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Il primo giorno di scuola

Il primo giorno di scuola

E’ una mattina d’inverno e tutto è ancora buio. Io e mia sorella, cartella sulle spalle, usciamo di casa ancora assonati. Alla luce dei lampioni scendiamo oltre la curva di Santa Marta, camminiamo lungo lo scolo dell’acqua ed attraversiamo in curva la Provinciale tra i fari delle auto. Il viale Remo Sordo è una camminata spettrale tra le ombre ed il rumore del Lambro.

Sul pulman delle 7 e 35 c’è il solito casino. Un tempo avevo una morosa a tenermi compagnia lungo il viaggio, poi si è sposata con il mio migliore amico e non ne ho saputo più nulla. Mia sorella, che di solito è silenziosa, oggi è particolarmente allegra, si è fatta grande e se la cava da sola. Bene. Il mio amico Antonio, al contrario, è tranquillo come poche volte l’ho visto. E’ una giornata strana oggi.

Arrivamo in stazione ad Erba, di solito il pulman arriva fino al Liceo, su fino a Villa Amalia. Oggi è diverso ma ho tempo: entro in gelateria e compro un magnifico gelato. Certo, è inverno e fa freddo, ma avevo proprio voglia di un gelato. In quel momento arriva anche “Pontra”, il mio compagno di banco. Di solito lui e mia sorella non si sopportano e lui è sempre scortese con lei: una situazione imbarazzante per me che gli sono amico.

Oggi pare diverso, vanno d’accordo e ridono mentre ordinano un gelato. Si attardano persino a chiacchierare. Oggi è il primo giorno di scuola, non voglio fare tardi, non voglio fermarmi in paese, voglio fare le cose per bene. Li lascio lì, ci vediamo poi, non fate tardi!

Cammino con il mio gelato davanti alla stazione. Dal buio del giorno che si ostina a dormire emerge una ragazza bellissima, alta con le lunghe gambe inguianate in un paio di blu jeans. Ha lunghi capelli ricci e mori che le scendono fluenti sulle spalle. Mi guarda, osserva il mio gelato e si ferma. “Ti prego, offrimene un pezzetto, un morso alla cialda per favore!”. Mi confonde e prima ancora di darle risposta si allunga in avanti sul mio cono.

E’ un tripudio di labbra sensuali e cilia mentre i suoi denti bianchi affondano nel mio gelato. Sarebbe una visione in grado di sciogliere un sasso: io mi sento solo come un furioso calimero a cui stanno rubando la merenda. Lei mi sorride, mi ringrazia passandomi morbide dita lungo il mento e regalandomi un caldo bacio sulla guancia. La guardo allontanarsi verso i binari saltellando nelle sue scarpe con il tacco.

Forse avrei dovuto dire qualcosa, forse c’era un messaggio in tutto questo, era l’occasione per conoscerla, per sapere di lei. Mangio quello che resta del mio gelato: è una ragazza grande, dell’università, io sono solo un liceale, probabilmente si è solo presa gioco di me!

Continuo a camminare e scorgo una stradina che non avevo mai notato. C’è un negozio nuovo, una grande vetrina piena di spade giapponesi e disegni orientali. Mi fermo ad osservarla un attimo. Oggi non ho tempo, ma so che ci passerò ancora davanti molti altri giorni e forse, prima o poi, entrerò anche nel negozio per conoscerne il misterioso proprietario.

Ma è tardi, devo spicciarmi. Inizia a nevicare. Questo di solito sarebbe una scusa buona per fare tardi ma oggi è il primo giorno, oggi rivedo gli amici ed inzio un nuovo anno: no, non si può fare tardi oggi.

Quando mi avvicino alla scuola vedo l’esercito schierato, vedo un paio di blindati ed un sacco di uniformi che si agitano tra i ragazzi ammassati sul piazzale. Pessima idea: qualcuno è stato tanto stupido da fare il solito scherzo della telefonata anonima con la bomba. Pessima idea, da quando siamo entrati nell’era del terrorismo è uno scherzo che viene preso fin troppo sul serio!

Ritrovo tra gli altri ragazzi i mei compagni, uno ad uno: Luca, “Pirro”, Gerry, “Giussa” e gli altri. Poi l’esercito comincia a ritirarsi e gli studenti cominciano ad entrare attraverso il cancello ormai fradicio di pozzanghere e neve. Tutti entrano, ma nessuno dei mie compagni varca la soglia. Siamo tutti lì, seduti davanti al cancello nei nostri cappotti sotto la neve che cade: “Forza andiamo, ho proprio voglia di sedermi al caldo e cominciare a chiacchierare. Forza!”

“Valse, noi non entriamo” mi dice qualcuno. Perchè mi domando? Poi dalla memoria qualcosa emerge. Immagini confuse: ma io l’ho fatto il liceo? Vedo l’università, vedo Milano, vedo l’Africa e la mia vecchia casa in Viale Padova. Piano piano prendo coscienza: io l’ho già fatto il liceo, no, anzi,  l’ho finito! Ne sono uscito, sono fuori!

Ancora non ne sono convinto ma il mio primo pensiero è semplice e sciocco allo stesso tempo: “meno male che non ho comprato il diario!!”. Il secondo è per mia sorella. Anche lei deve aver finito il liceo, visto che è laureata deve averlo finito per forza. Meno male, può far tardi quanto vuole allora.

Gli ultimi militari se ne vanno ed io guardo i miei compagni. Accidenti quanto tempo è passato. Si, non vado più a scuola, niente sveglia all’alba, niente angoscia, niente appelli, niente carcere e nessun carceriere. Sono libero, libero così come solo un liceale oserebbe sognare eppure… eppure sono qui, di nuovo di fronte al cancello del mio liceo. Curioso, ma ancora immerso nel sogno mi interrogo sul suo senso: perchè la mia mente mi ha riportato qui?

Guardo i miei compagni che sembrano svanire come spettri mentre io cambio forma e cambio modo di pensare. Per un attimo ero stato di nuovo quel liceale timido ed impacciato per cui oggi provo un nostalgico affetto: ora sono di nuovo me stesso e guardo con sempre maggior distacco un passato antico. Abbraccio qualche amico, sussuro complimenti e lusinghe alla ragazza più carina come allora mai avrei osato fare. Poi tutto si affievolisce.

Il sogno, come nebbia, scompare aprendo gli occhi. E’ Agosto, sono nel letto della mia casa. E’ estate ma fa freddo stamattina. Annodo le mie gambe con quelle di Bruna che, calda, mi abbraccia ancora addormentata. No, decisamente no: non vado più a scuola ma la mia mente, a volte, pare dimenticarselo…

Davide Valsecchi

Chissà: forse oggi, come allora, faccio imperdonabili errori che un giorno mi parranno ingenuità degne di comprensione ed affetto.

L’Africa vera la raccontano in dodicimila su Internet

L’Africa vera la raccontano in dodicimila su Internet

Noi di BlogGiornalismo abbiamo compiuto un viaggio molto speciale, un viaggio virtuale in… Africa! È stata un’esperienza unica! Con Davide Valsecchi e Enzo Santambrogio abbiamo incontrato Marco Pugliese, che ci permesso di postare dieci domande sull’Africa a dodicimila persone del portale African Voices. Una buona occasione per verificare conoscenze e pregiudizi e per ricavarne un’intervista non priva di sorprese. Leggete un po’ le risposte, vi sorprenderanno.

L’Africa e le guerre, com’è la situazione?
Non ci sono tanti Paesi in guerra in Africa, in molti ci sono rivolte spesso troppo ampliate dai giornali per far notizia. Ci sono però molte lotte per migliorare la propria vita come la primavera araba, quelle in Burkina Faso, in Guinea Bissau, in Marocco. Proteste che, spesso, vengono soppresse nel sangue dei protestanti. L’Europa non ne parla perché gli interessi non ci sono. Mettiamoci anche la situazione drammatica dei diritti umani calpestati in Congo, in Zimbabwe, in Costa d’Avorio. I popoli affrontano queste rivolte con la speranza di una forma di libertà e democrazia che spesso si antepongono a governi che non hanno nessuna obiettiva volontà di affrontare (vedi Libia).

• L’Africa ha un’agricoltura povera e il sottosuolo è ricco di materie prime, ma così i Paesi non crescono mai?
Il popolo si ribella, ma la repressione economica e fisica sono sempre molto persuasive. Si arricchiscono molto Usa e Europa, ma e negli ultimi anni sono arrivati Cina, Russia, India e Arabia, Australia e la stessa Sud Africa.

Ci spiegate qualcosa sul problema della fame in Africa?
L’Africa vive 50-60 anni indietro all’Europa anche se la situazione è abbastanza differente dalle notizie dei media. Difficile vedere bambini morire di fame. C’è una grande povertà, un malessere diffuso che contrasta con le grandi ricchezze africane. Bisognerebbe leggere i giornali africani per farsi davvero un’idea più obiettiva. Se parlate con un africano vi dirà sempre che meglio essere povero in Africa che in Europa, e ha ragione!

L’Africa deve fare i conti anche con l’aids, come?
La popolazione ha più paura di contrarre la malaria che è la malattia che uccide di più in Africa, poi vengono l’Aids e il cancro, quest’ultimo spesso sconosciuto. Ci sono popolazioni che non hanno accesso all’informazione e questo diffonde la malattia.

Un tema molto attuale è quello dell’immigrazione clandestina dall’Africa…
Chi emigra lo fa per migliorare le proprie condizioni di vita. Molti si lasciano ammaliare dal sogno di un’Europa ricca, vista magari in tv e poi finiscono per ricredersi perché non è solo una questione di ricchezza, ma anche di cultura.

Di solito non pensiamo all’Africa come continente pieno di città, invece esistono, vero?
Sì, e crescono a ritmi elevati e non hanno nulla da invidiare a quelle europee, sia per la modernizzazione che per bellezza, ma anche caos, traffico, criminalità, globalizzazione. Prima di noi sono città multietniche e multireligiose, spesso con altissimo tasso di tolleranza. Eppure c’è ancora un grosso divario tra chi vive in città e chi nei villaggi. Le tribù o meglio le etnie sono molte e a volte molto differenti, ma la cultura di ogni popolo viene sempre portata con sè.

Il Sud Africa e la segregazione razziale, esistono ancora?
Sì, meno verso i neri, più verso i bianchi. La fine dell’apartheid verso i neri ha suscitato in loro voglia di riscatto e vendetta e questo suscita molte discussioni con i boeri che spesso finiscono male. La preoccupazione è la morte di Mandela che potrebbe causare una guerra civile dei neri contro i bianchi, come accaduto in Zimbabwe.
bloggiornalismo.scuoleasso.it

L’articolo è stato pubblicato su LaProvincia di Como del 10/05/2011, qui trovate l’originale, ed è stato realizzato in piena autonomia dai piccoli studenti delle Scuole Medie di Asso che, nonostante l’età, hanno saputo confrontarsi con tematiche e problematiche spesso difficile da comprendere appieno anche per gli adulti: bravi!

Il Viaggio in Africa dei ragazzi di Asso

Il Viaggio in Africa dei ragazzi di Asso

Pubblicato oggi sul quotidiano “Il Giorno” l’articolo realizzato dai giovani giornalisti di Bloggiornalismo.scuoleasso.it:

Con African Voices intervista a 12mila persone
[Articolo originale pubblicato su Il Giorno]

Durante il nostro viaggio virtuale in Africa, con Davide Valsecchi e Enzo Santambrogio, abbiamo incontrato Marco Pugliese,che ci ha dato la possibilità di postare dieci domande sull’Africa sulla piattaforma di 12.000 persone del portale African Voices, supporto alle ONG che operano seriamente sul territorio africano. Una buona occasione per verificare conoscenze e pregiudizi. Ne abbiamo ricavato un’intervista, non priva di sorprese.

Non ci sono tanti paesi in guerra in Africa, in molti ci sono rivolte e sommosse, lotte per migliorare la propria vita, spesso ampliate dai giornali per far notizia. Il popolo si ribella, ma la repressione economica e fisica sono sempre molto persuasive.

Chi si arricchisce molto sono i governi stranieri (USA, Europa, Cina, Russia, India, Arabia, Australia, Sud Africa) che sfruttano agricoltura e giacimenti mentre ai governi rimane quel poco che li arricchisce molto.

L’Africa vive costantemente 50-60 anni indietro all’Europa e per quanto riguarda la fame, la situazione vista da occhi di chi ci vive nel Continente è abbastanza differente dalle notizie dei media. Difficile vedere bambini morire di fame, c’è una grande povertà soprattutto vista dai nostri occhi. Bisognerebbe analizzare meglio le notizie e lasciare la parola agli africani e ai giornali africani per farsi un’idea più obiettiva. Se parliamo con un africano ci dirà sempre che meglio essere povero in Africa che in Europa.

Una grande piaga dell’Africa è l’aids mala popolazione ha più paura di contrarre la malaria, che fa più morti in assoluto.

Negli ultimi anni si è assistito all’immigrazione clandestina: molti si lasciano ammaliare dal sogno di un Europa ricca, vista magari in TV o sui giornali, e poi finiscono per ricredersi.

La leggenda che le città africane non sono paragonabili alla altre è solo leggenda: crescono a ritmi elevati e per molti aspetti sono decisamente più “ricche” di molte città europee.

Siamo rimasti sorpresi dalla differenza d’informazione ma abbiamo avuto in tasca la possibilità di farci un’idea più veritiera.

La conoscenza e il sapere non hanno mai fatto male a nessuno.

I ragazzi di BlogGiornalismo.scuoleasso.it La Scuola media di Asso ha realizzato la pagina per il campionato di Giornalismo. Gli studenti: Carlo Acquistapace, Giandomenico Alicino, Andrea Blasi, Edoardo Brugnera, Eleonora Brugnera, Simona Cadetto, Francesco Canali, Martina Castracane, Giulia Crippa, Debora Faravelli, Giulia Ferrarini, Ines Labaz, Piercarlo Lattuada, Michela Lazzarin, Gloria Locatelli, Martina Occhiuto, Francesca Paredi, Lucia Paredi, Giovanni Ramon, Aisha Rocek, Martina Ruggiero, Cristina Scarpitta. Il lavoro è stato coordinato dalla professoressa Giulia Caminada.

Da Asso al Tibet per diventare preghiera

Da Asso al Tibet per diventare preghiera

Bandiere Lariane in Tibet
Bandiere Lariane in Tibet

Quest’anno il Laboratorio di Giornalismo della Scuola Media di Asso punta sulle nuove tecnologie e sulle interviste. Questa è la prima, dedicata a Due di Asso: Davide Birillo Valsecchi, alpinista, ed Enzo Santambrogio, fotoreporter, che ci hanno raccontato i loro viaggi e di come sia possibile rendere visibile, grazie ad Internet, storie ed articoli raccontati dai posti più lontani.

Domanda: Le nuove tecnologie per tenere i contatti e raccontare il viaggio, allora…
Risposta: Basta un computer portatile a pannelli solari e un telefono satellitare per la connessione internet. Un viaggio lo si organizza anche con Wiki e GoogleMaps, per dare spessore e profondità d’informazione a quanto si scrive.

Domanda: Qual è la meta della vostra spedizione?
Risposta: Non potevamo accedere al Tibet cinese perché la Cina ne ha vietato l’accesso fino a data da stabilirsi. Siamo così andati a Ladakh “terra degli alti valichi”, sul versante indiano della stessa montagna.Tre mesi di viaggio con 4 asini e 1 cavallo,2 ragazzi del posto e 40 bandiere di seta colorate da 70 ragazzi del Setificio di Como. A Leh, la capitale del Ladak a 3400 metri d’altezza, le scuole rimangono chiuse sei mesi all’anno, per la neve. Qui buddisti, tibetani, induisti e musulmani convivono pacificamentetra le tensioni ed i conflitti che affliggono l’Himalaya.

Domanda: Perché le bandiere?
Risposta: Volevamo appenderle sulla cima. In Tibet le bandiere portano messaggi universali di pace, compassione, forza interiore e speranza. Appese all’aperto, si pensa che vento, pioggia e sole che le accarezzano possano portare al mondo i buoni pensieri e le preghiere che vi sono impresse. Volevamo omaggiare la tradizione tibetana con la tradizione tessile lariana (e viceversa).

Domanda: Tra le migliaia di bandierine colorate che sventoleranno al sole tra le cime dell’Hymalaya ci sono anche quelle lariana.Questa cosa ci ha colpito molto…
Risposta: Ci siamo riusciti. Abbiamo attaccato in un’enorme ghirlanda tutti i 40 pezzi di stoffa con i desideri dei ragazzi su di una montagna del Ladak a 5200m di altezza.

Davide e Enzo sono ora in Africa. Ma questa volta ci hanno portato con loro. Come? Seguiteci su: bloggiornalismo. scuoleasso.it e www.cima-asso.it

Questo è l’articolo che i ragazzi di Blogiornalismo delle scuole medie di Asso hanno pubblicato sul quotidiano Il Giorno il 9 Febbraio 2011. Qui potete trovare il pdf dell’articolo: Da Asso al Tibet per diventare preghiera

Bravi Ragazzi!!

Davide “Birillo” Valsecchi

Il leone di Emendi

Il leone di Emendi

Leone
Leone

I ragazzi della scuola di Asso mi inviano domande sull’Africa ma questa volta, sempre restando in tema, vorrei raccontare una storia e chiedere loro di approfondirla con una piccola ricerca.

Io ed Enzo ci troviamo spesso a parlare del passato di Asso e questa storia risale a quando lui aveva più o meno dodici anni. A quei tempi il Signor Emendi, di cui non ricordiamo il nome, era un agricoltore di Scarenna e ad una fiera di paese, forse di Erba o di Como, aveva fatto il pià strano degli acquisti. In quegli anni alle fierevendevano ogni specie di animale esotico in circolazione ed il Signor Emendi comprò niente meno che un cucciolo di leone.

Il leone crebbe così tra gli altri animali nella piccola fattoria di Scarenna, allevato come un grosso gatto da compagnia. Emendi andava spesso al circolo di Scarenna a giocare a carte con gli amici e portava con sè il felino tenendolo al guinzaglio come un comune cane. I bambini, come Enzo all’epoca, arrivavano da Asso in bicicletta fino alla frazione proprio per vedere l’esotico animale.

Orbene, la storia si fa interessante quando un pomeriggio di mezza estate al circolino si presentò un distinto milanese accompagnato dal suo grosso ed elegante cane lupo di razza. “Non vada mica dentro che c’è un cane più grosso e più cattivo del suo qua” gli dissero in rigoroso dialetto quelli che stavano sulla  porta del circolo.“Il mio Black non ha paura di niente” rispose il signore in perfetto ed altezzoso italiano entrando con baldanzosità  nel circolo con il fedele Black.

Enzo, bambino, non poteva entrare nel circolo ma dai suoi racconti si può capire cosa successe. Si udì Black abbaiare fino a che non rimbombò un tremendo  ruggito seguito da una sequenza inenarrabile di divertite imprecazioni in dialetto del signor Emendi. Black scattò come un fulmine attraverso la porta tenendo le coda tra le gambe “come se lo stesse inseguendo un leone” mentre il milanese, subito appresso, urlava frasi del tipo:“voi non siete normali!! Un leone!! Per dio, un leone!!”.

Enzo, sbirciando attraverso la porta, vide il leone in piedi che scodinzolava ed il Signor Emendi, in compagnia di “Vaifro” e “Geni“, che rideva soddisfatto seduto comodamente al tavolo. Storie di paese, verrebbe da dire, storie di Asso in verità.

Si racconta che il leone divenne poi troppo grosso ed il Signor Emendi troppo anziano e così, un giorno, cinque domatori di un circo si presentarono per prendere in custodia l’animale. I domatori provarono a mettere in gabbia il leone ma ogni sforzo il pareva vano fino a quando Emendi, spazzientito, si avvicinò alla bestia e prendendolo per la criniera gli disse “fai mica l’asino!! vedrai che ti troverai bene!!”. Il leone gli saltò adosso e lo leccò come se fosse un gatto accettando di buon grado di salire sul furgoncino.

Asso ha quindi il suo leone e le sue storie di animali selvaggi. Enzo ricorda che Emendi aveva una sorella che forse potrebbe conservare ancora una foto del fratello e dell’animale. Bisognerebbe chiedere ai decani, al Dottor Pagani o al Signor Paredi.

Ora che sono in Africa via lascio a voi, insegnati e ragazzi, il compito di approfondire questa storia chiedendo a vostri genitori o ai nonni.

Come vedete il mondo è piccolo ed il nostro paese offre storie da scoprire, curiose e misteriose, quanto l’Africa.

Davide “Birillo” Valsecchi

La 5ᵃ A di Asso in cima al Cornizzolo

La 5ᵃ A di Asso in cima al Cornizzolo

Scuola e Montagna
Scuola e Montagna

Sono le nove del mattino quando arrivo in piazza del mercato a Canzo. Dallo scuolabus giallo scendono i 22 bambini della Quinta Elementare sezione A della scuola G.Segantini di Asso. Con loro ci sono tre agguerrite maestre, le promotrici della gita, e noi quattro del Cai di Asso: Bruno e la moglie Gianina, io e l’inossidabile Gianmario.

Gianmario li dispone in cerchio in mezzo al piazzale ed attacca conil discorso. La prima volta che ho sentito Gianmario fare “il discorso”  avevo otto anni. Ora ne ho quasi 34 e sono il vicepresidente del CAI Asso ma il senso universale delle sue parole è sempre lo stesso: “Bene. Ora siamo un gruppo, quindi andiamo in montagna tutti assieme. Ci si aspetta e ci si tiene d’occhio l’uno con l’altro. Si cammina in fila indiana e non come pecore. Quando vi scappa la pipì lo dite ad uno dei grandi prima di fermarvi in fondo al gruppo. Nessuno si deve perdere, nessuno si deve far male. Ora andiamo!

“Il discorso” è qualcosa di semplice ma racchiude in sè quasi tutto quello che serve sapere per una convivenza civile e per affrontare in sicurezza la montagna con l’aiuto di qualcuno più esperto di noi. Perdersi tra i boschi con i calzoni abbassati non è divertente per nessuno, il dettaglio “pipì” è tra i più importanti e socialmente complessi.

Le destinazione è il rifugio Marisa Consigliere che, gestito dai volontari della Società Escursionisti Civatesi (Sec), sorge appena sotto la cima del Monte Cornizzolo. La nostra allegra e chiassosa compagnia fatta di ragazzi undicenni della classe ’99 si avvia verso Gajum e da lì, attraverso il sentiero Geologico B ed il sentiero numero 7, risale la costa.

Alle due del pomeriggio arriviamo al rifugio. Giochiamo un po’ a bandiera e a tiro alla fune (ndr. le ragazzine hanno stracciato i maschietti!!) e finalmente saliamo fino alla croce posta in cima al Cornizzolo.

Al tramonto organizziamo le camerate per pernottare al rifugio. Per molti dei ragazzini è la prima notte passata fuori casa senza i genitori.  Prima di cena ci raggiungono Renzo, il Presidente della nostra sezione, in compagnia di Roberto e Franco, reduci di fresco da una salita a 6000 metri in Nepal.

Non importa quanti anni hai o quanto in alto puoi andare: con le gambe sotto il tavolo davanti ai maccheroni siamo tutti uguali, grandi e piccini.

Dopo cena ci raggiungono Ezio, Paolo e “CP”, tre volontari del gruppo astronomi DeepSpace di Lecco. Con loro hanno un telescopio a specchio da oltre trenta centimetri di diametro. La Luna e Saturno danno spettacolo mentre i ragazzi ascoltano il “trio” che spiega loro le stranezze del cosmo.

Mandarli a dormire è stato quasi più difficile che tirarli giù dalle brande la mattina dopo. Una buona colazione e si riparte cominciando la discesa. Arrivati al Terz’Alpe facciamo una pausa prima di avventurarci tra le magnifiche statue di legno del sentiero “Lo Spirito del Bosco”. I mei complimenti al Comune di Canzo e allo scultore Alessandro Cortinovis per aver realizzato un simile percorso pieno di fascino per i bimbi ed i loro accompagnatori.

Alle quattro, dopo due giorni passati tra geologia, astronomia, botanica ed il piacere dello stare insieme, eravamo di nuovo al piazzale da cui eravamo partiti aspettando il ritorno del pulmino giallo.  Due giorni semplici ma speciali al contempo. Sono contento di aver accompagnato i ragazzi di Asso: sono loro il futuro del nostro piccolo paese.

Davide “Birillo” Valsecchi

Nb: visto che i nostri “neo-alpinisti assesi” sono tutti minorenni non pubblicherò qui sul web le foto della gita. Tuttavia le maestre stanno già preparando un CD per i genitori: non lasciate che i ricordi vadano persi!!

Ps: Un ringraziamente ad Alberto che ha organizzato l’incontro mentre quella che segue è la foto della Luna che sono riuscito a scattare grazie all’aiuto dei ragazzi del DeepSpace e al loro telescopio. La mia piccola fotocamera è stata in Tibet, Africa ed in un sacco di altri posti ma mai aveva fatto una foto così: grazie, prima o poi il nostro piccolo CAI andrà anche lassù!!

La Luna attraverso il telescopio del team DeepSpace Lecco
La Luna attraverso il telescopio del team DeepSpace Lecco
Alpinismo e solidarietà: la scuola per bambine ad Hyderabad

Alpinismo e solidarietà: la scuola per bambine ad Hyderabad

Targa Scuola Angelo è tornato dal Pakistan portando grandi notize sulla scuola la cui costruzione  è stata conclusa in estate.

Il 3 Settembre 2008, alla presenza di Angelo, è sta celebrata l’inaugurazione ufficiale della scuola e l’inizio delle lezioni. Riuscire a costruire una scuola pubblica in un territorio remoto e fortemente islamico come il nord del Pakistan è già di per sè un’incredibile impresa. Angelo da solo ed in un periodo storico difficile per il paese è riuscito laddove fondazioni ed enti umanitari, con disponibilità e mezzi estremamente più ampi, hanno fallito.

L’evento ha richiamato l’attenzione favorevole dell’ambasciatore italiano in Pakistan che ritiene queste opere il miglior biglietto da visita sul territorio per i nostri connazionali.

Nonostante la scuola sia stata costruita in una zona montuosa ed impervia del paese alla cerimonia d’inaugurazione erano presenti anche generali e alti funzionari, sia civili che religiosi, che con stupore prendevano atto dell’impegno genuino di questo straniero e di come fosse oramai saldo il suo legame con la popolazione locale.

Un piccolo passo ma estremamente significativo lungo la strada del dialogo e della colalborazione. Angelo è fermamente convinto che solo la cultura ed il rispetto reciproco possono aiutare a superare le diffidenze e le differenze.

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