quella dannata salita non ne voleva sapere di finire. Avevo il registratore in tasca ed erano le otto del mattino, non so perchè ci sia venuto in mente ma senza fiato abbiamo cominciato a cantare l’Inno Nazionale.

Come gli Azzurri di Rugby abbiamo provato ad avanzare cantando ma è stata durissima!! Spero che nessuno si offenda, non è nostra intenzione mancare di rispetto all’inno,anzi!! Il risultato è molto divertente e ci piace pensare di aver portato il “nostro mameli”  il più in alto possibile!!

ll deserto all’improvviso!!

ll deserto all’improvviso!!

Mi chiamo Birillo, vengo da Asso, sono un tipo strano che se ne và in giro sempre con un paio di scarponi. Volente o nolente ho preso in parte il carattere di mio padre e, ad essere onesti, è un gran caratteraccio. Dopo tre settimane per monti Io ed Enzo, l’artista compaesano e compagno di viaggio, siamo rientrati a Leh, la capitale del Ladakh, a causa dell’inconuseta nevicata che abbiamo incontrato in quota.

Al nostro ritorno la città è totalmente cambiata: tutte le sgangherate serrande sono aperte ed ospitano i più disparati bazar, il traffico, che già prima era caotico e disordinato, è addirittura peggiorato e per le vie polverose del paese si vedono sempre più faccie bianche scottate dal sole che passeggiano in calzoncini corti e vestiti etnici. La civiltà che avanza parrebbe…

Lo ammetto, non sono il massimo in tolleranza, lasciatemi tre settimane allo stato brado e lo diveterò ancora meno. Quando sono sporco, sudato e stanco assumo un atteggiamento “piacevolemente” diretto e tendo a dire quello che penso con candida leggerezza. La situazione  però può diventare “agitata” se mi ritrovo in mezzo ad un branco di annoiati “rasta-panda” hippie che con i loro sandali e le loro gambette da merlo non trovano di meglio da fare che squadrarci con piglio ascetico esordendo con commenti poco “lusingheri” sull’Italia e sul lago di Como.  Non ho il carisma di “Maestro Ginetto” ma non ho problemi a spiegare a calci in culo fino a Londra la sottile differenza tra un buon paio di scarponi assesi ed un paio di sandali anglosassoni !!!

Così, per evitare di ammuffire a Leh con i rasta-panda in cerca di illuminazione, ci siamo inventati un giro-in-giro aspettando che la neve si sciolga. Abbiamo contattato l’autista di un fuoristrada ed abbiamo contrattatto per un tour di un paio di giorni nella Nubra Valley. La Nubra è una valle a nord di Leh raggiungibile solo attraverso un alto passo. La valle è zona militare essendo border line con il Pakistan e con la Cina, per accedervi è necessario un permesso speciale che viene rilasciato solo se a richiederlo è un gruppo di quattro persone. Questo sembrava un problema fino a quando, con un manciata di banconote da cento rupie, sono spuntati da un cassetto le fotocopie di due vecchi passaporti. Ufficialmente siamo stati nella Nubra in compagnia di due giovani tedesche, nulla da obbiettare per me.

La mattina presto il nostro fuoristrada, rigorosamente uno scorpio, ci ha imbarcati dando il via al nostro viaggio. In cinque ore abbiamo risalito la tortuosa strada che dai 3500metri di Leh sale fino ai 5300metri del passo di Khardung La. Su questo passo girano un sacco di storie strane, c’è chi dice erroneamente che sia il passo carrozzabile più alto al mondo sebbene ci siano mille differenti rilevazioni della quota. Raggiunto il passo ho chiesto ad un soldato indiano la quota e lui, serissimo ma con un gran sorriso, mi ha detto che eravamo nientemeno che a 6200metri. Anche se la verità è ben diversa non me la sono sentita di contraddirlo. Quel poveretto, bardato che  sembrava Amunzen, passa già abbastanza tempo in mezzo a quel nulla innevato per difendere un valico sperduto, non è il caso che io gli affossi il morale. Se è convinto di essere a 6000 metri per me va bene, sono un tipo alla mano.

La strada è anni luce mgliore di quella che abbiamo trovato andando a Srinagar, non è tuttavia una strada confortevole ed i rottami di furgoni e camion che affollano il fondo valle ci ricordano che fango, neve, sterrato e dirupi sono un poker pericoloso. Un volta in cima la vista è stupenda anche se il vento freddo non è da sottovalutare perchè stacca le dita e taglia la faccia. Faccio due chiacchiere con un soldato del sud dell’India ed ottengo il permesso di appendere una delle grandi bandiere che hanno realizzato i ragazzi del setificio. Contrariamente alle altre queste bandiere sono molto più gradi e riportano in bella mostra la sagoma azzurra del nostro lago, i principali monumenti della nostro territorio e della città di Como. Un paio di foto e cominciamo a scendere nella Nubra Valley.

Io mi aspettavo una specie di altopiano coperto di neve e ghiaccio ed invece continuiamo a scendere mentre il panorama diventa sempre più verde. A un incrocio incontriamo un vecchio pulman in sosta. Il nostro autista confabula un po’ con l’autista del pulman poi ci chiede se accettiamo di dare un passaggio a due ragazze di Leh e ad un militare che devono raggiungere un paese al di fuori dell’itinerario del pulman. Ufficialmente abbiamo a bordo due tedesche, vuoi non caricare anche due Ladaki? Passi anche per il militare che ha la faccia allegra e parla poco!!

Una delle due ragazze si è rivelata una guida turistica, aveva visitato Venezia, parlava perfettamente inglese ed era anche piuttosto carina. L’incontro è stato prezioso perchè ci ha spiegato un sacco di aspetti della valle che non conoscevo: in primo luogo eravamo molto più bassi di Leh, dai 5300 del passo eravamo scesi a quasi 2500 metri e questo spiegava lo strano cambiamento nel panorama. Il nome Nubra deriva dal ladaki e significa “valle fiorita” ed in effetti quelli erano i primi fiori che vedavamo da parecchio tempo. Inoltre mi ha raccontato come anticamente il passo fosse più a ovest attraverso una percorso più tortuso ma ad una quota più bassa, questo aveva permesso alla Nubra di essere addirittura parte della via della seta.

Confesso che nella Nubra ero voluto venire solo per un motivo: Hot Spring Water. Dopo altre due ore abbiamo infatti raggiunto una piccola fonte termale, una sorgente solfurea di acqua calda. Erano giorni che volevo farmi un bagno con acqua calda a volontà e mi ci erano volute 7 ore di jeep!! Purtroppo il problema iniziale era la sorgente fin troppo calda!! Dove sgorgava dalla roccia l’acqua raggiungiungeva tranquillamente gli 80° e quando ho provato ad infilarci i piedi me ne sono dovuto pentire amaramente!! (Enzo ancora ride!!)

Sconsolato guardavo quel dono del cielo senza poterne godere. Deve essere stato il nostro sguardo affranto a convincere, per fortuna, un ragazzo locale a mostrarci un piccolo segreto: poco sotto la sorgente l’acqua veniva catturata da un piccolo tubo che correva sotto terra per una decina di metri fino a sbucare più a valle sopra un muretto di un paio di metri. In quel breve tragitto l’acqua perdeva una trentina di gradi e sgorgava dal tubo come una meravigliosa doccia naturale a 50°. MAGNIFICO!!!

Dopo la doccia migliore della mia vita abbiamo cercato riparo per la notte in una piccola guest house gestita da una parente dell’autista. Niente luce elettrica, niente acqua e servizi in giardino. Forse era meglio la tenda. La mattina successiva ci siamo messi ad esplorare a piedi il fondo valle, ci siamo incamminati lungo un sentiero che costeggiava il fiume e dopo un ora ho avuto la più incredibile delle sorprese: il deserto! La valle improvvisamente smetteva di essere verde e diventava una distesa di sabbia e dune tra due alte muraglie di montagne. Deserto, immaginatevi la mia sorpresa quando mi sono trovato davanti pure i cammelli!?! Come hanno fatto i nostri due assesi a finire nel Deserto?!?!

Ndr: l’ultima foto è un dettaglio della sorgente d’acqua calda, non ho avuto modo di fare molte foto alla sorgente perchè ero preso ad aggirarmi in mutande da una pozza calda all’altra mezzo ustionato fino a che non ho trovato il mitico tubo!! ciao

Lettere dall’Italia per i due in Ladakh

Lettere dall’Italia per i due in Ladakh

...lui ci mette la faccia!!
...lui ci mette la faccia!!

Ormai è un mese che siamo in viaggio: freddo, caldo, fatica, mal di stomaco e cibo piccante sono ormai parte delle nostre giornate. Dormiamo ogni notte in un sacco a pelo, non importa se siamo in tenda, in una guest house, in casa di qualcuno o solo in una stalla puzzolente (ma calda!!). Ci si lava i denti con una bottiglia di acqua minerale e ci si lava il resto solo quando si trova un pò d’acqua calda. Si lavano i calzini quando si può e si convive con la polvere come crema protettiva.

Per il cibo ci si arrangia: sogno un pezzo di pane bianco ed una bistecca al sangue, avere un bicchiere di vino e del caffè non liofilizzato rapresenta un lusso che non è concesso nemmeno alle nostre faraoniche europee finanze. Enzo si è smagrito oltre il dovuto e lo sto rimpinzando di uova sode, patate e chapati, il pane locale. Se non riprende un po’ di peso rischia di essere portato via dal vento quando si toglie gli scarponi!!

Siamo qui, ogni tanto sembra di camminare su marte ma non è male, ci si fa l’abitudine a tutto. Abbiamo scarpe buone. Alle volte però si ripensa a casa, agli amici, ai familiari o anche solo al nostro paesello. Noi riusciamo a mandarvi notizie del nostro viaggio ma possiamo ricevere ben poco. E’ capitato di trovare qualche internet point ma qui la rete sembra funzionare a carbone e si riesce solo a leggere qualche mail e qualche titolo dai giornali on line.Non si capisce un gran che.

Ora rimarremo un paio di giorni a tirare fiato a Leh, un pò di rifornimenti, una lavata ai vestiti e qualche notte su un materasso. Aspetto che il tempo cambi per provare un piccolo esperimento di cui vi parlerò più avanti. Prego perchè la neve si tolga dalle palle e mi lasci salire un po’ più in alto!!! Ma mentre siamo a Leh ci piacerebbe leggere qualcosa dall’Italia, qualcosa dai nostri amici. Sapere cosa pensate del nostro viaggio, se vi piacciono le nostre storie e le nostre foto ma anche sapere cosa succede in Italia mentre siamo via.

Ad essere onesto sono un po’ confuso, quando sono partito si parlava solo della crisi che sembrava senza speranza per il nostro paese, ora pare che sia finita se la notizia principale in Italia riguarda un vecchio di settantanni che si è portato a letto una diciottenne piuttosto sveglia. In effetti riuscire a sopportare una delle pischelle moderne e le loro insopportabili stupidaggini da teenager vizziate è qualcosa che forse merita realmente l’attenzione nazionale, credo. Chissà come avrà fatto ad azzittirla?

Qui in Ladakh, in una regione di confine dove per 40.000 civili abbiamo 170.000 militari, si parla di tutt’altre cose: si dice che presto l’Impero della Tigre ingaggerà una violenta battaglia con gli Imperi alleati dell’Aquila e dell’Orso, ma non ho capito a chi si riferissero. Inoltre qui sono piuttosto preoccupati che i Talibans del Principe Nero, colui che abbattè le torri e che si nasconde tra le montagne afgane, prendano il potere ad Islamabad e conquistino il controllo delle testate atomiche del Pakistan. Popolazione ingenua, credono basti un leader terrorista armato di un paio di dozzine di atomiche per distrarre l’attenzione degli italiani dal culo delle veline e dal teatrino della nostra oscena classe politica.

Noi siamo qui, nel mezzo del nulla, tra profughi tibetani, indiani e musulmani. Siamo a due passi dalla Cina e dal Pakistan ed il mondo appare diverso. Qui i giovani, i diciottenni,  sono uno strano misto di culture tra futuro e passato, vestono e si comportano come i personaggi di un cartone animato giapponese post atomico mischiando tecnologia d’avanguardia con la polvere delle strade e la povertà da terzo mondo, attegiamenti da televisione con linguaggi antichi e spazi selvaggi. Come nei cartoni animati hanno un unico vestito che gli fa da uniforme e li distingue, anche noi abbiamo la nostra grigio verde. Sono confusi come i ragazzi nostrani ma vivono in un mondo cento volte più folle e più duro. Il futuro dipende da loro e, sfortunatamete, qui è territorio di caccia per chimere e spietate sirene.

Ferro e fuoco come sempre in tasca, testa bassa e scarponi ben stretti: siamo di passaggio in questa vita e da queste parte tira aria di cambiamento forte come i venti di montagna. Ho il sospetto che qualcuno rischi di rimanere con il culo scoperto dalle nostre parti e ‘sto giro non saranno solo le veline.

Bene, credete che ci manchi casa? Si, forse un pò. Manca quando cerchi di riposare, quando hai fame di qualcosa di buono e quando ti senti un po’ solo. Fateci sentire che ci siete e fateci leggere qualcosa di divertente nella nostra lingua prima di ripartire!! Serve qualcosa per lo spirto un po’ più frivolo e nostrano di una mistica preghiera!!
Ciao e grazie a tutti!!

Birillo ed Enzo

ATTENZIONE: Su Facebook è attiva la bacheca Lettere dall’Italia dove lasciare un messaggio ai due assesi in viaggio. Lasciateci un messaggio qui, ci farà un grande piacere!!!

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