Il Ruggito dei Corni
Quando la squadra si mette in marcia una pioggerellina leggera sembra intenzionata a rinforzare, ma è solo quando mancano un paio di curve a Pianezzo che il cielo decide di darci una bella sciacquata. Mantelline e copri-zaini: risaliamo fino al rifugio della SEV barricandoci attorno alla stufa. «Bene Signori, oggi una lezione tra le più difficili: vita da rifugio!» Qualcuno, che se la ghigna, mi sfotte alludendo ai quattro giorni in cui sono rimasto bloccato alla Capanna Margherita. Alle volte capita…
Stipati sulle panchette facciamo saltar fuori dagli zaini cordini e moschettoni: «Bene, è ora di imparare un po’ di teoria, quelle quattro nozioni base che diventano oro quando la situazione rischia di diventare rognosa». Un giro rapido di presentazione per sua eccellenza il Mezzo Barcaiolo e suo cugino il Barcaiolo, nodo delle guide infilato e dell’amore, poi ci si tuffa sulla piastrina gigi passando per il prussik ed il machard. «Un nodo può essere fatto solo in due modi: giusto e drammaticamente sbagliato. Vediamo se indovinate quale dei due vi salva la pelle?»
La compagnia trascorre al caldo una piacevole ora gingillandosi tra asole e trefoli. Poi, quando sembra iniziare a spiovere, ci rinfiliamo le giacche e torniamo fuori tra la nebbia. Allegri, sebbene un po’ infreddoliti, attraversiamo fino al crocefisso di legno arrivando all’attacco della Ferrata del Venticinquennale. «Che si fa? Saliamo?» Domandano «Manco per sogno! La placca forse è abbastanza asciutta ma ascolta le tue mani: lo senti il freddo? Lo senti come l’umidità morde le dita? Con la roccia viscida devi lavorare tutto di braccia e ti garantisco che con questo freddo umido la catena e la roccia ti gelano via le dita in cinque minuti. Niente gambe e niente braccia: solo guai! Per affrontare la ferrata ora devi essere capace e devi pedalare come si deve. Se restiamo dentro più di un ora o qualcuno si blocca sono rogne vere e per tutti.»
Il tempo è stato spesso inclemente durante le nostre recenti uscite ma io credo sia stato un bene: con il sole tutto sembra semplice, la gente impara poco ed ancor peggio rischia di montarsi la testa. «Fidati, qualcosa per incasinarti la giornata la troviamo lo stesso.»
Così la comitiva, diligente ed entusiasta come sempre, riparte risalendo il ghiaione e costeggiando la base del Corno Occidentale fino a giungere ai piedi del Caminetto. «Bene, nello zaino abbiamo tutto l’equipaggiamento, visto che ce lo siamo portati fin qui è ben indossarlo. Imbraghiamoci e caschetto in testa. Questo è il caminetto, un tracciato su roccia EE, ossia per escursionisti esperti. Sono quaranta metri, ben appigliati ma quasi in verticale. E’ un secondo grado, forse terzo: con il bagnato va affrontato con testa e metodo.»
Uno alla volta tutti si infilano nello stretto camino risalendo tra le due ali di roccia fino alla cima del Corno Occidentale. Tutti insieme ci stringiamo insime alla croce di vetta per una foto mentre tutto attorno a noi è avvolto da una densa coltre di nebbia. Io ed i miei quattro “scagnozzi” ci concediamo una foto tutta speciale.
«Quello che va su deve tornare giù, preferibilmente tutto intero!» Con una corda da 50 attrezziamo una fissa che scende lungo il percorso affrontato in salita. Qualcuno si auto assicura con un nodo machard, lo stesso usato per le calate in doppia, mentre per chi è più titubante stendiamo una calata con una statica da 30. Mentre osservo Franco manovrare il barcaiolo non posso che apprezzare come, nonostante il cattivo tempo, tutte queste manovre siano un’esperienza anche più importante delle “semplice” ferrata. «Presidente, ti dirò, queste uscite sbarazzine mi piacciono parecchio. Stanno imparando molto e soprattutto tutta roba che torna sempre buona». Anche lui è soddisfatto di come abbiamo dato una svolta alla giornata. Certo, c’è un po’ di delusione per la mancata salita in ferrata ma la squadra è comunque entusiasta e la cosa mi galvanizza. La pioggia comincia a mischiarsi a spruzzate di neve ed i Corni diventano piacevolmente Alpinistici: mi piace!
Ritornati alla Sev ci infiliamo a tavola: brasato, coniglio, polenta e vino rosso. Mi piace anche questo! Il clima è di festa, si fantastica, si fanno piani e si raccontano storie. Per qualche ora sembra di essere tornati all’epoca d’oro!!
Poi smette di piovere, le nuvole si diradano e l’azzurro appare all’orizzonte. L’idea di assaltare la ferrata stuzzica ma, io per primo, ho dato troppa confidenza al vino per andar tranquillo con dei ragazzi alle prime armi. «Bene truppa: andiamo al Corno Orientale a smaltire il pranzo!» La passeggiata, quasi pianeggiante, ci porta a sfilare sotto la magnificenza della Parete Fasana e la bellezza dolomitica del Pilastrello. Alla croce apprezziamo finalmente il panorama dei corni in tutta la sua bellezza concedendoci un’altra foto di cima.
«Okay, ve lo siete meritato: vi mostro la segretissima grotta del tasso!» Inerpicandoci sulle pendici del Corno Centrale porto la squadra a vedere la grotta dove io ed il buon Fabrizio ci siamo spaccati le ossa scavando ed esplorando questa primavera. «Oh ma è una figata! Ma ci sei mai venuto a dormire qui?!» La grotta è orizzontale, alta una quarantina di centimetri ma abbastanza ambia da accogliere otto o nove persone sdraiate. «Ancora no, ma appena arriva la neve conto di testare il bivacco invernale.» Rispondo ammiccando. «Acqua in bocca su dove sta: è un segreto!»

Dalla grotta tagliamo attraverso le roccette fino a raggiungere il sentiero attrezzato che scende dalla dorsale del corno Centrale. Li osservo muoversi sulle catene, fare attenzione ai sassi e tenersi d’occhio l’un l’altro: hanno imparato bene, davvero bravi.
Mentre lasciamo Pianezzo alle nostre spalle il sole irrompe caldo sul Lario. «Dannazione, sto davvero invecchiando: domani sarà una giornata magnifica e a me toccherà stare in ufficio.» Il socio mi guarda e ride «Forse più che vecchio ti stai semplicemente civilizzando!». Forse… o forse no. Comunque sia: alla prossima!

Davide “Birillo” Valsecchi

«Guarda che spettacolo la mia maglietta dei Led Zeppeling!!» I ragazzi sono così: passano le generazioni, cambiano le sfumature, ma la “bella gioventù” resta sempre la stessa. Per me il loro sguardo pulito e la loro genuina volontà sono davvero uno stimolo corroborante.

Il Coglians è il re delle Alpi Carniche, un gigante di calcare bianco le cui potenzialità alpinistiche (e speleo) sono in buona parte ancora da scoprire: la cima simbolo di un territorio tra i più affascinanti e selvaggi in cui ci si possa avventurare. La magnifica arcata di montagne che corre del Monte Avanza al Coglians segna il confine tra Austria ed Italia, confine che ancora oggi mostra i segni della prima grande guerra e delle terribili difficoltà a cui dovettero far fronte i soldati di entrambi gli schieramenti.


La sveglia suonava ormai da un’ora e Fabrizio sarebbe magicamente apparso al cancello nel giro di qualche minuto. Dovevo spicciarmi: emergere dal letto, trovare i pantaloni e fingere sfacciatamente di essere sveglio da un pezzo. Il sole stava iniziano a sorgere alle spalle del Cornizzolo ma una cappa di nuvole cupe avvolgeva ogni cosa in quell’alba buia: «Fa schifo! Ormai però non faccio più in tempo ad avvisarlo: se si è svegliato sarà già partito…»
Di nuovo a tutta forza puntiamo all’attacco della ferrata: imbrago e via! L’attacco della trentennale Osa sa sempre farsi rispettare ma ormai siamo di casa anche qui. Superata la prima parte, il Sasso GG.OSA, mi allungo sotto la roccia esplorando la partenza delle vie d’arrampicata sul Corno Rat: “Parenti Serpenti”, “Belciribi”, “Mambo”, “Rataplan” e la famosa via “Darvino e Pierino Dell’Oro” con il passaggio aereo che nel 1940 fu risolto “lanciando” la corda! (
Gli ancoraggi sono ottimi ma la corda è ormai marcia e c’è “da segnarsi” caricandoci il proprio peso. Superata la fissa ci si ritrova nell’anfiteatro da dove partono altre vie sul lato sinistro del Corno: qui il terreno è tremendamente franoso ed instabile mentre la roccia è buona. Mi sono alzato ancora verso sinistra superando gli ultimi sbalzi fino alla cresta: teoricamente si può uscire anche dall’alto ricongiungendosi al sentiero che scende dall’uscita della ferrata ma credo che tra poco meno di un mese tutta quella zona sarà brutalmente invasa dai rovi.


Con la neve di ieri la tentazione di “uscire” era forte, anche nonostante il tempo stesse ripiegando verso la pioggia: “Domani è bello, ma sarà troppo tardi!”. Così stamattina alle otto e mezza mi sono messo in strada e mi sono avviato, rigorosamente a piedi, verso Gajum ed i Corni.


Se salire richiede impegno discendere per il caminetto invaso di neve è un’altra piccola ed intensa sfida. Noi siamo scesi senza attrezzare niente ma è un passaggio impegnativo, chi non lo conosce e volesse farlo con la neve farebbe bene ad avere una buona corda con sé: ci sono buoni ancoraggi per una calata se ce ne fosse bisogno ( Io avevo cmq i miei fidi 30 metri nello ziano!!)
Prima a mangiare in trattoria dalle “Zie” e poi in marcia attraverso la buia foresta dei Corni di Canzo. Sul sentiero un’eterea ombra bianca attraversa il fascio di luce della mia frontale: un capriolo salta attraverso i rami mostrando la sua sagoma per il tempo di un lampo.
Fabrizio si gira sulla roccia, dopo aver ammirato ciò che ci circonda si ferma e mi guarda con gli occhi lucidi: “comincio ad essere stufo di doverti ringraziare!”. Ghigno un po’: credo che tutti prima o poi dovrebbero sentirsi liberi in quel modo sotto le stelle.

Continua l’esperienza del Gruppo Ferrata e l’allegra compagine, formata da membri di sezioni CAI differenti, questo sabato si è confrontata con il Pizzo d’Erna e la ferrata comunemente nota come Gamma 1. La Città di Lecco, che il prossimo anno sarà insignita del titolo di città di Montagna, può vantare non una ma ben due squadre di alpinisti di fama internazionale: i Ragni di Lecco ed il Gruppo Gamma. Proprio all’impegno dei Gamma si deve la realizzazione della Gamma1 sul Pizzo d’Erna e della Gamma2 sul Dente del Resegone.
Grazie a questa breve serie di escursioni propedeutiche i partecipanti non solo hanno imparato i fondamenti della progressione in ferrata ma hanno “fatto gruppo” dando vita ad una squadra affiatata ed allegra. Io credo che il piacere di vivere la montagna in buona compagnia sia parte integrante dell’alpinismo così come lo è il desiderio di superare nuove sfide e difficoltà: diffidate dagli alpinisti antipatici e troppo pieni di sé!