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Un “passo” alla volta!

Un “passo” alla volta!

Dalle parole di Davide, ma soprattutto dalla voce di Enzo, si capiva come quest’ultimo fosse allo stremo delle forze, ma comunque felice per l’impresa.

“Questa e’ la quota piu’ alta che abbia mai raggiunto e che mai raggiungero’!” esclama Enzo con un fil di voce, provato dalla marcia, dal freddo e dalla mancanza di ossigeno.

La sofferenza in un sorriso…

La sofferenza in un sorriso…

Ci fermiamo per un po’, il sole si è fatto caldo ed il fiato si fa corto. Siamo costantemente sopra i 4000 metri e la quota ormai è una compagna fissa. Ci tiene la mano e ci sorride ad ogni passo. Quando ci dimentichiamo di lei si offende e si fa sentire afferrando i nostri respiri. Per andare a spasso quassù devi portarla a braccetto e trattarla bene. In questo deserto di pietre e colori ambrati le si può concedere tutto perchè lei, anche solo sorridendo, può veramente prendersi ciò che vuole.

Mi guardo intorno stupefatto, qui ci sono montagne e valli intere dove non vi è anima viva nè avrebbe ragione d’esservi per la durezza di questa terra. Non cresce nulla e tutto sembra consumarsi e sgretolarsi nel sole. Non si può visitare i monasteri senza comprendere quanto aspra possa essere la vita quassù. Non si può ammirare i disegni affollati di demoni e leggende senza comprendere le difficoltà e le incertezze che dovevano affrontare i loro autori.

Attraverso la valle i monasteri si guardano tra di loro, distanti ed isolati sono abbarbicati sulla roccia come fari in mezzo ad  un mare ostile, come bandiere in mezzo al deserto. Attorno a loro non c’e’ nulla se non distese di roccia e più in alto solo il bianco della neve. Guardando la desolazione che li circonda vedo i monasteri ed i monaci per quello che erano: un baluardo ed un rifugio dell’uomo in mezzo al nulla.

Le loro regole, le loro preghiere ed i ritmi delle loro vite erano protese a sopravvivere e a sperare. Qui la pace e la fratellanza erano l’unica difesa contro le forze terribili che dominano l’altopiano. Dietro le mie lenti polarizzate, avvolto nel goretex e nel meglio della tecnologia alpinistica, non posso che domandarmi come abbiano potuto sostenere, per secoli, il bagliore accecante di questa luce, il vento che incessante si alza ogni pomeriggio ed il tempo che cambia con la velocità con cui corrono le nuvole. Cosa li ha trattenuti quassù?

Tutto quello che vedo mi appare meraviglioso ma terribile. La natura magnifica e crudele nel suo massimo splendore. Affondo con gli scarponi nella ghiaia sapendo che ogni passo, prima o poi, mi porterà verso casa, verso il verde dei nostri laghi e l’abbraccio delle nostre montagne. Ripenso ai prati, agli orticelli e ai nostri fiumi. Qui non hanno nulla di simile,  qui la natura concede avara i suoi doni e non è clemente con nessuno. Non vedo nulla qui che possa alimentare una simile speranza in questo popolo. Dove nascono i loro sorrisi?

I monaci non potevano uscire a falciare i prati perchè non ve ne sono, non potevano fare legna perchè non ci sono alberi, non potevano coltivare la terra perchè senza grandi sacrifici è arida e sterile. Per scaldarsi durante l’inverno essiccavano gli escrementi delle loro magre bestie ed accumulavano quello che potevano. Portati a termine con fatica i pochi lavori che questa terra offre non rimaneva altro che chiudersi in preghiera e sperare. Sperare che fortificando lo spirito anche il corpo avrebbe potuto sostenere le privazioni. Nel buio dell’inverno recitare le proprie preghiere fatte di respiri e suoni profondi ed intensi, ripeterle all’infinito scacciando i demoni della montagna, del vento, della fame e del freddo. Ripetere all’infinito perchè il tempo stesso perda di senso e la mente si perda in un mondo diverso, perchè nella meditazione il corpo trovi la forza nella mente. Perchè quassù si è costretti a cercare dentro di sè, fuori vi è ben poco da trovare. Ecco il fascino di questa gente.

Una terra che mi appare meravigliosa da attraversare ma un calvario in cui vivere. Eppure non ho mai visto tanti sorrisi come tra questa gente. Dove traggono tanta speranza in un mondo tanto difficile? Sono le preghiere? Il mondo magico di demoni e credenze che anima la loro religione basta a dar loro tanta forza?

Alieno guardo questa gente, i loro bambini e le loro case. Sono equipaggiato ed addestrato per quella che è la mia missione qui, attraverserò le loro montagne cercando di trattenerne l’essenza e catturarne il ricordo. Sono qui per accarezzare la loro cultura esplorando il loro mondo ma non posso che sorprendermi umile nei confronti della loro forza. Tutta questa bellezza riempie i miei occhi ma flagella le loro vite. Io tornerò ai nostri laghi mentre loro continueranno il proprio cammino quassù.

Ho visto gente in città, gente venuta da fuori, li ho visti scimmiottare i vecchi costumi, parlare forbiti della religione atteggiandosi ad illuminati. Stupidi pagliacci ipocriti che tre mesi all’anno diventano mucche grasse da mungere per questa povera gente. Credono di poter capire il mistero di queste terre gratificandosi di una spiritualità che non è loro senza aver assaggiato l’asprezza di questo mondo. Come dice Enzo: per qualche spicciolo sono venuti a comprarsi il loro  “Nirvana Take Away”. Compiacetevi della vostra mediocrità e tornate alle vostre case arricchiti di una rinnovata stupidità da esporre.

Io vengo da montagne verdi e nemmeno proverò ad essere come la gente di queste montagne aride e dure. In loro vedo una resistenza ed un ingenuità che non è mia e che non potrebbe appartenermi. Incuranti della propria precaria vita li vedo pregare per il benessere del mondo intero ed il mio egoismo brilla come fari nella notte davanti ai loro sorrisi.

Sospiro lasciando che nel peso di questa quota si perdano i miei peccati e recito la mia preghiera silenziosa per questa gente. A Dio piacendo tornerò ai miei laghi e continuerò la mia strada mentre all’orizzonte vedo i nuovi demoni che cavalcano eccitati per raggiungere questa terra remota. I nuovi venuti sconfiggeranno i demoni locali, scaccieranno il freddo, la fame e forse anche la miseria ma divoreranno il sorriso e la forza di questo popolo.

Mi infilo lo zaino, non sta a me decidere quale debba essere la croce altrui. Non ho risposte nè consigli per loro, posso solo ringraziarli per avermi accettato e mostrato una lezione preziosa che porterò con me. Prendo fiato e mi tiro in piedi, c’è ancora molto da vedere prima che cali il sole.

by Davide “Brillo” Valsecchi published on Cima-Asso.it

Tanti Auguri Cristiana!!

Tanti Auguri Cristiana!!

Questa mattina, ancora acciaccati per i 45 km in “cabriolet” di ieri, ci siamo alzati presto e ci siamo diretti nel centro di Leh. Enzo voleva a tutti i costi riuscire ad ottenere una preghiera buddista da registrare e dedicare a Cristiana, sua sorella, che ha compiuto gli anni il 13 di questo mese. Con questo intento ci siamo diretti al monastero di Leh per parlare con i monaci prima che dessero inizio alle preghiere del mattino.

Con nostra grande sorpresa abbiamo trovato il monastero in piena agitazione: il piazzale straripava di monaci nei loro caratterstici colori rosso e giallo mentre nel prato dietrostante erano stati accessi grand fuochi da campo e diverse donne si affaccendavano dietro pentoloni e pignatte preparando acqua calda e focacce.

La fiumana di monaci non sembrava fermarsi e via via che passavano le porte del monastero si sistemavano all’interno del tempio o sulle gradinate circostanti. Unici stranieri in quel fiume di teste di rasate ci siamo appostati in un lato delle gradinate aspettando di capire che cosa stesse succedendo.

Senza alcun preavviso un piccolo gruppo di orchestrali formato da trombe, flauti e tamburi attacca una specie di marcia mentre tutti i monaci scattano in piedi con la mani giunte protesi in un inchino verso di noi. Una marea di monaci rasati che ti fà l’inchino fa una certa impressione!!

Ancora mezzo addormentato mi rendo conto che siamo seduti su un muriciolo a lato della porta principale ed i miei due neuroni fanno appena in tempo a coordinare una manata ad Enzo ed un mezzo ringhio: “Oh cazzo!! Tirati su!!”.

Scattiamo in piedi, cappello tra le mani quasi sull’attenti, appena in tempo per l’ingresso di una piccola parata di incensi e campanelli tra cui spicca la figura anziana di un monaco che ha tutta l’aria di essere uno che conta. Solo qualche minuto dopo scopriremo che quel monaco è il più anziano ed importante di tutto il Ladakh e che è arrivato a Leh per presenziare una celebrazione di cinque giorni che coinvolgerà tutti i monasteri della regione.

Più di duecento monaci ad attenderlo ed i primi in cui si imbatte sono Birillo ed Enzo da Asso. Credo sia rimasto stupito quanto noi!!

Il “grande monaco” fa il suo ingresso trionfale all’nterno del tempio e la situazione all’esterno torna abbastanza tranquilla mentre i monaci cominciano a distribuire the e focacce ai compagni che sono appena giunti nel monastero.

Enzo, che non è uno che si lascia impressionare, comincia a scattare polaroid e la cosa sembra divertire parecchio i monaci che lo lasciano fare sorridenti per nula disturbati. Uno di loro, che parlava perfettamente inglese, lo invita ad immortalare i più anziani ed Enzo si sbizzarrisce impressionando tutti con il miracolo della fotografia istantanea.

Enzo si mette a fotgrafare un gruppetto di monaci bambini e, dopo lo scatto, li chiama a raccolta affinchè soffino sulla polaroid velocizzandone lo sviluppo. Quella piccola magia collettiva rapisce completamente i piccoli monaci che soffiano concentrati e scoppiano in grandi risate quando l’immagine appare. Enzo, in ginocchio, è letteralemente sommerso da quella giovane folla distratta dalle grandi celebrazioni che sgomita allegra per vedere il mago straniero.

Poi la piccola orchestra suona ancora un’allegra marcia fino a quando dal cuore del tempio non ci giunge la voce profonda e ritmata della preghiera che, raccolta da tutti i monaci all’interno del monastero, risuona vibrante ed intensa. Tutti i presenti si ricompongono e si calano nella profondità della loro meditazione. Anche noi ci tiriamo da parte ascoltando stupefatti il suono di quella preghiera collettiva.

Alcuni fedeli cominciano a prostrarsi ritmicamente durante la preghiera che sembra infinita e sempre uguale.  Credo recitino una specie di rosario ripetendo le stesse preghiere in un lunghissimo ciclo. Tra un ciclo ed il successivo si rilassano in grandi sorrisi mangiando e bevendo the. Da quello che ho potuto capire continueranno in questo modo per altri cinque giorni vivendo tutti assieme all’interno monastero.

Eravamo venuti per registrare una preghiera per Cristiana e siamo finiti al centro della cerimonia d’apertura di uno tra i più importanti eventi della regione dove le delegazioni di tutti i monasteri si incontrano nella capitale.

Tanti auguri Cristiana, quelsto è un pezzo della preghiera che abbiamo registrato per te:

Recorded by a Edirol R-09HR

 

Luna piena sulla strada Leh-Srinagar

Luna piena sulla strada Leh-Srinagar

Lo ammetto, i consigli andrebbero ascoltati perchè spesso aiutano a non finire nei guai. In questo caso il nostro guaio si chiama: road to Srinagar.

Uno dei nostri referenti a Leh, Dharma, è originario di questa città nel cuore del Kashmir che ha la peculiarità di essere in gran parte galleggiante come una piccola Venezia. Visto che c’è ancora molta neve nella valle dello Zanscar abbiamo qualche giorno ancora d’attesa ed il matrimonio del fratello di Dharma ci ha offerto l’occasione di accompagnarlo a casa e di visitare la sua città.

Le vie per raggiungere Leh in auto sono due: da Manali e da Srinagar. La strada che proviene da Manali è ancora chiusa per neve mentre i passi per Scrinagar sono stati aperti propro in questi giorni. Tutte le coincidenze sembravano favoreli sennonchè la strada di Srinagar è una delle più caldamente sconsigliate per raggiungere Leh da tutte le guide..

Credevo che tale cattiva fama fosse legata alla situazione, a volte turbolenta, del kasmir ed invece mi sono dovuto ricredere: la strada che unisce Leh e Srinagar è sicuramente meravigliosa ma incredibilmente dura e pericolosa.

Partiamo la sera alle cinque a bordo di una piccola jeep unendoci ad una piccola comitiva di locali diretti appunto a Srinagar. Al volante l’autista e al suo fianco l’aiutante con cui si alternerà alla giuda durante il viaggio. Sotto una magnifica luna, quasi piena, impieghiamo però quasi 14 ore ininterrotte per compiere meno di 450 km su una strada quasi completamente sterrata attraverso il completo nulla!!!

Le prime due ore scorrono abbastanza traquille con i soliti scossoni, ci fermiamo a cenare in un rifugio per camionisti probabilmente dimenticato da ogni Dio. Sull’ingresso della taverna la scritta “genuine hygenic food” ci dà il ben venuto mentre il suo interno è illuminato solo dalle candele non essendoci corrente elettrica.Il cuoco, che vedo solo nella luce azzurra del gas da cucina, fa inquietanti versi mentre prego che la parte “genuina” dalla zuppa che mi sta preparando non siano i suoi scaracchi.

I nostri autisti sanno il fatto loro ma la strada da lì in poi si è dimostrata durissima attraversando scenari incredibili con precipizzi e burroni terribilmente magnifici. La strada, dopo essere scesa a picco per chilometri, si inerpica improvvsamente in serrati tornanti. E’ stato a quel punto che ha comincia a farmi male in mezzo agli occhi ed Enzo perdere sangue da naso. Una volta in cima al passo scopriamo dal cartellone sulla sommtà che siamo a 4100. Abbiamo fatto quasi 2000 metri di dislivello in meno di tre quarti d’ora ed ecco spiegato quegli improvvisi disturbi che accusavamo sui tornanti.

La strada qui si riempie di neve, fango e buche mentre attacca a nevicare. Ora siamo nella zona del Drass, una delle zone più fredde al mondo che fu teatro di un violento scontro durante il conflitto India-Pakistan tra il ’90 ed il ’99. Qui la neve è ormai tantissima ed il freddo intenso mi fa temere per il ghiaccio sulla strada mentre attraversiamo corrdoi di neve alti anche quattro metri sopra la nostra jeep. Mai visto nulla di simile. Enormi muraglie di neve ci circondano lasciando spazo qui e là all’increibile precipizio che dà sul ghiacciaio sottostante e sulla valle innevata che brilla sotto la luna.

Incotriamo un camion in panne e carichiamo il povero aiutista prestandogli soccorso e portandolo al più vicino blocco militare. Il tipo non la finisce più di ringraziare. Fa un freddo incredibile e la strada sembra una piscina piena di sassi e granita. “Assolutamente sconsigliata!!”. Mai ascoltare un buon consiglio, accidenti a me!!!

Dopo quasi 10 ore di botte e scossoni mi lascio cadere nel sonno seduto nel mio scomodo sedile con due ladaki appoggiati alle spalle (hanno dormito,appoggiati, praticamente tutto il viaggio!!). Sia quel che sia, non posso fare un granchè da passeggero guardando la strada, i sassi ed il precipizio. Buonanotte e speriamo di sveglarci!!

Ma dopo nemmeno mezz’ora mi sveglio letteralmente di botto con un paio di fanali puntati contro. La jeep, tutta di traaverso, non era riuscita a farsi strada sulla corsia tra un grosso camion che saliva verso il passo. Così siamo finiti con l’avantreno in un fosso a bordo della strada, fortunatamente distante dal ciglio dello strapiombo (se no non ero qui a scrivere!!). Tutti gli otto occupanti della jeep imprecano in una lingua diversa, l’autista in retromarcia con le ridotte ci tira fuori dalla buca mentre il suo aiutante attacca una mezza zuffa a sassate con il camionista che non aveva dato strada. “It’s normal” mi dice Dharma mentre guardo i due darsele.

Quando arriviamo a Srinagar sono le 7 e mezza del mattina e siamo a pezzi. Entriamo nella casa galleggiante che ci ospiterà per questi due giorni e crolliamo nel sacco a pelo distrutti. Quattrordici ore di botte e paura per vedere questa città: la fatica per arrivar qui è stata tantissima. ma la “venezia indiana” ed il famoso mercato sull’acqua sembrano valere lo sforzo. Per ora ci godiamo un po’ di riposto sull’houseboat nel lago di Nimsee aspettando di poter vedere domani mattina alle quattro il famso mercato delle verdura sulle canoe.

Il ritorno a Leh è tra quattro giorni, ma in aereo perchè la strada Srinagar-Leh è realmente magnifica ma assolutamente sconsgliabile. Il rischio di rimanere vittima di un incidente è realmente alto, sopratutto per il modo di guidare degli indiani e la difficoltà ed esposizione della strada.

Una mia amica tempo fà la fece a bordo di un camion inpiegando quasi un giorno e mezzo di viaggio ma godendosi il magnfico panorama. Ciao Arianna sappi che è colpa tua se ieri sera quasi ci ho rimesso la pelle!!! Da qui in poi si va a piedi anche se per ora si è in barca!!!

Davide Valsecchi

P.s. Auguri dall’Himalaya ai due novelli sposi amici del nostro Giulio!!! Promessa mantenuta!!

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