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Asso e Canzo: due vette in Groenlandia

Asso e Canzo: due vette in Groenlandia

Groenlandia
Groenlandia

In questi giorni ad Asso c’è la tradizionale Festa del Cinghiale: fare il piendo di salamelle, polenta e cinghiale è quasi un obbligo!!

Contemporanemente a Canzo si tiene la 24ª edzione della Biofera e così, essendo mio padre di Scarenna e mia madre di Canzo Centro, prima di “abbuffarmi” ho fatto visita ai notri “cugini” al di là della Vallategna.

La Biofera è sempre una bella festa ed in questi anni si tiene nel vecchio palazzo delle “Stelline” che ospita anche la maggior parte delle Associzioni e la Bibblioteca Comunale.

Vista l’occasione sono passato a salutare nella sede CAI della sezione di Canzo. Qui, appese alle pareti, ho trovato un cimelio del passato che mi ha subito colpito: un ritaglio i giornale dell’82 che titolava «In Groenlandia ci sono due cime: una si chiama Asso ed una Canzo».

Già perchè nell’82 Ginetto Mora, decano della scuola di roccia Alto Lario di cui sono alievo, e Graziano Bianchi, storico alpinista erbese, diedero vita ad una spedizione in Gronelandia a cui prese parte anche il famoso Amborgio Fogar.

Che Fogar fosse stato ad Asso lo sapevo: avevo già sentito storie di racconti al Pedrabissi o di serate al teatro dell’oratorio ma, ad essere onesti, nell’82 ero troppo piccolo per ricordarmi tutta la storia. Sapevo che quel signore con i baffi era famoso e presentava Jonathan, il precursore di tutti i  progammi televisi di viaggi ed avventura trasemsso all’epoca su Rete4, ma non mi stupiva molto girasse per Asso: in fondo per me all’epoca  il mondo era molto grande del nostro paese!!

L’articolo, che vi ho trascritto qui di seguito, racconta del loro viaggio sull’isola artica e di come abbiano conquistato due vette battezzandole Asso e Canzo e, cosa più curiosa, lo abbiano fatto il 5 Agosto. Quella, oltre ad essere la data del mio compleanno, è anche la data in cui parecchi anni dopo il Cai Asso ha battezzato nuovamente una montagna con il nome del nostro paese: Cima-Asso. Questa volta in Pakistan e con la presenza, in qualità di matricola, anche del sottoscritto che in virtù di quella spedizione ha realizzato questo sito web.

Ancora stupito per il modo sinuoso in cui la storia si ripete vi lascio all’articolo:

Con il volo di linea Copenaghen-Milano è felicemente rientrato alla Malpensa, nei giorni scorsi, la spedizione denominata “Groenlandia ’82” che, in meno di un mese, ha conquistato ben cinque cime inviolate dell’isola artica.

A quest’impressa, ideata e voluta dal capo spedizione, il plurititolato erbese Graziano Bianchi, 45 anni, hanno preso parte altri sei compenenti: il famosissimo esploratore navigatore milanese Ambrogio Fogar 41 anni, i canzesi Ginetto Mora e Vinicio Duroni, entrambi quarantenni, il 35enne erbese Giuseppe Colombo, il milanese 33enne Marco Cipriani e Lorenzo Spallino, figlio del sindaco di Como con i suoi 22 anni.

Questa spedizione che è stato patrocianata dal Cai di Asso e di Canzo, era partita il 25 Luglio 1982 da Milano e attraverso la Danimarca, aveva raggiunto l’aereoporto militare groenlandese di Sodre Stromfjord. Da qui, in elicottero, gli scalatori brianzoli sono stati portati nel’isoletta di Umanak, indi, in peschereccio, risalendo per dieci ore i fiordi, a zig zag tra gli iceberg, sono approdati alla penisola di Akuliaresq il 31 Luglio.

Bianchi, in questa piccola baia ha fatto subito montare il cambo base, quindi il successivo Campo Uno a 950mt sul livello del mare. Dopo aver fatto qualche ricognizione di studio, Fogar e C. il 3 di Agosto hanno effettuato la prima ascensione vera e propria con la conquista di una vetta di 2100 metri, cima che è stata dedicata alla vittoria dell’Itali ai mondiali di calcio e battezzata “Azzurra ’82”.

Compiuta questa prima impresa (la cima è stata raggiunta da due cordate: Bianchi-Fogar e Mora- Colombo), Ambrogio Fogar è stato accompagnato verso l’interno della Groenlandia fino all’inizio della calotta polare e qui è stato lasciato solo.Il famoso esploratore ha così potuto compiere un largo giro in solitaria vesro l’interno, durato nove giorni.

Mentre Fogar compieva il suo allenamento, la spedizione “Vallassina”, divisa in cordate, Bianchi-Spallino e Colombo-Mora-Cipriani-Duroni, il 5 di Agosto, in dodici ore, conglieva altri tre successi, scalando tre nuove cime, tutte sui duemila metri, due delle quali sono state dedicate alla città di Asso e di Canzo.

L’ultima ascensione si è poi effettuata in data 7 Agosto in notturna, dal momento che quest’ultima cima era costituita da rocica e ghiaccio molto friabile e quindi si è pensato di operare sfruttando il freddo notturno, che oscillava dai cinque ai dodici gradi sotto lo zero, ma rendendo più sicuro e solido il terreno.

Al suo rientro Graziano Bianchi ha tenuto a precisare che tutto si è svolto come previsto, senza parcolari problemi: certo, i monti dell’Isola Artica non sono quelli del Nepala o della Cordigliera Andina, tuttavia non vanno affrontati con leggerezza e superficialità perchè presentano profondi crepacci. Federico Ciceri.

Cercherò negli archivi delle sezioni qualche informazione in più e qualche foto. E’ stato un paicere strano riscoprire una storia tanto distante ma anche tanto simile a quanto fatto in questi anni. Non si inventa nulla, si prosegue solo una tradizione, anche quando non la si conosce…

Davide “Birillo” Valsecchi

Asso e la Legge della Vallassina

Asso e la Legge della Vallassina

La Vallassina
La Vallassina

«La Vallassina nulla ha di comune colla città di Milano quanto ai pesi, né in essa possono esercitar giurisdizione il vicario e i dodici di provisione,  nemmeno negli affari d’annona (Ndr- approvvigionamento alimentare delle città): perché ivi non hanno fona di legge gli stessi proclami degli eccellentissimi governatori, pubblicati in Milano, qualora non siano pubblicati specialmente in Vallassina . E’  fin diritto di sangue aveva il podestà, come indicano gli statuti: abbrugiando chi facesse moneta falsa, decapitando il violatore di donna, tagliando la mano ai falsi testimoni. Haac sunt stallila et ordinamento Communis et hominuiu Vallis Vallassinae, facta el compilala ad honorem SS. Jo. Baptist et Evangelista.»

Che la gente delle mia valle fosse dura, specie di comprendonio, l’avevo capito da un pezzo, quello che mi stupisce è scoprire con quanto orgoglio e determinazione ribadivano la propria indipendenza giuridica e politica in questo piccolo pezzo di terra affacciato tra i due rami del Lago di Como.

Questi brani appartengono a Storie Minori, uno dei volumi scritti da Cesare Cantù e pubblicati nel 1864. Dove li ho trovati? Facile a dirsi, tutto il testo è pubblicato integralmente e gratuitamente su GoogleBooks, la più grande biblioteca digitale del mondo. Sapete chi si è preoccupato di fornire, digitalizzare e tradurre  l’originale? Niente meno che la prestigiosa Università di Harvard. A conferma che il mondo prova uno spasmodico interesse per una terra che gli “indigeni moderni” bistrattano come infelice e morente dando valida prova della propria ignoranza. Non temente, se siete su queste pagine probabilmente non siete tra gli stupidi che, arricchitosi con la cementificazione della valle, ora piangono a lutto per il territorio con lacrime di coccodrillo.

Quello che ho trovato la dice lunga sul carattere di Vallassinesi: «Moltissie pene sono pecuniarie anche per offese personali, come una ferita a sangue lire 25, il doppio se con arma proibita ; lire 20 se a mano nuda ; lire 6 se senz’armi né sangue : lire 3 a chi prende uno pei capelli : lire 4 a chi gli getta in terra il berretto e il cappello. Libere la delazione dell’armi e la caccia, esenzione conservata fin alla legge di Carlo VI nel 1714, col pretesto dei lupi che infestavan la valle.»

Dal clilindro della storia saltano fuori nomi illustri inspettati : «Il Marchese Giovan Pietro Locatelli di Asso, custode dell’Arcadia e del Museo Capitolino in Roma, valente letterato e conoscitore d’antichità, fu incaricato da Benedetto XIV d’aumentare il Museo Clementino.(1745)»

Per chi non lo sapesse l’Accademia dell’Arcadia è un’accademia letteraria fondata a Roma il 1690 mentre il Museo Capitolino è il museo pubblico più antico del mondo, fondato nel 1471 da Sisto IV con la donazione al popolo romano dei grandi bronzi lateranensi. Mentre il Museo Clementino è uno dei musei Vaticani e, per intenderci, quello che ospita la famosissima statua del Laoconte del 40 A.c. Mica male pensare che uno di Asso sia stato chiamato a gestire alcuni tra i principali fulcri della cultura mondiale. E’ tuttavia inquitante pensare alla quantità di stupidi che affolla oggi giorno il paese di Asso, opprimente il loro continuo lamentarsi di questa incredibile Asso: «Stupidi, ignoranti e beceri, smettetela di lamentarvi come oche. Rimboccatevi le mani oppure emigrate!!»  (…opps, forse troppo brutalmente diretto!!)

Ma lo spirito della gente di Vallassina è questo: un po’ indomito, un pò sanguigno. Sempre in questo libro ritroviamo le mitiche contese tra i paesi di cui avevamo già parlato negli articoli Amori e sassate nella vecchia Valassina e Storie di zuffe tra i Valassinesi, articoli di questo sito che furono anche ripresi e citati da La Provincia Di Como: «Anche tra Sormano e Valbrona frequentavano sfide e mischie. Una notte d’inverno i Valbronesi mossero a saccheggiar le case di Sormano, mentre appunto gli uomini erano venuti per lo stesso fine sopra Valbrona, per strade insolite. Carichi di bottino gli uni e gli altri tornavano, quando scontraronsi là dove ora è un tabernacoletto della SS. Trinità. Fatto alto, deposte le spoglie, accingeansi al sangue, allorché un vecchio, trattosi in mezzo, propese che ciascuna parte lasciasse quel che aveva tolto, e cosi cessasser il mutuo danno. Fu accolto bene il consiglio, e mutata la collera in riso, tornarono più che presto gli uni e gli altri a consolare le desolate famiglie».

La storia ci insegna chi eravamo, il mondo moderno vuole spogliarci dell’orgoglio, vuole che ci si arrenda a vivere in paesi dormitorio e silenziosamente ci si si conformi ad una vita fatta di routine e mediocrità. Alza la testa Asso, non è più tempo di lasciarti soffocare da ignoranza e cemento!!

Davide “Birillo” Valsecchi

La cascata della vallategna

La cascata della vallategna

La vallategna by Dario Tagliabue
La Vallategna by Dario Tagliabue

«Non è la cascata di Vallategna il culmine estremo settentrionale della tua Brianza… il confine tra Brianza e Valassina è fluttuante non è un luogo definito, nè quella cascata e nemmeno quelle colline, ma è scritto nel cuore e non si cancella» Stendhal

Qualche settimana fa vi avevo mostrato il Lambro e l’Orrido di Ponte Oscuro, una delle due bellezze di Asso citate da Stendhal dopo la sua visita il 12 Agosto del 1812.

Ora tocca alla Vallategna: la cascata sorge in mezzo alle valli dell’alto Lambro, sul confine fra i comuni di Asso e Canzo segna anche la fine della Brianza e l’inizio della Valsassina.

La fonte da cui si origina è il torrente Foce, che sfocia nel Lambro dopo aver dato vita alla cascata. Il salto d’acqua di 30 metri è reso caratteristico dalla morfologia del dirupo e della vegetazione che attraversa fino a formare un laghetto prima di confluire nel Lambro.

Questa foto è stata realizzata da Dario Tagliabue (www.dariotagliabue.com) e pubblicata su Flickr, il portale internazionale della fotografia. Una bellissima foto che rende l’idea di come possa essere apparsa a Stendhal la nostra cascata. Grazie Dario!!

«Uscendo da Canzo, ammiri la cascata della Vallategna, le cui acque, scolo della Val Brona e Val Vicino, balzanti a picco da erta rupe in forma di schiuma la cui bianchezza trae rilievo dalla folta verdura dei margini, spruzzano i viandanti, su a cinquanta passi di distanza e rallegrano l’estate coi colori dell’iride, l’inverno coi vagli scherzi del gelo. Non le tolse ogni bellezza l’essere utilizzata a mover il grande torcitojo di Verza che le sovrasta. Non avrà buttato, il tempo chi salga a visitar l’acquedotto, da cui gettasi un’altra cascatella con curva ancor maggiore: e ammirato il bel filatojo, si può scendere per bel giardino all’inglese fin alla filanda che è in piano, ricca dè più moderni raffinamenti». (Cesare Cantù 1858)

Questa è la nostra cascata ed è così che la vede chi passa da Asso.  Per noi deve essere un patrimonio da valorizzare e salvaguardare oggi e nel futuro.

Davide “Birillo” Valsecchi

La Vallassina e le sue risorse

La Vallassina e le sue risorse

Asso vecchia
Asso vecchia

In questi giorni il Signor Silvio Caminada, uno dei commensali che spesso incontro a pranzo in trattoria dalle “Zie”, mi ha prestato un interessante libro che custodisce gelosamente da tanti anni.

Il volume, un’ edizione di “Previdenza Sociale e lavoro in Italia”, è dedicato al Lario ed edito nel maggio del 1969. Un tuffo nel passato grazie ad un’ incredibile punto d’osservazione sulle attività e sulle imprese della nostra zona a 40 anni di distanza nel tempo.

La fotografia a lato proviene gentilmente dall’archivio di Enzo Santambrogio. Che impressione vedere la vecchia Asso!

Vi riporto un breve tratto di questo libro che introduceva la Vallassina e le sue attività:

Tutti la conosciamo, perchè è sempre stata considerata un luogo ameno di villeggiatura, dove l’aria è limpida, il clima dolce e mite, il paesaggio incantevole e quasi romantico con quelle sue colline ricche di verde e boschi ombrosi.

Vi si arriva partendo da Erba, ultimo centro prima della valle, posto a pochi chilometri da Milano e collegato alla città lombarda con una comoda strada, che si snoda dolcemente in mezzo alla campagna, schiudendo panorami stupendi ai quali l’incalzare del cemento ci ha quasi disabituati. Infine ci si inoltra nella valle, si raggiungono gli abitati di Canzo, di Asso da dove, proseguendo, si arriva al passo del Ghisallo che domina, con la sua minuscola chiesetta il lago di Lecco, offerto alla carezza del sole con tutto l’azzurro delle sue acque tranquille.

Qui si possono ammirare, gelosamente custodite, le maglie dei grandi campioni del pedale che si sono affermati nei vari giri d’Italia e di Francia, qui rieccheggiano i nomi di Bartali e di Coppi; gli irriducibili avversari di tante battaglie che channo entusiasmato la nostra ormai lontana adolescenza.

La Vallassina è anche questo, un concentrato di ricordi, di emozioni che si risvegliano a mano a mano che il passo si inoltra in questi luoghi carichi di ricordi, di fantastiche ed indimenticabili avventure. Amiamo questi monti, queste colline, questi boschi, queste ombrose frescure dove regna l’oblio, dove è dolce abbandonarsi al fruscio del vento, mentre l’occhio rincorre le nuvole bianche che vagano incessantemente per il cielo.

Alla sera, quando l’aria si riempie del canto degli uccelli, che incrociano rapidi voli, si sente da un capo all’altro della valle il rintocco delle campane che sembrano piangere il giorno “che si muove” e allora veramente ci si riconcilia con la vita, si avverte il fascino misterioso del colore delle ombre sull’immensità di natura offerta con il suo splendore all’ammirazione incantata degli uomini.

Ma la Vallassina non è soltanto un tranquillo angolo di mondo dove si cerca rifugio e silenzio nella stagione in cui tutti vogliono allontanarsi dall’afa della città trumultuosa, con la speranza di ritemprare il corpo e lo spirito, perchè qui ferve una vita operosa che merita di essere illustrata.

Storia e tradizione si mescolano in un complesso armonico per creare la grande epopea della Vallassina, di questa terra benedetta dove il lavoro è benedizione, dove le iniziative si susseguono a ritmo serrato.
E se Erba, che ancora si trova ai margini della valle, quasi sentinella severa, impone l’autorità delle sue aziende, delle sue piccole industrie, delle sue botteghe artigiane, altri centri fanno corona alla vitalità della Vallassina.

Da Canzo ad Asso, a Pontelambro, a Valbrona è tutto un palpitare di attività, un fermento di idee e di inizative che a mano a mano trasformano il volto della valle collocandola fra le più moderne ed avanzate del nostro tempo.

C’è la tradizione delle forbici, rifinite con i più tecnici criteri, elaborate e studiate secondo le concezioni più ardite, ma accanto a quest’attività principe altre oggi se ne sono sviluppate, imprimendo a tutta la regione un suo ritmo particolare, una sua partecipazione entusiasta al cammino dell’evoluzione.
La gente forte e generosa di questa valle ha fatto ormai la sua scelta ed anche se turisti e villeggianti continuano ad affluire, attratti dalle consuete bellezze naturali, non dimentica che la vita esige un contributo di impegno per elargire i suoi doni inestimabili.

Ecco allora che, accanto alla Valassina turistica, pronta ad accoglierci nella sua serena bellezza, se ne affianca un’altra, forsse meno nota, forse insospettata, ma non per questo meno reale ed autentica.
E’ la Vallassina di tutti i giorni, la valle che lavora con incrollabile entusiasmo, che offre lo spettacolo di un’operosità davanti alla quale si resta stupiti ed ammirati.

A questa nuova Vallassina dedichiamo queste pagine, perchè tutti imparino ad amare una terra impareggiabile che ha voluto, con la forza delle sue tradizioni, allinearsi con le conquiste più esaltanti del progresso.
F.MOLFESE

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