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Il Ruggito dei Corni

Il Ruggito dei Corni

Quando la squadra si mette in marcia una pioggerellina leggera sembra intenzionata a rinforzare, ma è solo quando mancano un paio di curve a Pianezzo che il cielo decide di darci una bella sciacquata. Mantelline e copri-zaini: risaliamo fino al rifugio della SEV barricandoci attorno alla stufa.  «Bene Signori, oggi una lezione tra le più difficili: vita da rifugio!» Qualcuno, che se la ghigna, mi sfotte alludendo ai quattro giorni in cui sono rimasto bloccato alla Capanna Margherita. Alle volte capita…

Stipati sulle panchette facciamo saltar fuori dagli zaini cordini e moschettoni: «Bene, è ora di imparare un po’ di teoria, quelle quattro nozioni base che diventano oro quando la situazione rischia di diventare rognosa». Un giro rapido di presentazione per sua eccellenza il Mezzo Barcaiolo e suo cugino il Barcaiolo, nodo delle guide infilato e dell’amore,  poi ci si tuffa sulla piastrina gigi passando per il prussik ed il machard. «Un nodo può essere fatto solo in due modi: giusto e drammaticamente sbagliato. Vediamo se indovinate quale dei due vi salva la pelle?»

DSCF2438La compagnia trascorre al caldo una piacevole ora gingillandosi tra asole e trefoli. Poi, quando sembra iniziare a spiovere, ci rinfiliamo le giacche e torniamo fuori tra la nebbia. Allegri, sebbene un po’ infreddoliti, attraversiamo fino al crocefisso di legno arrivando all’attacco della Ferrata del Venticinquennale. «Che si fa? Saliamo?» Domandano «Manco per sogno! La placca forse è abbastanza asciutta ma ascolta le tue mani: lo senti il freddo? Lo senti come l’umidità morde le dita? Con la roccia viscida devi lavorare tutto di braccia e ti garantisco che con questo freddo umido la catena e la roccia ti gelano via le dita in cinque minuti. Niente gambe e niente braccia: solo guai! Per affrontare la ferrata ora devi essere capace e devi pedalare come si deve. Se restiamo dentro più di un ora o qualcuno si blocca sono rogne vere e per tutti.»

Il tempo è stato spesso inclemente durante le nostre recenti uscite ma io credo sia stato un bene: con il sole tutto sembra semplice, la gente impara poco ed ancor peggio rischia di montarsi la testa. «Fidati, qualcosa per incasinarti la giornata la troviamo lo stesso.»

Così la comitiva, diligente ed entusiasta come sempre, riparte risalendo il ghiaione e costeggiando la base del Corno Occidentale fino a giungere ai piedi del Caminetto. «Bene, nello zaino abbiamo tutto l’equipaggiamento, visto che ce lo siamo portati fin qui è ben indossarlo. Imbraghiamoci e caschetto in testa. Questo è il caminetto, un tracciato su roccia EE, ossia per escursionisti esperti. Sono quaranta metri, ben appigliati ma quasi in verticale. E’ un secondo grado, forse terzo: con il bagnato va affrontato con testa e metodo.»

Uno alla volta tutti si infilano nello stretto camino risalendo tra le due ali di roccia fino alla cima del Corno Occidentale. Tutti insieme ci stringiamo insime alla croce di vetta per una foto mentre tutto attorno a noi è avvolto da una densa coltre di nebbia. Io ed i miei quattro “scagnozzi” ci concediamo una foto tutta speciale.

«Quello che va su deve tornare giù, preferibilmente tutto intero!» Con una corda da 50 attrezziamo una fissa che scende lungo il percorso affrontato in salita. Qualcuno si auto assicura con un nodo machard, lo stesso usato per le calate in doppia, mentre per chi è più titubante stendiamo una calata con una statica da 30. Mentre osservo Franco manovrare il barcaiolo non posso che apprezzare come, nonostante il cattivo tempo, tutte queste manovre siano un’esperienza anche più importante delle “semplice” ferrata. «Presidente, ti dirò, queste uscite sbarazzine mi piacciono parecchio. Stanno imparando molto e soprattutto tutta roba che torna sempre buona». Anche lui è soddisfatto di come abbiamo dato una svolta alla giornata. Certo, c’è un po’ di delusione per la mancata salita in ferrata ma la squadra è comunque entusiasta e la cosa mi galvanizza. La pioggia comincia a mischiarsi a spruzzate di neve ed i Corni diventano piacevolmente Alpinistici: mi piace!

Ritornati alla Sev ci infiliamo a tavola: brasato, coniglio, polenta e vino rosso. Mi piace anche questo! Il clima è di festa, si fantastica, si fanno piani e si raccontano storie. Per qualche ora sembra di essere tornati all’epoca d’oro!!

Poi smette di piovere, le nuvole si diradano e l’azzurro appare all’orizzonte. L’idea di assaltare la ferrata stuzzica ma, io per primo, ho dato troppa confidenza al vino per andar tranquillo con dei ragazzi alle prime armi. «Bene truppa: andiamo al Corno Orientale a smaltire il pranzo!» La passeggiata, quasi pianeggiante, ci porta a sfilare sotto la magnificenza della Parete Fasana e la bellezza dolomitica del Pilastrello. Alla croce apprezziamo finalmente il panorama dei corni in tutta la sua bellezza concedendoci un’altra foto di cima.

«Okay, ve lo siete meritato: vi mostro la segretissima grotta del tasso!» Inerpicandoci sulle pendici del Corno Centrale porto la squadra a vedere la grotta dove io ed il buon Fabrizio ci siamo spaccati le ossa scavando ed esplorando questa primavera. «Oh ma è una figata! Ma ci sei mai venuto a dormire qui?!» La grotta è orizzontale, alta una quarantina di centimetri ma abbastanza ambia da accogliere otto o nove persone sdraiate. «Ancora no, ma appena arriva la neve conto di testare il bivacco invernale.» Rispondo ammiccando. «Acqua in bocca su dove sta: è un segreto!»

Dalla grotta tagliamo attraverso le roccette fino a raggiungere il sentiero attrezzato che scende  dalla dorsale del corno Centrale. Li osservo muoversi sulle catene, fare attenzione ai sassi e tenersi d’occhio l’un l’altro: hanno imparato bene, davvero bravi.

Mentre lasciamo Pianezzo alle nostre spalle il sole irrompe caldo sul Lario. «Dannazione, sto davvero invecchiando: domani sarà una giornata magnifica e a me toccherà stare in ufficio.» Il socio mi guarda e ride «Forse più che vecchio ti stai semplicemente civilizzando!». Forse… o forse no. Comunque sia:  alla prossima!

Davide “Birillo” Valsecchi

Ferrate2013: Resegone

Ferrate2013: Resegone

«Guarda che spettacolo la mia maglietta dei Led Zeppeling!!» I ragazzi sono così: passano le generazioni, cambiano le sfumature, ma la “bella gioventù” resta sempre la stessa. Per me il loro sguardo pulito e la loro genuina volontà sono davvero uno stimolo corroborante.

Io sono 80kg per 1.75m ma in mezzo a questi quattro sembro un nanetto: tranne Francesco, che più o meno è della mia taglia, gli altri tre viaggiano sui 90kg e sparano verso l’alto dal metro e novanta ai due e zero cinque. Colossi dallo sguardo ingenuo!

Dallo loro parte hanno la gioventù, la vitalità e l’entusiasmo dei vent’anni, per contro difettano d’esperienza e malizia. Sono in un momento magico della loro vita, una “finestra” in cui l’esigenza di scoprire è pressante ed in cui è possibile tentare l’impensabile con la gioia nel cuore. Allo loro età io ero stato “arruolato” per il Pakistan ed ora, che mi avvicino alla quarantina ed alla mia seconda “finestra”, non posso che comprendere il loro entusiasmo e la loro voglia.

«No, una trentenne è troppo vecchia per me!» La frase scappa ad uno dei pischelli, rotola come un sasso sulla roccia e viene intercettata dal gruppo di over quaranta che chiude la squadra: «Bagai! Cosa dite?! Una trentenne è il meglio, altro che vecchia! Magari capitasse ancora una trentenne!!» La profonda discussione inter-generazionale si fa animata ed inevitabilmente si chiude con il botto/motto: «Grande Dio delle Montagne, noi ti preghiamo, concedici sempre roccia asciutta e figa bagnata!». Claudia, eccezionalmente unica presenza femminile della compagine, dall’alto ha scosso la testa sorridendo comprensiva come sempre.

La seconda uscita del ciclo Ferrate di quest’anno ha avuto come meta il Resegone. La compagine, condotta dai soci del Cai Asso, vede la presenza anche di membri del Cai Caslino, del Cai Merone e del Cai Erba: per le sezioni un’ ottima occasione per collaborare e per tutti un’opportunità di stringere nuove amicizie.

I partecipanti, alle prime esperienze sulla roccia, hanno affrontato la Ferrata del “Centenario” e la successiva ferrata “De Franco Silvano”. La prima è molto artificiale, con un’intensa presenza di pioli metallici, risale verticale attraverso la scogliera di roccia che porta fino al Pianserada. La seconda invece è più tecnica ed arrampicabile con un paio di passaggi moderatamente impegnativi ed un percorso molto più aereo ed esposto.

Tutta la squadra ha raggiunto la vetta e la croce del Resegone: ottima conclusione di una giornata di cielo incerto. Bravi!

Davide “Birillo” Valsecchi

Ferrate 2013

Ferrate 2013

Come ogni anno i membri  più esperti della sezione del Cai-Asso si mettono a disposizione di chi vuole avvicinarsi alla montagna organizzando delle escursioni propedeutiche orientate sopratutto alla progressione in ferrata. Diversamente dal passato quest’anno è venuta meno la collaborazione tra la sezione Cai di Asso e quella dei nostri cugini Canzesi: il Cai Canzo ha infatti deciso di organizzarsi in modo indipendente e, onestamente, nessuno di noi ha ben capito perché si sia voluto rompere una tradizione tanto positiva.

Sapete benissimo quanto sia legato ai Corni di Canzo e come mio nonno, Luigi “Smilzega” Paredi, sia stato un membro storico ed fondante della sezione canzese. Questo fa di me una specie di “mezzo-sangue” ed essendo uno dei due Vice Presidenti della compagine assese posso assicurare che da questo lato della Vallategna c’è stata sorpresa, forse disappunto ma soprattutto rammarico per quello che sembra il riaffiorare di logiche degne di “Gusuni e Spazzapulee”, logiche che sembravano felicemente superate.

L’unica cosa che mi rincuora è che entrambi i gruppi contano una quindicina di partecipanti e questo, visto che entrambe le sezioni vantano competenze ed esperienze tecniche di prestigio, significa che il nostro territorio si sta arricchendo di una trentina di aspiranti alpinisti ben preparati. Molto bene, soprattutto perché tra questi vi sono molti giovani  e questo è sicuramente un aspetto positivo.

I nostri cugini Canzesi escono il Sabato ed hanno già affrontato la ferrata della Gamma1 e del Corno Rat. Noi Assesi invece siamo di scena la Domenica: dopo una prima serata teorica, a cui hanno presenziato anche i presidenti delle sezioni di Caslino e Merone, anche noi oggi abbiamo affrontato finalmente un’uscita sul campo.

Con mi grande gioia la prima escursione aveva come meta i Corni di Canzo: essendo molti dei partecipanti alle prime armi abbiamo deciso di “giocare in casa”. La scelta si è dimostrata particolarmente azzeccata perché il tempo avverso ha imposto rapidi e dinamici cambi di programma.

Giunti a piedi a Pianezzo era ormai evidente che il cattivo tempo e la sottile ma fitta pioggerellina avevano reso impraticabile e pericolosa la ferrata del Venticinquennale al Corno Occidentale. Tuttavia, proprio perché eravamo “in casa”, le opzioni a nostra disposizione erano molteplici e tutte da sfruttare.

Dapprima il gruppo ha reso omaggio alla magnifica parete Fasana su cui quest’anno la nostra sezione ha ripetuto le storiche vie “Fasana”, “Criss” ed “Attilio Piacco”. Poi, indossati caschi ed imbraghi, si è effettuata la risalita da nord della spaccatura al Pilastrello, uno degli angoli più suggestivi e “segreti” della montagna.

Per i partecipanti, rigorosamente in sicurezza, è stata l’occasione per sperimentare qualche manovra di corda e la complessità di una salita su roccia in condizioni di bagnato:  ”Quando la roccia la sbrisigha devi starci all’occhio!!”.

Visto che il gruppo si è dimostrato solido e ben motivato, nonostante la pioggerellina battente abbiamo dato l’assalto al Corno Centrale superando il primo tratto attrezzato con catene e la successiva risalita in cresta che corre lungo gli oltre 110 metri di salto nel vuoto della parete Fasana (un tracciato EE). Nonostante la nebbia, il vento e la pioggia tutti i partecipanti, con lodevole entusiasmo, hanno seguito disciplinati le indicazioni dei più esperti raggiungendo la vetta e la croce di cima.

Dopo una suggestiva foto di gruppo abbiamo steso delle corde fisse sulle calate invernali del versante occidentale sperimentando come effettuare una discesa attrezzata in sicurezza. Quel tratto, che ho percorso spesso anche con la neve, è piuttosto esposto e per niente banale in discesa, specie se bagnato. Tuttavia la squadra, ricordo composta da neofiti, non si è affatto lasciata intimorire ed ha affrontato la discesa con spirito e presenza: bravi!

Casco, imbrago, mantellina e zaini ci siamo abbassati fino al rifugio della Società Escursionisti Valmadresi (SEV). Sul prato di Pianezzo si è alzato il vento e le foglie hanno cominciato a volare e danzare regalandoci una degna e suggestiva conclusione alla nostra escursione.

Al rifugio è stata festa vera. Riempite due tavolate ho iniziato a affettare il chilo di pancetta con cui mio papà ha omaggiato il gruppo:tutti calorosamente ringraziano! Giovani e Veterani (con noi c’erano anche pezzi da novanta e guide alpine emerite) hanno trascorso un paio di piacevoli ore chiacchierando di montagna dietro un bicchiere di vino ed un piatto caldo.

Sulla ferrata del venticinquennale ci sono stato innumerevoli volte, con la neve, con il sole, in notturna, con la grandine e qualche volta anche di corsa con le saette all’orizzonte. Sicuramente è stato un peccato non poterla percorrere, tuttavia credo i Corni ed il tempo avverso oggi abbiamo offerto ai neofiti un’esperienza alpinistica decisamente più formante ed istruttiva. Credo che ognuno di loro oggi abbia imparato molto sulla montagna.

Sono davvero soddisfatto della giornata e credo che questo valga per tutti i partecipanti. Faccio i miei compliementi a Franco Bramani, amico e presidente della sezione, e a Renzo Zappa, amico e più volte presidente, per la magnifica giornata a cui hanno saputo dare vita: i nostri “vecchiacci” sono sempre le nostre colonne portanti!! Un grazie anche a tutti quelli che oggi si sono dati da fare per dar una mano 😉

Quindi davvero molto bene: bravi tutti ed alla prossima!!

Davide “Birillo” Valsecchi

Ferrata Monte Coglians (2780m)

Ferrata Monte Coglians (2780m)

Il Coglians è il re delle Alpi Carniche, un gigante di calcare bianco le cui potenzialità alpinistiche (e speleo) sono in buona parte ancora da scoprire: la cima simbolo di un territorio tra i più affascinanti e selvaggi in cui ci si possa avventurare. La magnifica arcata di montagne che corre del Monte Avanza al Coglians segna il confine tra Austria ed Italia, confine che ancora oggi mostra i segni della prima grande guerra e delle terribili difficoltà a cui dovettero far fronte i soldati di entrambi gli schieramenti.

Ho affrontato una giornata intera di treno e pullman per poter raggiungere Forni Avoltri e compiere questa salita insieme a Simone. Alle sette meno venti della mattina eravamo al rifugio Tolazzi (1350m) iniziando la nostra marcia verso il Passo Volaia (1970m). Conosco questa valle fin da bambino ma la salita lungo la possente parete Nord del Coglians ancora mi mancava.

Veloci abbiamo raggiunto il passo in meno di un ora e mezza: un caffè ed un saluto al Rifugio Lambertenghi ed abbiamo scollinato in Austria. Oltre il passo da mostra di sé il magnifico laghetto alpino ai piedi del rifugio austriaco. Noi abbiamo proseguito addentrandoci nella valle ai piedi del Coglians e risalendo gli ambi ghiaioni fino all’attacco della ferrata.

La Ferrata parte da 2250metri e spara verso la vetta a quota  2780: una ferrata lunga ed in ambiente che si dimostra da subito appagante ed intensa. Il primo tratto, che parte da un piccolo nevaio, è verticale ed con alcuni passaggi in placca, una salita atletica e molto godibile. Alcuni tratti erano bagnati ma in buona parte era arrampicabile con soddisfazione: c’è un lungo traverso su di una placca inclinata sotto un piccolo tetto  davvero spettacoloso!

Superata la prima parte, la più impegnativa, la ferrata prosegue con lunghi traversi e passaggi verticali che, lentamente, la portano a raggiungere la cresta. Una volta sul crinale si inizia a “volare” in equilibrio su abissi di roccia bianca, valli e canali: da entrambi i lati precipizi che superano i cinquecento metri di quota e si aprono su spazi oceanici. Ovunque si guardi è orizzonte e meraviglia!!

Superata la cresta si giunge finalmente alla vetta ed alla caratteristica Campana di cima. Simone ed io, ancora una volta, abbiamo immortalato il gagliardetto della nostra Sezione CAI: che salita gente!

Scendendo dalla via normale (che lo scorso anno avevo percorso ad Ottobre magnificamente innevata) abbiamo raggiunto il Rifugio Marinelli dove ci siamo concessi un paio di birre ed un panino chiacchierando con la mitica Caterina (che gestisce il rifugio) ed alcuni amici del Soccorso Alpino locale.

Valeva la pena? Valeva la pena scendere dal Bernina ed imbarcarsi su un treno per 500km solo per questa salita? Bhe gente, qui è davvero strepitoso! Vale eccome!! Qui con la squadra giusta e tempo a sufficienza c’è davvero l’UNIVERSO da vedere e da fare! (forza bagài, altro che Tibet: io è anni che ve la meno!!)

In campana  e ancora grazie Carnia!

Davide “Birillo” Valsecchi

Rat-Racer

Rat-Racer

La sveglia suonava ormai da un’ora e Fabrizio sarebbe magicamente apparso al cancello nel giro di qualche minuto. Dovevo spicciarmi: emergere dal letto, trovare i pantaloni e fingere sfacciatamente di essere sveglio da un pezzo.  Il sole stava iniziano a sorgere alle spalle del Cornizzolo ma una cappa di nuvole cupe avvolgeva ogni cosa in quell’alba buia: «Fa schifo! Ormai però non faccio più in tempo ad avvisarlo: se si è svegliato sarà già partito…»

Sconsolato inizio a preparare il caffè ma, prima ancora di aver caricato la moka, la macchiana di Fabrizio fischia nel parcheggio. Apro il cancello e lancio una nuova occhiata al cielo: le nuvole si sono tinte d’oro e dove tutto era cupo è improvvisamente azzurro: «Di sicuro non tiene ma vale la pena uscire». Incredibile quanto, tempo e umore, sappiano cambiare in fretta!

Fabrizio varca la porta di casa, parto all’attacco seguendo una strategia preventiva: «Accidenti sei in ritardo!!» in realtà non lo era affatto ma tant’è…

In trance salgo in macchina, ascolto la musica e parlo a vanvera fino al parcheggio del cimitero di Valmadrera. Quando i miei scarponi toccano di nuovo terra inizia finalmente la mia giornata. Il piano era semplice: SanTomaso, Ferrata del Corno Rat, Corno Orientale, Moregallo e discesa attraverso il forcellino ed il sentiero numero 6 nella valle a destra della Cresta Osa. In realtà il cielo sembrava non volerci concedere abbastanza tempo per fare tutto: non restava che provare.

Anziché risalire da SanMartino mi sono improvvisato una variante tra le case in cerca del sentiero del ceppo. Scivolando tra improbabili camminamenti lungo le recinzioni dei nuovi condomini ho finalmente trovato il vecchio sentiero ciotolato che sbuca a sinistra della Falesia di Corna Rossa.

I mi sentivo in gran forma, avevo voglia di esplorare, di seguire ogni traccia che mi incuriosisse. Preso da questa smania avevo dato al passo un ritmo indemoniato ed il povero Fabrizio, un po’ fuori esercizio, aveva lo sguardo stravolto già a San Tomaso: «Scusa mi sono fatto prendere la mano!» «Scherzi?! Non chiedo di meglio: sono settimane che aspetto che spiova!» (a breve si sarebbe forse pentito di quelle parole: ero un folletto agitato!!)

Di nuovo a tutta forza puntiamo all’attacco della ferrata: imbrago e via! L’attacco della trentennale Osa sa sempre farsi rispettare ma ormai siamo di casa anche qui. Superata la prima parte, il Sasso GG.OSA, mi allungo sotto la roccia esplorando la partenza delle vie d’arrampicata sul Corno Rat: “Parenti Serpenti”, “Belciribi”, “Mambo”, “Rataplan” e la famosa via “Darvino e Pierino Dell’Oro” con il passaggio aereo che nel 1940 fu risolto “lanciando” la corda! (Falesia Corno Rat).

Guardando dal basso il primo tiro sembra facile ma oltre il tracciato raggiunge gradi di difficoltà fino al 7+. Per chi non fosse avvezzo con i gradi posso parafrasarlo in questo modo: “Birillo, manco con i calci in culo passi su di lì!!”. Toccando la roccia mi chiedevo se prima o poi avrei potuto provarci seriamente …chissà, di certo non solo.

Prima dell’attacco della seconda parte della ferrata devio ancora il mio percorso: «Fabbrì, aspettami qui che vado a vedere l’Anfiteatro». Sulla sinistra infatti una serie di stretti terrazzi inclinati sembra creare un percorso a zig zag nella valletta. Semi-nascosta dalla vegetazione c’è una corda fissa attrezzata con fix che risale prima in un caminetto, poi in un traverso obliquo e poi in un altro camino verticaleggiante.

DSCF6951-002Gli ancoraggi sono ottimi ma la corda è ormai marcia e c’è “da segnarsi” caricandoci il proprio peso. Superata la fissa ci si ritrova nell’anfiteatro da dove partono altre vie sul lato sinistro del Corno:  qui il terreno è tremendamente franoso ed instabile mentre la roccia è buona. Mi sono alzato ancora verso sinistra superando gli ultimi sbalzi fino alla cresta: teoricamente si può uscire anche dall’alto ricongiungendosi al sentiero che scende dall’uscita della ferrata ma credo che tra poco meno di un mese tutta quella zona sarà brutalmente invasa dai rovi.

Per scendere, visto che non mi fidavo della fissa (che forse ormai andrebbe sostituita), ho tirato fuori dallo zaino i miei trenta metri di statica da combattimento ed ho steso due doppie da 15 metri. Scendere è stato come camminare sulle uova: in quella valletta si muove ogni cosa e quello che cade finisce diretto sull’attacco del secondo tratto della ferrata (Attenzione!!)

Quando abbiamo ripreso a salire sulla ferrata ho lasciato che Fabrizio procedesse per primo: così non può copiare! Il mio socio, accusando un po’ la primavera e la fatica, si è girato sbuffando in dialetto siciliano: «Possibile che questa ferrata mi freghi sempre!? Mi sento impacciato come la prima volta!!». Forse è fuori esercizio ma lo spirito è sempre quello giusto!!

Facciamo sosta e ridiamo un po’. Il cielo si è di nuovo rabbuiato e non abbiamo più l’urgenza di correre: ormai ha vinto lui (come sempre tra l’altro…).

Quando raggiungiamo l’uscita della ferrata le nuvole hanno avvolto i Corni ed il Moregallo: «Hey Fabbrì: pizza dagli egiziani?!». Una pacca sulla spalla, una stretta di mano ed iniziamo a scendere:  ogni tanto mi intrufolo nel bosco per affacciarmi oltre la cresta e riguardare le pareti del corno. “Guarda lì! guarda là! Lo vedi quel punto?”: oggi ero davvero un bambino in cerca di cose nuove.

Poco sotto ci imbattiamo in un bivio: un sentiero nuovo di pacca, marchiato con bolli di colore blu, si stacca dal sentiero che porta a San Tommaso piegando nuovamente verso il corno. Il rumore scrociante di una cascata sancisce che quel percorso ignoto è la nostra nuova strada!

Più avanti incontriamo infatti un fiume, lo stesso che a valle si attraversa salendo a San Tomaso. La mia cartina riporta “Val Gatton”: credo che quello sia il nome anche  del fiume e credo che l’acqua del Fo sia uno dei suoi affluenti se non addirittura la sua sorgente.

Tra gli alberi si vedevano due grandi salti d’acqua e il rumore scrosciante non lasciava dubbi: «Fabbrì, aspettami qui un attimo che vado a vedere la cascata!». Pazientemente il mio socio si è rassegnato ad tenermi d’occhio a distanza.

Felice come un bimbo arrampico tra le rocce del fiume aggrappandomi ad ogni cosa non cedesse allo sforzo: come “arrampicatore” riconosco i miei limiti ma come “ravanatore” sono imbattibile!

Quando raggiungo la cascata lo spettacolo è magnifico: formata da due grandi salti di una decina di metri ciascuno frammezzati da due vasche in parete, pozze nella roccia raggiungibili probabilmente solo calandosi dall’alto.  Se è davvero l’acuqa del Fo sgorga ai piedi di un gigantesco faggio monumentale, è la più buona della valle ed è magnifica vederla così viva in quei salti.

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(…certo è che se non mi avesse riempito d’acqua l’obbiettivo forse avrei anche potuto fare degli scatti che gli rendessero giustizia!!)

Guardando più in basso Fabrizio iniziava ad agitarsi per la mia assenza, così sono salito su una grande roccia dove potesse vedermi chiaramente: l’ho salutato indicandogli il percorso che avrei seguito scendendo.  Poco dopo eravamo di nuovo insieme proseguendo la nostra esplorazione del “sentiero azzurro”.

Per evitare di percorrere un lungo tratto sull’asfalto mi sono sbizzarrito tagliando a mezza costa tra i sentieri e sbucando poi, quasi magicamente, a San Martino ed all’attacco del sentiero delle vasche. Riguardando il tracciato GSP sembra la gincana di un folle ma la nostra odierna “Rat-Racer” è stata densa di soddisfazioni!!

Davide Valsecchi

PS: Fabrizio, nell’ultimo mese hai beccato solo sfortunati giorni di pioggia. Io, in grotta, non mi sono mai fermato. Non ti preoccupare, in due settimane ti rimetto in pari: ho progetti!

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Neve sulla Venticinquennale

Neve sulla Venticinquennale

Con la neve di ieri la tentazione di “uscire” era forte, anche  nonostante il tempo stesse ripiegando verso la pioggia: “Domani è bello, ma sarà troppo tardi!”. Così stamattina alle otto e mezza mi sono messo in strada e mi sono avviato, rigorosamente a piedi, verso Gajum ed i Corni.

Superato il Primalpe il bosco era immacolato e le uniche orme nella neve oltre alle mie erano di un capriolo che aveva tagliato attraverso un sentiero.

Il mio piano era salire alla cima del Corno Occidentale sfruttando la ferrata del Venticinquennale invasa dalle neve. Da subito, però, si è capito che le condizioni non erano ottimali: era bagnata, pensante e si spostava in blocchi insidiosi ammassandosi nelle cenge: una mezza rogna!

Superata la placca inziale mi sono fermato a  tirare fiato e, da oltre il pianone del crocefisso, è spuntato un socio inaspettato: era  Luca, un socio ed amico della mia sezione CAI. Anche lui, salito da Oneda, voleva attaccare la ferrata. Nel cuore della notte aveva provato ad avvisarmi mandandomi un SMS, io me l’ero completamente perso ma la fortuna ci aveva comunque riunito.

Luca è un ottimo alpinista e così l’ho ben volentieri aspettato proseguendo poi insieme: chiacchieravamo allegri “ravanando” in quella neve infida. Scendeva la nebbia mentre noi, sempre più fradici, proseguivamo passaggio dopo passaggio. Io, lo confesso, ho fatto la salita totalmente in artificiale sfruttando la lounge di sosta per proteggere ogni passaggio: oggi ero davvero scarso!! 🙂

Alla fine della ferrata la salita è entrata nel vivo: tra i sassi della cresta battevamo la nostra strada tra la neve e le difficoltà. Il punto critico della cresta è il passaggio sopra la grotta che passa fuori per fuori la montagna e che è spesso è visibile anche dalla valle. E’ un punto molto esposto ed era coperto di neve instabile davvero poco rassicurante. Per evitare guai ci siamo inventati una variante scendendo fino alla grotta e risalendo sulla spalla opposta.

Superato l’ultimo ostacolo impegnativo ci attendeva solo la croce ed un’immacolata e “vergine” cima.  Eravamo avvolti dalla nebbia ma nonostante questo i Corni di Canzo avevano saputo dare grande soddisfazione ed emozione. Nelle condizioni giuste la “nostra” montagna sà essere tutt’altro che banale o scontata, pretendendo inveceimpegno e capacità. In giornate come queste si capisce perché la storia dell’alpinismo delle nostre valli è passato anche attraverso questi tre “cucuzzoli rocciosi”.

Se salire richiede impegno discendere per il caminetto invaso di neve è un’altra piccola ed intensa sfida. Noi siamo scesi senza attrezzare niente ma è un passaggio impegnativo, chi non lo conosce e volesse farlo con la neve farebbe bene ad avere una buona corda con sé: ci sono buoni ancoraggi per una calata se ce ne fosse bisogno ( Io avevo cmq i miei fidi 30 metri nello ziano!!)

Giunti a Pianezzo ci siamo concessi una birra al rifugio della SEV: è stata un gradita fortuna trovarmi lassù con Luca. Grazi per la salita insieme!

Ci tengo a dire che il nostro pensiero era spesso rivolto a Stefano, buon amico e buon alpinista della nostra sezione che, sfortunatamente, si è lussato una spalla qualche giorno fa durante gli allenamenti: “Hey pirletta! Abbiamo provato a scrivere il tuo nome sulla neve con la pipì ma non ci siamo riusciti! Prenditi il tempo che ti serve per guarire:  il tuo socio ed io aspetteremo con pazienza, affetto e stima! Un Abbraccio: nel 2013 faremo grandi cose!!”

Davide Valsecchi

NB: la neve oggi faceva schifo, domai è previsto sole e sarà ancora peggio. Occhio che si muove!  Le foto sono venute tutte “bagnate” perché sia io che la macchina eravamo fradici!!

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Notturna alla Venticinquennale

Notturna alla Venticinquennale

Prima a mangiare in trattoria dalle “Zie” e poi in marcia attraverso la buia foresta dei Corni di Canzo. Sul sentiero un’eterea ombra bianca attraversa il fascio di luce della mia frontale: un capriolo salta attraverso i rami mostrando la sua sagoma per il tempo di un lampo.

Fa un freddo becco! Coperti siam coperti ma il vento picchia in faccia con folate gelide. Ci imbraghiamo, controlliamo l’equipaggiamento e poi su, lungo la ferrata del Venticinquennale dei Corni di Canzo.

Al buio sembra completamente diversa. Certo, i passaggi più noti sono sempre quelli, ma gli altri sono tutti da riscoprire. Appigli nuovi che si stagliano tra le ombre ed appigli vecchi che scompaiono nel buio: sembra di salire per la prima volta ed è una sensazione davvero piacevole!

Tutto attorno un’isola di buio che galleggia tra le luci vibranti della pianura e, sopra di noi, un universo di stelle! Venere e Marte brillano e da qualche parte anche gli altri pianeti si stanno allineando: forse non è la fine del mondo ma da quassù lo spettacolo è mozzafiato!

Fabrizio si gira sulla roccia, dopo aver ammirato ciò che ci circonda si ferma e mi guarda con gli occhi lucidi: “comincio ad essere stufo di doverti ringraziare!”. Ghigno un po’: credo che tutti prima o poi dovrebbero sentirsi liberi in quel modo sotto le stelle.

Appena arriviamo in cresta il vento “polare” che scende dalle Grigne ci investe gelido. Tutto è ghiacciato e qua e là c’è ancora qualche accumulo della tenue nevicata di Lunedì. Ci sediamo e cercando riparo scattiamo qualche foto. Traffico con i diaframmi ed i tempi di esposizione ma mi gelano le dita e ripiego su qualche soluzione rapida.

Un’autoscatto e poi giù, lungo la cresta. Scendere si rivela come sempre la parte più difficile. Su quel versante il sole quasi non batte più e regna il freddo ed il ghiaccio che ha reso il ghiaione un unico compatto blocco di roccia.

A valle, ormai all’una di notte, c’è il tempo per una birretta al “Fuego” (l’ultimo fusto della birra dell’Oktoberfest) e poi tutti a nanna. Dicono che oggi nevica: bhe, io ve lo dico, sto week-end io lo passo al caldo in baracca!

Ciao

Davide

Operazione Gamma Uno

Operazione Gamma Uno

Continua l’esperienza del Gruppo Ferrata e l’allegra compagine, formata da membri di sezioni CAI differenti, questo sabato si è confrontata con il Pizzo d’Erna e la ferrata comunemente nota come Gamma 1. La Città di Lecco, che il prossimo anno sarà insignita del titolo di città di Montagna, può vantare non una ma ben due squadre di alpinisti di fama internazionale: i Ragni di Lecco ed il Gruppo Gamma. Proprio all’impegno dei Gamma si deve la realizzazione della Gamma1 sul Pizzo d’Erna e della Gamma2  sul Dente del Resegone.

Per il nostro gruppo questa era la prima ferrata “alla francese”, ossia una tipologia di percorso che valorizza maggiormente l’aspetto sportivo e ricreativo della salita oltre che al superamento dell’ostacolo alpinistico. Per questo lungo il tracciato sono presenti molte scale, spesso esposte ed aeree, ed il celebre “ponte di funi” che permette il concatenamento di due guglie.

La Gamma Uno è una ferrata piuttosto lunga, in alcuni punti impegnativa e che gode di un magnifico panorama sulla città, sul lago e sulle Grigne. Nonostante questo non è tra le mie ferrate preferite, probabilmente perché con tutte quelle scale assume un sapore forse un po’ artificiale ed artficioso. Per evitare guai tengo a precisare che la Gamma Due, per eccellenza la ferrata più difficoltosa nel nostro territorio, è invece “nuda”, tecnica, lunga, dura e carica di fascino. Diversamente dalla prima la seconda non è assolutamente adatta a principianti e richiede invece buoni doti di arrampicata! (Attenzione quindi!)

Non indugiando oltre sugli aspetti tecnici di queste due ferrate posso dirvi che la nostra giornata è stata propizia e, riscaldati dal sole di Novembre, tutti hanno raggiunto con soddisfazione la cima. Bravi!

Grazie a questa breve serie di escursioni propedeutiche i partecipanti non solo hanno imparato i fondamenti della progressione in ferrata ma hanno “fatto gruppo” dando vita ad una squadra affiatata ed allegra. Io credo che il piacere di vivere la montagna in buona compagnia sia parte integrante dell’alpinismo così come lo è il desiderio di superare nuove sfide e difficoltà:  diffidate dagli alpinisti antipatici e troppo pieni di sé!

Detto questo non posso che complimentarmi con tutti i membri del gruppo. Ognuno di loro, in proporzione alle potenzialità ed alle esperienze, ha dato prova della propria capacità e determinazione in montagna. Tutti hanno contribuito al meglio nel rendere le nostre escursioni giornate divertenti e piacevolissime da trascorrere insieme. Grazie ed alla prossima!

Davide Valsecchi

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